INCOMUNICABILITA’ NELLA COPPIA

Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli: “Perchè le persone gridano quando sono arrabbiate?”
“Gridano perchè perdono la calma” rispose uno di loro.
“Ma perchè gridare se la persona sta al suo lato?” disse nuovamente il pensatore.
“Bene, gridiamo perchè desideriamo che l’altra persona ci ascolti” replicò un altro discepolo.
E il maestro tornò a domandare: “Allora non è possibile parlargli a voce bassa?”
Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore.
Allora egli esclamò: ” Voi sapete perchè si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l’uno con l’altro. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perchè? Perchè i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E’ questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano.” Infine il pensatore concluse dicendo: “Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perchè arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare.” ( Mahatma Gandhi )

Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a darmi consigli, non fai ciò che ti chiedo. Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a dirmi perchè… Non dovrei sentirmi in quel modo; calpesti le mie sensazioni. Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu pensi di dover fare qualcosa per risolvere i miei problemi, mi deludi. Strano come può parere. Forse per questo la preghiera funziona, per molti. Perchè Dio è muto, non dà consigli, nè prova ad aggiustare le cose. Semplicemente, ascolta e confida che tu risolva da solo. Quindi ti prego, ascolta e sentimi. E se desideri parlare, aspetta qualche istante il tuo turno e ti prometto che ascolterò. L.Buscaglia, La coppia amorosa, Mondadori

Abbiamo tutti dentro un mondo di cose, ciascuno un suo mondo di cose…
E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai.
LUIGI PIRANDELLO

 

“La comunicativa, l’arte di parlarsi e dire con chiarezza ciò che si intende e si sente, di ascoltare l’altro ed essere sicuri di aver capito bene, è la capacità principale per creare e mantenere un rapporto d’amore”.

Spesso nella coppia ci si pone la domanda “Ma perché non mi capisci?” pronunciata prevalentemente dalle donne rispetto agli uomini. Questa domanda andrebbe trasformata “Come possiamo costruire un rapporto sulla reciproca comprensione?”
Và puntualizzato che “comprendere” non significa “concordare” perchè si può accettare la possibilità di comprendere appieno il punto di vista dell’altro, senza necessariamente concordare, mentre nella coppia, spesso l’accettazione del punto di vista altrui significa anche essere d’accordo.
Comprendere non significa cedere e riconoscere l’altro più forte di noi, al contrario, quanto più riusciamo a con conoscere meglio i suoi bisogni tanto più facilmente riusciamo a conquistare la sua fiducia e perfino la sua attenzione nei nostri confronti fino al punto di “vendergli” (se siamo particolarmente bravi) le nostre idee.
Ma per poter comprendere è necessario saper ascoltare, cosa che tutti pensiamo di saper fare dalla nascita ma che in realtà facciamo solo a livello superficiale.
La mancanza di ascolto attivo è la causa principale dei litigi. In una discussione accade spesso di non prestare realmente ascolto alle parole dell’altro; la nostra mente è impegnata non tanto a capire la sua posizione, ma ad elaborare una risposta.
Ascoltare in modo attivo significa manifestare reale interesse per quello che l’altra persona dice e ciò che lascia intendere con il linguaggio non verbale. Nell’ascolto attivo mente e corpo sono protesi verso l’altro e questo permette di capire le motivazioni che l’hanno spinto a dire o fare qualcosa prima di giudicare o di sentirsi feriti ed offesi. Insomma ascoltarsi aiuta a capirsi e quindi ad amarsi di più

Per parlare della “incomunicabilità nella coppia” mi affiderò a questa “conversazione sui funghi” tratta dal romanzo Anna Karenina di Tolstoj

Il quarantenne Sergej Ivanovic aveva simpatia per una giovane signora., Varenjka, ed era da lei ricambiato. Fu organizzata una passeggiata nei boschi in modo che potesse avvenire il dialogo decisivo. Sergej Ivanovic aveva ripensato e rivissuto a lungo gli ultimi avvenimenti e 2 il suo cuore fu sommerso da una grande gioia e fu colto da un senso di profonda commozione; sentì che aveva preso una decisione”. Il suo “vero” tema si formulò quindi mentre si recava ad incontrarla.

“Varvara Andreevna, quando ero ancora un ragazzo, mi ero costruito un ideale di donna che mi piaceva molto e che avrebbe dovuto servirmi per scegliere la mia futura moglie. Ora, che ho un bel pezzo di vita alle spalle, ho trovato in voi per la prima volta quello che cercavo da tempo. Io vi amo e chiedo la vostra mano.”

Così parlava Sergej Ivanovic tra sé e sé, distante ancora dieci passi da Varenjka… 
Percorsero un paio di passi in silenzio. Varenjka vide che lui voleva parlarle e intuiva anche di cosa, per cui era in preda alla gioia e all’emozione.

Al momento dell’incontro:

Lei : “Avete trovato qualcosa?” 
Lui : “Neanche uno. E voi?”
Lei : “Non avete trovato niente dunque. E’ sempre così, dicono: dentro al bosco crescono meno funghi che appena fuori.”
Lui (dopo un lungo silenzio):”Ho sentito dire che i porcini crescono per lo più fuori dal bosco. Ma io in realtà non distinguo i porcini dagli altri tipi di funghi”.

(Lunga pausa durante la quale si rafforza nella sua decisione e pensa “O adesso o mai più”.) 
Lui: “quale differenza c’è tra i porcini e i porcinelli, per esempio?”
Lei (tremando dall’emozione): “la cappella è quasi uguale, solo i gambi sono un po’ diversi”.
E quelle parole erano appena uscite dalla bocca di lei che entrambi capirono che il discorso tanto atteso non sarebbe mai avvenuto.

Lui : “Il gambo dei porcinelli ricorda il viso di un uomo scuro che non si è rasato da due giorni”. 
Lei : “Sì, avete ragione”.

Seppur in maniera estrema, questo brano è una significativa metafora  su come certi messaggi che i membri di una coppia vorrebbero scambiarsi, rimangono inespressi, per vari motivi. In ogni relazione và assolutamente fatto coincidere la discussione ufficiale con la reale discussione che si vuole instaurare. A volte “partire da lontano” fa rimanere “lontani” senza mai portare alla luce i veri temi che si vogliono affrontare. C’e da dire che dietro una simile discussione si può anche nascondere una non piena convinzione su quello che realmente si vuole comunicare e ci si cela, quindi, dietro unachiacchierata  sui funghi.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

PROBLEMI DI UNA SECONDA UNIONE

All’età di quattro anni, mentre dormiva al piano inferiore del letto a castello, Ruth Cole fu svegliata dai suoni di qualcuno che stava facendo l’amore… venivano dalla camera da letto dei suoi genitori. Erano suoni assolutamente sconosciuti per lei. Ruth aveva appena avuto un’influenza con complicazioni intestinali; quando sentì per la prima volta sua madre fare l’amore, pensò che stesse vomitando. 
Il fatto è che quell’estate i suoi genitori non avevano soltanto camere da letto separate, ma addirittura case separate, anche se Ruth non vide mai l’altra abitazione. I suoi genitori si alternavano una notte per ciascuno nella casa di famiglia con Ruth; vicino ce n’era un’altra in affitto dove la madre o il padre di Ruth abitavano quando non stavano con lei. Era uno di quei ridicoli accordi che fanno le coppie sul punto di separarsi, ma prima del divorzio, quando ancora s’illudono che figli e averi possano essere condivisi con magnanimità, più che con recriminazioni.Vedova per un anno – John Irving

 

 

Sulla seconda unione spesso pesano le stesse incognite della prima. Infatti se entrambi i membri della nuova coppia non hanno approfondito seriamente le motivazioni e le problematiche che hanno causato la fine della loro precedente unione, le precedenti “eredità negative” finiranno coll’avere, inevitabilmente, conseguenze anche sulla nuova unione. Dopo poco, infatti, i problemi irrisolti della precedente unione riafforano e mettono in crisi anche la nuova relazione. Occorre essere pronti a ricominciare la nuova avventura sentimentale consapevoli dei possibili problemi, facendo tesoro degli errori del passato.
Ma ciò non sempre avviene. Nelle relazioni amorose, in particolare, c’è la tendenza a riprodurre l’infelicità. Inconsciamente finiamo per ripetere la vecchia storia coniugale, scegliendo un coniuge analogo al primo. O, se ne sposiamo uno con carattere diverso, inconsapevolmente facciamo pressioni per ottenere gli stessi comportamenti, con conseguenza assolutamente negative.
Un secondo matrimonio ha più possibilità di successo se si riesce davvero a ripartire da zero, a lasciarsi alle spalle quello precedente.
Chi, invece si porta ancora dentro il fallimento del primo, perché non ha ancora elaborato tale fallimento, finisce con il gravare il nuovo rapporto di richieste eccessive, per pareggiare il conto con le sofferenze del primo. Anche litigi e routine coniugale possono essere più duri da sopportare, la seconda volta, perché dal nuovo matrimonio ci si aspettano solo cose positive, non avute dal primo. Con le conseguenti frustrazioni, delusioni e tensioni. Insomma, chi ha rotto una volta è meno disposto ad accettare un’unione che non ritiene del tutto felice, quindi è più propenso a interromperla al primo sopraggiungere di problemi. A ciò si aggiunge lo stress del divorzio che anche se siamo stati noi a lasciare o se la separazione è stata consensuale, possiamo uscire scossi, dubbiosi sulle nostre capacità di impegnarci in relazioni durature, convinti di essere fuori gioco per sempre. Il divorzio andrebbe vissuto invece come tempo di riflessione e riconciliazione con noi stessi. Un’esperienza formativa, di verifica di aspettative ed errori per guadagnare maggiore consapevolezza di chi siamo e cosa vogliamo da una relazione.
Alcuni secondi matrimoni soffrono per i paragoni con il primo, anche se gli ex non hanno tutte le qualità dell’attuale partner. Spesso scatta il confronto, anche su diversi livelli, causa di incomprensioni e insinuazioni.
Anche i problemi con i figli di primo letto possono minare la sopravvivenza del secondo matrimonio. Il divorzio mette in crisi identità e senso di appartenenza dei figli. E la confusione aumenta quando i genitori si risposano. I piccoli possono giocare il ruolo di “sabotatori” della nuova unione, per motivi diversi, che a volte si intrecciano: hanno paura di perdere l’amore del genitore che si risposa, sono ostili al nuovo partner, si sentono lacerati fra la fedeltà alla vecchia e alla nuova famiglia, oppure esclusi dalla felicità della nuova coppia. D’altro canto, la “coppia felice” può avere momenti che contribuiscono ad aumentare la confusione e il disagio: discussioni su chi paga e quanto per i figli, questioni su “una volta tanto sarebbe bello cenare da soli. Và dato ai figli il tempo di ricostruire una loro nuova rappresentazione di scena familiare, senza scompaginarla con sovrapposizioni di ruoli. Il nuovo lui o la nuova lei non devono assolutamente cedere alla tentazione il genitore assente o, peggio, di indossare i panni di matrigna o patrigno. I figli vengono talvolta usati dall’ex per intromettersi nella nuova coppia: atteggiamento che esaspera e crea tensioni.
Spesso sono gli uomini a lasciare le situazioni in sospeso. In ogni caso, è bene evitare di entrare in rotta di collisione con compagni e compagne precedenti. Il contatto tra ex dovrebbe limitarsi agli impegni di genitori, senza sconfinare in terreni che mettono a rischio l‘intimità della nuova coppia. Oltre ai figli, a sentirsi escluso può essere il partner.

