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SUPERARE LE PROBLEMATICHE DI COPPIA

Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione . (A. Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, II, 2, cap. 30, 396)

 

Il rapporto di coppia è una relazione tra due persone che comunicano sulla presunzione di conoscersi più o meno approfonditamente. Ed è proprio questo aspetto, cioè la conoscenza dell’altro l’elemento più critico ed allo stesso tempo significativo della vita a due, che spesso riserva ad entrambi amare sorprese. Infatti, spesso si pensa di conoscere il proprio partner molto bene, salvo poi a scoprire con grande delusione che di questa persona con la quale si può aver vissuto anche a lungo, si aveva una conoscenza piuttosto superficiale, soprattutto se essa (ma a volte sono coinvolti entrambi i componenti la coppia) inconsciamente o magari intenzionalmente ha comunicato ed agito con il preciso scopo di far conoscere al proprio partner la parte migliore di sé, nascondendo volutamente – per non apparire poco desiderabili o peggio ancora vulnerabili – quella parte di sé che non si accetta o che si intende volutamente tenere segreta, o addirittura ignota a se stessi.

Invece importante è la condivisione di ideali, valori, interessi che si possono avere in comune. E’ abbastanza ovvio che sia utile che sin dall’inizio della relazione ci sia un insieme di ideali, valori, interessi in comune che favoriranno il buon prosieguo della relazione stessa. A tal fine non è necessario essere simili, ma non è utile essere totalmente diversi. Uno spazio comune di condivisione è necessario. Se non è presente dall’inizio lo si può costruire insieme. Ma per costruirlo è necessario effettuare una conoscenza approfondita dell’altro da cui poi dipenderà in ultima analisi il buon andamento del rapporto di coppia

Qui di seguito fornisco una serie d’indicazioni che potrebbero essere utili a tutte quelle persone che si frequentano con l’intenzione , il desiderio o la speranza di unirsi stabilmente in un rapporto di coppia.

I suggerimenti che seguono sono regole di buon senso, che costituiscono solo la base per avviare un processo di reciproca e profonda conoscenza, che se da un lato è un ottimo rimedio per non correre il rischio di ritrovarsi a vivere un rapporto di coppia come estranei, dall’altro ci sembra il miglior antidoto per prevenire i mali causati dalla routine, dalla noia, dall’apatia, fondamentale anche per promuovere una buona comunicazione interpersonale all’insegna del rispetto reciproco, della fiducia, della felicità e del benessere della coppia.

Dire “ti amo” in qualsiasi modo:
trovare sempre nell’arco della giornata il tempo e il modo per dire al proprio partner “ti amo”. Può sembrare banale, ma è importantissimo farlo, ovviamente a condizione di sentirlo. Qualsiasi modo va bene (non ci sono limiti alla fantasia): può bastare un fiore, una carezza, un pensiero gentile, una telefonata, una sorpresa o piccole attenzioni, che faranno capire alla persona che amate quanto è importante per voi.

Ma soprattutto l’amore và dimostrato e non solo dichiarato. Comportarsi in maniera coerente rispetto al dire “ti amo” è una strategia salva rapporto di importanza cruciale se si vuole evitare di creare contraddizioni tra quello che viene detto a parole e ciò che viene comunicato con i fatti e le azioni quotidiane. Attenzione, dire al proprio partner “ti amo” e poi non essere presenti nei momenti importanti e nelle decisioni che contano nella vita di coppia, equivale a mentire spudoratamente.

