LE “DOMANDE” A CUI DEVE RISPONDERE UNA PSICOTERAPIA SULLA DIPENDENZA AFFETTIVA

Un percorso psicoterapeutico finalizzato a superare la dipendenza affettiva deve partire dal rispondere ad una serie di “PERCHE'” per poi passare ai “COME”.

Le domande da porre all’interno della psicoterapia sono le seguenti:

1. Che cosa si vuole veramente dalla persona da cui si dipende ?
2. Perché si viene maltrattata (o si potrebbe anche maltrattare) – dal punto di vista psicologico,
emotivo, economico, fisico e/o sessuale ?
3. Come mai si torna (o si resta) in una relazione malsana nonostante si sia consapevole
della sofferenza che si subisce. ?
4. Perché si ha difficoltà a separarsi definitivamente dal partner ?
5. Perché si continua a scegliere partner sbagliati ?
6. Si vuole veramente superare la propria dipendenza affettiva ?
Come già sottolineato, rispondere a questi “perché” rappresenta un passaggio necessario per il successivo obiettivo terapeutico: i “come” da attuare per superare la dipendenza affettiva.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa). Possibilità anche di effettuare consulenze telefoniche o tramite videochiamata

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LA “DISTANZA DI SENSIBILITA'” NELLA COPPIA

Essere una persona sensibile vuol dire percepire un tono di voce distante durante una telefonata, riconoscere l’ansia, la paura e la tristezza nella faccia degli altri. Essere sensibile vuol dire fare caso a tutto, e con “tutto” intendo veramente qualsiasi cosa: un fiore sconfitto dal vento, un cane solo, un colore diverso del cielo, un sorriso più sentito, una parola colorata in mezzo a tante parole anonime. Essere sensibili vuol dire vivere dieci, cento, mille vite ogni giorno. Quando sei sensibile non puoi fregartene, farti gli affari tuoi, lasciar perdere. Chi è sensibile, se sa di aver ferito qualcuno si tortura per ore ed ore pensando alla sensazione che gli ha fatto provare. Chi è sensibile dura una fatica immensa. Si dovrebbe aver cura di chi è sensibile, potrebbe morire per una carezza in meno.       Susanna Casciani
In ogni relazione, in ogni coppia c’è sempre chi è più “sensibile” rispetto all’altro. Fondamentale per la sopravvivenza della relazione è comprendere quanto siano distanti le due diverse sensibilità. Se la distanza è eccessiva si aprono due scenari diversi:
  • o ci separa perchè è difficile accettare questa distanza di sensibilità nel tempo;
  • o si rimane comunque insieme perchè la persona maggiormente sensibile accetta l’insensibilità dell’altro per vari motivi, tra cui il principale è l’incapacità di separarsi
In quest’ultimo caso la persona maggiormente sensibile paga un caro prezzo in termini di sofferenza personale acuita dalla stessa sensilità che le appartiene in una sorta di circolo vizioso.
Compito di ogni terapia di coppia (o anche autoterapia) è cercare di attenuare le “distanze di sensbilità” li dove è possibile.

Dott. Roberto Cavaliere

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IL DOLORE PER LA FINE DI UN AMORE PASSA

“Il dolore è passato. La vita lo ha trasformato in qualcos’altro; dopo averlo provato, dopo aver singhiozzato, lo si nasconde agli occhi del mondo come una mummia da custodire nel padiglione funerario dei ricordi. Passa anche il dolore provocato dall’amore, non credere. Rimane il lutto, una specie di cerimonia ufficiale della memoria. Il dolore era altro: era urlo animalesco, anche quando stava in silenzio. E’ così che urlano le bestie selvatiche quando non comprendono qualcosa nel mondo – la luce delle stelle o gli odori estranei – e cominciano ad avere paura e ululare. Il lutto è già un dare senso, una ragione e una pratica. Ma il dolore un giorno si trasforma, la vanità e il risentimento insiti nella mancanza si prosciugano al fuoco purgatoriale della sofferenza, e rimane il ricordo, che può essere maneggiato, addomesticato, riposto da qualche parte. E’ quel che accade ad ogni idea e passione umane.”                  Da “Il gabbiano” di Sandor Marai

In questo brano è descritto in maniera significativa il passaggio dal dolore per la fine di un amore alla vera è propria elaborazione del lutto per quest’ultimo. E’ il passaggio da una fase esclusivamente emotiva ad una fase di sempre maggiore razionalizzazione su quello è successo.