TESTIMONIANZE

melozza Età: 33 Sono ancora turbata perchè mi sono rivista nel vostro articolo sulla seconda unione (http://www.maldamore.it/Problemi_di_una_seconda_unione.asp ) . mi sta accadendo proprio ciò che è descritto: dalla mia seconda unione pretendo di essere felice e non sono più disposta a rinunciare a nulla. Amo moltissimo il mio compagno, ma questa volta non sono pronta a sorvolare su nessuna mancanza di attenzione o romanticismo. Ho sofferto troppo la prima volta e questa volta purtroppo, le mie aspettative sono troppo alte. Sorvolo sui dettagli, ma in questo momento sto davvero male. Ho conosciuto il mio uomo poco più di un’anno fa e rappresentava per me la cosiddetta altra metà della mela. Tutto ciò che ho sempre sognato in un uomo,fino a quando, ad un certo punto, pochi mesi fa, ha cominciato a non desiderarmi più sessualmente ed a cercarmi sempre meno. Sto soffrendo molto perchè sono una donna molto passionale che vedeva la sua nuova unione perfetta anche sotto quell’aspetto. Soffre anche lui perchè non sa spiegarsi cosa gli accade. è tenero, amorevole sia con me che con i bambini. ha voluto questa unione in maniera decisa e ha fatto tanto per far sì che vivessimo assieme.vuole anche sposarmi e dice di amarmi alla follia. Ma non troviamo spiegazione.Ho azzardato un’ipotesi, ma vorrei tanto un vostro parere. Lui ha 33 anni come me ed ha vissuto fino ad oggi con sua madre. Lei e sua sorella non hanno visto bene questa unione, avendo io due bambini ed essendo senza lavoro, hanno sempre reso il tutto molto difficile. Lui ha sempre cercato di tenermi fuori dallaquestone e non riesco ad immaginare fino a che punto i suoi litigi si siano spinti. Che ci sia un suo senso di colpa o un qualunque altro legame con i suoi problemi materni? Che gli sembri di tradirla? Stiamo male entrambi e rischiamo di mandare all’aria il nostro rapporto proprio ora che abbiamo coronato il nostro sogno. Perchè non mi vuole più? lui no mi accusa di nulla, dice che ilproblema è lui…ma può un uomo che è sempre stato passionale, all’improvviso cambiarte così tanto?

paola Età: 47 Perché un uomo separato di fatto ormai da cinque anni non riesce a divorziare dalla moglie che non ama e della quale non è nemmeno amico? Non la stima, non l’apprezza ma non riesce a “disfarsene”. Pare sia una cosa abbastanza comune a molti uomini e che mi lascia assai perplessa oggi che vivo questa situazione. Stiamo insieme da cinque anni, sinceramente innamorati l’uno dell’altra, col desiderio di vivere insieme un domani. Lui 42, io 47 anni, compatibili e ben assortiti. Unico problema la sua “incapacità” a staccarsi definitivamente dalla ex. Lui dice per le due figlie di 12 e 15 anni; per ragioni economiche a causa di un’attività lavorativa in comune, difficile da dividere. Ad ogni nostro litigio promette di separarsi legalmente e sistemare le cose come io gli chiedo, poi mi chiede tempo e così passano i mesi, gli anni. Alla fine dei conti non riesce a spiegare neanche a se stesso il motivo di questa sua enorme difficoltà a mettere fine anche legalmente alla sua precedente storia e riordinare la sua vita incasinata da un punto di vista non solo affettivo ma anche economico. Vuole chiudere quel capitolo della sua vitama non vuole affrontare l’inevitabile fatica psicologica che serve a farlo.Bambino lui a non voler affrontare i suoi problemi o sciocca io a restargli ancora vicina pure se con il cuore gonfio di dolore per l’impossibilità divivere questo amore in pace e serenità? Fatto importante: la nostra storia non è clandestina, è nota a tutti, dai suoi genitori che conosco e frequento ormai da cinque anni, ai suoi amici con i quali mi vedo regolarmente, alla ex, con cui non ho rapporti ma che conosco, alle figlie che mi percepiscono come un fantasma.

RIFLESSIONI SUL MATRIMONIO

Di seguito riporto due ‘letture particolari’ dell’istituto matrimoniale scritte da tre diversi autori. Si può essere o meno d’accordo con le loro affermazioni: ha poca importanza. I tre brani che riporto mi augurano che abbiano lo scopo di accendere una riflessione a 360 gradi su questa istituzione che molti danno in corso d’estinzione.

Dott. Roberto Cavaliere

 

….Il matrimonio moderno è soprattutto un’istituzione di salvezza e non di benessere. Ma gli psicologi, i consulenti matrimoniali, gli psichiatri ecc. continuano a ripetere che soltanto i matrimoni felici sono buoni matrimoni, ovvero che i matrimoni dovrebbero essere felici. In verità ogni percorso di salvezza passa anche per l’inferno. La felicità, nel modo in cui viene proposta ai coniugi d’oggi, rientra nella sfera del benessere e non in quella della salvezza. Il matrimonio è un’istituzione volta prima di tutto alla salvezza, per questo è così pieno di alti e di bassi; è fatto di sacrifici, di gioie e di dolori. Ciascun partner, ad esempio, prima o poi è destinato a scontrarsi con il lato psicopatico dell’altro, vale a dire con quel lato del suo carattere che non è modificabile e che tuttavia ha conseguenze dolorose per entrambi. Affinché il matrimonio non vada in pezzi, uno dei due partner deve arrendersi, e generalmente è proprio quello che nella relazione si dimostra meno psicopatico. Se uno dei due è emotivamente freddo, all’altro non resta che dimostrare in continuazione sentimenti d’amore, anche quando la reazione del partner è debole e spesso inadeguata. Tutti i buoni consigli che si danno alle mogli o ai mariti, del genere: “Questo non và bene, è intollerabile, una moglie/un marito non può lasciarsi trattare così”, sono perciò sbagliati e dannosi.

Un matrimonio funziona soltanto quando si riesce a tollerare proprio ciò che altrimenti sarebbe per noi intollerabile. E’ logorandosi e smarrendosi che si impara a conoscere se stessi, Dio e il mondo. Come ogni percorso di salvezza, anche quello del matrimonio è duro e faticoso. Uno scrittore che crea opere di valore non vuole essere felice, vuole essere creativo. In questo senso raramente i coniugi riescono a portare avanti un matrimonio felice e armonioso come il tipo di matrimonio al quale, mistificando, gli psicologi vorrebbero far loro credere.

Il terrorismo legato all’immagine del ‘matrimonio felice’ procura notevoli danni.

A.Guggenbuhl-Craig – Il matrimonio. Vivi o morti, Moretti e Vitale, Bergamo.

 

“L’amore è una pazzia temporanea, erutta come un vulcano e poi si placa. E quando accade, bisogna prendere una decisione.

Devi capire se le vostre radici si sono intrecciate al punto da rendere inconcepibile una separazione. Perché questo è l’amore.

Non è l’ardore, l’eccitazione, le imperiture promesse d’eterna passione, il desiderio di accoppiarsi in ogni minuto del giorno. Non è restare sveglia la notte a immaginare che lui baci ogni angoletto del tuo corpo.

No, non arrossire, ti sto dicendo qualche verità. Questo è semplicemente essere innamorati, una cosa che sa fare qualunque sciocco.

L’amore è ciò che resta quando l’innamoramento si è bruciato; ed è sia un’arte, sia un caso fortunato.

Tua madre ed io avevamo questa fortuna, avevamo radici che si protendevano sottoterra una verso l’altra, e quando tutti i bei fiori caddero dai rami, scoprimmo che eravamo un albero solo, non due.

Ma, a volte, i petali cadono senza che le radici si siano intrecciate.

(“Il mandolino del capitano Corelli” – Louis De Bernieres)

 

“Molti hanno creduto che un buon matrimonio fosse la mutua promessa che nulla più sarebbe successo né per l’uno né per l’altra.
Una mini-dépendance del museo Grévin, per la quale non è escluso che si possano ricevere sovvenzioni dallo stato – con tre o quattro spuntini di compleanno, infatti, e qualche giorno di festa di fine d’anno, l’affluenza dei visitatori è troppo ridotta perché la cosa possa autofinanziarsi.
Soprattutto non muoversi, non respirare, non guardare né a destra né a sinistra, e l’effetto sarà perfetto. Esistono degli sposi-fossili, come esistono dei credenti-fossili. Sono coloro che aspettano dall’istituto del matrimonio come dall’istituzione della chiesa, che li proteggano dai disordini dell’amore e della fede. Questo tentativo disperato di tenere in vita la luce originaria del lampo, disinnescandone il pericolo mortale, avrebbe un che di quasi commovente se non avesse la pretesa di riuscirvi davvero!
L’istituzione che mantiene il lampo sotto una campana, lo custodisce fissato dentro un reliquario, lo difende come un bottino di rapina, si rende colpevole verso la vita. La speranza che lo stesso bagliore possa conservarsi è la radice del dramma. Come se il fuoco del cielo si potesse tenere sotto un coperchio di tabernacolo! E sotto un globo di vetro, come una corona di sposa, la fiaccola dell’amore. Come se potessero perdurare in altro luogo che non sia il cuore acceso degli uomini e delle donne viventi!
Quando il matrimonio non lascia che i venti folli della vita e del rinnovamento lo scuotano, quando la chiesa non si lascia spettinare dai sismi salutari dell’esperienza mistica, essi diventano regni dei morti. Consegnato corpo e anima all’istituzione, il matrimonio perde il filtro mortale e il nettare. Spogliato, disinfettato, vaccinato, messo sotto vuoto, non fermenterà, non conoscerà l’alto processo di distillazione che attraverso i mosti e le melasse raggiunge, all’altra estremità dell’alambicco, l’oro di distillati preziosi.
Se l’istituzione è anche ferocemente mortifera, è perché teme il cambiamento, lotta contro di esso, e con ciò agisce contro la natura della vita che è incessante metamorfosi. Ogni istituzione finisce, presto o tardi, per affogare il figlio dell’amore nell’acqua sporca del bagno. La sola maniera che abbiamo di onorare la vita è di osare affrontarla di nuovo ogni giorno, senza gravarla delle nostre attese – osare l’unicità del giorno nuovo!
Infatti il disastro non deriva forse dal nostro attaccamento a questa o a quella forma che l’amore ha assunto in un dato momento della nostra vita – il più delle volte al suo inizio – e dal nostro desiderio di conservarlo tale a ogni costo? Ma lo spirito è pura fluidità. Non smette di passare da una forma all’altra, sparisce di là, risorge qui, imprevisto, argento vivo, dove noi non l’aspettiamo – e le vecchie forme alle quali ci attacchiamo sono proprio quelle che lui ha abbandonato da tempo!
E magari aspettiamo tutta una vita in piedi davanti alla casa abbandonata dall'(dalla) amato(a), quando, qualche via più in là, lei (lui) ci attende invano, ogni giorno, a un nuovo balcone.
Pietà per coloro che si sposano per essere felici.
Pietà per coloro che, per disgrazia, saranno troppo a lungo contenti di quella felicità anodina che si è loro augurata nel giorno delle nozze – troppo a lungo amanti dell’amore inoffensivo delle lune di miele!
Pietà per coloro che saranno troppo a lungo fotogenici e presentabili come il giorno delle nozze!
Sono fredde le gabbie di vetro, quando la luce delle vetrine si spegne!
Il matrimonio ha per noi altre ambizioni.
Il matrimonio non ci vuole presentabili, ci vuole vivi! – e ci farà perdere la faccia fino a che, sotto le nostre maschere, appariranno i nostri veri volti”.

Christiane Singer, Elogio del matrimonio, del vincolo e altre follie

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

MATRIMONIO… BIANCO

Per matrimonio bianco o meglio ancora per relazione bianca (visto la diminuzione dei matrimoni oggi) s’intendono quelle relazioni di coppia stabili in cui viene a mancare quasi del tutto se non del tutto l’intimità sessuale. La mancanza di quest’ultima può avvenire sia in presenza che in mancanza di un intimità affettiva.

