COME GESTIRE LA CRITICA NELLE RELAZIONI

In un vero amore non si critica nulla. Se mi ami, amami con i miei difetti! Amami per quel che sono! Non chiedermi niente, non giudicarmi. Non ho nulla da darti: faremo qualcosa insieme. Io ti amo come sei, non ti chiedo nulla, non voglio che cambi, non esercito pressioni in questo senso.
(Alejandro Jodorowsky)

1) Tener conto dello stato d’animo del partner prima di criticare
2) Muovere al critica al momento giusto
3) Effettuare una critica alla volta
4) Circostanziare in maniera chiara e precisa la critica
5) La critica deve sempre essere rivolta al comportamento e non alla persona
6) Criticare solo comportamenti del partner che dipendono dalla sua volontà
7) Parlare sempre in prima persona usando il pronome IO
8) Trasformare la critica in un momento di confronto nella coppia
9) Trasformare la critica in una richiesta
10) Non rispondere ad una critica con una critica

Acquistiamo il diritto di criticare severamente una persona solo quando siamo riusciti a convincerla del nostro affetto e della lealtà del nostro giudizio, e quando siamo sicuri di non rimanere assolutamente irritati se il nostro giudizio non viene accettato o rispettato. In altre parole, per poter criticare, si dovrebbe avere un’amorevole capacità, una chiara intuizione e un’assoluta tolleranza.
(Mahatma Gandhi)

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private (anche tramite videochiamata) tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LE RELAZIONI DEI BIPOLARI

I bipolari hanno una serie di relazioni tormentate, e spesso non riescono a chiuderne nessuna ma a continuare a tenerle in essere nel tempo. Sono persone che hanno difficoltà con la perdita, che tendono a non terminare mai le relazioni, a non chiuderle ma a scomparire. Non riescono ad avere un confronto costruttivo sulla relazione, non riescono a affrontare il dolore della separazione.
Quindi come già detto scompaiono.
Le relazioni con un bipolare sono complicate, complesse, dolorose. Il bipolare non ha vie di mezzo, transizioni. Una delle caratteristiche di questo tipo di persone è la noia: si annoiano spesso e facilmente della routine e delle cose. Bisogna essere poliedrici per intrattenere una persona bipolare per lungo tempo. Il bipolare si sente sempre incompreso perché l’incomprensione comincia da se stesso, lui non si capisce. Il bipolare è triste o allegro ma non sa perché; ti ama o non ti ama e non sa perché; è annoiato o meno ma non sa il perché. Il bipolare non si conosce.
Dal punto di vista relazionale per aiutare un bipolare bisogna, stimolare il contatto perché essi tendono ad isolarsi, mentre bisogna stabilire dei legami che li aiutino come andare a ballare, avere abbracci, baci, rapporti sessuali soddisfacenti, comprare un cane. Si parla di contatto perché hanno difficoltà a stabilire il contatto con altri esseri umani, un ottimo consiglio è che si comprino un cane. E’ anche importante favorire relazioni e contatti con le persone, anche come aiuto prestato alle persone perchè il bipolare si deve occupare di altro che non sia se stesso e comincia automaticamente a migliorare. Tutto questo implica un lavoro personale che la persona deve essere disposta ad affrontare. Deve voler dedicarsi a questo lavoro terapeutico. Molti però preferiscono non ritenersi responsabili in prima persona della loro situazione, preferiscono sapere che la loro malattia è organica e che non c’è nulla da fare. La bipolarità non necessariamente è una infelicità. Paradossalmente i bipolari possono essere bravi terapeuti perché sono molto empatici molto comprensivi rispetto a ciò che succede agli altri. Grandi terapeuti del secolo passato come Freud e Jung erano bipolari .

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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ASCOLTARE IL BAMBINO INTERIORE NELLE RELAZIONI

La scultura “Amore” dell’artista ucraino Alexandr Milov ben rappresenta il conflitto tra uomo e donna ed, allo stesso tempo, una possibile via d’uscita

Quante volte uomo e donna si danno le spalle nella relazione (come nella scultura) a sottolineare una difficoltà o incapacità reciproca a comunicare, a sintonizzarsi sull’altro.

Quale possibile via d’uscita da questa contrapposizione relazionale se non ascoltando la parte profonda di se stessi, quel bambino interiore (come nella scultura) che va al di là dei torti e delle ragioni ed ascolta il proprio cuore e quello dell’altro.

I bambini litigano spesso ma si riconciliano subito ed il litigio non crea mai distanza tra loro nel tempo

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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I DIVERSI DESIDERI SESSUALI NELLA COPPIA

Sintesi dell’ articolo pubblicato sul mensile “Silhouette Donna” di febbraio 2009 dal titolo “Le insidie per la coppia”scritto dalla giornalista Elena Goretti con la collaborazione del Dott. Roberto Cavaliere

 

IL SESSO: se i desideri sono diversi

Non è raro che una coppia affiatata e innamorata, poi, sotto le lenzuola abbia difficoltà a trovare un’intesa. Magari perché entrambi i partner sono impacciati, perché uno dei due ha paura di sbagliare oppure perché, nella passione del momento, si compiono gesti inattesi. Nella maggior parte dei casi, però, il problema è uno solo: la (naturale) differenza di aspettative che lui e lei hanno nei confronti del rapporto sessuale, un universo di fantasie e desideri diversi che si rivela nel momento decisivo e che può provocare reazioni spiacevoli, come delusioni, incomprensioni o sottili offese. Lui, ad esempio, può pretendere la luce accesa, mentre lei il buio totale; oppure cerca di arrivare subito al rapporto vero e proprio, mentre lei rimane male se non può prepararsi all’amore con una serie di preliminari.