Và sempre prima urlato il dolore che si prova, per quanto sia dilaniante farlo.

Dott. Roberto Cavaliere

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COSA FA MATURARE LE RELAZIONI ?

Un giorno un contadino incontra Dio e gli dice: – Hai creato il mondo ma non sei un contadino, non conosci l’agricoltura. Hai ancora molto da imparare.

Dio gli chiese: – Qual è il tuo consiglio?

Il contadino: – Dammi un anno e lascia che le cose vadano come voglio e vedrai che la povertà non esisterà mai più.

Dio accettò. Naturalmente, l’agricoltore chiese il massimo: niente più tempeste né alcun pericolo per il grano. Il grano cresceva sano e abbondante e i contadini erano felici. Tutto sembrava perfetto.

Alla fine dell’anno, l’agricoltore rivede Dio e gli dice con orgoglio: – Hai visto quanto grano ? C’è abbastanza cibo per 10 anni senza dover più lavorare!

Tuttavia, una volta raccolto tutto il grano il contadino si rese conto che i chicchi erano tutti vuoti. Perplesso, chiese a Dio cosa fosse accaduto,

ed Egli rispose: – Hai deciso di eliminare tutti i conflitti e gli attriti, così il grano non ha potuto maturare. (Racconto buddista)

In questo significativo racconto buddista è contenuta una profonda verità per le relazioni in generale : eliminare del tutto la conflittualità, le difficoltà, le avversità nelle relazioni non aiuta quest’ultime ad evolversi e maturare con la deriva di arrivare a “relazioni vuote” come i chicchi di grano vuoti del racconto, anche se all’inizio le relazioni potrebbero avere la sensazione di essere perfette e felici.

Ben venga, allora, una giusta dose di conflitto, difficoltà ed avversione come elementi per permettere alle relazioni di diventare forti e mature.

Dott. Roberto Cavaliere

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UN’ATTIVITA’ ARTISTICA INSIEME PER MIGLIORARE IL RAPPORTO DI COPPIA

Praticare un attività artistica e/o ricreativa insieme al partner, potrebbe migliorare non solo l’umore ma anche la relazione di coppia. A mostrarlo è uno studio, condotto dall’Università di Baylor, in Texas, che mette in luce gli effetti benefici di alcune attività ricreative. Dipingere in compagnia del partner, ma anche in misura minore dedicarsi a giochi da tavolo, favorisce il rilascio dell’ossitocina, una sostanza prodotta dal nostro corpo nota come l’ormone dell’amore. E così la complicità che nasce durante questi passatempi potrebbe aiutare a rafforzare la relazione affettiva della coppia. I risultati sono pubblicati sul Journal of Marriage and Family.

L’ossitocina è un ormone che viene prodotto dal nostro organismo, soprattutto nel caso di contatto fisico affettuoso, ma anche di contatto visivo, non solo col partner, e in altre situazioni di interazioni sociale e affettiva. In generale questo ormone promuove l’attaccamento all’interno di una relazione e rinforza i legami significativi. Fino ad oggi, spiegano gli scienziati, non c’erano studi sul collegamento fra le attività ricreative e l’ossitocina. Partendo da tale gap, il gruppo ha voluto analizzare questo legame in un gruppo di persone che praticavano giochi o dipingevano insieme al partner.

I ricercatori hanno coinvolto 20 coppie, di età compresa fra i 25 e i 40 anni. Una parte delle coppie hanno giocato a un gioco da tavolo a loro scelta fra le carte, Jenga, monopoli ed altri. Ciascuna coppia giocava da sola in un ambiente familiare, che ricordava quello domestico. Ad altre coppie, invece, è stato proposto di partecipare, tutte insieme, ad un corso di pittura all’interno di uno studio artistico. In entrambi i casi, la durata della sessione era di un’ora. Inoltre, all’inizio e alla fine di questa esperienza i ricercatori misuravano i livelli di ossitocina dei partecipanti attraverso un’analisi delle urine.
Stando ai risultati, in tutte le coppie che giocavano o dipingevano si è registrata la produzione di ossitocina, valutata alla fine della sessione. Tuttavia, il risultato interessante riguarda il fatto che hobby artistici, come quello della pittura potrebbero essere associati a un rilascio di ossitocina maggiore rispetto ai giochi da tavolo. “Solitamente un corso di arte non viene associato mentalmente all’idea di un appuntamento col partner”, commenta Karen Melton, primo autore dello studio, “ma in certi casi, le coppie, mentre dipingono, fanno in modo di trasformare quest’occasione in un momento di interazione, ad esempio cingendo il partner con le braccia o semplicemente complimentandosi con lui per il buon lavoro”.