Non esiste un criterio univoco per definire un matrimonio o un rapporto di coppia bianco. Criterio diagnostico potrebbe essere una accentuata diminuzione di rapporti sessuali rispetto ad uno standard della coppia. Ad esempio matrimonio bianco per una coppia è rappresentato dall’avere un rapporto al mese rispetto ad uno standard di 2 volte a settimana. Per un altra coppia è non averne più rispetto ad uno standard di una volta al mese.

La mancanza di rapporti sessuali può essere il volere sia di un componente che d’entrambi della coppia. A meno che non sia riconducibile a cause organiche di uno od entrambi i partner, tale mancanza è indice di un profondo disagio della coppia: a letto non si mente.

Spesso la coppia non vuole prendere nemmeno consapevolezza di tale problematica e tende a minimizzare il problema adducendolo al calo fisiologico naturale della passione col tempo o a problemi contigenti che una volta superati comporteranno il ritorno alla normalità.

Quando la conspevolezza è di uno solo dei componenti, ciò comporta una colpevolizzazione, più o meno velata dell’altro.

Utile è solo la prese di coscienza d’entrambi della problematica senza nessun tentativo di scaricare sull’altro cause e responsabilità. In coppia o si vince in due o si perde in due.

Dott. Roberto Cavaliere

 

TESTIMONIANZE

granatina Età: 24 Salve, grazie in anticipo per questo servizio che offrite on line. Dunque, sono fidanzata da 5 anni con il mio ragazzo di 23, gli voglio un mondo di bene, è una persona molto intelligente, brillante, educata… insomma ci troviamo su tutto, discutiamo ore ed ore di tutto, ci confidiamo i problemi e lui mi aiuta anche ad affrontare i problemi della vita quotidiana( università,relazioni ) dato che sono una ragazza chiusa e un pò debole… insomma, su questo punto di vista il mio ragazzo è davvero 30 e lode! Però sento che solo questo non mi soddisfa e che dentro mi sento comunque infelice e sola… perchè non lo sento come un vero fidanzato! Infatti, anche se ciò può sembrare assurdo, io e lui non viviamo mai momenti d’intimità e la cosa più grave è che a lui non viene mai nemmeno la voglia… in un anno abbiamo al massimo 4 “rapporti”( il motivo è sempre lui). Di questo aspetto la cosa che più mi fa stare male è che mi sento come se fossi io il problema e di conseguenza mi sento una “nullità”, mi sento non amata, non desiderata… e ciò amplifica ancora di più la mia insoddisfazioe interiore e le mie insicurezze… L’altro giorno, dopo anni che andiamo avanti così, ne ho parlato con lui e lui si è mostrato molto dispiaciuto e m’ha confidanto che anche lui non riesce a darsi una spiegazione del perchè non riesce a vivere la sessualità come i suoi coetanei…e ciò rappresenta anche per lui un “problema”, però ha detto che con me non gli viene, ma che allo stesso tempo vuole stare solo cone me, non ci pensa nemmeno a lasciarmi. Ripeto, a me non fa stare male la mancanza del sesso di per sè, ma mi mancano tutte quella serie di atteggiamenti, attenzioni,passioni che dovrebbero esistere tra 2 fidanzati. Spero di ricevere una risposta per riuscire a capire qualcosa…non riesco a vivere in pace perchè non so cosa fare e cosa pensare e soprattutto se ci sono consigli per il mio ragazzo, del motivo per cui si comporta così con me. Grazie per l’attenzione, distinti saluti. P.S: non so se può essere utile, ma io e lui non abbiamo avuto altri rapporti…la nostra “prima volta” e stato poco meno di 4 anni fa…però le cose sono andate quasi sempre così

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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SEPARATI IN CASA

Tratto dalla discussione del forum “Finito l'”amore”…separati in casa? Non ce l’ho fatta. Dopo mesi sono andato via.”

Argomento: Crisi di coppia, Tradimento, Separazione

Autore: Pandaniels

Selezione a cura di Carlotta Onali

 

Ciao
come ho già descritto scritto in altro post, il mio matrimonio è in forte crisi…è un momento di forte rottura.
Lei mi ha confessato di non amarmi più, di non avere più “pulsioni” verso di me…ecc ecc..
Nel frattempo rivede l’ex fidanzato di 20 anni prima (che i genitori gli fecero troncare) e “ha bisogno” di vederlo (dice lei) per parlarci…
Questo è il dato di fatto.
Lei mi propone di andar via e di star fuori per un periodo di tempo indeterminato…in modo che possa capire bene i suoi sentimenti…la sua vita…ecc…
Abbiamo tre figli…io ho bisogno di loro…e loro di me
Staccarmi da lei mi aiuterebbe in questo periodo perchè inizio a non sopportarla e non accetto che possa vedere un altro uomo.
Provo a fare l’indifferente, il distaccato e a vivere da “separato in casa”…
ma quando si prepara, si imbelletta tutta ed esce sto male e spesso l'”attacco” e partono le litigate…
Sto sulla via della disperazione…
Vorrei consigli sul da farsi…su come comportarmi…
se andar via di casa oppure rimanere perchè altrimenti le lascerei “campo completamente libero” …
Ma come si fa a convivere in un appartamento da separati in casa…e sperare (perchè io ancora spero) che lei “torni”?
Che atteggiamento devo avere nei suoi confronti?
saluti.
Pandaniels

“se andar via di casa oppure rimanere perchè altrimenti le lascerei “campo completamente libero” io credo che dovresti andartene, almeno i tuoi nervi riposerebbero. In fin dei conti nemmeno la tua presenza sembra essere un freno alle sue pulsioni.

Quando leggo queste storie mi sento sconfortato, come è possibile che una madre di famiglia si possa comportare così?

Minimo

“come è possibile che una madre di famiglia si possa comportare così?”

Quello che non riesco a spiegarmi… o forse sto cercando di giustificare con l’adattamento ad un “ruolo” per diversi anni…
poi improvvisamente è tornata “ventenne” e le “pulsioni” ora sono di una ventenne…

Quello che non accetto: perchè se era in crisi non ne ha parlato serenamente e esplicitamente con me (o con una amica, un familiare, uno psicologo…) invece di andare a “consolarsi” con un ex di vent’anni fa’…
Io sono devastato dal dolore.. ed inizio ad essere confuso.

Pandaniels

Penso che il discorso sia assai più delicato.
Non parliamo solo di un amore che non trova più respiro…ma bensì di una complessa sfera di situazioni, emozioni, sentimenti…
Qui ci sono di mezzo dei figli, una famiglia, sentimenti (amore paterno)…cose che per la maggior parte della loro dimensione “esulano” dalla semplice relazione di coppia.
Lei ha fatto la sua scelta, ha deciso di vivere in un certo modo…ma non può chiedere a te di andar via, di lasciare i tuoi figli…il tuo spazio…
Se l’amore è finito non ci sono parole…non c’è soluzione…ma lei con coraggio deve assumersi la resonsabilità di quello che ha deciso…

Blu_profondo
E’ quello che le ho detto io…
mi piacciono le tue parole (forse quello che mi volevo sentir dire…)
ritengo che io “debba esserci” in casa…
In passato ho provato a staccarmi per brevi periodi , ne uscivo rinforzato (più distaccato da lei) ma nel contempo ne uscivo impoverito come padre…
Quello che ritengo di dover fare è riuscire a trovare un equilibrio mentale che mi permetta di stare in casa…
(facile a dirsi…molto complicato da farsi)

Io provo a distaccarmi ma inevitabilmente “nel quotidiano” intervengono suoi gesti e/o richieste che mi danno una parvenza di “normalità” e alle quali io rispondo con disponibilità… Credo che in questo sbaglio… Devo comunque mantenere un “distacco” nei suoi confronti …

Pandaniels

“come è possibile che una madre di famiglia si possa comportare così?”
Cadere e ruotare intorno ai luoghi comuni o a i pregiudizi non serve a molto, penso.
Il ruolo di “madre di famiglia” non è intrinsecamente ed automaticamente legato alla maturità, alla forza interiore, all’equilibrio. Sarebbe bello (specialmente per i figli) se così fosse, ma se una persona non ha pace ed equilibrio dentro non sarà un figlio a dargliela, nè tantomeno una famiglia.
Anzi, è molto più probabile che una donna si scontri con i suoi più pesanti fardelli interiori, se ancora non sono stati risolti, proprio nel momento della procreazione, durante una relazione sentimentale o quando si scontra con le responsabilità ed i “ruoli” famigliari e di coppia. Anche se non lo considera o non se ne rende conto.

E’ come quando ci si chiede come fa un padre di famiglia ad andare a cercare donne per strada, o persino bambini.
Come fa? Non è a posto con se stesso, e costruirsi una famiglia, o dare vita a dei bambini, non gli regalerà di per sè l’equilibrio che cerca, se non ne ha dentro.
Lo vediamo ogni giorno in questo stesso forum: la pace di spirito la si trova dentro di sè e non nelle cose e nelle persone esterne a noi, o nei ruoli che ricopriamo.

Altrimenti le famiglie dovrebbero essere automaticamente tutte felici e spensierate, cosa che spesso non sono.

Per crescere sul serio è bene farsi domande su di noi e tentare di comprendere davvero le realtà di chi ci è vicino, altrimenti si pensa che lo status di una persona ne faccia una persona buona o cattiva, ci si bendano gli occhi, e poi si hanno le delusioni più grandi ed “inaspettate”.

Yana

@ Yana
Il tuo intervento a parer mio è giusto.
Ad oggi lei non rinnega il fatto di essere mamma…ma “rivendica” libertà (forse) non avute da adolescente/ragazza.
Cmq io non sto giudicando…ci mancherebbe…
La mia “preoccupazione” (sono la parte in causa) è la sua inerzia…il suo comunque lasciarsi andare e pur riconoscendo di “non star bene” in questo periodo, il non voler accettare il fatto che forse l’aiuto di un terapeuta le gioverebbe. Indipendentemente dalla vita coniugale che verrà. Per lei come persona.
Pandaniels

Caro Pandaniels,
deve essere molto tormentoso vivere in una situazione del genere.
Chiaramente non mi sento di darti “consigli” sul da farsi (andare/rimanere) perchè ognuno deve seguire le proprie sensazioni, in base ad un imprecisato numero di fattori ed elementi appartenenti alla propria situazione (di coppia ed interiore).

Credo che però, se sei così confuso su come muoverti (normalissimo penso) tu debba porti delle domande importanti, che ti permettano di prendere una scelta, e risponderti con onestà.

In questo momento mi pare di aver capito che tu stia male con e senza di lei.
Ma qual è la scelta, tra andare e rimanere, che ti gioverebbe di più a lungo andare?
Cosa ti trattiene e cosa invece ti suggerisce di andartene?
Risponditi e poi valuta il peso delle due situazioni.

Avete anche dei figli.
Valuta anche quale sarebbe per loro, sempre nel lungo termine, la condizione più traumatica, considerando che se prendi una decisione che si fonda più sulla speranza di un ritorno che sulla tua serenità e ricostruzione di te stesso, per i tuoi figli questo sarebbe determinante.

Qualsiasi decisione prenderai, e so che non è semplice scegliere, bensì infinitamente complesso e stressante, cerca di farlo pensando il più possibile alla raggiungimento di una tua ripresa interiore, piuttosto che ragionare solamente in termini di ritorno della stabilità di coppia.