Comunicare in maniera chiara e sincera:
in situazioni di divergenza di opinioni, di contrasto e/o di conflitto, è importante confrontarsi serenamente e ascoltare con calma, rispetto ed empatia anche le ragioni e i punti di vista dell’altro senza alcun pregiudizio, e soprattutto con la piena consapevolezza che l’apparente vittoria dell’uno sull’altro equivale in realtà alla sconfitta di entrambi. Se possibile, non lasciar trascorrere più di 24 ore dall’eventuale litigio per cercare di risolvere il problema o di superare al più presto la situazione conflittuale. E’ bene tener presente, inoltre, che i contrasti e i conflitti, peraltro assolutamente normali in una coppia, possono rappresentare un momento di riflessione, di maggiore conoscenza dell’altro, di confronto e, quindi, di crescita e di evoluzione della coppia, ma possono anche trasformarsi, come più spesso facilmente accade per mancanza di intelligenza sociale, in una trappola mortale per il rapporto che rischia di svuotarsi di ogni sentimento e di rimanere soffocato da violenti scontri diretti ad annientare psicologicamente l’altro. Pertanto, quando ci si ritrova in situazioni di esasperato conflitto è importante domandarsi se si vuole costruire un rapporto migliore o si vuole distruggere quello che si è già costruito.

Non avevo ascoltato una sola parola di quello che diceva. Ero troppo impegnato a pensare che cosa avrei detto io. (Hatwke, Il mercoledì delle ceneri.)

Riconoscere i propri sbagli :
sembra facile, ma non è da tutti riuscire a farlo perché riconoscere di aver sbagliato richiede umiltà, coraggio e soprattutto intelligenza sociale ed emotiva. Un comportamento socialmente competente ed emotivamente intelligente prevede una strategia infallibile in tre punti: a) riconoscere i propri sbagli senza mezzi termini; b) scusarsi sinceramente per l’accaduto; c) impegnarsi a non ripetere lo sbaglio commesso. Le coppie che hanno fatto proprio questo fondamentale principio di comunicazione interpersonale, hanno vita lunga, quelle che invece prediligono giochi pericolosi come “la caccia alle streghe”, “nascondersi dietro un dito” e “il gioco al massacro (è tutta colpa tua se…)” hanno i giorni contati, insieme alla certezza di soffrire.

Imparare a perdonare:
l’amore è anche e forse soprattutto capacità di perdonare. Il perdono è un atto d’amore che appartiene alle persone generose di cuore. Chi non sa perdonare, non può dire di saper veramente amare. Ci sono situazioni in cui il perdono, di per sé difficile da concedere, rappresenta l’unica via d’uscita, da pagare a volte a caro prezzo, ma è un investimento pur sempre conveniente se si tratta di vero amore. In caso contrario, negato il perdono, ci si troverà sicuramente pieni di orgoglio, ma allo stesso tempo più vuoti dentro.

Rinunciare alla perfezione:
ricordarsi che nessuno è perfetto è una regola d’oro spesso dimenticata che, se puntualmente osservata, può evitare inutili tensioni, ansia da prestazione e stress nella coppia. Se non accettiamo i limiti del nostro partner o non tolleriamo i suoi difetti e le sue imperfezioni, con molta probabilità non lo amiamo abbastanza o forse abbiamo (e il ché è ancora più grave) una visione distorta e infantile dell’amore. Questo potrà generare anche aspri conflitti nella relazione, ma a quel punto conviene interrogarsi sulle ragioni di fondo della propria scelta e darsi delle risposte coerenti. Insomma, pretendere la perfezione nel rapporto di coppia o dal proprio partner equivale a chiedere a un cavallo di volare…non sarà mai capace di farlo! Bisognerebbe, invece, imparare ad accettare i propri limiti e quelli altrui e saper essere soprattutto tolleranti per quello che non ci piace in noi o nella persona con la quale si è deciso di condividere un progetto di vita. Non è sicuramente facile, ma è prova di grande maturità e di buon equilibrio interiore.

Esaltare il “senso del noi”:
sembra banale dirlo, ma la coppia è composta da due persone con bisogni, motivazioni, obiettivi, interessi, aspettative e desideri diversi; e fino a quando nella coppia prevarranno interessi personali e forme di egoismo, comunque espresse, non si andrà molto lontano sul difficile cammino della crescita emotiva, dell’amore e della felicità. Questo traguardo, che ogni coppia desidera raggiungere, è invece possibile se i partner sono entrambi capaci di creare da subito quel magico “senso del noi” che è un sentimento profondo, basato sulla condivisione di tutto ciò che crea e rinforza un legame affettivo, e che va alimentato costantemente nel tempo.

