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DISTACCO TOTALE

Nelle favole c’è un filtro magico che ti fa addormentare. Ti svegli e ti innamori della prima persona che vedi. È la più geniale metafora dell’amore che sia stata concepita. L’amore è cieco, inspiegabile e crudele. Ed è anche precario. Nulla di così insensato può mai durare a lungo. (Acqua di mare di Charles Simmons)

 

Il distacco totale  è la migliore strategia da  adottare nel caso in cui una relazione finisca, anche se rappresenta l’approccio più doloroso, perché tende a tagliare di netto qualsiasi contatto. Questo tipo di distacco è maggiormente utile se viene messe in atto da entrambi i componenti della coppia. Il distacco totale presuppone che non ci siano contatti di nessun genere, sia di persona che tramite  terzi o tramite email, sms, telefonate,  ecc…. Il distacco totale  è la via migliore per superare il  dolore del distacco, quando si è lasciati dal proprio partner, senza  umiliarci pregandoli di tornare sui loro passi (in realtà allontanandoli  ancora di più da noi).  Ma soprattutto il distacco totale permette di poter effettivamente iniziare il processo d’elaborazione del lutto della fine della relazione. Qualsiasi distacco di tipo parziale è come se non mettesse un punto fermo per poter rielaborare la fine di un amore.

Vediamo nel dettaglio i punti principali del distacco totale. Essi richiedono estrema determinazione e procurano ulteriore sofferenza rispetto a quella già accumulata con la fine della relazione ma sono essenziali nel superare definitivamente il proprio dolore.

  • Il distacco totale è un impegno che prendete con voi stessi e nessun altro. Se non lo portate a termine  dovete prendervela solo con voi stessi perché è una vostra scelta e nessuno vi obbliga.
  • Và effettuato con la giusta motivazione. Il distacco totale non deve essere usato come strategia al fine di far sentire all’altro la nostra mancanza e quindi rendere possibile un ritorno. In questo caso vi procurerebbe solo ulteriore dolore.
  • Effettuare un distacco totale è un impegno con sé stessi e l’interromperlo espone,conseguentemente,  solo sé stessi alle relative conseguenze. Ad esempio la/il vostro ex partner potrebbe essere seccato dal vostro riprendere un contatto perché ritenevano che aveste superato la fine della relazione. Ciò li potrebbe rafforzare ulteriormente nella loro scelta di aver dato fine alla storia.
  • Il distacco totale serve anche a mantenere una personale dignità, perché non darete mai al vostro ex la gratificazione di sapere che siete ancora  coinvolti e sconvolti dalla fine del rapporto. Questo tipo di distacco vi permetterà di non pregarli di tornare  indietro; di non dire  cose che non vorreste dire, di non fargli vedere che  state male.
  • Solitamente il distacco totale viene adottato da chi è lasciato. Ma può succedere anche il contrario, nel caso ad esempio che abbiate scoperto un  tradimento dell’altro partner e quest’ultimo vogliano tornare chiedendo perdono.  Se non siete convinti del perdono il distacco totale vi permetterà di riflettere con maggiore serenità sulla decisione da prendere.
  • Spesso si afferma che una relazione pur essendo finita da diverso tempo non ci si riesce a superare il dolore o a finire di sperare. In questo caso sono del parere che dal punto di vista psicologico la fine della relazione avviene solo nel momento in cui volenti o nolenti c’è un distacco totale. Prima di quel momento, con qualsiasi altro tipo di distacco, non si è posto ancora, psicologicamente, la parola fine.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email: cavalierer@iltuopsicologo.it

 

barna Età: 33 Salve a tutti Sono appena uscito da una storia breve ma intensa,furono solo quattro mesi peroogni giorno sentivo crescere quest’amore e lei mi sussurrava che avrebbevoluto restare con me tutta la vita.C’era un’onda incredibile tra di noi,conil tempo libero dividevamo idee,cose,viaggi.Tutto seguiva cosi,io non mi sonomai accorto che lei avesse qualcosa dentro che le avrebbe portato poi adecidere di rompere,E cosi successe,un sabato sera mi confessa che non e’ piu sicura di continuare, che non sente piu’ lo stesso sentimento dell’inizio, che io non c’entro niente in questa decisione,lasciandomi senza parole.Dopo una settimana mi ha chiamato per bere qualcosa insieme,pero non ho voluto rispondere,francamente sono confuso,non capisco come puo’ finire un amore quando senti che la coppia e’ felice. E’ una delusione grande anche perhe’ mi e’ difficile accettarlo e pensare di non vederla piu, sono innamorato di lei e lei lo sa perfettamente. Però il distacco puo servire a farla riflettere? O dovrei gia’ metterci una pietra sopra?