* Il fatto di desiderare gesti, attenzioni e persino posizioni diverse, insomma è del tutto normale. Non significa che si è incompatibili, né tanto meno che la relazione ne risentirà. Basta avere la disponibilità a comprendere che ogni sesso ha le sue preferenze naturali, evitare di dare significati “ulteriori” alle esigenze dell’altro e imparare piano piano a conoscersi, per venirsi incontro senza delusioni o risentimenti.

 

Cosa piace a lui…

Sì alla luce accesa

Se la donna spesso si vergogna o si sente intimidita nel mostrare il proprio corpo nudo, l’uomo quasi sempre preferisce la luce accesa. Certo, non un’illuminazione piena ma di certo una leggera penombra che gli consenta di vedere il corpo della sua compagna. Contrariamente a quanto credono le donne, quando un uomo ha la sua compagna nuda davanti agli occhi, non ha il minimo istinto di controllare se sia troppo magra o troppo grassa, desidera solo guardarla.

Provocare eccitazione

I motivi per cui un uomo si eccita sono infiniti, ma tra i tanti occorre tenere presente alcune preferenze. Ad esempio, viene attratto da un aspetto ordinato, da una pelle morbida e liscia e da un tipo di abbigliamento intimo scelto con cura. Autoreggenti e completini intimi rendono felice una buona parte dell’universo maschile, ma esistono anche uomini che preferiscono la propria donna completamente nuda o con indumenti che scoprano una parte del suo corpo. Creme e prodotti cosmetici preziosissimi per la bellezza del viso e del corpo, invece, non sono “funzionali” ai momenti di intimità. Il profumo e la texture delle creme possono infatti diventare un vero e proprio ostacolo anche per l’amante con le intenzioni più appassionate.

Subito all’obiettivo

Nel rapporto sessuale la più evidente differenza fra l’uomo e la donna è la concezione del tempo. Per eccitare un uomo non occorre perdersi in troppi preamboli come dare baci sul petto e lungo il corpo (anche se sono sempre graditi), ma dare il via immediatamente al rapporto sessuale. L’uomo vive il piacere sessuale con maggior velocità non per una mancanza di attenzione nei confronti della sua compagna, ma per una questione puramente fisiologica. L’atto sessuale nel maschio è provocato da un accumulo di testosterone che provoca una pulsione verso l’orgasmo. Per questo motivo quando lui è eccitato, cerca automaticamente la liberazione cioè lo sfogo della tensione sessuale. Per la donna i tempi sono completamente diversi. Il suo appagamento è dato dal crescere della tensione sessuale e dall’assaporare il desiderio, dall’essere toccata su tutto il corpo e non solo direttamente sugli organi genitali. E’ un percorso diverso che la coppia deve conoscere per trarre il massimo godimento dal rapporto sessuale.

Manifestargli il piacere

L’uomo per misurare la propria prestazione guarda soprattutto l’appagamento della sua compagna. Manifestare in modo esplicito questo piacere, cioè il raggiungimento dell’orgasmo, contribuisce a dargli fiducia e serenità e a migliorare la qualità della rapporto di coppia. Anche se l’orgasmo non arriva, è importante mostrargli partecipazione al rapporto sessuale ed evitare di dimostrare delusione o distacco, altrimenti si sentirà avvilito e “colpevole”.

Gemiti e parole

Esprimere le proprie sensazioni è importante per la buona salute del rapporto, ma non si deve esagerare. Gli uomini amano i gemiti delle loro compagne e sentirle abbandonate al piacere, ma vengono letteralmente paralizzati da quelle che fanno discorsi nel bel mezzo del rapporto sessuale. Una frase compiuta detta in un certo momento indica che lei non sta partecipando e godendo come lui credeva. Un episodio di questo tipo può far spegnere anche un momento di passione bruciante.

Farlo sentire amato

Per dare il massimo di se stesso e della sua prestazione sessuale l’uomo deve sentirsi amato e apprezzato. Non significa rassicurarlo continuamente rispetto alle sue capacità sessuali ma semplicemente prestare attenzione alla sua sensibilità, la stessa che si pretende da lui. Attenzione a non offendere la sua suscettibilità con commenti bruschi e negativi perché bloccano il suo desiderio. Se un tocco o una carezza non sono mirati o provocano addirittura fastidio, meglio non dirlo apertamente ma spostare con dolcezza la sua mano verso il punto preferito senza fare commenti e senza interrompere il ritmo del rapporto.

Lasciargli gestire – in parte – il gioco

Le donne in genere vogliono che il loro uomo si mostri sicuro e padrone della situazione ma non vale anche il contrario. Una certa disinvoltura è sicuramente seduttiva, ma troppa sicurezza spesso lo intimidisce. La donna-pantera può essere la protagonista principale di fantasie erotiche ma difficilmente lui desidera che la propria compagna gli assomigli. Questo non vuol dire frenare la propria verve seduttiva, anzi, ma lasciare la conduzione di una parte del gioco a lui.

…e cosa piace a lei

Stimolazione fisica e visiva

Per la donna, la possibilità di provare piacere durante il rapporto sessuale è garantita da due componenti “essenziali”: la corretta stimolazione del clitoride e l’attrazione fisica nei confronti del partner. Se il secondo requisito è più semplice da avere, visto che è la donna stessa a scegliere e desiderare il partner, il secondo è in genere più difficile da soddisfare, specie se il compagno non è disponibile (o preparato) a dare piacere alla propria compagna.

