COME CONVIVERE CON IL CONIUGE ALCOLISTA

Vivere con un alcolizzato è estremamente difficile, ci sono dei comportamenti che ci aiutano quando viviamo con qualcuno con problemi di alcolismo
Convivere con un coniuge alcolizzato non è facile. E’ una relazione di coppia difficile quella con un alcolista, spesso disperata che mette a dura prova la resistenza individuale di sopportazione. Il coniuge alcolista assorbe energie, limita la vita sociale, richiede un continuo controllo e gestione della problematica.
Tutto questo si ripercuote sia a livello psicologico sia fisico su chi sta vicino a un alcolista. Sentimenti di rabbia, dolore, disperazione, mancanza di speranza sono costanti. Ripercussioni sul sonno e sulla salute fisica altrettanto. Col tempo arrivano sensi di colpa, senso d’impotenza, vergogna sociale, tendenza all’isolamento. Il tutto può condurre anche a vere e proprie forme di depressione.
Il partner può anche sviluppare una forma di codipendenza dal partner alcolista, vale a dire far dipendere il proprio umore, la propria vita dal problema dell’alcol dell’altro. In poche parole uno dipende dall’alcol e l’altro dipende dal partner che dipende dall’alcol, creando così un circolo vizioso. Questa forma di codipendenza è comune soprattutto quando è la moglie a doversi prendere cura del marito alcolista perché socialmente è normale che lo faccia.
Che cosa fare?
Innanzitutto piuttosto che ostinarsi a cambiare l’altro senza nessun risultato provare a cambiare se stessi con la speranza così che il proprio cambiamento impatti positivamente sull’altro. Per fare ciò può essere utile attuare i seguenti comportamenti:

1. Prendere consapevolezza che se il partner assume alcol come sostanza a propria volta si ‘assume’ il partner come dipendenza.
2. Accettare che non si può “smettere di bere” al posto dell’altro.

3. Accettare che non si può “curare” al posto dell’altro.
4. Non si può cambiare l’altro ma solo se stessi.

5. Rimettere al centro i propri bisogni e desideri.
6. Riprendere una vita sociale: uscire dall’ “isolamento dell’alcol”.

7. Non sentirsi in colpa se l’altro beve. L’alcol è una malattia, una forma di dipendenza che si presenta a prescindere da chi è il partner dell’alcolista.

8. Porsi dei limiti chiari per evitare di soffrire troppo.
9. Non bisogna assumersi responsabilità e/o fare cose al posto del partner alcolista.

10. Chiedere aiuto e sostegno per se stessi innanzitutto e solo poi per il partner.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

FIGLI MASCHI E FEMMINE: COME VIVONO LA SEPARAZIONE

I figli maschi e le figlie femmine vivono la separazione dei genitori in maniera diversa, ecco le differenti percezioni che i maschi e le femmine hanno rispetto alla separazione dei genitori

Figli maschi e figlie femmine sono differenti anche nel modo di affrontare laseparazione dei geniori. Un bambino maschio e una bambina femmina non avranno infatti la stessa reazione davanti alla mamma e al papà che si separano.

Ci sono sia punti in comune che differenze fra bambini maschi e femmine nelvivere il divorzio dei genitori. Le differenze riguardano soprattutto la relazioneche i figli instaurano col genitore del sesso opposto. Senza andare a scomodare il famoso complesso di Edipo è chiaro che nell’infanzia la presenza sia del genitore dello stesso sesso che di quello del sesso opposto è una condizione fondamentale per un completo e sereno sviluppo psico-affettivo del bambino.

La presenza del genitore dello stesso sesso aiuta un processo d’intentificazione della propria identità di genere (maschile o femminile) mentre la presenza delgenitore dell’altro sesso aiuta un processo di relazione con l’altra identità di genere. Partendo dal presupposto che è soprattutto la figura maschile a lasciare il tetto coniugale vediamo come tale lontananza impatta differentemente su bambini maschi e femmine.

Il maschietto perde il punto di riferimento maschile: da una parte può contare su una figura femminile, la madre, che è tutta per se, che non deve condividere con un altro maschio (in senso edipico). Allo stesso tempo però viene a mancare quella figura maschile con relativi comportamenti necessaria per sviluppare appieno i propri tratti maschili.