COMMENTO Sì,il distacco serve.Se una persona ci promette sentimenti d’amore eterno, è brutto dirlo, ma spesso non dobbiamo illuderci troppo.L’amore eterno funziona solo su lunghi percorsi di vita, con analisi a posteriori. Se già dopo 2,3,4 mesi una persona ha dubbi sui suoi sentimenti, è un problema solo suo che dovrà risolvere soltanto lei, da sola e senza interferenze, insistenze, ma solo tanto rispetto.Se torna, dovrà a sua volta rispettare anche i nostri tempi di riacquisizione della fiducia verso lei,che sappiamo, non sono facili. Se non torna, non era amore eterno, e non era nemmeno amore, ed ha parlato a vanvera,cioè senza conoscere bene se stessa (come spesso capita!)

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Christian Età: 28 Gent.mo Dott.Cavaliere, ho letto il libro di A.Todisco “Rimedi per il mal d’amore”, consigliato nella Sua sezione libri utili. L’ho trovato molto utile ed interessante e a seguito di questa lettura ho un dubbio che vorrei porle. Dunque, circa 4 anni fa la mia ragazza mi ha tradito in quanto non accettava il fatto che fossi l’unica sua esperienza sessuale (lei è per me tutt’ora l’unica esperienza e ciò non le sta bene: più volte ha anche insistito nel dirmi di andare a letto con un’altra, ma a me non interessa in quanto sono soddisfatto di ciò che ho con lei: non sento la necessità di un confronto e anzi ho sempre visto la sua insistenza come un desiderio di sistemare i conti per pulirsi la coscienza.

La versione di lei è che la sua insistenza è per auto costruirsi una gelosia nei miei confronti, e anche che prima o poi vorrò provare altro anch’io, e ciò la preoccupa). L’esistenza di un amante l’ho scoperta casualmente e a seguito di mie riflessioni sono arrivato a capire che si era concessa: ho quindi voluto che me ne parlasse (ritengo oggi un grande errore!!!) per toglierle il fardello che aveva sperando che in questo mio gesto avrebbe ammirato la mia vicinanza e comprensione. Ma così non è stato: mi sono sentito svuotato dentro nel sentirla raccontare i particolari del suo incontro e confesso che ho desiderato di porre fine definitivamente alla mia sofferenza, ma ho superato questo pensiero convinto che una volta vissuto/provato il confronto di cui aveva bisogno sarebbe stata mia per sempre (ora sò che tutto questo è illusorio e errato!). Fino a quel momento la relazione che durava da 7 anni (almeno dal mio punto divista) andava bene: ero sereno e tranquillo nello stare con lei.