L’eccitazione femminile dipende strettamente dal clitoride, in cui convergono e si concentrano tutte le sensazioni erotiche provenienti anche dalle altre zone del corpo. La sollecitazione prodotta dal rapporto sessuale non è quasi mai sufficiente a consentire l’orgasmo, salvo il caso in cui la zona del clitoride non entri in stretto contatto con il pube dell’uomo. Se, dunque, durante l’amplesso si dovessero avvertire solo sensazioni tiepide o dovesse risultare faticoso ottenere l’orgasmo può essere sufficiente accarezzarsi, o farsi accarezzare dal partner. Tenendo presente che questa stimolazione non deve essere né troppo diretta, né esageratamente vigorosa.

Carezze mirate

La stimolazione del seno oltre a risultare piacevole in se stessa può accelerare la comparsa del piacere nella donna. Quando il seno viene sollecitato da carezze e baci, l’ipofisi, che è una ghiandola situata al centro della testa, rilascia piccole quantità di ossitocina. Si tratta di un particolare ormone che, per sua caratteristica, favorisce la comparsa delle contrazioni legate all’orgasmo e potenzia le sensazioni di piacere che ne derivano.

Prepararsi all’amore

Iniziare a fare l’amore molto prima di farlo è una strategia molto efficace per arrivare al momento del rapporto sessuale già su di giri e quindi più aperte al piacere. Non c’è nulla di complicato in questo accorgimento, anche qualora il partner sia poco disponibile a “perdere tempo” in preliminari. Nelle ore che precedono l’incontro con il proprio amante, ci si può soffermare con il pensiero su una fantasia particolarmente intrigante e trasgressiva. Il trucco funziona in termini di potenziamento della risposta erotica perché regala lievi sensazioni di euforia e di eccitazione che permettono poi di affrontare il sesso con più trasporto ed, eventualmente, meno inibizioni.

pubblicato sul sito il 04 marzo 2009

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LA ROUTINE NELLA COPPIA: RISCHIO SIMBIOSI

Sintesi dell’ articolo pubblicato sul mensile “Silhouette Donna” di febbraio 2009 dal titolo “Le insidie per la coppia”scritto dalla giornalista Elena Goretti con la collaborazione del Dott. Roberto Cavaliere

 

Il tempo può giocare brutti scherzi alle coppie innamorate. Innanzitutto perché, si sa, con lo scorrere dei giorni può affievolire la passione e far emergere i difetti dell’uno e dell’altra. E, in più, perché se i partner non riescono a “organizzarlo” bene, tenendo conto delle reciproche abitudini ed esigenze, può dare luogo a risentimenti o a una simbiosi destinata a scoppiare.

* Insomma, sembrerà scontato, ma quando si è in coppia è fondamentale tenere presente che si è in due e non più da soli. Anche se si avrebbe voglia di stare il più possibile insieme, condividendo momenti, attività, amicizie, esperienze, bisogna ricordare che ciascun partner ha necessità, abitudini e soprattutto un’individualità che non solo richiede tempi e spazi, ma che merita di essere rispettata anche quando si sta insieme. Se si rinuncia alla propria identità (magari senza rendersi conto) in nome della coppia, può subentrare a lungo andare il risentimento, il senso di soffocamento o, peggio ancora, la noia.

Innamorati, ma indipendenti

Ma cosa vuol dire, in pratica, “gestire correttamente il tempo e la vita a due”? Se, infatti, è facile comprenderne il significato sul piano teorico, può essere più difficile individuare gli ambiti e le occasioni in cui mettere in pratica questa indicazione di massima.

Isole di libertà

Chi ha detto che la vita a due preclude divertimenti e interessi al di fuori della coppia? Anzi, in ogni rapporto è importante che ciascuno dei partner mantenga degli spazi di libertà personali, in cui coltivare interessi e passioni in piena autonomia.

* Coltivare isole di liberta, se viene fatto con il giusto equilibrio, non va a discapito della vita a due, ma al contrario porta linfa vitale al rapporto. Perché permette di realizzarsi personalmente e in più arricchisce la coppia. Ognuno dei due partner, infatti, informa e fa partecipe l’altro delle sue attività. E tra i due aumentano gli argomenti di conversazione e le ragioni per scoprire l’altro e innamorarsene di più. Ben venga allora l’appuntamento settimanale a teatro con le amiche, le serate dedicate alla palestra o al proprio sport preferito, il pomeriggio di shopping da sole o l’escursione fuori città con un’amica o con un gruppo organizzato.

* Un’unica attenzione: nel garantirsi reciprocamente delle isole di libertà, non bisogna arrivare all’eccesso opposto in cui si finisce per essere assorbiti troppo dalle attività personali e si trascorre sempre meno tempo insieme. E’ questa la prova più difficile nell’organizzazione del tempo in coppia: selezionare con equilibrio i momenti per stare insieme e quelli da trascorrere da soli , facendo in modo che la coppia ne esca arricchita e non appesantita ancora di più.

I rapporti con gli amici

Anche gli amici vanno “gestiti” equamente, al pari di altre faccende della coppia. Soprattutto quando questi non coincidono, ognuno dei due partner lotterà per imporre i propri, convinto in fondo che siano più simpatici e piacevoli di quelli del partner. Risultato? Alla fine, uno dei due comincerà a risentirsi e le serate in compagnia diventeranno ben presto un motivo di scontro.