Le femminucce, notoriamente e edipicamente maggiormente attaccate alla figura maschile e paterna, risentono maggiormente dell’allontanamento del padre dalla famiglia. Il loro vissuto di separazione è più intenso rispetto al bimbo maschio, potrebbero viverlo come la perdita quasi di un partner in senso metaforico, tanto più intenso quanto maggiore è il loro attaccamento al padre.

In più le bimbe femmine, anche per un’eduzione socio-culturale che ricevono, possono essere legate di più a un concetto di famiglia unito a tutti i costi e risentire maggiormente della dinamica del divorzio. Tali differenze, è utile sottolinearlo, si attenuano quanto maggiore la coppia continua a essere coppia genitoriale, seppur in costanza di divorzio. Una presenza continua e costante della figura genitoriale che lascia il nucleo familiare è necessaria perché queste differenze si attenuino il più possibile.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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COSA FARE SE IL PARTNER E’ UN MANIPOLATORE

Vivere con un uomo manipolatore può essere molto difficile, come possiamo svincolarci da questa situazione?

Se si ha un partner manipolatore, la prima cosa da identificare sono i comportamenti manipolatori che quest’ultimo mette in atto e come tali comportamenti impattano su se stessi. Identificare tali comportamenti e tentativi di manipolazione è la premessa necessaria per potervi fare fronte.

Generalmente essi sono subdoli non facilmente riconoscibili come instillare sensi di colpafare le vittimemanipolare parole e sentimenti e altro ancora. Chi ne è vittima oltre a riconoscerli deve anche capire quale tipo d’impatto anno su se stessi, se inducono quel cambio di comportamento o atteggiamento che il manipolatore persegue.

Nello specifico cosa fare:

Conosci prima te stesso per poi conoscere gli altri. Capire la propria struttura di personalità, quanto questa sia sensibile ad attacchi manipolatori permette di rafforzarla in maniera tale da gestire meglio la manipolazione altrui. Ad esempio se si capisce che a livello personale si è sensibili ai sensi di colpa ci si può muovere in maniera tale da superarli.

Esplicitare all’altro i comportamenti manipolatori. Una volta identificati tali comportamenti comunicarli al partner, consapevolizzarlo che si è riconosciuta una sua modalità manipolatoria nella relazione e si rifiuta, non si è più disponibile ad accettarla.

Se tale atteggiamento manipolatorio dovesse continuare far subentrare un atteggiamento d’indifferenza se è possibile, in attesa di prendere decisioni più drastiche fino ad arrivare anche ad una possibile separazione se icomportamenti manipolatori durano e s’intensificano nel tempo.

Mai cadere nella trappola di rendere pan per focaccia: ciò porterebbe a un’escalation di conflittualità nella coppia che non è utile a nessuno.

PER TE AMORE MIO
Sono andato al mercato degli uccelli
E ho comprato uccelli
Per te
amor mio
Sono andato al mercato dei fiori
E ho comprato fiori
Per te amor mio
Sono andato al mercato di ferraglia
E ho comprato catene
Pesanti catene
Per te
amor mio
E poi sono andato al mercato degli schiavi
E t’ho cercata
Ma non ti ho trovata
amore mio.

Jacques Prévert

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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SENTIRSI SOFFOCARE DALLE TROPPE RESPONSABILITA’ DI UN RAPPORTO

Cosa fare se le responsabilità di un rapporto ci soffocano e non ci sentiamo libere di esprimerci

Gentilissimo dottore ho 32 anni e sono a 5 esami dalla laurea specialistica con la tesi pronta. Eh si la tesi pronta…perchè quando ho iniziato a non riuscire più a studiare ma pressata da mia madre e il mio ragazzo, dicevo che andava tutto bene, ho iniziato la tesi. Ultimamente mi sono rivolta ad una sua collega, ma non capisco a cosa mi sta portando questo percorso….