Ma come si costruisce il senso del noi ? Innanzitutto con quella complicità, tipica delle coppie molto unite, che pervade anche le piccole cose come i rituali piacevoli e tutti quei momenti emotivamente coinvolgenti che scandiscono il rapporto di coppia, come viaggiare e far vacanza insieme, ritrovarsi a tavola, passeggiare tenendosi per mano, far l’amore, divertirsi, gioire dei momenti di intimità, ma anche affrontando uniti le inevitabili difficoltà della vita, le situazioni di dolore e i momenti di sofferenza, senza dimenticare l’importanza di avere un linguaggio comune che faccia da sfondo al rapporto di coppia, caratterizzandone in modo esclusivo le fasi evolutive.

Questo e molto altro ancora serve a creare il senso del noi, che ovviamente comprende anche le decisioni importanti da prendere insieme per il bene della coppia, come per esempio l’acquisto di una casa, il lavoro, l’educazione dei figli. Insomma, il senso del noi è un potente antidoto allo stress emotivo e relazionale della vita a due, che comporta un “affidarsi reciproco”, ossia una dimensione affettiva che unisce nonostante tutto, e nella quale ognuno si sente protetto da un rassicurante e tranquillizzante noi, capace di creare fiducia reciproca, indispensabile per andare avanti, e di emanare una straordinaria forza ed energia che rinsaldano profondamente il legame, rendendolo inossidabile e invulnerabile alle avversità quotidiane e ai problemi dell’esistenza.

Tener viva la passione:
significa desiderare l’altro e sentirsi fisicamente, sessualmente e emotivamente attratti dall’altro, ma allo stesso tempo rendersi a propria volta sempre desiderabili e attraenti agli occhi del proprio partner. Insieme all’intimità e all’impegno, la passione è un elemento cardine del rapporto di coppia da cui dipende la stabilità relazionale; e forse è anche l’aspetto più difficile da gestire nel tempo. E la difficoltà consiste nel fatto che la passione per sua natura è un fattore che molti considerano legato esclusivamente alla bellezza, all’attrazione fisica, alla corporeità e meno ad elementi più intangibili come il “fascino” che è invece una qualità importantissima che una bella persona è in grado di emanare a prescindere dalla sua età anagrafica. Per mantenere sempre alta la “fiamma” della passione, allora la coppia ha bisogno di evolvere anche sessualmente e di rinnovarsi per riuscire ad essere sempre all’altezza delle aspettative affettive, sessuali ed emotive del partner. Molte coppie commettono invece l’errore fatale di dare tutto per scontato sul piano affettivo e quindi si adagiano, cadono nella routine, pensando che ormai non sia più così importante risultare desiderabili e attraenti agli occhi del proprio compagno con il quale magari si convive già da anni.

Se è vero che invecchiando la bellezza esteriore diminuisce e con essa le prestazioni fisiche e l’esuberanza sessuale, allora è anche vero che coltivare il proprio fascino e la bellezza interiore è un’arte che si può imparare, che forse rimane l’unica, vera arma segreta per mantenere sempre vivo e coinvolgente un rapporto di coppia che permette ai partner di crescere insieme.

Creare intimità nella coppia:
la tenuta di una coppia nel tempo è direttamente proporzionale al grado di intimità che i partner riescono a stabilire tra di loro. L’intimità è uno straordinario collante ancora più forte della passione, ma che per funzionare ha bisogno di essere continuamente alimentato attraverso una fiducia reciproca profonda e incondizionata. Solo su queste basi è possibile rivelarsi completamente all’altro, svelare i propri segreti, mettere a nudo le proprie debolezze o paure senza il timore di apparire fragili, vulnerabili o di essere giudicati per le proprie “zone erronee”. L’intimità, quella vera, richiede soprattutto coraggio ed onestà intellettuale per affermare la propria identità, oltre alla consapevolezza che essa non è mai un punto di partenza, ma un punto di arrivo, un traguardo che si conquista pian piano, giorno dopo giorno nel tempo.

