L’AMORE SACRIFICALE: LA SINDROME DI ALCESTI
Solo gli amanti accettano di morire per altri; non solo gli uomini, ma anche le donne. E di questa mia affermazione offre agli Elleni una bella testimonianza la figlia di Pelia, Alcesti, che volle, ella sola, morire per il suo sposo, pur avendo egli padre e madre. E quella tanto li superò nell’affetto, in virtù dell’amore, da farli risultare estranei al loro figlio, e parenti solo di nome. E questo gesto da lei compiuto parve così bello non solo agli uomini, ma anche agli dei, al punto che questi, pur avendo concesso solamente a pochi uomini, fra i molti che compirono molte buone azioni, il dono di lasciar tornare l’anima dall’Ade, tuttavia lasciarono tornare la sua anima, meravigliati dalla sua azione. In questo modo anche gli dei onorarono l’impegno e la servitù al servizio dell’amore. Platone, Simposio.
Alcesti è una personaggio della mitologia greca, figlia di Pelia, re di Iolco, e di Anassibia. Suo padre Pelia la promise in sposa a chi sarebbe riuscito a mettere al giogo due bestie feroci.
Il re di Fere, Admeto, grazie all’aiuto di Apollo, riuscì nell’impresa e ottenne Alcesti in sposa. Il giovane, infatti, ricevette dal dio del sole un carro tirato da un leone e da un cinghiale. Apollo, una volta compiuta l’impresa, chiese ad Admeto di sacrificarsi per ricambiare l’aiuto ricevuto. Admeto chiede ai suoi genitori di sacrificarsi per lui ma loro rifiutano. Allora, Alcesti decide di sacrificarsi al posto del suo sposo.
Ancora in lutto Admeto ospita Eracle a casa sua e gli racconta la sua storia. Eracle, commosso sia dalla storia, sia dall’ospitalità che gli ha offerto il povero Admeto, decide di scendere negli Inferi, e riporta Alcesti sulla terra.
Emblema della donna ideale nella Grecia del V secolo, Alcesti è la sposa fedele e la madre affettuosa che, sopraffatta dalla passione, è disposta a sacrificare la propria vita per salvare quella del marito. Vede spegnersi la sua esistenza nel fiore della giovinezza, e si offre alla morte senza lacrime nè afflizione, non rimpiangendo il pasato nè rimproverando Admeto dell’egoistico patto con Apollo.
Il mito di Alcesti diventa una tragedia di Eurupide. Nell'”Alcesti” Euripide riesce a creare un mondo femminile idealizzato, dove la donna diventa eroina di fronte alla morte. Alcesti cede alla debolezza del marito, e con uno sconvolgente atto di fermezza, non indugia a sacrificare la propria gioia per il bene dell’uomo.
Nella tragedia d’Euripide la scena più signficativa di questo sacrificio femminile è quando Alcesti lascia la terra chiedendo al marito solo di conservare indelebile nel suo cuore il proprio ricordo e di non amare in futuro altre donne, in una scena struggente davanti al palazzo reale che marca ancor più l’evidente contrapposizione tra coraggio femminile e debolezza maschile.
La vicenda di Alcesti si risolve, come in una favola, con il classico lieto fine in cui il bene trionfa su un destino che in questo caso tanto malvagio non è, dimostrando come l’ostinata volontà di una donna possa riuscire a commuovere anche la fredda morte.
Nella realtà non è così, ma quanto donne tutt’oggi continuano ad avere una visione ‘sacrificale’ dell’amore ? Ed il lieto fine, come per Alcesti, è raro nell’amore sacrificale. Nel campo della dipendenza affettiva tale concesione dell’amore è ancora così diffusa da portarmi ad individuare una vera e propria Sindrome di Alcesti.
Psicologo, Psicoterapeuta
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