Non mi sono sbloccata con gli esami, non riesco a parlarne con mia madre e con il mio ragazzo, in realtà le cause forse le stiamo snocciolando! Mia madre mi ha fatto sempre credere che avere successo a scuola fosse tutto, e c’è stato un periodo in cui non potevo uscire perchè se l’esame andava male era colpa di quella uscita, cosìpassavo ore davanti al pc a distrarmi…poi è arrivato anche lui, personalità forte..”se non ti laurei non parliamo di matrimonio”…e io mi sforzavo di non deluderli….ma non ce la facevo proprio...mi illudevo….ma più mi sentivo costretta più scappavo….e anche ora, (sono due mesi che sono in terapia) non riesco a trovare un motivo.

 

La facoltà che faccio non mi piace…ed ho sempre pensato di non essere capace…di non essere portata…in questo ultimo mese ho partecipato ad un progetto e mi sono sentita viva, lavoravo 13 ore al giorno…ero io a dire “finiamo”….e questo in parte riguarda  il titolo che conseguirò.

Vivo da un lato la paura che il mio ragazzo mi lasci accusandomi di avergli mentito…quando in realtà il mio è stato un modo per riuscire o meglio, provare a gestire i miei tempi….o mentivo a lui e a mia madre e respiravo, o soccombevo! La verità è che mi sento insicura come non mai sulle mia capacità e non avere questa laurea equivale ad essere trattata come una mentecatta, mentre in passato a soli 22 anni, mia madre mi ha caricata di non poche responsabilità in un momento molto difficile della nostra vita, (mio padre ha avuto seri problemi di salute).

Io non voglio più responsabilità, tutte le responsabilità…vorrei pensare a me stessa, in cuor mio so che devo terminare….ma da dove trovare la forza? Essere accettata per quello che sono, essere aiutata per una volta e non giudicata. E non voglio neppure dare tante spiegazioni, non ne ho la forza! La ringrazio per l’attenzione

Mary (nome di fantasia scelto dalla redazione)
Le rispondo con il seguente brano che calza per la fase di crisi che lei sta attraversando:

“Quando dico che essere responsabile della situazione significa che mi riconosco quale creatore di ciò che vivo, non intendo insinuare che ho creato deliberatamente una situazione gradevole o sgradevole, ma che bisogna accettare e riconoscere che i nostri pensieri, il nostro sentire, i nostri atteggiamenti o le lezioni che è necessario integrare nella nostra evoluzione, hanno generato le situazioni felici o infelici che ora stiamo vivendo. Arrendersi e prendersela con Dio, con la vita o con gli altri non richiede alcuno sforzo. Rimettersi in piedi assumendosi la responsabilità della propria vita e della propria felicità, spesso ne richiede uno grosso, ma questa è la differenza fra vivere e sopravvivere.”

Claudia Rainville

 

Dott. Roberto Cavaliere

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COME L’HANDICAP DI UN FIGLIO INFLUISCE SULLA COPPIA

Un figlio portatore di handicap può mettere in crisi una coppia che si trova ad affrontare dolore e difficoltà che non aveva previsto e alle quali si reagisce spesso in maniera diversa

L’arrivo di un figlio per una coppia di genitori è preceduto sempre da un’attesa gravida di fantasia e attese in parte consce. Quando invece si scopre che il figlio tanto atteso è affetto da un handicap, ecco che arriva insieme a questo figlio un carico di dolore, angosce, timori, paure.
In questi casi la coppia genitoriale può attivare nei confronti del figlio con handicap i seguenti comportamenti:

– atteggiamenti iperprotettivi;

– negazione dell’handicap;

– tendenza alla fusione col figlio;

– distorsione dei ruoli genitoriali;

La figura maggiormente coinvolta in questi comportamenti è ovviamente lamadre mentre la figura paterna procede al traino della moglie nella gestione delfiglio con handicap o se ne allontana del tutto delegando alla madre tutta la gestione del figlio e del suo handicap.

In poche parole nelle coppie dove e presente un figlio con handicap si rischia che a livello di presenza e seguimento la “madre è più madre” mentre il “padre è meno padre”. Si finisce che sia la coppia genitoriale che quella coniugale venga meno mentre centrale ed esclusiva diventa la coppia madre-figlio.

