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DISILLUSIONE AMOROSA E FINE DI UN AMORE

Il principe ritornando a palazzo sosta presso la casa di un saggio sufi e gli espone il suo tormento e la sua tristezza. Il saggio gli dice: “ Quando vuoi vendicarti di qualcuno lasci solo che quel qualcuno continui a farti del male. Prima di tornare al tuo palazzo devi liberarti dai ricordi che ti tormentano.” e gli narra di un giardino agli antipodi del mondo, dove crescono delle rose magiche il cui profumo ha il potere di dare l’oblio. Il principe parte con i suoi fidi e durante i mesi e poi gli anni capitano avventure insolite, incontri strabilianti, battaglie vinte e perse, paesi e costumi meravigliosi, finché dopo sette anni di viaggio, in cui ha perso la maggior parte della sua scorta, rimanendo solo con pochi amici, giunge al giardino e scorge il cespuglio dove fioriscono le magiche rose. Si avvicina al cespuglio ma, improvvisamente si chiede. “Perché devo sentire il profumo di queste rose?”  LE MAGICHE ROSE dalle MILLE E UNA NOTTE

 

La condizione di disillusione pone innanzitutto la persona non più amata, o quanto meno non amata in modo idealizzato come prima, di fronte a vissuti abbandonici e di fine della relazione. La disillusione pone infatti colui che vive l’esperienza in una condizione di risentimento nei confronti dell’Altro già amato. Il rimprovero è quello di non essere stato all’altezza della sua idealizzazione ed è pervaso anche da una sensazione di tradimento, quasi che l’Altro, non solo non abbia potuto, ma anche non abbia voluto, comportarsi come si sarebbe desiderato. Da qui la possibilità di comportamenti di rimprovero («… perché non sei così e così») ed aggressivi («… ti comporti in modo scorretto ed io te la faccio pagare …). Il deluso si può, dunque, non rassegnare alla perdita del proprio sogno d’amore e far subentrare consapevolezza di ciò è difficile.

Ma ancora più difficile sarà affrontare la perdita di un amore che si è vissuto con il senso di appagamento che dà la realizzazione di un proprio sogno, con la conseguente perdita di quelle parti del proprio Sé (spesso le parti migliori, quelle più idealizzate) che sull’Altro erano state proiettate.

La perdita non voluta dell’Altro, il suo abbandono, dà luogo ad un dolore di fondo, una pena con sentimenti di abbandono e conseguente relativa perdita di senso della vita. E’ presente anche un rinchiudersi in sé stessi, un’incapacità a svolgere le normali occupazioni, spesso una difficoltà di concentrazione con conseguenti disturbi della memoria (sopra tutto della capacità di ordinare i ricordi).

Un lutto amoroso non superato porta continuamente il paziente alla ricerca di una risolvere della rottura, di un ripristino della unione senza la quale non può vivere. In particolare, l’innamorato abbandonato può cercare di raggiungere l’obiettivo di essere presente nella vita dell’Altro, di non cadere nell’oblio, di essere riconosciuto. Obiettivo questo che si può raggiungere anche con quei comportamenti molesti che fanno comunque avvicinare all’Altro, magari suscitando in lui sentimenti forti: ira, rancore, paura. Su questa base s’innestano episodi acuti di esplosioni di dolore, caratterizzati da crisi di pianto e disperazione. Sono inoltre frequenti i «passaggi all’atto» sostenuti dalla indifferibile necessità di ricontattare la persona amata che si può tradurre in una ricerca spasmodica dell’Altro con pedinamenti, telefonate, lettere, biglietti … Da qui i tipici comportamenti di amore molesto comuni nella vita di tutti i giorni, fino ad arrivare a veri e propri episodi di Stalking, che spesso arrivano agli onori della cronaca. Infatti E c’è l’estrema possibilità dell’attacco aggressivo, potenzialmente anche omicida. Questo tipo di agiti è spesso presente in persone che hanno già la predisposizione ad agiti esplosivi. Leggendo i resoconti di cronaca, ascoltando persone coinvolte nei relativi fatti di sangue, si ha la sensazione che spesso, a far precipitare la situazione, possano essere state circostanze secondarie come l’atteggiamento di sfida dell’Altro, il suo porre degli ultimatum o più semplicemente la presenza di strumenti atti a provare lesioni gravi.

Altre volte la volontà aggressiva è preintenzionale, studiata in tutti i particolari, al fine di esercitare un controllo sull’Altro che sfugge. I mezzi possono essere duplici:

1) attraverso un agito di reciproca eliminazione, omicidio seguito da suicidio, al fine di ritrovare nella morte quella fusionalità che si è persa nella vita;

2) attraverso lo svilimento, l’umiliazione dell’Altro, in maniera esecrabile e drammatica quale la violenza sessuale, talvolta anche di gruppo. Ciò, probabilmente al fine di far allontanare dall’Altro l’immagine idealizzata che sostiene lo stato passionale del soggetto.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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