* Per evitare questa situazione occorre innanzitutto cambiare mentalità. Quando due persone stanno insieme mettono automaticamente al primo posto la loro coppia. E questo i partner non devono dimenticarlo nemmeno quando si tratta di vedere gli amici di sempre. In altre parole, ognuno deve essere libero di coltivare i rapporti di amicizia che desidera, ma non di imporli al partner. Non deve nemmeno chiedere all’altro di accettarli in nome del sentimento che prova, come se fosse una sorta di “test” d’amore. Il rapporto di coppia è una relazione a due. Ed è questa che deve essere messa al primo posto. Solo dopo vengono gli amici.

Le reciproche famiglie

Altra questione da gestire fin dal principio è quella del tempo da dedicare alle rispettive famiglie, per non trovarsi col passare dei mesi a discutere e ad accusarsi reciprocamente sul ruolo dei rispettivi genitori. Ben presto la coppia deve confrontarsi con il fatto che esistono delle circostanze “obbligate” in cui l’uno o l’altro è chiamato a stare in famiglia, rinunciando alla vicinanza con il partner.

* Questo problema si può risolvere in due modi. In primo luogo, bisogna stabilire di comune accordo quali sono i momenti da dedicare alle famiglie d’origine, per non doversi trovare di volta in volta nella circostanza di dover “chiedere il permesso” all’altro o di doversi scusare perché impegnati con i genitori. Ad esempio, si può stabilire che è giusto trascorrere con le rispettive famiglie i pranzi della domenica, le ricorrenze speciali e, in generale, almeno un pasto alla settimana. In secondo luogo, una volta fatte le presentazioni del caso, può essere utile partecipare di tanto in tanto alle riunioni di famiglia del partner, per evitare di sentirsi esclusi o messi da parte.

* Se poi, col passare del tempo, la coppia si consolida fino a decidere di convivere o di sposarsi, la gestione della famiglia deve essere affrontata nuovamente, partendo dal presupposto che ora la “famiglia” è costituita in primis dalla coppia stessa e che tutto, ora, è subordinato a questo. Ciò naturalmente non esclude le famiglie d’origine, ma cambia il rapporto con loro, che diventa più maturo, autonomo e indipendente. Con questo presupposto la coppia non corre mai il rischio di intrusioni e, soprattutto, non si incrina a causa dei rispettivi genitori.

Come comportarsi nella quotidianità

Per tenere vivo un rapporto nella quotidianità, al di là della gestione delle faccende pratiche, è importante seguire alcuni comportamenti di massima, per evitare che lo scorrere dei giorni possa smorzare gli entusiasmi e far subentrare la noia. La cosa più importante è continuare a mantenere il gioco della seduzione ed essere sempre reciprocamente attraenti, come se ci si conquistasse ogni giorno per la prima volta. Questo vale per l’aspetto fisico, ma non solo. Perdere la pazienza, alzare la voce, rispondere in modo brusco o sgarbato come mai ci si sarebbe sognati di fare all’inizio del rapporto sono il segnale che si sta cominciando a darsi per scontati.

* Condividere anche le questioni meno romantiche della vita di tutti i giorni può fare dimenticare l’emozione dell’inizio della storia d’amore. E l’eccessiva confidenza rischia di indebolire il rapporto. E’ proprio il lasciarsi andare nelle piccole cose che, alla lunga, può spegnere l’interesse che l’altro nutre nei nostri confronti. Per questo non bisogna smettere di essere attenti e di aver voglia di mostrarsi al meglio.

 

pubblicato sul sito il 04 marzo 2009

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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IL LITIGIO NELLA COPPIA: LA PROVA DEL FUOCO

Sintesi dell’ articolo pubblicato sul mensile “Silhouette Donna” di febbraio 2009 dal titolo “Le insidie per la coppia”scritto dalla giornalista Elena Goretti con la collaborazione del Dott. Roberto Cavaliere

 

“Chiunque può arrabbiarsi, questo è facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, e al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile”. Aristotele

Litigare è normale, per tutte le coppie. Che sia per uno screzio passeggero, per un’incomprensione o per stanchezza, tutti gli innamorati prima o poi discutono, anche se è da poco che sono insieme e il loro amore è ancora forte e appassionato. Quindi nessun timore: se vi scontrate non significa necessariamente che “qualcosa” non va nell’armonia di coppia né tanto meno che si è destinati a lasciarsi. Al contrario, significa che c’è passione e voglia di confrontarsi anche sulle diversità. Insomma, se si discute significa che “si tiene” l’uno all’altra.

* Ma per far sì che la lite sia un punto di forza della coppia, il confronto deve avere dei limiti e non sfociare in reazioni esagerate. Non si cresce se in uno scontro ci si ferisce, ci si offende e non ci si rispetta. Insomma, se è vero che litigare è del tutto normale, è anche vero che bisogna saper gestire bene lo scontro, per far sì che non diventi motivo di divisione, ma solo un modo per conoscersi meglio e avere un’occasione in più… per fare la pace.

Litigate così?

Ecco come potete venirvi incontro

Osservate i vostri primi litigi: come si svolgono? Sono un battibecco, uno screzio, oppure una sfuriata momentanea dell’uno e dell’altro? Anche se è poco tempo che state insieme, la “vostra” modalità di litigare emerge subito, evidenziando quelli che possono essere eventuali punti di forza e di debolezza della discussione. Se, infatti, durante lo scontro un partner assume sempre un ruolo di forza, oppure si ripetono sempre gli stessi atteggiamenti e le stesse reazioni è più probabile che il confronto fra i due non si risolva in fretta facendo la pace, ma che rimanga “bloccato”, senza confronto né comunicazione. Controllate subito, allora come si svolgono i vostri litigi per evitare che diventino motivo di distanza e imparare a riconciliarvi in fretta, senza conseguenze.