E’ tutto questo che la coppia deve evitare continuando a conservare sia ladimensione coniugale sia genitoriale della relazione. Un figlio con handicap necessita sicuramente di un seguimento diverso ma non di una coppia diversa dalle altre.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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SE LA NUOVA COMPAGNA DELL’EX PARLA MALE DELLA MAMMA DAVANTI AI FIGLI

Cosa fare se la nuova compagna del coniuge non rispetta l’ex moglie in presenza dei bambini

Ciao sono mamma di tre bimbi separata dal loro padre ormai da quasi 4 anni. La separazione non è stata facile ma al momento quello che più mi preoccupa è l atteggiamento che la nuova compagna ha nei confronti dei nostri figli. Parla male di me con insulti e rabbia. Non sono preoccupata per me,  sono sicura che i miei figli capiranno il mio valore e tutto il resto, ma bensì le ripercussioni psicologiche che ha questo atteggiamento nella testolina dei miei 3 bimbi di nove anni e sette e mezzo i gemelli. Grazie

Germana (nome di fantasia scelto dalla redazione)
Per quanto riguarda le ripercussioni psicologiche di eventuali atteggiamenti, come quelli da lei descritti, da parte della nuova compagna di suo marito, dipende dall’età dei bambini, dal tempo che trascorrono con l’altra e dalla durata ed intensità di tali comportamenti. Ritengo che sia opportuno che lei ne parli col suo ex marito se non lo avesse già fatto. In ogni caso non accusi a sua volta l’altra di tali atteggiamenti di fronte ai bambini.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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PAURA DI SEPARARSI PER IL SENSO DI COLPA ANCHE SE INNAMORATA DI UN ALTRO

Cosa fare se è il senso di colpa ad impedirci di separarci anche se abbiamo trovato un’altra persona da amare

Buonasera! Ho 51 anni e sono in crisi con mio marito da più di 7 anni, ho due figli maschi, il grande vive da solo, il piccolo di 19 anni vive con noi, è all’ultimo anno della scuola serale.

Il rapporto con mio marito è molto strano perché evidentemente fra di noi c’e un forte affetto. dico questo perche’ da circa 5 anni io ho intrapreso una relazione con un uomo di cui sono molto innamorata e fino a poco tempo fa ero anche ricambiata nel mio sentimento, tanto e’ vero che sarei dovuta andare a vivere con lui. Nel frattempo però suo figlio di 20 anni ha deciso di vivere con il padre portandosi dietro tutte le problematiche tipiche della sua età.

Io ne ero felice ma purtoppo i miei sensi di colpa nei confronti di mio figlio e di mio marito che vedevo triste e depresso hanno fatto in modo che non riuscissi a prendere una decisione e in più ho rovinato il rapporto con il figlio del mio compagno e, cosa ancor più triste, con l’uomo che amo.

Sono dovuta tornare a casa per seguire un po’ di più mio figlio perché mio marito mi ha detto che non riesce sa solo. A breve avrò la separazione e non so più che fare…sto molto male per la lontananza del mio uomo e non so se avrò più un’altra opportunità, purtroppo non sono nemmeno indipendente avendo lavorato tanti anni per mio marito.

Le chiedo se è giusto dimenticare quell’altra persona e vivere nell’infelicità, pur avendo ben presente il bene per mio figlio. La ringrazio tanto per il suo aiuto

La invito ad approfondire le reali resistenze ad una separazione definitiva da suo marito. Non riesce a farlo effettivamente per suo figlio o in lei c’è una resistenza al cambiamento ? Resistenza al cambiamento che potrebbe essere dovuta a vari fattori quali:

un profondo legame con suo marito di cui non riesce a farne a meno;
sensi di colpa molto profondi;
perplessità sulla relazione con l’altro;
ed altro ancora.
Spesso separarsi, per quanto apparentemente desiderato, non è ciò che si vuole veramente.
 