Dopo il tradimento non è più stato così: sono diventato possessivo, geloso, insicuro…dipendente da lei. Ho vissuto dandole tutto me stesso, ma ora sò che il fine di questa mia generosità/altruismo era solo per controllarla e frenarla da qualsiasi situazione che ritenessi pericolosa (e cioè praticamente tutto). Qualsiasi cosa facesse senza la mia presenza la vivevo come un rischio e ne risultavo offeso in quanto lo vivevo come un’esclusione. Qualche mese fa mi ha lasciato e la mia reazione è stata evidentemente come quella di un bambino: non l’accettavo, non trovavo ragioni, non capivo come potesse lasciarmi dopo tutto quello che avevo fatto per lei, ho pianto e mi sono disperato davanti a lei; l’ho addirittura pregata di non lasciarmi (non ho amicizie ne compagnie: solo lei e perdendola mi sentivo perso, solo). Nella sofferenza e depressione ho cominciato a pensare che avesse un’altro, anche se lei ha sostenuto e continua a sostenere che non c’è nessuno e che non è un’altra relazione che cerca (in realtà penso che le ero d’impiccio per la sua nuova carriera lavorativa, e che quest’ultima le ha dato la forza per staccarsi da me: lei è cresciuta e io no! Inoltre, onestamente parlando, se in questo perido di distacco avesse avuto altre relazioni… non lo ritengo importante: se voleva era sua libertà e diritto). Grazie alla lettura sopracitata, penso di aver capito che (quasi interamente)le cause della rottura siano mie, per il mio errato comportamento, la mia immaturità, il complesso di Edipo non superato e risvegliato dal suo tradimento(può essere corretta la mia interpretazione?). Ho compreso la mia immaturità (mi sento veramente infantile in tutto quello che ho fatto per tenerla legata ame!), il perchè dei miei comportamenti assillanti, l’importanza del “posso vivere con te e senza di te”. Ho capito che bisogna lasciar vivere la propria compagna e non cercare di metterla sotto la “campana di vetro”. Ho forse trovato il sentiero giusto da percorrere ma non sono ancora arrivato al traguardo! E in verità non so come fare per raggiungerlo! Sono orgoglioso di lei, dei suoi successi sul lavoro. Ha trovato anche una compagnia con la quale riesce a divertirsi, un amico con cui confidarsi, e sono contento che ha una vita sociale (cosa che ci eravamo privati). Sostanzialmente ha trovato una vita che la fa vivere e la realizza (con me era in stallo e in gabbia, e viceversa!). Oltre ad essere felice e contento per lei… purtroppo ne sono invidioso perchè è tutto quello che vorrei anch’io ma che non riesco a “trovare”, e questo mi fa soffrire… mi dà ansia (oltretutto è determinata a tenermi escluso da questo suo mondo, e in un certo senso posso capirlo in questa situazione)! Quello che vorrei è poter continuare con lei alla luce delle mie scoperte (perchè sò che è una persona che vale!)! Il suo abbandono, che prima vedevo come un tradimento un’offesa, ora lo vivo come l’opportunità per crescere:ero un bambino ed è una condizione che non voglio più! Voglio lasciarla vivere ma starle accanto, non più per controllarla ma per amarla e farmi amare in modo sano e naturale, accettando che lei ha una sua vita, che io ne ho una mia (in costruzione), e vivere il presente senza più guardare al passato o al futuro. Però non mi sento pronto: ogni volta che mi nasconde qualcosa ne soffro (e lo fa, presumo, per evitare le mie reazioni gelose che devo dimostrarle non voglio più riproporre). Ogni volta che mi racconta di sue nuove possibilità/esperienze, dovrei esserne solamente felice… ma ne soffro per l’invidia di non poterle fare anch’io. Penso di aver bisogno di tempo, ma per contro che dovrei starle accanto per il piacere della sua copagnia e per dimostrarle di non essere più la persona che le ho offerto negli ultimi 4 anni. Che fare? Prendendo tempo ho paura che cercherà/cadrà nelle braccia di qualcun altro, e che quando mi sentirò pronto sarà troppo tardi per riaverla. Rifrequentandola ho paura di non aver maturato ancora il distacco necessario a completare il mio percorso di crescita e che quindi ne soffrirò. Giorni fa le ho scritto una lettera in cui riconosco i miei errori (primo tra tutti una possessività ossessiva) e la mia volontà a lasciarla vivere, ma anche di tentare di ricostruire la nostra relazione (la mia posizione è che ho sbagliato e l’ho allontanata: se non fossi stato così immaturo… forse sarebbe ancora con me, e vorrei scoprire se c’è ancora un percorso comune, sereno da poter affrontare/vivere insieme nelle nuove condizioni di oggi). Lei è rimasta colpita da quanto le ho scritto e ha accettato di riprendere a frequentarci amichevolmente per vedere se può rinascere qualcosa con l’obiettivo appunto di continuare assieme. Ho tralasciato di dire che le sue frasi da quando mi ha lasciato sono di non amarmi più, di non provare più nulla se non affetto, che mi vede come un padre/la sua coscienza. Ma io credo che i suoi sentimenti ci siano ancora: vanno solo risvegliati dimostrandole di essere un uomo e non più un bambino nè tantomeno un padre, che posso “camminare solo” e lasciarla libera di vivere. Nell’attuale situazione di single sto imparando a non legarmi più assillantemente ad alcun oggetto, a superare le mie paure, le mie insicurezze, la mia invidia. Allo stesso tempo vorrei ricostruire una relazione con lei in modo sano e maturo, ma ogni volta che la vedo/sento ne sto male. Il mio dubbio quindi è: la mia crescita è necessariamente possibile solo lontano da lei? Si può superare una dipendenza affettiva e continuare con la persona della quale si dipendeva o non è cosa possibile risollevarsi e riprendere il rapporto sano che c’era in principio? E’ un errore/illusione narcisistica cercarla/volerla ancora? La ringrazio, Christian.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