Credo che la tua presenza/assenza non determini necessariamente un ritorno/allontanamento di lei.
E’ molto più importante, da parte di entrambi, scegliere di assecondare la propria serenità (quella vera, non quella apparente) per, eventualmente, ricostruire qualcosa.
Altrimenti anche un eventuale ritorno, magari forzato, o implorato, potrebbe rivelarsi fasullo o non realmente sentito. E questo aumenterebbe illusioni, stress, tristezza, malessere e determinare un picco in discesa dell’autostima e dell’equilibrio.

Ti abbraccio
Yana

 

Riesco ad immedesimarmi nella sofferenza di questa donna….anche io ho perso la mamma da piccola, e stessa situazione con la nuova donna! si diventa responsabili molto presto, si cresce privandosi di molti divertimenti, e delle esperienze dell’età giusta.
Sì perchè c’è un età giusta per vivere le cose, anche io mi sono sentita oppressa da questa situazione….e poi sono esplosa a 30 anni nel rapporto di coppia che avevo da sempre (l’unico uomo della mia vita).
Ma purtroppo non si può vivere al contrario, non si può far pagare agli altri lo scotto che la vita ci ha dato.

E’ una realtà che solo noi stessi dobbiamo superare, accettare, digerire. Lei ora si sente probabilmente insoddisfatta, e vorrebbe riprendere in mano la sua vita che in questi anni ha lasciato passare con senso del dovere accentuato, e con autoresponsabilizzazione….e che poi provoca appunto l’esplosione.
Deve riuscire a comprendere che non è più il tempo e la situazione, deve trovare un aiuto esterno per digerire ciò che ha vissuto e come l’ha vissuto.
Comunque ammiro il coraggio di questa esplosione. Lei ha deciso di volersi bene con questa decisione, purtroppo però indirizzando le energie nel senso sbagliato….ha bisogno di essere indirizzata.

Stella7

 

x Yana: grazie delle parole e degli abbracci che ricambio.
Come hai gia capito nel tuo intervento…
Cosa ti trattiene e cosa invece ti suggerisce di andartene?
Mi trattiene la speranza che un giorno mia moglie mi possa ri-desiderare…
Mi suggerisce di andar via il motivo opposto: lei non mi cerca, non mi ama non mi desidera…perchè star qui e soffrire accanto a lei?
Pandaniels 

Quello che sto cercando di capire con questa discussione è se c’è la possibilità di “rappresentare un problema di pericolo imminente”, cioè far avvertire a lei la sensazione della mia “perdita”, pur rimanendo in casa.
Un modo potrebbe essere avere un atteggiamento di indifferenza e completo distacco da lei. Cambiare abitudini “spiazzarla” continuamente…
non so …cosa ne pensate?

Pandaniels

E’ difficile sai, purtroppo le strategie sono rischiose, si mette in atto un comportamento che non è nostro, ma calcolato, e se poi va male….ci si potrebbe sentire in colpa per la strategia adottata.

Devi fare ciò che senti nel cuore e nella mente, trovando un giusto compromesso.
Io ho adottato queste strategie dopo il tradimento, mi sentivo messa da parte, data per scontata, volevo che lui capisse il dolore che mi aveva causato, volevo dargli uno scossone e così ho chiesto la pausa, ho chiesto che se ne andasse di casa…..risultato, se n’è andato e anche quando gli ho chiesto di ricominciare….lui non è più tornato.

Forse dovrei dire Bene, le carte si sono scoperte e ho capito che lui ha preso questa decisione che forse non aveva il coraggio di prendere…e ha preso la palla al balzo!
Ma non ti nego che io rimugino proprio su questa vicenda, con i se ed i ma del caso…e se non lo avessi lasciato? e se non avessi forzato la cosa?…..
Insomma è difficile darti un consiglio, devi essere tu a fare ciò che giusto per te.
Un abbraccio

Stella7

“E’ difficile sai, purtroppo le strategie sono rischiose, si mette in atto un comportamento che non è nostro, ma calcolato, e se poi va male….ci si potrebbe sentire in colpa per la strategia adottata.”

E aggiungo: e se va “bene”? la persona sarà ritornata perchè ci ama davvero o perchè è attratta ed affascinata dalle maschere che sono venute fuori attraverso le nostre strategie?
E ancora, questo ritorno potrà durare?
E’ chiaro che non si può mai sapere se una relazione durerà, anche nel caso di un atteggiamento autentico, spontaneo, e non premeditato, ma quantomeno se si è se stessi e la relazione dura questo accadrà perchè è autentica e lo è anche l’amore dell’altro.
Contrariamente, e quindi adottando delle tattiche “forzate”, si rischia di tenere legata a sè una persona non per ciò che si è ma per il senso di perdita che si provoca in lei.
Sono questi amore, vicinanza, accettazione, condivisione, intimità reali?

Io rifletterei bene, si rischia di ottenere nel breve periodo quello che si vorrebbe, ma poi si vacillerebbe di nuovo.
Qualsiasi cosa non sia reale prima o poi vacilla.

Pandaniels, tu cosa vuoi veramente?
Vuoi che lei torni perchè si rende conto che è innamorata e ti desidera ancora davvero, o vuoi che lei torni solo perchè si sente abbandonata e percepisce paura di perdere un punto fermo?
Nella seconda opzione si annullano le proprie esigenze primarie (condividere amore ed intimità autentici) in cambio dell’illusoria sicurezza di avere vicino qualcuno.
Ma se questo qualcuno non fosse più poi così vicino si rischia di farsi più male riconciliandosi che accettando la fine di una relazione.

Io credo che l’atteggiamento migliore sia sempre quello di esprimere quanto più possiamo autenticità. Così non piaceremo proprio a tutti, ma chi deciderà di rimanerci al fianco lo farà perchè ci ama davvero, così come siamo.
Un abbraccio Yana

Io non penso nè che Pandaniels debba restare nè che se ne debba andare, penso che debba fare quello che il cuore gli concede, senza forzare eccessivamente una situazione già in crisi tramite strategie premeditate.
Le strategie sono razionali e non hanno nulla a che vedere nè con l’Amore nè con l’innamoramento, semmai vanno a braccetto ed condiscendono le nostre paure, che rischiamo veramente di mandarci fuori strada.

E’ chiaro che quando si ha la percezione di perdere una persona che si sente di amare, istintivamente ci si fa prendere dal panico e si tenta ogni strada per indurre l’altro a rimanere. Chi non l’ha mai fatto? E’ umano.

Ma se ci si pensa bene, l’esigenza più grande che aneliamo (oltre che l’esperienza più bella) è quella di riuscire a “condividere Amore”.
E quindi è bene lottare per un amore, ma è anche bene restare aderenti alla realtà ed eventualmente accettare, nel tempo e se questo è il caso, che la persona che vorremmo accanto a noi non ci ama.
Questo perchè, se non fosse come tu interpreti, si rischia di rimanere attaccati ad un’idea, ad un’illusione e di non trarne poi, a lungo andare, i benefici che l’Amore ci può riservare.

Bisogna sempre comprendere ed accettare se la persona che è al nostro fianco ci ama autenticamente o meno, o se ci ama ancora.
Per fare questo io credo che sia necessario rimanere il più possibile fedeli a noi stessi e mostrare ciò che siamo.
Un abbraccio Yana

 

@Yana
Grazie ancora delle tue parole…
Che probabilmente sono quelle che sento più “mie”.
Pandaniels, tu cosa vuoi veramente? 
Vuoi che lei torni perchè si rende conto che è innamorata e ti desidera ancora davvero, o vuoi che lei torni solo perchè si sente abbandonata e percepisce paura di perdere un punto fermo? 
Ovvio. La prima.

Io credo che l’atteggiamento migliore sia sempre quello di esprimere quanto più possiamo autenticità. Così non piaceremo proprio a tutti, ma chi deciderà di rimanerci al fianco lo farà perchè ci ama davevro, così come siamo.

Mi rispecchio in questo.
La sincerità la lealtà, l’autenticità che mi aspetto dal prossimo, deve essere per prima la mia.
Riflettevo poi anche sul tuo precedente intervento:
Valutare la decisione da prendere ” a lungo termine “…
Pandaniels

Ciao Pandaniels,
la tua situazione mi tocca molto da vicino perchè anche io mi sono trovata di fronte ad un dilemma simile al tuo: mandare via mio marito o lasciare che restasse?

Rispondere a queste domande è difficilissimo, specie se si ricerca la risposta ovunque tranne che nel nostro sentire.
Per educazione e cultura, io avrei optato per buttarlo fuori di casa su due piedi; per timore di perderlo lo avrei trattenuto ad ogni costo.
Qual’era la soluzione giusta?
Nessuna delle due, perchè entrambe partivano dal tenere al centro della questione chiunque (la famiglia, la società, mio marito) tranne che me stessa.

Concordo con Yana e con chi ti ha suggerito che certe decisioni non si assumono seguendo una strategia.
E non solo perchè si corre il rischio di arrivare a risultati non veritieri ma anche perchè in ogni situazione di crisi non c’è niente di banale, di scontato o di lineare quanto può sembrare in apparenza.

Certo, può darsi che tua moglie senta attaccamento, passione o attrazione o comunque la si voglia chiamare, nei confronti di un uomo verso il quale non ha potuto esprimere liberamente se stessa da giovane ma credo che questa sia solo la punta dell’iceberg.
Un iceberg composto dal rapporto con i genitori,dalle sue stesse scelte e che certo non si può ridurre e contenere in poche righe di analisi.

Soltanto lei potrà giungere a comprendere se stessa, le sue motivazioni e le sue mancanze.
E per fare questo, credo per la mia esperienza, si debba guardare bene dentro se stessi senza affidare all’assenza o alla presenza di terzi la soluzione dei propri problemi.

Credere che la vicinanza di quell’uomo così come la tua lontananza le possano permettere di comprendere ciò che sente è ancora affidare all’esterno di se la soluzione dei problemi se non addirittura credere che questa soluzione sia rappresentata da una persona piuttosto che da un’altra.
Se siamo infelici e ci manca “qualcosa” non sono gli altri a dovercelo dare: certo non un uomo o comunque una relazione.

La soluzione migliore è certamente quella che a lungo termine può farci acquisire maggiore serenità ma questo non vuol dire dover scegliere su due piedi.
Se dovessi decidere che per il tuo benessere è meglio che tu vada, non devi fare le valigie e andare via domani.
E’ importante, qualunque sia la nostra scelta, attuarla nel momento in cui ci sentiamo pronti.

In questo momento sei confuso e non sai che fare: prendi atto di questo e datti il tempo di trovare una dimensione giusta per te, che ti consenta poi di agire.
Il momento in cui ho deciso che io e la mia serenità venivano prima di tutto è stato un grande punto di svolta, anche se di per se nulla sembrava essere cambiato.

Non ho mai mandato via mio marito perchè sentivo dentro di me che non ero pronta ma ho iniziato, poco alla volta, a crearmi nuovi spazi e nuovi modi di vivere che non fossero incentrati su di lui, sulle sue uscite, su dove andava e con chi.
E ho cominciato a vivere per me: nuovi hobbies, nuovi spazi, il forum, nuovi amici.

D’un tratto la mia vita era piena di me e questo mi ha consentito di avere maggiore forza.
Si può anche decidere di agire secondo delle strategie ma chi ci è accanto sente la differenza tra una strategia e la volontà ferma e sincera.
A che pro cercare di far credere che siamo pronti ad andarcene se non è vero?
Ho detto tante volte che lo buttavo fuori che alla fine ero persino stufa di sentirmi da sola.
E non ero affatto credibile.

Si è credibili quando ci si comporta coerentemente col proprio sentire.
Perciò se quello che senti tu ora è confusione, esprimi confusione.
Cerca un modo per ritrovare un tuo equilibrio.
Tu non hai il potere di risolvere le problematiche di tua moglie ma puoi cercare di risolvere le tue.
So che la situazione al momento è complessa, proprio perchè ora nessuna soluzione ti rende felice e ti fa stare bene.