Impegnarsi verso l’altro:
è in assoluto la regola di buon senso più difficile da seguire in un rapporto di coppia. Impegno che vuol dire innanzitutto fedeltà e rispetto per l’altro; nella dimensione psicologica l’impegno assume il significato di fiducia e aiuto fornito al partner per sostenerlo nel suo percorso di autorealizzazione e crescita personale; in ambito affettivo l’impegno sottintende la presenza non solo fisica, ma soprattutto emotiva sia nei momenti belli che in quelli difficili della vita; in ambito professionale, infine, l’impegno per il proprio partner si estrinseca con la disponibilità a cercare insieme occasioni e opportunità che favoriscano il suo successo in ambito lavorativo, magari attraverso una più efficace strategia di valorizzazione delle sue risorse personali, che abbia anche lo scopo di migliorare la sua autostima. Ma perché è così difficile impegnarsi verso l’altro? Forse perché l’impegno richiede sacrificio, rinunce, capacità di donarsi senza pretendere nulla in cambio, impiego di risorse personali a favore dell’altro, altruismo o meglio ancora assenza di egoismo, dedizione. In una parola “amore”, un sentimento davvero grande, capace di raccogliere in sé tutte queste cose che solo chi ama sinceramente riesce a ritrovare con assoluta naturalezza nel suo repertorio comportamentale.

Infine ricordarsi che alla fine di ogni ‘scontro di coppia’ non c’è un vincente ed un perdente. O si vince in due o si perde in due. L’accordo nasce dall’accettazione reciproca dello stesso.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

QUANDO INIZIA A FINIRE UN AMORE ?

“È successo a un certo punto, ma quando? Chi è in
grado di fotografare, di fissare, di toccare con mano l’istante in cui qualcosa si spezza tra due persone? Quando è successo? Di notte, mentre dormivamo? Poco fa, quando sono venuto nell’ambulatorio? Oppure già da molto tempo, solo che non ce ne siamo accorti? E abbiamo continuato a vivere, a parlare, a baciarci, a dormire insieme, a cercare la mano, lo sguardo l’uno dell’altro, come pupazzi a molla ai quali è stata data la carica: malgrado si sia rotta una molla, il meccanismo funziona ancora per un po’ e gira cigolando…”.

Sandor Marai

In questo passaggio è contenuta una scomoda verità: la coppia non riesce a stabilire quando l’amore è incominciato a venire meno da parte di entrambi o anche di uno solo dei due.

Accorgersi di quando inizia la fine piuttosto che accorgersi di quando sia finito è un passaggio importante ed anche ovvio per poter tentare di salvare la relazione.

Roberto Cavaliere

PERDONARE IL TRADIMENTO

Il perdono è un processo lungo durante il quale si attraversano diverse fasi, ciascuna è indispensabile per riuscire realmente a superare la frattura creata dal tradimento

Per capire come arrivare a perdonare è necessario capire cosa è veramente il perdono. Spesso, infatti, si tende a confondere il perdono con la riconciliazionema sono due atti distinti. Perdonare significa riuscire a vedere i limiti di chi ci ha ferito, ridargli una dimensione più reale, di persona con pregi e difetti, comprendere senza per questo giustificare.

E’ un atto che richiede profondo equilibrio interiore nonché l’accettazione piena di noi stessi. Comprendere e accettare i nostri difetti e le nostre fragilità ci permette di farlo poi con gli altri. Perdonare non significa dimenticare ma far sì che il passato non continui a ferirci, ricordare senza provare dolore. In quest’ottica il perdono non è qualcosa che serve a chi ci ha offeso per liberarsi delle sue responsabilità ma innanzitutto un processo per liberare noi delle conseguenze dell’offesa che abbiamo ricevuto.

Non è facile perché molto spesso crediamo di aver perdonato e non è vero. Dopo aver preso consapevolezza di ciò per perdonare un tradimento è necessario compiere una serie di passaggi. Il tradimento rappresenta una profonda ferita personale per chi lo subisce, quasi assimilabile a un vero e proprio lutto.