SUPERARE LA FINE DI UN AMORE

RIFLESSIONI SULLA FINE DI UN AMORE (Anonimo)

Io ancora non ho superato tutto . . . è passato appena un mese . . . ma mi sento molto meglio perchè al contrario delle altre volte sto’cercando di viverla nel modo migliore possibile . . quello di osservare bene il dolore che provo, il senso del possesso perduto. . . senza alcuna voglia che tutto finisca presto, non perchè sono masochista. . . ma perchè sono stanco di cercare di fuggire dal dolore . . .perchè sò che in questo modo dura di più . . .

Appena mi ha lasciato ho scritto questo, solo per me: farfalle notturne attratte incessantemente da fiamme che bruciano le ali… come un tossico in cerca di dosi… il sollievo è troppo breve e l’astinenza, puntuale torna sempre più pesante . . un’altra dipendenza da sfidare . . come il vortice di un remo nell ‘ acqua, cosi’ vorro’ mandar via la speranza . . che è l ‘unica cosa che mi abbatte . . piu’ del bruciore di un possesso perduto . . piu’ di ogni goccia che scende dallo sguardo . . piu’ dei mostri della notte . . e dei fantasmi del risveglio . . e ancora : piu’ della paura delle strade divergenti . .la speranza abbatte muri e difese , la speranza coccola , tranquillizza, indebolisce e ogni volta spiana la strada al dolore cattivo, quello dell’autocommiserazione e dell ‘ orgoglio ferito .. . della dignita’ mancata.. il dolore buono è qui’ , ora , nel profumo di tutto cio’ che rifiorisce . . nella chiassosa allegria degli uccelli . . e nelle voci gioioseche giungono dall ‘ altra riva .

Il dolore buono e solitario , silenzioso e non si racconta a nessuno , è l’energia sufficiente a sgretolare la speranza , è la consapevolezza di aver avuto quattro occhi . . che non vedevano per uno . . di aver parlato urlando con 2 voci , non essendo neppure sentiti . . ora appare cosi’ la figura di quell ‘ essere che ho voluto con tutto il cuore . .e che per sempre se ne è andato . . e volo alto , perchè ho capito che vale piu’ una fase di tristezza tenera e sincera, che l’oblio di una vita infelice . .perchè la tristezza riempie solo per svuotare . . . e svuota . . solo per riempire ancora , la coppa del nettare della gioia . .

meglio un dolore che urla , che una ferita sempre aperta .

 

“Un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla” . Questa struggente frase di C. Pavese sintetizza bene la condizione in cui ci si ritrova per la fine di un amore. Tale condizione è tanto più grande quanto più lacerante è la riflessione sulla fine di un amore. Riflessione che per attribuzione di sensi di colpa, volomtà di autopunirsi per quello che è successo, perdita di fiducia e stima verso sè e gli altri, può portare a veri e propri stati depressivi. Diventa quindi necessario effettuare un percorso per il superamento di questa fine.

Innanzitutto bisogna accettare che l’amore è finito e che nel finire ci ha completamente disarmati, come nella frase di Pavese. Senza un’accettazione di ciò qualsiasi percorso è inutile. Sembra scontato ciò, ma non lo è. All’inizio, sopratutto se la fine sopraggiunge in maniera improvvisa ed imprevista, si tende a negare il tutto o quanto meno a minimizzare. Si ritiene che l’altro ritornerà, che ha confuso qualche suo dubbio o quant’altro come mancanza d’amore.

Dopo che si è arrivati ad accettare che l’amore è realmente finito, si sprofonda in un cupo, lacerante dolore. Bisogna allora concedersi un periodo di lutto . In questo periodo che può durare giorni o settimane ed a volte mesi, và cacciato fuori tutto il nostro dolore. Bisogna piangere tutte le lacrime di questo mondo. Ci si può far affiancare in questo periodo da una persona a noi cara che prestandoci semplicemente ascolto, raccogliendo il nostro dolore, ci allevierà un pò la sofferenza. Và espressa anche tutta la rabbia che si ha dentro. Vanno anallizzati eventuali sensi di colpa che si provono.