Anche io sentivo tutto questo e capisco, ora, che semplicemente allora non ero pronta a decidere ma avevo bisogna prima di tutto di lavorare su di me, all’interno.
Al dove stare, come e con chi ho pensato dopo.

Al di la di tutto, io credo che se si è convinti di qualcosa niente e nessuno ci impediscono di perseguire una scelta: mio marito ha minacciato più volte (anche lui!) di andarsene.
E mi ha detto a lungo che così gli avevo impedito di capire cosa voleva.
Non è vero: cosa avrei potuto fare se davvero avesse voluto andarsene? Aggrapparmi ai pantaloni??

La verità è che allora nemmeno lui sapeva cosa voleva e al di là del risultato ( che si resti insieme o ci si separi) conta soprattutto compiere delle scelte sentite.
Se non si sente una scelta come giusta, allora forse è il caso di chiedersi come mai e lavorare su di se per arrivare a sentire finalmente “una” scelta come quella giusta per noi.
E noi non sta per noi come coppia ma per noi come individui.
Quando sapremo cosa è giusto davvero per noi, allora potremmo scoprire cosa è giusto per la coppia e lavorarci insieme, sia per lasciarsi che per restare.

Un forte abbraccio
Zebretta 

Il mio consiglio è del tutto personale, soggettivo e approssimativo.
Non consiglio un atteggiamento artificioso o tattico, ritengo, semplicemente,in base alle poche righe scritte per descrivere la situazione, che la signora abbia bisogno di uno scossone.
La mia opinione è che, come accade a molte persone dopo una lunga vita insieme allo stesso partner, la signora sia esplosa e si sia presa una vacanza (l’ex può rappresentare il periodo in cui era spensierata; la parte di sè che rimpiange, più che l’ex in sè).
In questo momento non è lucida; è troppo presa da sè; come una pentola a pressione che abbia accumulato e si sia scoperchiata.
Non la sto condannando, si badi. Dico solo che succede; e succede molto ma molto spesso.
E quando una persona non è lucida e non ragiona, la si prende a pizze (metaforicamente e affettuosamente, si badi bene); non la si guarda aspettando che le passi (forse, speriamo bene).
Andare via per un pò potrebbe rappresentare lo scossone che la farebbe tornare in sè.
La presenza piagnucolosa, in trepida attesa, in questo momento potrebbe solo infastidire.
E io ribadisco che, secondo me, non ha smesso di amarti.
E’ solo sbottata perchè (probabilmente anche per colpa sua) non si era dedicata più a se stessa e ora vuole recuperare il tempo perduto.
Malox_70

@ zebretta Grazie delle tue parole
In questo momento…a parole capisco e comprendo che devo badare ai miei bisogni, alla mia serenità…
ma all’atto pratico ancora ritengo che questa mio star bene è legato allo stare con lei, al condividere fisicamente il mio tempo con lei.
Banalmente: potrei uscire da solo, occuparmi di me stesso…fare una cosa che piace a me…invece ritengo che il mio benessere sia accanto a lei…condividendo il mio tempo con lei (passeggiando con lei, stando al mare con lei…ecc)
Forse dovrei rifletterre sul fatto che se condividessi il mio tempo con la “lei” attuale (che per me non è la lei di prima) questo tempo vorrei allora veramente dedicarlo a me stesso…(?)

Il momento in cui ho deciso che io e la mia serenità venivano prima di tutto è stato un grande punto di svolta, anche se di per se nulla sembrava essere cambiato.

Considera poi che sono sempre “condizionato” dal mio ruolo di padre e non riesco a staccarmi da questo e pensare solo a me stesso. Anche per problemi oggettivi (chi impegnerebbe il tempo con i miei figli?)

Pandaniels

Ciao Malox,
ognuno di noi qui da e legittimamente la propria opinione e molto spesso si basa anche sulla propria esperienza.
E ognuno di noi ha esperienze diverse. Perchè siamo tutti diversi e proprio per questo non esiste un modo univoco di fronteggiare una crisi.
Ognuno deve trovare il proprio, in relazione a ciò che è ed al proprio vissuto di coppia.

Quando leggiamo una storia ne abbiamo sempre e solo una visione parziale: sia perchè è difficile condensare una relazione in poche righe sia perchè comunque ascoltiamo solo una delle due parti in causa.
Una relazione è tale proprio in quanto due persone interagiscono.
In più molte delle dinamiche di una coppia sono inconsce e difficilmente individuali se non attraverso un’approfondita analisi.

Per questo credo che solo chi vive la relazione possa alla fine essere in grado di comprendere quale sia realmente la situazione e trovare di conseguenza la soluzione migliore.

E quando una persona non è lucida e non ragiona, la si prende a pizze (metaforicamente e affettuosamente, si badi bene); non la si guarda aspettando che le passi (forse, speriamo bene). 
Andare via per un pò potrebbe rappresentare lo scossone che la farebbe tornare in sè. 

Può darsi che per qualcuno possa essere utile lo scossone come per altri no.
E può darsi che andare via possa essere proprio lo scossone giusto oppure rivelarsi un boomerang dall’effetto devastante.
Io resto convinta che le soluzioni siano dentro di noi e non all’esterno.
Questo è coerente con me e con ciò che vissuto e dunque una soluzione “scossone” sarebbe assolutamente deleteria nel mio caso.
Evidentemente la tua esperienza è diversa.

Ma conta l’esperienza di Pandaniels ed il suo modo di essere e sentire: non esistono soluzioni giuste e soluzioni sbagliate ma soluzioni coerenti al nostro essere che, in quanto tali, diventano giuste.

Io ho scelto di restare perchè era giusto per me, non sentendomi pronta ad una scelta.
Questo non si è tradotto in un restare in un angolo in disparte a piagnucolare (per carità, all’inizio ho fatto anche quello, non lo nego…è umano) ma poi ho utilizzato quel tempo come il mio tempo per trasformarmi, per passare da crisalide a farfalla e spiegare le ali, ovunque esse mi portassero.

Un abbraccio

Zebretta

ma all’atto pratico ancora ritengo che questa mio star bene è legato allo stare con lei, al condividere fisicamente il mio tempo con lei.

Lo capisco, era così anche per me e non è stato facile accettare e introiettare una visione diversa.
Durante la crisi con mio marito, io gli ho scritto molte lettere in cui analizzavo me stessa e la nostra storia.
Ho sempre amato scrivere e “scoprirmi” attraverso la rilettura e una volta mi sono sorpresa: gli avevo scritto quanto fosse e fosse stato importante per me ma che lui era parte della mia vita e non la vita.

Accettare che pensiero fosse sano è stato difficile perchè mi sembrava così di amarlo meno e invece ho capito, nel tempo, che questo coincide con l’amare di più me stessa e di conseguenza anche lui.
Amarlo in un modo più sano e non attraverso la necessità della sua presenza.

Più ci si ama, più ci si completa da soli, più si è in grado di donarsi veramente.
Anche una passeggiata solo o con i tuoi figli fa parte della vita e ti può dare serenità, anche se lei non c’è.

Oggi guardo le persone che amo e sono felice di averle accanto a me: se le perdessi ne soffrirei ma so che comunque starei bene.
Se mio marito c’è io sono felice ma se non ci fosse questo non equivarrebbe alla fine della mia vita.

Se la tua serenità dipende da lei, stai anche tu, in questo modo, delegando il tuo benessere alla sua assenza/presenza.
Il benessere nasce da noi: se non stiamo bene con noi stessi, non possiamo stare bene con gli altri.

Se una storia è stata “proficua”, nel senso che entrambi i partner ne hanno goduto, sono stati felici ed hanno potuto realizzare i propri progetti, allora questa implica una crescita, un’evoluzione e un modo diverso e più “adulto” di amare.
E’ normale e giusto che sia, così come è normale che questo cambiamento possa spiazzare.

Tuttavia, almeno secondo me, l’amore si esplica attraverso la libertà di scegliere ed essere scelti.
E questo, sempre per me, vuol dire scegliere ogni giorno chi amo, non perchè senza non posso vivere ( e dunque per bisogno)ma perchè sto bene con me stessa e voglio donarmi ad un altra persona.

Chi impegna il tempo con i tuoi figli quando tua moglie esce?
Al di là del fatto che non siete in armonia come coppia, siete sempre genitori, con uguali responsabilità, diritti e doveri.
Ognuno di voi due ha diritto ai propri spazi e il dovere ad occuparsi dei figli.

Un abbraccio Zebretta 

uno dei motivi principali secondo me della nostra crisi, è proprio il fatto che io negli ultimi mesi non stavo bene con me stesso..
e gliel’ho avevo anche confessato…
avevo perso molto del mio amor proprio (come si dice…della voglia di vivere forse…)
poi la crisi è esplosa. (ed è arrivato l’altro …)

Leggendoti mi fai riflettere che probabilmente la nostra storia non è stata molto “proficua”… per entrambi…

Ora però io vedo lei che è felice, che sta bene con se stessa…(almeno a me sembra…) e probabilmente si vorrà donare a quel suo ex …o come mi dice lei…se non era questo sarebbe stato un altro fra qualche mese.

Chi impegna il tempo con i tuoi figli quando tua moglie esce?
Io, oppure i miei genitori con il mio aiuto.
Da quando c’è questa crisi lei ha avuto qualche sabato o domenica per concedersi il “suo spazio” (su sua richiesta …sperando sempre in un “ritorno” …l’ho lasciata libera di riflettere…di star con se stessa…) mentre io non ho mai avuto il “mio spazio”

Pandaniels 

Non so se la tua storia sia stata proficua ma con “proficua” io intendo rispetto ai progetti che si avevano all’inizio della stessa.

Forse prima avevate la necessità di costruire sicurezza e stabilità, magari ora avete altre priorità.
In ogni caso, se tu hai sentito prima della crisi che qualcosa stonava in te, sarebbe bene, nel caso ancora non ti fosse chiaro, che tu cercassi di capire cosa.

Se tua moglie sia felice o convinta della sua scelta è qualcosa che può dirti solo lei: noi possiamo supporre soltanto cosa pensa e sente ma la verità la conosce solo lei.
Forse, aggiungo. Nel senso che la mia convinzione resta che quando siamo certi delle nostre scelte le applichiamo senza remore.

Il che non vuol necessariamente dire che lei ti ami ancora ma magari che anche lei è confusa e non sa cosa fare oppure lo sa ma non in che modo.
Insomma, secondo me presumere cosa sente e pensa chi ci sta vicino è sempre molto rischioso.
E’ molto meglio chiederlo.

Tu ti sei sentito in crisi e lo hai detto; lei si è sentita in crisi e ha agito rivolgendosi ad un ex.
La crisi di una coppia non può essere colpa dell’uno piuttosto che dell’altro perchè la coppia è un sistema che interagisce.
Si possono avere però reazioni diverse ed ognuno è responsabile della propria.
Essere responsabili vuol dire scegliere accogliendone le conseguenze.

Le motivazioni che vi hanno portato a questa situazione sono precedenti all’esplosione della crisi ed è lì che vanno cercati i motivi ed i modi di risolvere la situazione.
Stare insieme comporta anche crescere insieme, sia come individuo che come coppia.

Prova a valutare se, per esempio, il non aver mai avuto spazi soltanto tuoi possa in qualche modo aver contribuito a farti sentire in crisi.
Per me è stato così e l’ho realizzato nel momento esatto dello scoppio: all’improvviso ho capito che io esistevo e mi vivevo solo in quanto “moglie di” e mi ero dimenticata che io ero anche altro, anzi quasi non lo sapevo più.
Anche perchè nel frattempo ero cambiata e con me le mie esigenze e i miei desideri, anche se io li avevo ignorati.