Sfuriata di uno, silenzio dell’altro

Uno dei due ha alzato la voce durante una discussione? Tranquilli, è normale: magari sente di avere le ragioni per essere più arrabbiato e fa la voce grossa durante la discussione. Ma se una volta le ragioni stanno tutte dalla parte di uno, la volta successiva può essere l’altro quello più offeso. Uno ricopre il ruolo “attivo” e arrabbiato, mentre l’altro quello passivo e dimesso, a seconda di chi sia il soggetto più coinvolto emotivamente. Bisogna però capire bene se esiste un equilibrio nello scambio dei ruoli e se, invece, è uno solo il partner che più spesso si arrabbia. Se, infatti, uno dei due inizia a essere protagonista di qualche sfuriata di troppo, potrebbe essere per sbilanciare il rapporto dalla sua parte e acquisire un ruolo di forza.

Come riconciliarsi

Se un partner è più arrabbiato, la possibilità della riconciliazione è tutta nelle mani di chi in quel momento è più calmo e silenzioso. Basta che quest’ultimo riesca a riportare la questione sulle ragioni che hanno determinato il litigio, per risolvere il tutto in fretta. Chi è più offeso, capisce che l’altro è disponibile a capire le sue ragioni, e abbandona spontaneamente i toni accesi per passare a una discussione più razionale e tranquilla. A quel punto esprime comunque le sue ragioni, ma con lo stato d’animo più aperto ad ascoltare la risposta dell’altro. Anche nel caso in cui è sempre lo stesso partner a fare la voce grossa, basta fargli capire che si è disponibili ad ascoltare e capire le ragioni reali delle sua urla, per fargli abbassare il tono e stimolarlo a esprimersi con maggiore pacatezza.

Sfuriata di entrambi

Anche nei primi litigi vi accalorate entrambi e usate toni molto accesi? Evidentemente siete due caratteri molto forti, quindi per voi è del tutto naturale passare subito allo scontro frontale. Niente di grave, per carità: l’unico problema è che così non arriverete mai a comunicare e a rafforzare il vostro rapporto. Ognuno è talmente impegnato a seguire il filo dei propri pensieri che non ascolta l’altro né riesce a comunicare ciò che prova. Un’unica nota positiva: entrambi tirate fuori la rabbia, senza squilibri o sbilanciamenti.

Come riconciliarsi

Dopo aver litigato aspramente, può capitare che, alla fine, uno dei due se la prenda e preferisca fare un “break”, andando a fare una passeggiata per liberare la mente. Da quel momento entrambi iniziano a ragionare e a pensare con calma alle cose che l’altro voleva comunicare.

* Senza dover arrivare alla fuga, si può provare durante la discussione a dire “basta” con le grida e le accuse e comunicarsi con più calma le ragioni che hanno portato al litigio.

* Se invece ci si accorge che la lontananza aiuta a riflettere, si può decidere insieme di interrompere la lite, con l’impegno di rivedersi e riparlare a mente fredda. Una volta riconciliati, è poi importante parlare degli atteggiamenti assunti nel corso della discussione per far sì che non si ripetano la volta successiva.

Il battibecco

Il “battibecco” è tipico delle coppie appena formate. Questo termine deriva proprio dal beccarsi degli uccelli con piccoli colpi, che non è mai un vero e proprio scontro ma una schermaglia leggera. Magari alla base c’è solo un piccolo dispiacere o un risentimento sottile, che non merita una vera e propria discussione: così ci si punge per dare voce alla propria tensione, senza la volontà di offendere o far dispiacere veramente l’altro. Chi ricorre più spesso al battibecco è il partner più chiuso, che non riesce a tirare fuori chiaramente quello che prova o la ragione del suo nervosismo.

Come riconciliarsi

Se la coppia litiga spesso “beccandosi”, è bene capire subito se alla base c’è solo stress o il fatto che i partner non riescono a comunicarsi serenamente le piccole cose che non vanno. Se il battibecco arriva solo quando si è più stressati basta imparare a dire sinceramente al partner “sono stanco!” e confidare le ragioni delle proprie insoddisfazioni (magari legate al lavoro o a questioni personali).

Se invece il battibecco è il modo a cui si ricorre più spesso per discutere, significa che non si riesce a comunicare sinceramente. In questi casi è consigliabile trovare un po’ di tempo per parlarsi con onestà e chiedersi cosa dà fastidio a entrambi.

 