Quindi, nella fase iniziale della scoperta non è possibile perdonare, è come chiedere a chi ha subito un lutto di dimenticare la persona che non c’è più. E’ necessario vivere la fase emotiva del dolore e della rabbia che segue la scoperta di un tradimento. Al contempo la persona che ha tradito deve permettere allavittima del tradimento di esprimere anche con forza tutto il dolore e la rabbia che ha dentro.

Tentare da parte dell’autore del tradimento di trovare subito delle spiegazioni razionali al proprio gesto non fa altro che amplificare dolore e rabbia della vittima che non solo si sente tale ma paradossalmente anche colpevolizzata. Solo dopo che si è attenuata la fase emotiva descritta, è possibile comunicare nella coppia e chiedersi perché sia successo.

Quindi alla fase emotiva ne segue una cognitiva di consapevolezza dell’accaduto. Solo alla fine di questa fase è possibile veramente perdonare. Il perdono non potrà essere mai totale, la ferita rimane, ha bisogno di tempo per cicatrizzarsi. Ilperdono è quindi un processo lungo e doloroso e non un atto isolato

Quando è un atto isolato e prematuro, non è vero perdono ma potrebbe solo nascondere la paura di perdere il partner, anche se ha tradito o rivelare un’incapacità di prendere atto di un disagio nella coppia che ha prodotto il tradimento. Un perdono come processo emotivo e cognitivo invece può rappresentare anche un momento di crescita psico-affettiva per la coppia.

Dottor Roberto Cavaliere

“Ma si può davvero perdonare, se è vero che l’Io si mantiene vitale solo grazie al suo amor proprio, al suo orgoglio, al suo senso dell’onore? Anche quando vorremmo sinceramente perdonare, scopriamo che proprio non riusciamo, perchè il perdono non viene dall’Io. E allora forse, meglio del perdono, che probabilmente è pratica insincera, a me sembra più costruttivo percorrere il sentiero del reciproco riconoscimento , dove chi ha tradito deve reggere la tensione senza cercare di rappezzare la situazione e, con brutalità cosciente, deve al limite rifiutare di rendere conto di sé. Il rifiuto di spiegare significa da un lato non misconoscere il tradimento ma lasciarlo intatto nella sua cruda realtà, e dall’altro che la spiegazione deve venire sempre dalla parte offesa. Del resto chi, dopo essere stato tradito, sarebbe in grado di ascoltare le spiegazioni dell’altro? Lo stimolo creativo presente nel tradimento dà i suoi frutti solo se è l’individuo tradito a fare un passo avanti, dandosi da sé una spiegazione dell’accaduto. Ma per questo è necessario che il traditore non giustifichi il suo tradimento, non tenti di attenuarlo con spiegazioni razionali, perchè questa elusione di ciò che è realmente accaduto è, di tutte le offese, la più bruciante per il tradito, e allora il tradimento continua, anzi si accentua.”

Da Le cose dell’amore di Umberto Galimberti, Feltrinelli

L’AUTUNNO E’ LA STAGIONE DELLA SEPARAZIONE PER TANTE COPPIE

L’autunno segue l’estate e segna il declino del bel tempo. Declino del bel tempo in tutti i sensi, anche nella coppia.

Metafora climatica a parte cerchiamo di vedere perché per tante coppie l’autunno è la stagione della separazione.

L’autunno segue l’estate e con esso un periodo di ferie estive che comporta che la coppia stia maggiormente in contatto quotidiano rispetto al resto dell’anno. Questo maggiore tempo a disposizione e la maggiore condivisione della coppia possono acuire tensioni che durante l’anno gli impegni quotidiani di entrambi i membri della coppia possono aiutare a stemperare.

Paradossalmente il maggior tempo a disposizione allontana e non unisce. Ecco quindi che si arriva in autunno ‘esasperati’ e se questa esasperazione covava già prima arriva come conseguenza la separazione.

Inoltre la decisione di separarsi potrebbe già essere precedente al periodo estivo, ma ci si concede un ulteriore tentativo di provare a recuperare la relazione, approfittando del maggiore tempo che d’estate si ha per stare insieme.Tentativo che si rivela vano.