Dott. Roberto Cavaliere

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COME ACCETTARE LA NUOVA COMPAGNA DI LUI

Come riuscire ad accettare la nuova compagna del nostro ex coniuge senza soffrire troppo di questa nuova relazione

La nuova compagna del proprio ex smuove sempre dei vissuti e delle gelosie indipendentemente che la separazione si sia voluta o si sia subita.Soprattutto se si è subita la separazione, l’arrivo della nuova compagna sancisce la fine definitiva della relazione precedente, la perdita di ogni esigua speranza di un possibile ritorno.

Inoltre ci si confronta di nuovo col fallimento della propria relazione e con la gelosia che a un’altra è offerta una possibilità di un esito positivo dell’unione perduta. Ma anche se si è lasciato questi vissuti, sono presenti seppur in maniera attenuata. La presenza allo stesso tempo di un nuovo partner nella propria vitaaiuta ad accettare meglio l’arrivo della nuova compagna di lui. E’ evidente che se si è rifatti una vita si accetta meglio che anche l’altro se la sia rifatta.

Prendere consapevolezza di tutto ciò è la premessa indispensabile per accettare la nuova compagna di lui. Importante è anche accettare un po’ di gelosia post-distacco che potrebbe essere del tutto naturale in questi casi. Non dimenticare che la fine di una relazione non è un fallimento personale ma solo un eventualefallimento della coppia e che che il vero fallimento sta nel non aver provato a stare insieme.

Quindi l’altra non è e non sarà mai più brava nel vivere la relazione, sarà solo diverso. Non dimenticare che:

“Tutti di solito sono convinti che le persone si separano perché una si è stancata dell’altra, per propria volontà o per volontà dell’altra persona. Ma non è così. I periodi finiscono, come cambiano le stagioni. Semplicemente. È una cosa su cui la volontà individuale non ha nessun potere. Viceversa, si ha la possibilità, fino a quando verrà quel giorno, di godere di ogni momento. Noi, fino all’ultimo, vivemmo nella gioia.”

Banana Yoshimoto

 

Dott. Roberto Cavaliere

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COSA FARE CONTRO IL CALO DEL DESIDERIO

Scopriamo quali sono i rimedi al calo del desiderio sessuale, uno dei problemi di coppia più sentiti da chi è insieme da ormai tanto tempo

COSA FARE CONTRO IL CALO DEL DESIDERIO

In ogni coppia è naturale che col tempo ci sia un fisiologico calo del desiderio sessuale.
Appunto un fisiologico calo del desiderio e non un ‘psicologico’ calo del desiderio che è tutt’altra cosa. Come fare a distinguere se il calo del desiderio e ‘fisiologico’ e non’psicologico’? Non è facile perché un calo fisiologico è sempre un po’ anche ‘psicologico’.

Ma una possibile risposta su quale tipo di calo possa essere si ritrova nelle modalità che s’individuano per contrastare un possibile calo fisiologico della libido. Andiamo a vedere quali sono queste modalità.

CAUSE DEL CALO DEL DESIDERIO

STRESS – Innanzitutto cercare di contrastare lo stress individuale e di coppia che accompagna la quotidianità della vita individuale e di coppia. Lo stress è nemico della sessualità e si ripercuote sia come calo del desiderio sia sul rapporto sessuale stesso (deficit erettivi, eiaculazione precoce, anorgasmia ecc…).

Il modo migliore per contrastare lo stress e far precedere il rapporto sessuale da un momento di rilassamento individuale e di coppia dove il soggetto e la coppia abbiano il tempo di scaricare la tensione accumulata altrove.

In seguito variare le modalità con cui si consuma il rapporto sessuale. In poche parole non dimenticare di tornare alle origini quando lo si faceva e  quando meno lo si aspettava e dove meno lo  si aspettava. La regolarità e l’abitudine sono nemici della libido.

SEDURRE IL PARTNER

Sedurre se stessi e l’altro. Non dimenticare mai che bisogna piacersi e piacere all’altro. Il desiderio si alimenta della seduzione, non sedurre è il modo miglio di non provare desiderio. Piacersi e piacere all’altro, in altre parole la seduzione è un potente afrodisiaco.