A parte il dolore, immenso e lacerante, questa crisi mi ha regalato l’opportunità di comprendere chi sono, cosa mi piace, di esplorare limiti che credevo invalicabili per me.
Banalmente: ho sperimentato l’andar via da sola qualche giorno e il poter stare bene; cenare da sola ad un tavolo di ristorante senza sentirmi una fallita; rispolverare un vecchio desiderio (quello di prendere lezioni di canto) e riuscire persino a cantare in pubblico.

Sono piccole cose che un tempo non avrei fatto nemmeno sotto tortura e che oggi mi regalano grande fiducia in me stessa e una nuova autostima.
Tutte piccole cose che mi hanno anche permesso di cambiare lavoro e provare a fare quello che mi piace davvero.

Sei all’inizio di una situazione difficile e per giunta che vede coinvolti i tuoi bambini e sono certa che questo renda tutto ancora più complesso ma il lato positivo delle crisi (credimi esiste davvero) è che ti obbligano a guardarti dentro e a spostare il fuoco su di te.

Non possiamo obbligare qualcuno a condividere il suo tempo con noi nè ad amarci; non possiamo indurre all’analisi se non nasce da un moto spontaneo ma tutto quello che non possiamo fare per gli altri, lo possiamo fare per noi.

Tieni comunque presente che se anche lei tornasse ora, questo non cambierebbe la sensazione di malessere che avevi già prima della crisi e solo tu puoi arrivare a comprendere a cosa era dovuta e trovare di conseguenza un tuo equilibrio.

Un abbraccio

Zebretta 


@zebretta
I progetti che si avevano all’inizio erano quelli di crescere e avere dei figli…
e questi sono arrivati.
Forse poi ci siamo “seduti” …ora i figli ci sono…ma non abbiamo più “progettato” nulla…

Volevo far presente un altro particolare della nostra vicenda:
prima che esplodesse la crisi lei mi ha lanciato diversi segnali…che io non ho saputo cogliere,
come addirittura quello “…guarda che io mi faccio l’amante!”
Io non l’ho mai trascurata sessualmente…nel senso che sono sempre stato attratto da lei,
ma probabilmente l’ho trascurata “emotivamente”.
Sapevo che lei c’era. Lei era mia moglie.
Lei minacciava anche che ci saremmo separati…
io (AHIME’) non davo peso alla cosa…Stavo già male di mio…già non mi volevo bene.
E negli ultimi tempi mi rinfacciava di non provare attrazione per me…e che io spesso non l’avevo soddisfatta sessualmente
(dopo 16 anni me lo dici????)

Riguardo a quello che lei prova…gliel’ho chiesto:
Verso di me -ora- non ha “pulsioni”, non sente amore.
Mi dice che è confusa. molto confusa…che per quest’uomo ora prova attrazione.
Attrazione fisica. Che lui era ed è lo stereotipo del suo ideale fisico di uomo…al contrario di me.
Che probabilmente non sarà per lui che ci separeremo…che cmq ora lei avrebbe piacere ad essere corteggiata da altri uomini
(e che potrebbe “cadere” alle loro avances)
Che lei cmq potrebbe separarsi e continuare a vivere senza un compagno accanto.

Non trascurate il fatto che lei si è sposata forse anche perchè io rientravo nei “canoni” dei suoi genitori…ma non nei suoi…

zebretta ha scritto:
Il che non vuol necessariamente dire che lei ti ami ancora ma magari che anche lei è confusa e non sa cosa fare oppure lo sa ma non in che modo. 

lei sa cosa vuole ora : separarsi.
(Non so se ha capito che a lungo termine potrebbe non essere la sua reale volontà…)
Nel contempo si rende conto chè è un problema: per i nostri figli (è consapevole di quanto loro hanno bisogno di me…; organizzativo, dove vado io, dove va lei, come ci si organizza?

Prova a valutare se, per esempio, il non aver mai avuto spazi soltanto tuoi possa in qualche modo aver contribuito a farti sentire in crisi. 
Per me è stato così e l’ho realizzato nel momento esatto dello scoppio: all’improvviso ho capito che io esistevo e mi vivevo solo in quanto “moglie di” e mi ero dimenticata che io ero anche altro, anzi quasi non lo sapevo più. 
Anche perchè nel frattempo ero cambiata e con me le mie esigenze e i miei desideri, anche se io li avevo ignorati. 

E_S_A_T_T_A_M_E_N_T_E! come me.
“marito di” e “padre di” stop.
io non esistevo ed esisto più.
Ora forse lo sto capendo e inizio a capire che mi devo riprendere i miei spazi.

Tieni comunque presente che se anche lei tornasse ora, questo non cambierebbe la sensazione di malessere che avevi già prima della crisi e solo tu puoi arrivare a comprendere a cosa era dovuta e trovare di conseguenza un tuo equilibrio. 
ne sono perfettamente consapevole 😉
(grazie a voi che mi siete vicini)
Pandaniels

Ciao,
non so se sia questo il caso, però credo che chi non dovesse più avere l’amore di genitore (e mette solo se stesso al centro della sua vita) è giusto che si faccia da parte per lasciare i figli a chi, al contrario, questo amore ancora ce l’ha. I figli hanno tutto il diritto di crescere nel modo migliore possibile. Quindi, anche se fosse solo una pausa, io credo sia lei a dover andare (magari cercando di mettere in ordine la sua vita).

Ti chiedi perchè è andata a cercare proprio l’ex: forse proprio perchè non ha avuto modo a suo tempo di sperimentare se quello poteva essere l’amore della sua vita. Diciamo che l’ha tenuto in congelatore. Non voglio dire che non si sia innamorata di te o che non lo sia ancora ora.
Troppo stress accumulato, troppe volte senza avere nemmeno 5 minuti per se (insomma, con tre figli), troppo tempo senza avere 5 minuti per la coppia, ecc, … questo dovresti saperlo/scoprirlo tu.
È importante comprenderlo … per lei .. ma anche per te.
Immagino che in questo momento i figli siano per lei più dei “fratellini minori”.

Aiutati (e aiutala, senza forzare) a comprendere i motivi di questo suo essere.

Un abbraccio
AlanR
Grazie AlanR del tuo intervento…
in effetti non è (ancora) proprio questo il caso…
nel senso che lei ha ancora un “senso materno”, si è attenuato rispetto al passato ma ce l’ha.

Ieri mi sono preso un pomeriggio “per me” sono stato bene, ma oggi già sono in “ricaduta” al pensiero che mentre sono a lavoro lei è uscita (per suoi “motivi”) “sbolognando” i figli a destra e manca.

” Non vorrei illuderti ” mi dice sempre per “negarsi” quando ancora le propongo qualche uscita insieme o altro…
Forse veramente io non dovrei illudermi…
ma il conviverci e vederla più che quotidianamente non aiuta me.

Io non so perchè…ma non riesco a “mollare”
mi sembro “aggrappato” a questa donna per un filo sottile come una ragnatela.
Filo che io non riesco a spezzare…
…ma forse anche lei non riesce a “scrollare”.

Mi farò ancora più male alla fine… (???)
non lo so…ora mi sento questo. Di starle ancora accanto. Sento ancora amore.

Pandaniels 

Stamane ho avuto uno “scatto”…ho litigato con lei (anzi più che altro io urlo le chiedo motivazioni…e lei ascolta e non sa rispondere)
Ho scoperto che il suo “amante” le manda messaggi d’amore con desiderio sessuale…non ho retto. (Mea cupla)
Inizio a pensare che la convivenza civile tra separati in appartamento è impossibile.
Io poi sto sempre lì a “sbavarle” dietro sperando in un suo “ritorno”…
Vivendola quotidianamente, non me ne faccio una ragione.
Alla fine della lite mi ha ribadito che è meglio se ci separiamo temporaneamente.
Ma perchè devo andar via io???

Pandaniels

no… non devi essere tu ad andartene …
Piuttosto che decidere chi deve andarsene, io la metterei su chi deve restare:
e per me è tra i due quello che meglio può essere genitore dei vostri figli.
I figli sono gli unici ad avere il diritto di continuare a vivere li, con almeno
un genitore presente.

Da quello che so, spesso la legge attribuisce la responsabilità di genitore alla madre.
Non è detto però che sia sempre la scelta “giusta” …

AlanR

Da ieri sera inizio a star meglio, a soffrire meno.
Me ne sono reso conto nel momento in cui ho scoperto l’ennesimo sms del suo “amante”… Per la prima volta non ho “reagito” non ho avuto attacchi d’ira verso di lei, non ho fatto “scenate” di gelosia…
La cosa mi è scivolata via come nulla fosse… L’ho ignorata.

Non so cosa mi è successo o mi sta succedendo ma inizio a guardare le cose sotto una luce diversa.
Nel fine settimana sono stato da solo con due dei figli, li ho portati al mare, sono stato, anzi siamo stati, benissimo.
Alla sera rientrando in casa un po’ d’ansia…di agitazione al pensiero che l’avrei rivista…Ora coabitare mi provoca un certo nervosismo, o ansia…non saprei.

AlaN in altri post parlava delle “meraviglie” che la vita quotidianamente può riservarci…
è incredibile, stamane in treno alzandomi per scendere ho avuto il piacere il bisogno (boh?) di salutare due ragazze che mi sedevano di fronte. Augurare a due sconosciute la buona giornata…una “stranezza” che ho sentito di fare e che mi ha fatto star bene. Per me questa è stata una meraviglia della giornata.
Forse inizio a cogliere che quello che sto vivendo sia veramente una opportunità per me, per la mia vita, per conoscere e riscoprire me stesso.

Buon proseguimento a tutti

Pandaniels

Sto smettendo di soffrire.
Ma inizio ad essere molto confuso.
Convivendo con lei mi rendo conto che lei non è più la stessa (e probabilmente anche io non sono e non sarò quello di prima). Son caduti i “veli” che avevo davanti. Ora inizia la confusione, la paura…
E’ veramente lei quella che voglio?
Se 15/20 gg fa… ero disposto a lottare con i denti per questa relazione…oggi no, non ne sono più così sicuro.
Ho paura (sarà paura questa…?) di “disamorarmi” di lei.

Pandaniels

Tra ieri sera e stamane ho avuto una ricaduta. Era inevitabile (credo) che avvenisse…
Lei ha dormito insieme a me, nel nostro letto (solo dormire)
Io l’ho coccolata…non ho resistito…lei ha accettato le mie coccole. Le coccole fatte a lei, sono state una calda carezza per il mio cuore… Una sensazione che mi si è risvegliata e che era oramai del passato…ma penso che mi farà male nei prossimi giorni. Ma lo sentivo, l’ho voluto fare.
Ora comunque sento veramente di essere per lei “un fratello”.
Lei in questo momento è debole e la sua debolezza è la cosa che mi rende debole e mi riavvicina a lei (perchè?) Forse io da sempre sono innamorato della sua fragilità, della sua debolezza…può essere?
il suo stato d’animo è ora mutato perchè in questo momento l’altro si sta “tirando indietro”. Così lei che ha lottato contro mille avversità (me, la nostra famiglia, i suoi genitori…lei stessa…) per cercare di riprenderselo ora si sente “tradita” delusa… Ed io mi sento un sopramobile accantonato di cui lei non sa che farsene.
Potrebbe anche essere che il rapporto si recuperi, col tempo…ma io sarò stato “la ruota di scorta”
Sono confusissimo…e (forse) sempre innamorato.
Pandaniels 

Ti sembrerà drastico il mio pensiero, ma io credo questo (in base a quello che tu mi dici):
tu la rivuoi vicino a te e che tu ne sia cosciente o meno, faresti qualunque cosa per questo: fai attenzione
perchè il confine tra amore e attaccamento non è disegnato su nessuna mappa!
lei desidera ricevere: in fondo, non è molto importante da chi..
La soluzione sta non tanto in ciò che si desidera, ma in ciò che c’è veramente bisogno:
in altre parole, la soluzione sta nella soluzione e non nel desiderio di palliativi alla stessa.