Un’altra sorpresa, sottolineano gli autori, riguarda il fatto che gli uomini che avevano dipinto mostravano un rilascio di ossitocina circa due volte superiore rispetto a quello misurato nelle donne dopo la stessa attività e nelle coppie che avevano giocato ai giochi in scatola. La ragione, spiegano gli autori, potrebbe risiedere nel fatto che questo passatempo prevede un maggior contatto fisico col partner rispetto al gioco. “Tale elemento – spiega Melton, primo autore dello studio – può indicare che un certo tipo di attività può portare maggiori benefici agli uomini invece che alle donne e viceversa”.

Alla base del rilascio dell’ossitocina ci sono diversi elementi chiave. Da un lato la comunicazione, che avviene maggiormente durante il gioco, dall’altro il contatto fisico, più frequente quando si dipinge o si praticano altri hobby in cui si cerca il tocco del partner. Anche l’interazione visiva, cioè il semplice gesto di guardarsi negli occhi, promuove sensazioni positive e il buonumore di coppia. Ma c’è un altro ingrediente da considerare: il luogo in cui si praticano queste attività può fare la differenza. Lo studio, infatti, mostra che cambiare ambiente e panorama visivo potrebbe avere un impatto significativo nel rilascio di ossitocina. Così, darsi appuntamento col partner in luoghi nuovi e inesplorati risulta essere un’idea non solo originale ma anche benefica per il rapporto di coppia.

fonte: https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/07/17/news/coppia_se_dipingere_insieme_aumenta_l_unione

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TEST-ESERCIZIO SUL “PRENDERE LE DISTANZE” DA CHI CI FA SOFFRIRE

Quando siamo lontani dalla persona amata, decidiamo di fare e dire molte cose, ma quando le siamo vicini, siamo titubanti. Da che cosa deriva tutto ciò? Il fatto è che quando siamo lontani la ragione non è tanto scossa, come stranamente lo è in presenza dell’amata. Quindi, nella decisione occorre quella fermezza che è invece soffocata dall’agitazione. (Blaise Pascal)

Prendere le distanze da ci fa soffrire, non è facile, richiede impegno ed allenamento oltre a presentare una serie di resistenze personali, psicologiche ed emotive che rendono tale training una vera e propria scalata disseminata di difficoltà. Ma niente è impossibile. Provate ad effettuarlo col seguente esercizio

Innanzitutto delineate quali sono per voi gli atteggiamenti ed i comportamenti che denotano una presa di distanza dal partner e/o relazione fonte di disagio e sofferenza

Di seguito ve ne delineo una serie e segnate quelle che sentite come prese di distanza che volete e potreste effettuare.

  • Non Parlare sempre o troppo spesso dell’altro/a
  • Evitare confronti inutili e/o dannosi
  • Cercare di stare di meno in loro Compagnia
  • Condividere meno quotidianeitò possibile con loro
  • Condividere meno Tempo in generale con loro
  • Cercare di attivare il meno possibile comportamenti di Controllo dell’altro/a
  • Non rispondere alle loro Critiche e/o Giudizi
  • Essere Assertivi

Adesso elencate almeno tre personali atteggiamenti e/o comportamenti che ritenete utili a prendere le distanze. Più ne individuate e maggiori sono le probabilità di metterle in pratica

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……………………………………………

……………………………………………

Una volta completato l’elenco, mettete il tutto in ordine di difficoltà personale a metterle in atto.

Ad esempio al primo posto mettete quella che ritenete più facile ad effettuare (ad esempio parlare di meno dell’altro/a con gli altri) all’ultimo posto quello che avete più difficoltà ad effettuare.