Serve un distacco totale dalla persona che ci ha lasciato. Spesso, per soffrire di meno, si tende a mantenere una minimo di relazione, di tipo amicale, con l’altro. Ci si illude che così il dolore sara meno lacerante, mentre non si fà altro che prolungare l’agonia. Inoltre quest’atteggiamento nasconde la speranza, spesso inconscia, che l’amore possa ritornare. Quindi, prima che si possa riprendere un rapporto anche minimamente formale con l’altro, occorre tempo.

Come suggeriva già Ovidio nel suo trattato Remedia Amoris, evitare luoghi e situazioni della relazione finita. Spesso, si tende a ritornare sul “luogo del delitto” a voler simbolicamente rivivere l’amore finito, al fine di attenuarne il dolore. Niente di più sbagliato, è solo una sorta di masochismo sentimentale che prolunga solo l’agonia. L’evitare luoghi e situazioni dell’amore finito fà parte di quel distacco assoluto, necessario al superamento del tutto.

Agire . Bisogna, nel frattempo, fare qualcosa di positivo per sé stessi, per riempire il vuoto della mancanza della persona amata. Non si può interrompere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro che ne prenda il posto. La nuova dipendenza,deve essere positiva però, bisogna cercare un nuovo forte interesse, che non riempirà appieno il baratro lasciato dal precedente, ma ci aiuterà comunque.
La natura umana aborrisce il vuoto,soprattutto nell’area dei comportamenti e delle emozioni umane. Se non colmiamo, pur parzialmente, questo vuoto, il comportamento dipendente si rafforza.

Ricordarsi della massima del filosofo Nieztsche che recita “Tutto ciò che non mi uccide mi giova”. La fine dell’amore rappresenta anche un momento di crescita , di rafforzamento delle proprie capacità di superare le difficoltà. Inoltre può rappresentare l’inzio di un percorso volto a meglio conoscere noi stessi. Se riusciremo in tutto questo saremo sicuramente più forti e più maturi.

Capire quali eventuali vuoti interiori questo amore così forte e passionale colmava. Infatti spesso sentimenti molto forti non sono dovuti all’amore per l’amato, ma a ver e proprie carenze affettive passate.

Ricostruire gli “abbandoni passati”. Infine non dobbiamo dimenticare che il nostro modo di superare la fine di un amore è legato ai nostri primi “abbandoni” quelli infantili. Non ricordo chi diceva “il bambino è il padre dell’uomo”. Mai come in questo caso ha ragione. Infatti a seconda di come siamo stati “abbandonati” ed abbiamo vissuto e superato tali “abbandoni” da piccoli, che rivivremo quelli attuali e futuri. Capire tutto ciò ci permette di meglio superare la fine di un amore, di cambiare il “copione” passato.

Non dimenticarsi del dottore ” Tempo “ che col suo trascorrere cicatrizza qualsiasi ferita. Al riguardo gli antichi greci distinguevano due diversi concetti di tempo. Cronos che è il tempo cronologico, quello delle ore, dei giorni e dei mesi. Lo scorrere di Cronos e importante per superare un amore. Qualche autore è del parere che sono necessari almeno sei mesi per superare un lutto o un abbandono. L’altro concetto di tempo è Kairòs che è un tempo individuale , un tempo necessario per dire “basta”, vale a dire tempo del cambiamento interno. E’ quel momento i cui ci rendiamo conto che è il momento di voltare pagina.

Una sintesi dei due diversi tipi di tempo è in un significativo verso di U. Saba ” Muta il destino lentamente, a un’ora precipita “. Per quanto doloroso e lento possa essere questo percorso di superamento della fine di un’amore, arriverà un’ora dove vi accorgerete di essere guariti. E vi renderete conto che il più grande amore è quello che ancora stà aspettando.