Il tutto può essere riassunto in questo brano della scrittrice erotica Anais Nin:

“Caro collezionista Noi la odiamo. Il sesso perde ogni potere quando diventa esplicito, meccanico, ripetuto, quando diventa un’ossessione meccanicistica. Diventa una noia. Lei ci ha insegnato più di chiunque altro quanto sia sbagliato non mescolarlo all’emozione, all’appetito, al desiderio, alla lussuria, al caso, ai capricci, ai legami personali, a relazioni più profonde che ne cambiano il colore, il sapore, i ritmi, l’intensità. Lei non sa cosa si perde con il suo esame al microscopio dell’attività sessuale, con l’esclusione degli aspetti che sono il carburante che la infiamma.

Componenti intellettuali, fantasiose, romantiche, emotive. Questo è quel che conferisce al sesso la sua struttura sorprendente, le sue trasformazioni sottili, i suoi elementi afrodisiaci. Lei sta rimpicciolendo il mondo delle sue sensazioni. Lo sta facendo appassire, morir di fame, ne sta prosciugando il sangue.

Se lei nutrisse la sua vita sessuale con tutte le emozioni e le avventure che l’amore inietta nella sessualità sarebbe l’uomo più potente del mondo. La fonte del potere sessuale è la curiosità, la passione. Lei sta lì a guardare questa fiammella morire d’asfissia. Il sesso non prospera nella monotonia.

Senza sentimento, invenzioni, stati d’animo, non ci sono sorprese a letto. Il sesso deve essere annaffiato di lacrime, di risate, di parole, di promesse, di scenate, di gelosia, di tutte le spezie della paura, di viaggi all’estero, di facce nuove, di romanzi, di racconti, di sogni, di fantasia, di musica, di danza, di oppio, di vino.

Ci sono tanti sensi minori, che buttano come tanti affluenti nel fiume del sesso, arricchendolo. Solo il battito unito del sesso e del cuore può creare l’estasi.”

Anais Nin – Il delta di Venere

Infatti, non dimentichiamo l’elemento più importante. “Solo il battito unito del sesso e del cuore può creare l’estasi.” E quindi riattivare il desiderio.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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DORMIRE IN DUE LETTI SEPARATI FA BENE ALLA COPPIA?

Ci sono coppie che preferiscono dormire in letti separati piuttosto che insieme, ma questo fa davvero bene alla relazione oppure no?

DORMIRE IN DUE LETTI SEPARATI FA BENE ALLA COPPIA

Spesso le coppie, in momenti di crisi, decidono di dormire in camere separate.
Tale decisione può nascere dall’esigenza di prendere una pausa di riflessione, dal fare i separati in casa, da una sorta di punizione da parte di uno dei due nei confronti dell’altro.

QUANDO SOLO UNO DEI DUE VUOLE I LETTI SEPARATI – Partirei proprio da quest’ultima motivazione. Spesso la decisione di dormire in camere separate non è presa di comune accordo ma è un’azione unilaterale. In questi casi rappresentaun modo di punire l’altro, di lanciargli un chiaro messaggio di stato di conflitto e altro ancora, fino a rivestire un vero e proprio carattere pedagogico.

Classico è l’esempio del partner tradito che per punizione per un tradimento o perché profondamente ferito fa dormire il ’traditore’ in un’altra camera.

SEPARATI IN CASA – La decisione potrebbe anche essere presa di comune accordo o in seguito a una pausa di riflessione o come tentativo di fare i separati in casa. In tutti e tre i casi per capire se dormire in camere separate possono davvero aiutare la coppia bisogna capire quanto questa decisione, sia se presa unilateralmente sia in coppia, sia stata discussa, motivata, oggetto di approfondimento.

Ed anche durante il periodo di ‘separazione’ questo processo di discussione, di analisi, di approfondimento deve essere fatto. Altrimenti il dormire separatirimane uno sterile tentativo di risolvere dinamiche profonde di coppia, fino a nascondere una profonda difficoltà a separarsi davvero.

Invece se ben condotta può rappresentare anche un’opportunità di far crescere la coppia in tutti i sensi, una vera e propria rinascita, un modo di azzerare il tutto per poi ripartire.

Purtroppo il più delle volte dormire separati, rimane solo uno stratagemma per continuare a rimanere insieme perché non ci si riesce a separare. Questa è la trappola in cui non cadere.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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