Se sono presenti dei figli per un senso di colpa nei loro confronti, si decide di trascorrere almeno l’estate tutti insieme e rimandare all’autunno una decisione che è già stata piena.

Un ultimo fattore potrebbe essere legato che l’autunno è anche correlato a una fase depressiva e nelle fasi depressive si preferisce rimanere soli. Ciò coniugato a un profondo malessere di coppia è la goccia che fa traboccare il vaso. Quindi l’autunno come ‘stagione delle separazioni’ è solo l’anello terminale di un processo di separazione che ha attraversato tutte le stagioni.

Dottor Roberto Cavaliere

“Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza…
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero…
Quelle come me sono quelle che,
nell’autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto…

Alda Merini

LA PAUSA DI RIFLESSIONE NELLA COPPIA

Spesso nelle relazioni, qualsiasi tipo di relazioni, in un momento di crisi della relazione stessa uno dei due chiede una pausa di riflessione o entrambi la concordano insieme. Una prima distinzione è legata appunto se è richiesta solo da uno dei due o da entrambi.
– Se è richiesta da uno solo e l’altro la subisce questo, mette in vantaggio chi la richiede e in svantaggio l’altro che non sa che cosa aspettarsi dalla fine di questa pausa. Quest’ultimo potrebbe viverla come una spada di Damocle che pende sulla sua testa.

– Se è concordata da entrambi, è evidente che rappresenta un vantaggio per entrambi. In coppia bisognerebbe sempre cercare un accordo anche sulla pausa di riflessione.

La condizione più importante per valutare vantaggi e svantaggi di una pausa di riflessione è data dal come si vive questo periodo.

– Se la pausa di riflessione è vissuta in modo attivo, vale a dire che si riflette veramente sulla relazione stessa, sulle sue criticità, su come arrivare a un esito finale, allora è sicuramente un vantaggio averla effettuata. Potrebbe rappresentare un momento di crescita affettiva e relazionale per la coppia.

Se la pausa di riflessione è vissuta in modo passivo, vale a dire è un mero trascorrere del tempo, senza nessun tipo di riflessione, alla fine della stessa ci si ritroverà allo stesso punto di partenza e indubbiamente è stato uno svantaggio compierla. Non solo non ha risolto niente ma potrebbe contribuire ad accentuare le problematiche di coppia che ne sono state all’origine.

Quindi le due variabili dell’accordo della coppia sulla pausa stessa e le modalità di viverla rappresentano lo spartiacque fra vantaggi e svantaggi.

Roberto Cavaliere

“Mio caro Friedrich, ho dovuto fare l’esperienza che non c’è davvero nulla di più arduo che amarsi. È un lavoro, un lavoro a giornata, Friedrich, a giornata. Com’è vero Dio, non c’è altro termine. Come se non bastasse, i giovani non sono assolutamente preparati a questa difficoltà dell’amore; di questa relazione estrema e complessa, le convenzioni hanno tentato di fare un rapporto facile e leggero, le hanno conferito l’apparenza di essere alla portata di tutti. Non è così.

L’amore è una cosa difficile, più difficile di altre: negli altri conflitti, infatti, la natura stessa incita l’essere a raccogliersi, a concentrarsi con tutte le sue forze, mentre l’esaltazione dell’amore incita ad abbandonarsi completamente…

… Prendere l’amore sul serio, soffrirlo, impararlo come un lavoro: ecco ciò che è necessario ai giovani. La gente ha frainteso il posto dell’amore nella vita: ne ha fatto un gioco e un divertimento, perché scorgono nel gioco e nel divertimento una felicità maggiore che nel lavoro; ma non esiste felicità più grande del lavoro, e l’amore, per il fatto stesso di essere l’estrema felicità, non può essere altro che lavoro.

Chi ama deve cercare di comportarsi come se fosse di fronte a un grande compito: sovente restare solo, rientrare in se stesso, concentrarsi, tenersi in pugno saldamente; deve lavorare deve diventare qualcosa”.

(Da una lettera del poeta Rainer Maria Rilke ad un giovane amico)