Ricordate, di fronte, alla cupa disperazione per la fine di un amore questo aforisma: “Si è proteso su degli abissi. Ha rischiato più volte di cadere. Ma alla fine non è precipitato. In bilico sul vuoto, non ha conosciuto la caduta. Ci sono stati cedimenti, sbandamenti, delusioni, scoramenti, ma la vita l’ha sempre avuta vinta.” (P. Besson)

Concluderei con una metafora: superare la fine di un amore, di una relazione è come attraversare un tunnel buio di cui non conosciamo la lunghezza ma che comunque ha un’uscita. All’ingresso del tunnel, con i due piedi già dentro, ci si dimena per uscirne subito, ma purtroppo è già stato chiuso l’ingresso. Bussare a quest porta è inutile, fà perdere solo tempo. Ma neanche velocemente ci si può uscirne. Và attraversato tutto e nell’attraversarlo i momenti di sconforto per timore che non ci sia mai la fine sono frequenti e fanno aprte del percorso. In qualche punto del tunnel ci si può fermare e non avere più la forza di andare avanti. Ma si riparte e l’uscita prima o poi arriva. Ma quel prima o poi dipende da noi. Prima lo attraversiamo senza indugi e prima ne usciamo.

CHIARIMENTO

… il suo sito, l’ho quasi stampato tutto, tanto mi sono ritrovata in quello che ha detto! Ho fatto leggere anche alle mie amiche “codipendenti” quello che ha pubblicato e ne abbiamo discusso insieme. Un punto solo vorrei discutere con lei. Non sono d’accordo quando dice:”Non si può interrompere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro…bisogna colmare il vuoto”. Ma le persone non sono intercambiabili! Se penso poi che ciò potrebbe essere applicato a me stessa, cioè visto che non ci sono più io va bene anche un’altra, la cosa mi fa rabbrividire…Ma come si può sostituire un rapporto fatto di anni di conoscenza, condivisione, familiarità, intimità con un’altra banale esperienza? E poi c’è anche il corpo. Io amo quegli occhi, quelle mani, quella pelle che per me sono insostituibili e, come lei ben sa, sono maggiormente tali in quanto mi vengono negati. Poi c’è anche il fatto che sento dentro che la fonte d’amore si è esaurita, dopo aver amato tanto. Ad un certo punto, come si fa a ricominciare ad amare? Penso sia impossibile. Le sarò grata se mi manderà una sua risposta.

Apprezzo il suo “disaccordo” perché ritengo che soprattutto nel campo delle dipendenze affettive, nessuno può dire di avere la “cura” giusta. Per cui le replico con piacere e la ringrazio per lo “spunto riflessivo” che mi ha fornito. Innanzitutto il punto con cui lei è in dissaccordo è il seguente: “Non si può interrompere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro che ne prenda il posto. La nuova dipendenza,deve essere positiva però, bisogna cercare un nuovo forte interesse, che non riempirà appieno il baratro lasciato dal precedente, ma ci aiuterà comunque.”

Quindi, quando parlo di sostituire la dipendenza affettiva con un’altra, intendo un altro tipo di dipendenza. Infatti interrompere una dipendenza affettiva che ci ha “assorbito” in tutto e per tutto, ci precipita in un vuoto, o meglio in un baratro, che rischia di far fallire in partenza qualsiasi tentativo stesso, per quanto motivato, di superare la fine della relazione. Se noi tendiamo di colmare questo vuoto, questa dipendenza, non con un’altra persona (e qui che, forse, non sono stato chiaro)ma con una forma di dipendenza “sana” il vuoto ci apparirà meno vuoto. Un esempio: di solito le persone affette da “dipendenza affettiva” sono piene di mille risorse, di mille potenziali interessi, tutti “sedati” dalla dipendenza stessa. Rispetto al “portone sprangato ” della relazione che si è chiusa proviamo ad aprire il “piccolo oblò” del nostro vero essere. Cerchiamo di dipendere da noi stessi, dai nostri interessi sopiti, optiamo per un “sano egoismo”. Smettiamo di parlare con gli altri di “lui”, ma parliamo di “noi”, dedichiamoci a “noi”. Ci renderemo conto che da quell piccolo oblò potremmo arrivare a vedere un mondo per noi sconosciuto. Belle parole mi dirà, ma difficili da applicare di fronte al dilagare del dolore per la fine di un’amore. Incominciamo a fare dei piccoli e timidi passi, forse ritornermo indietro, forse andremo avanti, ma di fronte al dolore non recitiamo: “Non ci riesco!!!” . A volte, anche se ci sembra di aver tentato, è un tentativo poco sentito e motivato, che serve per giustificare, inconsciamente, il fallimento del tentativo stesso. E come dirsi: “Ci ho tentato, non ci sono riuscita, vuol dire che è l’unico vero amore della mia vita. E’ l’unico.Non voglio altri che lui”. Qui il discorso, come lei sa, diventa più complesso: copioni passati, codipendenza, complesso di cenerentola e via dicendo. Proprio per questo è necessario anche una profonda riflessione interiore. Conclusione: è un impresa titanica ma ci si puo riuscire, soprattutto se non adduciamo troppi prestesti con noi stessi. Cordiali saluti. Dott. Roberto Cavaliere