5 consigli per gestire bene una lite

  • Fare un break. Primo atteggiamento consigliabile. Durante una discussione bisogna provare per un attimo a fermarsi e a guardarsi con gli occhi dell’altro, per capire quale comportamento si sta mostrando in quel momento. Allora ci si accorge se si è troppo aggressivi o troppo dimessi, se la reazione avuta è esagerata rispetto alla discussione, oppure se abbandonando un atteggiamento la lite possa finire e risolversi brevemente. Insomma, fare un “break” e cercare di guardare ai propri difetti è il primo passo per andare incontro alle ragioni dell’altro e trovare un compromesso che porti a galla le ragioni e i torti di ciascuno.
  • Ascoltare. Saper ascoltare è il primo passo perché una lite si trasformi in una discussione costruttiva. E’ facile che, invece, durante un litigio si sia più concentrati ad ascoltare se stessi che le ragioni dell’altro e lo scontro diventi un dialogo tra sordi. Invece, quando si presta davvero attenzione a ciò che l’altro cerca di comunicare, il partner percepisce subito che si è disponibili a capire e che quello che sta dicendo è motivo di interesse sincero. E tutti, quando si accorgono di essere seguiti da un interlocutore, si sentono già soddisfatti dell’esito della conversazione.
  • Accogliere. Se si ascolta senza capire, è inutile continuare a farlo. Per vivere in maniera positiva un litigio non basta rimanere in silenzio e lasciare che l’altro spieghi le sue ragioni: bisogna poi cercare di capire quello che dice, provare a far proprio il punto di vista dell’altro e riconoscere che dietro al suo discorso c’è un ragionamento condivisibile. L’importante, però, è non avere pregiudizi e non essere tanto presuntuosi da sapere sempre il perché l’altro ci stia dicendo alcune cose.
  • Comunicare. Si ascolta, si accolgono le ragioni dell’altro e poi si inizia a dialogare. Una volta capite fino in fondo le motivazioni della rabbia o dell’offesa del partner, bisogna iniziare a “comunicare”. Si cerca di ripetere quello che si è capito e, se corrisponde alle sue intenzioni, si può ribattere affermando la propria opinione. Allora l’altro potrà rispondere e così via, in uno scambio reciproco di ragioni e sentimenti, dove si può crescere e capire meglio le personalità di entrambi.
  • Non giudicare: L’ultima cosa da fare durante una lite è giudicare l’altro per quello che dice o per quello che fa. Bisogna sempre mantenersi disponibili e aperti e non far capire al partner che è stato ingabbiato in un giudizio perentorio. Il giudizio è un’accusa, un attacco che provoca immediatamente una difesa. Per evitare il duello e le offese quindi bisogna sempre evitare gli insulti e i giudizi più duri.

 

 La lite nelle diverse età del rapporto

Per ogni stagione di una storia d’amore esiste una ragione per cui litigare. Nei primi mesi dell’innamoramento, ad esempio, non esistono vere e proprie ragioni di scontro. Ogni particolare del partner è meraviglioso e sono pochi i motivi che fanno nascere dubbi o incomprensioni. In questa fase non nascono veri e propri litigi, ma piccoli screzi che generalmente passano in fretta.

* Quando poi si inizia a stare insieme da qualche tempo, si comincia a fare i conti con le abitudini, le preoccupazioni e i nervosismi quotidiani. Iniziano a venire fuori i difetti, i capricci, le fissazioni e i lati più difficili del carattere, che i partner non conoscevano ancora. Il litigio scatta dunque perché nessuno dei due vuole abituarsi a convivere con i difetti dell’altro. Allora si discute, alla ricerca di un compromesso che possa permettere alla coppia di continuare a stare insieme senza lasciare deluso nessuno dei due.

* Con la convivenza o il matrimonio, poi, inizia una nuova fase del rapporto e nascono nuove ragioni di scontro. La coppia si trasforma, magari anche per l’arrivo di un bambino, e diventa una famiglia. In una fase di cambiamento come questa i litigi sono del tutto naturali, ma sono anche preludio di un rapporto più importante e responsabile.

* Con gli anni, la coppia smette di litigare per gelosie o per incomprensioni. I partner si conoscono nel profondo e sanno bene l’affetto che li lega reciprocamente. In questa fase, lo scontro non è mai per ricevere conferme o per conquistare l’attenzione dell’altro, ma perché si è ormai talmente abituati a condividere tutto che si finisce per sfogare con l’altro anche le tensioni e i nervosismi quotidiani. Anche dopo tanti anni, però, il litigio continua a dimostrare che non si può fare a meno l’uno dell’altra e che c’è voglia di condividere ancora ogni emozione all’interno della propria storia d’amore.

pubblicato sul sito il 04 marzo 2009

LA COPPIA ED IL GIOCO DELL’OCA

Un uomo e una donna sedevano presso una finestra che si apriva sulla primavera. Sedevano vicini l’uno all’altra. E la donna disse: “Ti amo. Sei bello, e ricco, e indossi sempre begli abiti”.

E l’uomo disse: “Ti amo. Sei un pensiero meraviglioso, sei una cosa troppo preziosa per tenerla nella mano, sei una canzone nei miei sogni”.

Ma la donna distolse il volto, incollerita, e disse: “Lasciami, te ne prego. Non sono un pensiero, e non sono una cosa che passa nei tuoi sogni. Sono una donna. Voglio che mi desideri come moglie, come madre dei bimbi che un giorno avremo”.

E si separarono.

E l’uomo disse: “Ecco che un altro sogno si dissolve in nebbia”.

E la donna disse: “Che farsene di un uomo che mi trasforma in nebbia e sogno?” (Gibran)

 

Scopo di questo ‘Gioco dell’Oca’ applicato al singolo o alla coppia è quello di fornire una lettura diversa, attraverso il gioco, di determinari eventi.

A livello individuale o di coppia, si scrivono o si raccontano verbalmente 10 eventi significativi della propria vita individuale o di coppia.

Attraverso l’uso delle carte del gioco dell’oca viene attribuito un simbolo ad ognuno dei 10 Eventi.

Il gioco può essere effettuato anche a ritroso, vale a dire si gioca effettivamente al gioco dell’oca ed ogni qualvolta col lancio del dado si capita su un simbolo lo si collega ad un determinato evento personale e di coppia vissuto.

I Simboli sono: oche,prigione,pozzo,hotel, Ponte, labirinto e morte.

OCHE Elementi vissuti dinamici e positivi

PRIGIONE Stagnazione, impossibilità di andare avanti. Luogo o evento difficile da superare. Oppure luogo dove si è protetti dai pericoli esterni. Può rappresentare periodo di solitudine e conoscenza interiore.

POZZO Discesa senza fondo, abisso della disperazione, Ma può diventare occasione di crescita per attingere nuova acqua.