Lei ha bisogno di stare da sola, senza coccole, senza supporto, senza niente che non venga
che da se stessa: gli chiarirebbe le idee su ciò che vuole veramente per la sua vita.
Tu hai bisogno di sentire se c’è ancora amore nei suoi confronti o se è attaccamento:
sicuramente non arrivi a questo dando tutto ciò che lei, in modo evidente o meno, chiede.

L’unico modo di stare insieme con Amore, è amarvi: RECIPROCAMENTE.
Se solo uno dei due non ama, la relazione non è “in amore”.
Una relazione che non è “in amore” può andare avanti anche tutta la vita:
ma dove sta la felicità ?
Solitamente, nei casi più “fortunati”, non dura tutta la vita: dura il tempo che, ad esempio,
chi dei due ha tradito tradisce di nuovo, e l’altro capisce che un rapporto così non lo vuole.
Di fatto dura quanto è la pazienza e il non amore per se stesso di chi ama e non è amato.
Questo se la relazione non è ” in amore”.

Mi ripeto ad oltranza: i figli in tutto questo devono subire il meno possibile.
Capisco il tuo “forse” attaccamento. Capisco anche il suo “voglio…da altri, non importa da chi”.
Cercate invece voi due di capire che avete un dovere comune (se non l’hai ancora fatto, parlagliene):
avete la crescita di due vite a VOSTRA completa RESPONSABILITÀ.
Se c’e’ o meno (ancora) amore reciproco non dipende (e non è colpa) dei figli.

Io sono figlio di divorziati… so cosa vuol dire per un bambino quando i genitori fanno i bambini (chiedono,
chiedono, chiedono), o quando fanno gli adulti (prendono, prendono, prendono) dimenticando di
fare i genitori (dare, dare, dare).

Auguro a tutti una buona giornata, piena di meraviglie e di consapevolezza per poterle cogliere.
AlanR

Non m’ama me l’ha ribadito questa notte.
E guarda caso l’amante è ritornato “alla carica”.
Sono distrutto.
Le ho rivomitato addosso di tutto stanotte. Poi ho pianto e le ho pianto davanti
E ancora piango stamane, con lei in casa e figli he mi vedono sconvolto.
E’ una caduta senza fine…tocchi il fondo o quello che pensi sia il fondo…no c’è ancora del peggio da sperimentare da sentire.
Sono ricaduto. Di brutto!
Probabilmente nel momento in cui lui s’era tirato indietro mi sono illuso e creato forti aspettative di ricostruzione. Vane.

Pandaniels

Ciao Pandaniels,
mi dispiace vederti in balia delle emozioni e degli eventi.

Anche se questo non ti consolerà di certo, credo che sia una fase abbastanza normale.
Ognuno di noi gestisce il dolore e questa fase di crisi in modo differente e nessuno è sbagliato.
E’ semplicemente diverso.

Anche io come te sono andata su e giù per le montagne russe, seguendo i suoi cambi d’umore e di “sentire”.
Oggi probabilmente non lo farei più ma oggi io sono molto diversa.
E paradossalmente lo sono proprio per quel prcorso tormentoso e tormentato che ho compiuto.
Il mio psicoterapeuta dice che non sono più la piccola fragile, bisognosa di protezione: dirlo equivarrebbe a rinnegare tutto ciò che ho fatto in questo tempo, tutte le mie conquiste.

Anche riuscire ad accettare i propri limiti, come l’incapacità ora come ora di saper gestire le tue emozioni o il poter prendere una decisione definitiva è un passo verso la crescita e l’accettazione di se.
Evidentemente in questo momento non hai i mezzi e le capacità di agire diversamente.

Cercare di comprendere cosa ti tiene fermo e così dipendente da lei e dai suoi cambi di umore, è l’unico consiglio che mi sento di darti.
Andare, restare o qualunque altra soluzione sono valide solo rispetto a te ed al tuo vissuto.

Un abbraccio

Zebretta 

Quando “mi ascolto” ancora non sono freddo e razionale. Penso a lei e penso soprattutto al bene dei figli…insomma penso a tutti meno che a me.
E’ come per senso di responsabilità…o viceversa come se provassi “sensi di colpa” se pensassi per me.
Sono stato “costruito” male… “gli altri prima di me…” è ancora troppo radicato in me, anche se gli ‘altri’ qui sono parte di me (figli) …

Pandaniels

Ciao Pandaniels,
comprendo perfettamente la tua confusione e la tua indecisione.
Di certo non stai vivendo una situazione piacevole, nè semplice, neppure immediata da risolvere, e condivido pienamente con chi ti ha detto che qualsiasi scelta deve essere sentita ed è strettamente legata al tuo vissuto, al tuo modo di essere, a quello che cerchi ed a molto altro. Ma riguarda te; le strategie generalizzanti non credo servano a qualcosa.

So che sembra difficile tutto in questo momento, anche capire forse realmente quello che vuoi. Allora significa che ti serve più tempo.
E a volte il tempo non è utile solo per dimenticare, ma anche per arrivare a comprendere meglio quale strada sia più giusta per noi.
Quando si è coinvolti ed in crisi non sempre è semplice ascoltarsi in profondità e nemmeno seguire ciò che si sente, nel caso in cui si sentisse chiaramente.

Vorrei solo dirti che il dono più bello che puoi fare ai tuoi figli è la conquista della tua serenità, comunque deciderai di raggiungerla.
Loro saranno nutriti per sempre dal tuo benessere e dal tuo sapere od imparare a compiere scelte consapevoli.
Certo, ai figli non servono dei genitori pseudo perfetti, tutte le persone sbagliano e soffrono in alcuni momenti e per loro è necessario anche apprendere che questo fa parte della vita.
Ma lavorando per te stesso, oltre che a fare del bene a te, insegnerai loro che l’importante è, anche nel dolore, sapersi e volersi rialzare sempre e rincorrere sempre la propria serenità, ascoltando se stessi il più possibile.

E se adesso non ci riesci come vorresti, vuol dire che ora puoi fare del tuo meglio con le risorse che hai a disposizione.
Stai male, ma sicuramente ne hai a disposizione più di quanto pensi.
Io ho imparato che si può sempre fare qualcosa per sè, anche se ogni volta è diverso, ed anche se talvolta si fa di più mentre altre volte si è in grado di fare meno.

Un abbraccio fortissimo di incoraggiamento
Yana

La cosa che mi fa più male: è un treno in corsa, passa oltre e va per la sua strada. (Questa è la mia percezione)
Le ho detto chiaramente o lui o me.
Lei non ha la “forza” (lucidità…?) per prendere una decisione. Così è veramente disumano, lei afferma con naturalezza che il matrimonio è finito.
La mia intenzione a questo punto è quella di intraprendere un “percorso” che porti ad una separazione consensuale.
Iniziare a dire:
– consensualmente decidiamo che io vada via di casa -non abbandono…- in attesa di una sentenza giudiziale,
– per le spese da ora in poi ci regoleremo così…x provvedo io y provvedi tu.
Definire delle regole di vita da separati, visto che di fatto io per lei non sono più suo marito.
Instaurare un regime di “separazione” di fatto, e contestualmente iniziare a prendere contatto con uno ( o due) avvocati che ci seguano.
Cosa ne pensate?

Pandaniels

A volte partiamo dal presupposto che gli altri si comportino in modo tale solo per colpirci o per mancanza di discernimento.
E’ indubbio che alcune scelte siano poco consone e che comportino dolore per noi ma ciascuno di noi, anche chi ci fa del male, agisce secondo una sua logica e ha delle motivazioni.
Possiamo non condividerle ma esistono.

Se osserviamo la situazione dal punto di vista di Pandaniels non possiamo che sentire e quasi vivere, o come nel mio caso, rivivere il suo dolore.
Eppure, per quante responsabilità possa avere sua moglie(e indubbiamente ne ha), non riesco ad immaginare una madre che spontaneamente lascia i propri figli per vivere una relazione, adultera per giunta.

E volendo essere sinceri fino in fondo, se lo facesse, oggi saremmo qui a discutere di quanto poco ama questi stessi figli, di quanta leggerezza ed irresponsabilità si potrebbe intravedere in una simile scelta.

Le separazioni sono sempre dolorose e sempre condivisibili nelle responsabilità, anche se in proporzioni diverse.
Possiamo decidere di instaurare la guerra dei Roses ma cosa cambia di fatto?
Nulla. Se una storia è finita è finita a prescindere dal modo in cui ci si lascia.

Chiudere, semplicemente, almeno dal mio punto di vista, è un atto di amore verso se stessi perchè è il solo modo che consente di spezzare un legame che altrimenti viene alimentato in modo perverso tramite l’odio, la ripicca e la vendetta.

Diventa una scelta ancora più importante quando non è possibile smettere di vedersi, come in questo caso, e ci sono dei bambini che saranno sempre un legame e che subiranno le conseguenze delle nostre decisioni.
Purtroppo qualcuno deve lasciare la casa coniugale ma forse questa scelta, più che essere basata sulla rabbia(umana e comprensibile) andrebbe basata su cosa è meglio per i figli.

Credo che una chiacchierata, anche solo informale con un avvocato sia più che consigliabile.
La separazione in presenza di figli è rigidamente regolata ed ha dei vincoli.
E’ bene essere a conoscenza dei propri diritti e dei propri doveri.
Questo per tutelarsi meglio e per tutelare anche la serenità dei bambini.

Se la separazione è consensuale e si è d’accordo sulle modalità di condivisione delle spese e dei doveri in generali di entrambi i coniugi può bastare un solo avvocato ( è anche un risparmio), altrimenti è necessario sceglierne due diversi.

Qualunque cosa tu scelga, Pandaniels, è importante che tu la senta davvero dentro di te.
Se senti il bisogno di “regolamentare” questa separazione vuol dire che è giunto il momento di muoversi in questa direzione.

Ti sono vicina.
Un abbraccio

Zebretta

 

Zebretta dice “Se una storia è finita è finita a prescindere dal modo in cui ci si lascia”….il modo fa la differenza eccome.
Certo che vivere in un contesto simile abbassa il morale, oltre ad intaccare il cuore, intacca l’autostima, la fiducia nel prossimo.
Come si fa a non essere arrabbiati? a non volere la guerra? a non volere vendetta?
Spezzare il legame è giusto, e farlo rispettando i propri principi ed i propri valori è altrettanto giusto….non si può sempre porgere l’altra guancia.
questa è la mia opinione.

Stella7

Ciao Stella,
sono d’accordo con te: il modo in cui ci si lascia fa una grande differenza.
E’ giusto non porgere l’altra guancia, o almeno non quando questo lede la nostra dignità ed i nostri diritti.
Altro, secondo me, è instaurare una guerra che in quanto tale ha lo scopo di ferire.

Parlando di dipendenza abbiamo sottolineato più volte quanto anche questo tipo di atteggiamento contribuisca a mantenere in vita un legame, anche quando il rapporto è ormai compromesso.

Comprendo profondamente la voglia di ribellarsi, di punire chi ci ha ferito, persino arrivando a pensare di ripagarlo con la stessa moneta o anche di più: è umano.
Ma questo non toglie nulla al nostro dolore, non ci ripaga dell’ingiustizia subita.
Far valere i propri diritti non equivale a dimenticarsi dei propri doveri: in primis verso se stessi e, come in questo caso,anche verso i figli.
Non è facile, ma noi che siamo qui a valutare e verificare ogni giorno quanto le scelte dei nostri genitori abbiano influenzato ed ancora influenzino le nostre vite, non possiamo non tener conto di quale impatto certe scelte, anche se umanamente ed emotivamente più che comprensibili, possono avere.