Man mano che consolidate a livello comportamentale una “presa di distanza” passate a quella successiva fino a completare l’elenco dal punto di vista del training

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TEST-ESERCIZIO SUL SENTIRSI “VITTIMA” NELLE RELAZIONI

Quasi ogni ego ha perlomeno un elemento di quello che possiamo chiamare «identità di vittima». Alcune persone hanno di sé un’immagine di vittima così forte che diviene il centro del loro ego. Risentimento e lamentela formano una parte essenziale del loro senso del sé. Anche se le vostre lamentele sono totalmente giustificate, avete costruito per voi stessi un’identità che è proprio come una prigione.
(Eckhart Tolle)

All’interno di una relazione disfunzionale e/o di dipendenza affettiva per arrivare a quelle patologiche, tutti si sentono in qualche modo vittima.

Diventa importante comprendere e distinguere in quali aspetti si si sente vittima dell’altro e in quali altri aspetti si sente vittima di se stessi.

Provate a comprenderlo e distinguerlo nel seguente esercizio

MI SENTO VITTIMA DELL’ALTRO/A PERCHE’ :

  • Mi Umilia
  • Mi Controlla
  • Mi Svaluta
  • Mi Ossessiona
  • Non si prende cura di me
  • Mi Tradisce
  • Mi lascia Sola
  • Mi Abbandona
  • Non mi Ascolta
  • Mi Giudica
  • Mi Critica
  • Mi Manipola
  • Mi colpevolizza
  • Non mi Perdona niente

Adesso prova ad aggiungere almeno altre tre caratteristiche che ritieni ti possano far pensare che sei vittima dell’altro

  • ………………………………………………………………….
  • ………………………………………………………………….
  • ——————————————————-

MI SENTO VITTIMA DI ME STESSO/A PERCHE’ :

  • Mi Lamento
  • Mi Giudico sempre negativamente
  • Non ho Fiducia in me Stessa/o
  • Ho difficoltà ad affermarmi nei confronti dell’altro/a
  • Mi aspetto di essere Aiutata/o ed Approvata/o
  • Mi Colpevolizzo
  • Non mi Perdono niente
  • Accetto di Rimanere Sola/o
  • Ho desiderio di Vendetta
  • Vorrei essere io Carnefice
  • Tendo a sopportare tutto

Adesso prova ad aggiungere almeno altre tre caratteristiche che ritieni ti possano far pensare che sei vittima di te stesso/a

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Come in tutti le situazioni e/o relazioni la verità tende a stare nel mezzo. Vale a dire che si sono atteggiamenti e comportamenti dell’altro/a che oggettivamente tendono a rendere vittime. Ma allo stesso tempo ci sono anche personali atteggiamenti e comportamenti che fanno sentire vittime

Su quelli altrui non si può intervenire, su quelli personali è possibile ed è doverso fare qualcosa.

Prendete spunto dall’esercizio per intervenire su quegli aspetti e atteggiamenti individuati come personali e suscettibili, dunque, d’intervento.

Non incolpare nessuno,
non lamentarti mai di nessuno, di niente,
perché in fondo
Tu hai fatto quello che volevi nella vita.
Accetta la difficoltà di costruire te stesso
ed il valore di cominciare a correggerti.
Il trionfo del vero uomo
proviene delle ceneri del suo errore.
Non lamentarti mai della tua solitudine o della tua sorte,
affrontala con valore e accettala.
In un modo o in un altro
è il risultato delle tue azioni e la prova
che Tu sempre devi vincere.
Non amareggiarti del tuo fallimento
né attribuirlo agli altri.
Accettati adesso
o continuerai a giustificarti come un bimbo.
Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare
e che nessuno è così terribile per cedere.
(Pablo Neruda)

Dott. Roberto Cavaliere

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TEST-ESERCIZIO SULLE FERITE DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA

Non permettere alle tue ferite di trasformarti in qualcuno che non sei.
(Paulo Coelho)

Quali delle seguenti ferite emotive e psicologiche avvertite che la vostra relazione e/o dipendenza affettiva vi sta procurando ?