HOTEL Oasi di riposo. Una vacanza magnifica. riflessione recupero delle forze.

PONTE È un elemento di collegamento, permette di superare un ostacolo. Può avere un prezzo da pagare

LABIRINTO Luogo sconosciuto: si deve esplorare a proprio rischio. Non si trova la “strada giusta”. Tuttavia se non si cade nel panico, si trova il coraggio di fare nuove scelte e scoprire l’inatteso.

MORTE E’ la fine definitiva di qualcosa ; brutta o bella. La morte è strettamente legata alla vita : si presenta per lasciare spazio alla nascita di cose nuove.

SAN VALENTINO

San Valentino (Ica. 176 – Roma, 273) fu un vescovo e un martire cristiano. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e successivamente dalla Chiesa anglicana, è patrono degli innamorati, delle città di Terni e di Vico del Gargano. Le reliquie del santo si trovano a Terni presso la Basilica di San Valentino: tali reliquie pare furono portate nella città dai tre discepoli del filosofo Cratone, Apollonio Efebo e Procuro, convertiti dal futuro santo, e che per questo trafugamento furono martirizzati.

Ma nell’anno 270 Valentino si trovava a Roma per predicare il Vangelo e convertire i pagani. Invitato dall’imperatore Claudio II il Gotico a sospendere la celebrazione religiosa e ad abiurare la propria fede, rifiutò di farlo tentando anzi di convertire l’imperatore al cristianesimo.

L’imperatore ebbe rispetto di Valentino e lo graziò affidandolo ad una nobile famiglia.

Valentino venne arrestato una seconda volta sotto Aureliano, succeduto a Claudio II il Gotico. L’impero proseguiva nelle sue persecuzioni contro i cristiani ed i vertici della Chiesa di Roma e, poiché la popolarità di Valentino stava crescendo, i soldati romani lo catturarono e lo portarono fuori città lungo la via Flaminia per flagellarlo, temendo che la popolazione potesse insorgere in sua difesa. Questo terzo arresto gli fu fatale: morì decapitato nel 273 per mano del soldato romano Furius Placidus, agli ordini dell’imperatore Aureliano.

La figura di Valentino come santo patrono degli innamorati viene messa in discussione da taluni che la riconducono a quella di un altro sacerdote romano, anch’egli decapitato pressappoco negli stessi anni.

La festa di San Valentino

Questa festa venne istituita un paio di secoli dopo la morte di Valentino, nel 496, quando papa Gelasio I decise di sostituire alla festività pagana della fertilità (i lupercalia dedicati al dio Luperco) una ispirata al messaggio d’amore diffuso dall’opera di San Valentino. Tale festa ricorre annualmente il 14 febbraio ed oggi è conosciuta e festeggiata in tutto il mondo. La città di Terni, che custodisce delle reliquie del santo, nel mese di febbraio, rende omaggio a San Valentino, patrono della città, con una cornice di appuntamenti culturali, riflessivi, di festa, ma anche liturgici volti a tenere insieme la dimensione religiosa delle celebrazioni del Santo e quella civile delle iniziative ispirate alla forza evocativa dello stesso.

Sono molte le leggende, entrate a far parte della cultura popolare, su episodi riguardanti la vita di questo santo:

Una leggenda narra che Valentino, graziato ed “affidato” ad una nobile famiglia, avrebbe compiuto il miracolo di ridare la vista alla figlia cieca del suo carceriere, Asterius: Valentino, quando stava per essere decapitato, teneramente legato alla giovane, la salutò con un messaggio d’addio che si chiudeva con le parole: dal tuo Valentino….

Un’altra narra come un giorno il vescovo, passeggiando, vide due giovani che stavano litigando ed andò loro incontro porgendo una rosa e invitandoli a tenerla unita nelle loro mani: i giovani si allontanarono riconciliati. Un’altra versione di questa leggenda narra che il santo sia riuscito ad ispirare amore ai due giovani facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci effusioni di affetto; da questo episodio si crede possa derivare anche la diffusione dell’espressione piccioncini.

Secondo un altro racconto popolare, Valentino, già vescovo di Terni, unì in matrimonio la giovane cristiana Serapia, gravemente malata, e il centurione romano Sabino; l’unione era ostacolata dai genitori di lei ma, chiamato dal centurione al capezzale della giovane morente, Valentino battezzò dapprima il giovane soldato e quindi lo unì in matrimonio alla sua amata, prima che entrambi cadessero in un sonno profondo.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

ESISTE L’ANIMA GEMELLA

Intervista “Esiste l’Anima Gemella” pubblicata sul numero di novembre 2008 della rivista AIRONE (copyright Giorgio Mondadori Editore)

 

– COSA ACCADE NEL NOSTRO CERVELLO QUANDO “SCEGLIAMO” L’ANIMA GEMELLA? E’ SOLO UNA QUESTIONE DI CHIMICA NEURONALE O LA NOSTRA PSICHE HA UN PESO  SPECIFICO?

Nella scelta di un’anima gemella sicuramente c’è un’attivazione dei circuiti neuronali: in primis quelli della serotonina, e ancor di più quelli della dopamina. Questi due neurotrasmettitori sarebbero rispettivamente responsabili d’umore altalenante ed euforia che si percepiscono durante l’innamoramento. Ma tale chimica neuronale, non è sufficiente a spiegare la complessità di sentimenti e di stati d’animo, che proviamo nel momento in cui c’innamoriamo o scegliamo il partner. Aspetti e componenti più strettamente psicologiche rivestono un peso maggiore e più specifico. Anzi tali aspetti e componenti sono responsabili di una maggiore o minore attivazione dei neurotrasmettitori.

