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LA SCELTA DEL PARTNER

Un essere umano può amare:

1) Secondo il tipo narcistico (di scelta oggettuale):

  • a) quel che egli stesso è (cioè se stesso),
  • b) quel che egli stesso era,
  • c) quel che egli stesso vorrebbe essere,
  • d) la persona che fu una parte del proprio sé.

2) Secondo il tipo [di scelta oggettuale] “per appoggio”:

  • a) la donna nutrice,
  • b) l’uomo protettivo.

Freud – Introduzione al narcisismo – 1914

In generale, l’uomo ha due oggetti sessuali fondamentali, e la sua esistenza dipende da quale dei due sarà quello al quale resterà fissato. Per ogni uomo i due oggetti sono la donna (la madre, la bambinaia, ecc.) e la propria persona; ne consegue che (la questione) è liberarsi di entrambi senza indugiare troppo né sull’uno né sull’altro. Nunberg e Federn – Dibattiti della Società Psicoanalitica di Vienna 1906-1908 – Bollati Boringhieri

 

La scelta di un partner non è lasciata al nostro libero arbitrio. C’innamoriamo di una persona solo quando incontrandola abbiamo già dentro di noi un immagine idealizzata. Prima costruiamo e poi proettiamo sull’altro. Qundi non amiamo ciò che è, ma ciò che immaginiamo essere.

Ma che cosa costruiamo e proiettiamo ?

Nella scelta del partner noi cerchiamo, principalmente,  qualcosa, di più o meno rimosso, della nostra primaria figura affettiva: madre, padre o altra figura primaria d’accudimento

Nella fase edipica, individuata dalla psicanalisi nella nostra infanzia, inconsciamente, la bambina sceglie come partner il padre ed il bambino la madre. Importante è che questa scelta relazionale sia positiva e soddisfacente, al fine di poter scegliere, da adulti un partner che possegga gli aspetti positivi dei nostri genitori.

Infatti nell’amore noi non vogliamo  solo trovare qualcosa dell’amore originario verso i nostri genitori, ma perseguiamo anche una compensazione di ciò che non abbiamo avuto o di cui ci si è stato privato durante l’infanzia da genitori non attenti alle nostre esigenze affettive, o talvolta addirittura “ostili” o qualche volta anche “cattivi” nei nostri confronti. Conseguentemente chiediamo al nostro amore, in maniera più o meno conscia, di provvedere a riempire i vuoti affettivi del nostro passato o a porre rimedio alle ferite affettive infertici. Alcune volte queste richieste vengono poste come l’altra faccia di una medaglia: cerchiamo di sopperire o guarire lui , per sopperire o guarire noi. Ciò avviene, per esempio, nella codipendenza.

Riepilogando il processo amoroso potrebbe essere rappresentato come l’aspirazione a due possibili desideri, fra loro contrapposti:

  • il primo desiderio è quello ci cercare un soggetto d’amare il più possibile simile alle figure amate della nostra infanzia. Per Freud il marito rapppresenta per la donna un sosituto del padre che le permette di non incorrere nel tabù dell’incesto
  • il secondo desiderio è in antitesi al primo perché cerca un soggetto d’amare che poni riparo alle carenze e ferite inferte dalle primarie figure affettive.

Raggiungere un buon equilibrio fra queste opposti desideri può rendere un amore felice. La mancanza d’equilibrio, invece conduce a diverse soluzioni di compromesso, più o meno dolorose fra le quali la dipendenza affettiva e la codipendenza.

Potremmo sintetizzare il tutto con una metafora. E come se in ogni amore adulto mettessimo in atto un copione cinematografico (affettivo e relazionale) che abbiamo già visto e vissuto ripetutamente nella nostra infanzia, di cui non abbiamo gradito lo svolgimento ed il finale, e speriamo di cambiare quest’ultimi nella nuova storia d’amore. Ma, purtroppo, svolgimento e finale cambiano per pochi, e solo per quelli che avendone consapevolezza non pretendono di cambiarli del tutto, ma solo di modificarli parzialmente.

vedi anche Origine di una Dipendenza Affettiva

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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