  • Paura dell’Abbandono
  • Timore del Rifiuto
  • Timore dell’Esclusione
  • Ossessione del Controllo
  • Svalutazione della vostra Persona
  • Timore del Tradimento
  • Gelosia eccessiva e/o ossessiva
  • Senso d’inferiorità
  • Umiliazioni
  • Senso di Sottomissione
  • Senso di Solitudine
  • Timore di mostrarsi nella propria Autenticità

Adesso provate ad aggiungere voi almeno tre altre ferite, non comtemplate in quelle precedenti che la relazione vi sta procurando

  • …………………………………………………
  • …………………………………………………
  • …………………………………………………

Ed adesso fate vostri questi significativi versi:

Il cuore va in frantumi
e ti sembra di morire dissanguato
e hai perso così tanto sangue
che ti senti fragile e debole,
e invece una parte di te,
sta costruendo delle fortezze
una parte di te ti sta rendendo più solido.
(Fabrizio Caramagna)

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TEST-ESERCIZIO DEL “NON VOGLIO PIU’ “

La vita è una resistenza continua all’inerzia che tenta di sabotare il nostro volere più profondo. Chi si stanca di volere, vuole il nulla.
(Friedrich Nietzsche)

Spesso nelle problematiche affettive e relazionali, ci ritroviamo a volere ciò che non avremmo mai voluto volere (scusate il gioco di parole)

Individuare ciò che non vogliamo più, è una delle condizioni indispensabili per uscire dal proprio disagio, oltre ad essere un utile esercizio di assertività.

ESERCIZIO DEL NON VOGLIO PIU’

Non voglio più avere paura di essere lasciata

Non voglio avere più paura di parlare

Non voglio più essere mancata di rispetto

Non voglio più sentirmi così poco importante

Non voglio più vivere nell’incertezza continua

Non voglio più provocazioni

Non voglio più discorsi paradossali

Non voglio più giornate da sola

Non voglio più sentirmi non amata

Non voglio più essere ignorata

Non voglio più rincorrerlo

Non voglio più aspettare

Non voglio più voci fredde e distaccate

Non voglio più silenzi paurosi

Non voglio più sentirmi punita

Non voglio più essere abbandonata a me stessa ovunque

Non voglio più sentirmi disperata

Non voglio più sentirmi angosciata

Non voglio più sentirmi dire che sono egoista

Non voglio più sentirmi dire che sono bugiarda

Non voglio più sentirmi dire che sono cattiva

Non voglio più sentirmi dire che non sono sensuale, che non sono calorosa

Non voglio più sentirmi dire che non può fidarsi di me, non gli faccio sentire il mio amore.

Non voglio più essere lo specchio nel quale rifletti te stesso.

ADESSO AGGIUNGI ALMENO TRE PERSONALI “NON VOGLIO PIU’”

Non voglio più……………………………………………………………………….

Non voglio più……………………………………………………………………….

Non voglio più………………………………………………………………………..

 

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TEST-ESERCIZIO SULLE COLPEVOLIZZAZIONI

Colui che incolpa gli altri delle proprie disgrazie è un ignorante: colui che incolpa sé stesso comincia a migliorare;  il galantuomo non incolpa né sé né gli altri, ma pensa a rimediarvi.
(Cesare Cantù).

 

Spesso, all’interno della dipendenza affettiva, il partner colpevolizza di determinati atteggiamenti e comportamente che, abitualmente, si tendono a mettere in atto.

Colpevolizzazione che scaturisce da una mancanza di accettazione e comprensione, da parte dell’altro, della vera origine di tali atteggiamenti e comportamenti.

Proviamo ad individuarli al fine di consapevolizzarli del tutto ed evitare che ne veniamo colpevolizzati e/o ci colpevolizziamo.

ESERCIZIO DEL “E CHE SE,,,,,”

E che se piango faccio la vittima e se mi arrabbio abbaio.

E che se cambio tono di voce urlo

E che se sono allegra sono falsa

E che se sono triste sono pesante

E che sono aggressiva

E che devo stare zitta

E che non sono la priorità

E che con me non vale la pena

E che gli faccio passare la voglia di vivere

E che è tutta colpa mia, sempre e solo colpa mia.

ADESSO AGGIUNGI ALMENO TRE PERSONALI “E CHE SE’”

E che se………………………………………………………………………………………………….

E che se………………………………………………………………………………………………….

E che se…………………………………………………………………………………………………..

Dopo aver individuato tutte le “colpevolizzazioni” prova a distinguere su quali il tuo partner potrebbe anche avere ragioni e quali invece rappresentano una vera e propria colpevolizzazione.

Dott. Roberto Cavaliere

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