CONSIGLI PERSONALI DI PATRIZIA (lettrice anonima)

Questi i miei consigli per gestire la fine di un amore, almeno quello che ho imparato a fare io:
– Piangere tutte le lacrime, sfogarsi fa bene e permette di scaricare la rabbia. Fare del moto, ginnastica, il corpo ha bisogno come il cervello di scaricare le energie negative represse. Ove fosse possibile allontanarsi, con un viaggio anche breve, dai luoghi abituali della vostra vita.
– Quando si riacquista un po’ di lucidità stilare una lista di ciò che pensiamo dell’ex partner: lati positivi e lati negativi; facciamo la stessa cosa con noi stessi.
– Riflettere su ciò che abbiamo considerato negativo nell’altro: sono aspetti che possiamo tollerare oppure intollerabili? Che cosa ci teneva legati a lei/lui? Scrivere ciò che pensiamo in proposito.
Questo ci serve per stabilire un minimo di obiettività su ciò che è accaduto: ristabilire le responsabilità reciproche sull’andamento e la fine del rapporto stesso. A questa fase subentra coscienza ed amor proprio, rendersi conto di aver partecipato involontariamente allo spegnersi di un sentimento non è facile, ma se riusciamo a vedere là dove il nostro errore è conciso con l’errore altrui e i meccanismi che si sono innestati, riusciamo a farci una ragione di ciò che è accaduto e forse mettiamo il primo mattone che ci aiuta a superare il lutto.
Poi, riuscire a perdonarci per non essere stati consapevoli durante il rapporto di ciò che accadeva e perdonare l’altro per le sue debolezze. Da qui in avanti spetta a noi risollevarci e credere di poter costruire un rapporto positivo memori dell’esperienza che abbiamo vissuto, prendendoci tutto il tempo che ci occorre. Durante questo tempo bisognerebbe:
– Sforzarsi di prendersi cura di sé: preparare piatti che stimolino il nostro appetito anche quando apparentemente non abbiamo fame, essere più attenti alla cura di se stessi, prendersi dei momenti per farsi dei bagni rilassanti, massaggiarsi, aver cura del proprio ambiente notturno, vestirsi per farsi piacere, guardarsi allo specchio commentando sui propri progressi: oggi sto’ un po’ giù, oggi va un po’ meglio, oggi non c’è male etc.
– Dedicarsi ad un’attività che abbiamo tralasciato per mancanza di tempo: il tempo ora non deve essere né stancamente vissuto, né ammazzato con troppe attività. Bisogna assecondare le proprie energie: leggere, cucire, lavorare a maglia, all’uncinetto, fare del découpage, dipingere, disegnare, scrivere, risistemare la libreria secondo un ordine corretto; cambiare qualcosa nel proprio ambiente per sottolineare il cambiamento. Tirare fuori, insomma, la propria creatività, che è quella che caratterizza ognuno di noi e che ci aiuta a recuperare il nostro valore a prescindere dalla presenza di qualcuno.
– Tenere un diario: annotare le proprie emozioni e gli accadimenti che sono significativi.
– Imparare a confrontarsi con gli amici e i conoscenti senza cercare di scaricare su di loro le nostre frustrazioni o continuando a parlare di ciò che è accaduto in continuazione: non vi serve, è come un continuare a nutrire il vostro dolore. Se vi accorgete di non poter fare da soli rivolgetevi ad un terapeuta, è importante riconoscere i propri limiti. Siamo esseri umani e se una cosa non riusciamo a superarla dobbiamo capirne l’origine, potrebbe essere molto lontana nel tempo e non legata a ciò che ci accade al momento e se non andate a trovare una risposta ora, nel tempo potreste essere costretti a farlo in un altro momento, magari con maggiore difficoltà.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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