– QUANTO PESANO LE NOSTRE ESPERIENZE PERSONALI SULLA SCELTA DELLA  PERSONA DI CUI CI INNAMORIAMO?

Le esperienze personali passate, soprattutto quelle dell’infanzia, che chiamerei copioni affettivi, pesano molto nelle scelte sentimentali attuali. Infatti, nella scelta del partner noi cerchiamo, principalmente, qualcosa, di più o meno rimosso, della nostra primaria figura affettiva: madre, padre o altra figura primaria d’accudimento

Nella fase edipica, individuata dalla psicanalisi nella nostra infanzia, inconsciamente, la bambina sceglie come partner il padre ed il bambino, la madre. Importante è che questa scelta relazionale sia positiva e soddisfacente, al fine di poter scegliere, da adulti un partner che possegga gli aspetti positivi dei nostri genitori.

Infatti nell’amore noi non vogliamo solo trovare qualcosa dell’amore originario verso i nostri genitori, ma perseguiamo anche una compensazione di ciò che non abbiamo avuto o di cui ci si è stato privato durante l’infanzia da genitori non attenti alle nostre esigenze affettive, o talvolta addirittura “ostili” o qualche volta anche “cattivi” nei nostri confronti. Conseguentemente chiediamo al nostro amore, in maniera più o meno conscia, di provvedere a riempire i vuoti affettivi del nostro passato o a porre rimedio alle ferite affettive infertici. Ciò può portare a fare scelte sbagliate ed nel tentativo di “riparare” sempre di più si finisce col continuare ad errare nelle proprie scelte sentimentali.

– LEI, COME PSICOLOGO, CREDE NEL COLPO DI FULMINE? E NELL’ANIMA GEMELLA?

Una premessa: c’innamoriamo di una persona solo quando incontrandola abbiamo già dentro di noi una sua immagine idealizzata. Prima costruiamo quest’immagine e poi la proiettiamo sull’altro. Quindi non amiamo ciò che è, ma ciò che immaginiamo essere. Nel colpo di fulmine questa proiezione di un’immagine interiore del nostro partner ideale viene fuori violentemente, dandoci l’illusione di vedere quella persona per la prima volta, ma in realtà, inconsciamente la sua immagine viveva dentro di noi da tempo.

Lo stesso meccanismo interviene nella scelta dell’anima gemella. La ricerca di quest’ultima, è legata ad aspetti narcisistici sotto un duplice aspetto: cerchiamo ciò che è simile a se stessi, o ciò che avremmo voluto essere.

– STATISTICAMENTE, DURANO DI PIU’ I GRANDI AMORI SCATTATI ALL’IMPROVVISO  O QUELLI NATI LENTAMENTE, MAGARI DALL’AMICIZIA?

Dati statistici significativi in tal senso non ne ho. Posso dire che i grandi amori nati sull’onda di una forte passione iniziale, durano se vengono seguiti da sentimenti come impegno, lealtà, fiducia reciproca e tutto ciò che concorre a determinare una progettualità di coppia . Se non s’innestano questi aspetti ogni grande amore, se non sorgono ostacoli e difficoltà che ne mantengono viva la passione, tende a sciogliersi come neve al sole.

Gli amori che nascono lentamente possono contare maggiormente sulle componenti di lungo periodo sopraccitate, tendendo, quindi, a durare di più. La componente passione, seppur in misura minore rispetto ai grandi amori, dovrebbe comunque essere presente al fine di consolidare ancora di più la coppia, altrimenti potrebbe essere ricercata altrove: nel lavoro, in altri ambiti, ma soprattutto nel tradimento.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

UN ‘DIVERSO PUNTO DI VISTA’ NELLA COPPIA

“Non sono sempre stato buono con lei, anzi, di solito ero un figlio di puttana. La amavo tanto e non sapevo cosa fare. Invece di darle ciò che sentivo, di colmarla di quell’amore aspro, me lo inghiottivo. E’ una cosa che non riesco ancora a capire: il suo amore mi arrivava senza problemi, il mio invece non fluiva verso di lei. Credo che il suo amore reprimesse il mio. Lei e il suo amore formavano una sostanza densa in cui il mio amore e io rimanevamo impantanati, allora diventavo una furia e lei non riusciva a capirlo. L’ho trattata male molte volte perché ero disperato ma l’amavo più della mia stessa vita e quando se n’è andata la mia vita si è spenta.”

(Charles Bukowski, Storie di ordinaria follia)

 

LEGGETE QUESTA SEQUENZA FRA UN LUI ED UNA LEI

lei: Ciao!
lui: finalmente! da quanto tempo aspettavo questo momento! 

lei: vuoi che vada via? 
lui: NO! Come ti viene in mente? Solo a pensarci, rabbrividisco! 

lei: mi ami? 
lui: certamente! a tutte le ore del giorno e della notte! 

lei: mi hai mai tradito? 
lui: NO! MAI! perché me lo chiedi? 

lei: vuoi baciarmi? 
lui: si, ogni volta che ne ho l’occasione! 

lei: saresti mai capace di picchiarmi? 
lui: sei impazzita? Lo sai come sono io! 

lei: Posso fidarmi di te? 
lui: Si! 

lei: Tesoro …

ADESSO LEGGETE LA STESSA SEQUENZA PARTENDO DAL BASSO VERSO L’ALTRO. VI RENDERETE CONTO CHE CAMBIA COMPLETAMENTE IL SENSO

 

Dott. Roberto Cavaliere

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