IL MITO E LA SINDROME DI ECO

Un giorno mentre Narciso era intento a vagare nei boschi e a tendere reti tra gli alberi per catturare i cervi, lo vide la bella Eco che, non potendo rivolgergli la parola, si limitò a rimirare la sua bellezza, estasiata da tanta grazia. Per diverso tempo lo seguì da lontano senza farsi scorgere e Narciso, intento a rincorrere i cervi, nè si accorse di lei nè si accorse che si era allontanato dai compagni e aveva smarrito il sentiero. Iniziò Narciso a chiamare a gran voce, chiedendo aiuto non sapendo dove andare. A quel punto Eco decise di mostrarsi a Narciso rispondendo al suo richiamo di aiuto e si presentò protendendo verso di lui le sue braccia offrendosi teneramente come un dono d’amore e con il cuore traboccante di teneri pensieri.

Ma ancora una volta la reazione di Narciso fu spietata: alla vista di questa ninfa che si offriva a lui fuggi inorridito tanto che la povera Eco avvilita e vergognandosi, scappò via dolente. Si nascose nel folto del bosco e cominciò a vivere in solitudine con un solo pensiero nella mente: la sua passione per Narciso e questo pensiero era ogni giorno sempre più struggente che si dimenticò anche di vivere e il suo corpo deperì rapidamente fino a scomparire e a lasciare di lei solo la voce. Da allora la sua presenza si manifesta solo sotto forma di voce, la voce di Eco, che continua a ripetere le ultime parole che gli sono state rivolte.

Eco rimanda a tante donne innamorate di Narcisi che vivono la loro passione nelle stesse modalità che rimanda il mito di Eco e Narciso:
completa dedizione al partner,
passione non ricambiata,
dolore struggente,
solitudine,
ossessione,
grido ripetitivo del proprio dramma interiore,
annullamento della propria persona,
lenta agonia.

Roberto Cavaliere

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