So che questo suona banale ma in fondo la vita è una sola: possiamo passare il tempo a decidere di far scontare agli altri i torti che ci hanno fatto subire oppure possiamo impiegarlo per ricostruire noi stessi.

Un abbraccio

Zebretta

condivido pienamente “le scelte dei nostri genitori abbiano influenzato ed ancora influenzino le nostre vite, non possiamo non tener conto di quale impatto certe scelte” e di quanto impattano i modi di scegliere un cambiamento e di viverlo.
Pandaniels ora si deve impegnare su se stesso per trovare la forza di supportare i figli, aspettare che lei rinsavisca è frustrante e di certo non rigenerante.

Non posso dire consigliare su cosa fare, ma l’unica cosa che mi sento di dire è che non è più ora di aspettare un cambiamento. E’ un aspettativa troppo rischiosa da tenere.
un caro saluto

Stella7
Continuando in questa convivenza sto perdendo la lucidità e le discussioni iniziano ad affiorare troppo spesso per non turbare i bambini.
Non sono il compagno forte che il mio psicologo auspicava per un eventuale “recupero” del rapporto.
Sto mollando ora dopo ora giorno dopo giorno.
Non si può diventare quello che non si è.
Non accetto questa sua “ribellione” questo suo voler viversi la sua vita ora. Come è diventata ora lei e come si comporta ora lei, mi fa male (anche se so che non è nelle sue intenzioni, come dice anche zebretta: si fanno cose secondo una logica)
In questo momento quello che sento/penso è che potrei per me e per i miei figli essere migliore separandomi da lei.
Sacrificio che costa ma che penso porterà frutti al mio e al benessere dei figli.

zebretta ha scritto: Parlando di dipendenza abbiamo sottolineato più volte quanto anche questo tipo di atteggiamento contribuisca a mantenere in vita un legame, anche quando il rapporto è ormai compromesso. 

Potresti approfondire?
Io sento che molto del mio amore in questo momento è dipendenza da lei. Non sono forte abbastanza, non amo me stesso abbastanza da essermi “aggrappato” a lei ora.

Riguardo la separazione nel mio caso non è per rabbia che la intraprendo nè sul piano della ripicca la voglio basare.
E soltanto che in questo momento in cui lei mi ribadisce che “è finita”, la vedo come unica possibilità per uscirne sani, anzi con meno ferite e meno danneggiati, io e i tre bimbi.

Grazie a voi tutti della vicinanza.

Pandaniels 

zebretta ha scritto: Parlando di dipendenza abbiamo sottolineato più volte quanto anche questo tipo di atteggiamento contribuisca a mantenere in vita un legame, anche quando il rapporto è ormai compromesso.

Mi riferivo al fatto che quando non ci sentiamo abbastanza forti da staccarci da un rapporto (i motivi possono essere i più diversi) ma questo rapporto non è più proficuo per la coppia, a volte instauriamo delle dinamiche diverse per continuare ad alimentare comunque il legame che ci spaventa spezzare.

Coltivare odio, rabbia e scagliarsi in una guerra senza fine è un modo per mantenere in vita un legame, per alimentare il filo che ci tiene legati ad una persona.
Esistono tanti modi diversi per mantenere in vita un legame e sono tutti moti inconsci che è abbastanza difficile cogliere, almeno all’inizio.

Giustifichiamo quello che sentiamo e facciamo nei modi più disparati me credo che se una persona o una storia sono davvero terminati nel nostro cuore, allora ciò che desideriamo è solo pace e serenità.

Questo momento è molto delicato per te ed è più che normale che tu avverta dentro di te tante emozioni diverse: rabbia, dolore, tristezza, senso di impotenza e anche difficoltà a staccarsi.

Quando ci si sposa si attua un progetto di vita e rendersi conto che il progetto è naufragato comporta uno sforzo considerevole.
Non so in che senso tu ritenga di essere dipendente: pensi che non sia solo amore ma paura di restare solo?

Il fatto che, seppure nella difficoltà oggettiva della situazione, tu abbia valutato che separarti da lei adesso ti può rendere un padre ed un uomo migliore, a me pare un pensiero molto sano e positivo.
Che, per il poco che so io di dipendenza, non potrebbe essere presente, specie in tempi così brevi.

Poi non so a quali aspetti specifici ti riferisci.
Ma smarrimento e difficoltà ora mi sembrano normali.
Sarebbe diverso, credo, se diventassero persistenti e se tu non sentissi nessuno stimolo ad uscire da questa situazione.
Un abbraccio Zebretta

“ Coltivare odio, rabbia e scagliarsi in una guerra senza fine è un modo per mantenere in vita un legame, per alimentare il filo che ci tiene legati ad una persona. 
Esistono tanti modi diversi per mantenere in vita un legame e sono tutti moti inconsci che è abbastanza difficile cogliere, almeno all’inizio. 

Quando ci si sposa si attua un progetto di vita e rendersi conto che il progetto è naufragato comporta uno sforzo considerevole 

Queste due frasi sono per me la descrizione di quello che sto vivendo.
Il matrimonio.
Chissà forse è questa parola così definitiva che mette angoscia quando finisce.
IL PROGETTO.
Noi ci abbiamo creduto ed è dura dire: è stato un errore.
Anche se un errore non è stato finchè è durato, il fatto che finisca è come se finisse la solidità, la sicurezza di quella promessa, tutti i progetti.
Si fa di tutto per tenerlo in vita.
La guerra che ci si fa non è contro l’altro ma è contro il fallimento.

Troppoingenua

zebretta ha scritto: 
Non so in che senso tu ritenga di essere dipendente: pensi che non sia solo amore ma paura di restare solo? 

Non è paura di restare solo perchè in questi mesi mi è capitato di ri-apprezzare il piacere di essere soli, soli con se stessi con i propri pensieri.
Temo sia una dipendenza fisica (non necessariamente sessuale, ma anche di coccole, di carezze, di contatti, di massaggi)
Lei è stata la mia prima e unica donna. Credo sia la paura di non poter avere nessun altro rapporto, anzi direi proprio contatto ‘confidenziale’ con altre donne.
Pandaniels

Ciao Pandaniels e ciao tutti,
io credo che la paura di non riuscire ad avere un altro rapporto intenso e soddisfacente sia in generale un pò avere paura di restare soli, ma..
C’è la paura intrinseca al nostro modo di vivere in generale e la paura, normalissima, che si sperimenta in alcune vicissitudini e che può essere momentanea e comprensibile, se non addirittura funzionale.
Pandaniels, io credo che in una fase del genere sia normale provare le emozioni e le sensazioni (a volte discordanti) che stai provando tu.
Insomma, non per forza si hanno problemi affettivi invalidanti o distruttivi solo perchè a fronte di una separazione (difficilissima da affrontare per chiunque) si sta male.
E’ normale.
Non saresti di questo mondo se riuscissi in un battibaleno a superare la crisi e tutto ciò che comporta.

Forse non dovresti pretendere troppo da te stesso, ma comprenderti e comprendere che sei un momento difficile e che stai reagendo con un pò di fragilità e confusione, come è normale che sia, secondo me.

Non intendo dire che tu debba essere per forza forte interiormente e che tu non possa avere difficoltà affettive, ma solo che la cosa non è automatica solo perchè in questo frangente hai delle difficoltà.
Comunque, per qualsiasi motivo tu ti senta combattuto, o fragile, o in difficoltà, credo che in casi come questi, specialmente per via della presenza di figli, chiedere un supporto ad un professionista (avvocato) possa essere utile.
Quantomeno, anche se si continua a stare male (è fisiologico per un certo periodo), ci si tutela e si tutelano i propri figli.
Yana

Ancora qui.
Ancora a raccontare di dolore provato di rabbia e di ira scagliata contro di lei.
Sabato da solo son stato bene,
ieri invece mi propone una passeggiata insieme, io e lei…da amici.
Non resisto “alla tentazione”. Accetto.
E’ tempo di saldi si compra un bel vestito, mi coinvolge nella scelta (“ti piace”, “come mi sta?”)
Alla sera scopro che manda sms all'”amico-amante” dicendole dell’acquisto che non vedeva l’ora di mostrarglielo.
Ma perchè continuo a controllare il suo cellulare? Perchè continuo frequentarla e a cadere nella tentazione dei suoi inviti…
Durante l’uscita mi confessa che ora tra me e lui, lei si sente più “presa” da lui, ma che non è una “storia di sesso” (io non ci credo, con quello che gli scrive negli sms poi…), che cmq io non mi devo trascurare (come ho fatto in passato) che questo dovrebbe essere da stimolo per me, per noi, per la nostra storia…(insomma capisco che forse potrei “riconquistarla”…)
Ma poi l’sms a lui… Lei che cmq dice che per star bene tutti e due dovremmo separarci.
Io sto impazzendo, ma nel vero senso del termine.
Pandaniels

“La libertà di un individuo incontra un limite nella libertà di un altro individuo”.
Questo è fondamentale.
Il groviglio di sentimenti, di situazioni che si vengono a creare in un momento di crisi portano veramente sull’orlo della perdita della sanità mentale.

Io capisco perfettamente quello che sta provando pandaniels.

A un certo punto uno dei due viaggia da sè ma il problema è che spesso vuole tenere il piede in due scarpe come uno di quei figli adulti che vogliono evadere ma non vogliono lasciare il nido sicuro.

Io penso che nonostante il desiderio di libertà di chi se ne va o se ne vuole andare che io posso anche capire l’amore, la relazione è fatta anche di responsabilità verso l’altro perchè la storia è stata comunque di tutti e due.
Se l’amore finisce bisogna prima di tutto trovare le radici profonde di questa fine, parlarne con l’altro, non scappare.

Si potrà forse essere anche più felici andandosene sapendo di essere stati leali, sinceri e umani perchè non c’è bisogno di essere crudeli per strappare i legami.

Troppoingenua
Dopo mesi ritorno e riscrivo.
Da un mese non vivo più in casa.
Ho fallito (forse) non sono stato l’uomo forte capace di restare cmq in casa.

Scelta travagliata ma ponderata e valutata.
E’ il male minore (ma che male…soprattutto la domenica sera quando riporto i figli a casa – la mia ex casa- dalla madre)
Sto nella fase dell’odio verso di lei, verso colei che (ritengo) abbia distrutto quanto costruito…ma nel frattempo, il mio sguardo inizia a volgersi altrove.
Ora tanta tristezza e preoccupazione per il futuro dei figli.
L’amore è finito anche per me.
Buona serata.

Pandaniels

 

Anche io ho passato un bruttissimo momento con mio marito, un momento troppo lungo e troppo doloroso.
Sono ancora sposata con lui. Siamo “marito e moglie”. So di provare ancora amore, anche se molto diverso di anni prima. Provo una nostalgia pungente per quello che é stato e che a volte penso sia impossibile provare ancora. Devo dire che ho pensato di lasciarlo molte volte in questi ultimi anni. Glielo pure detto, diverse volte, ma penso invece che passerò con lui tutti i nostri giorni.
Facendo tutte le dovute considerazioni, quella basilare, per me, é solo una: in un rapporto a due bisogna comunicare e bisogna farlo in due. In verità, posso dire che ho sempre cercato di farlo. Ho sempre cercato di analizzare quello che accadeva tra noi……….., ma mio marito si chiudeva sempre più in se stesso. Forse per vergogna, forse per dimenticare l’accaduto, forse per prepotenza e un bisogno disperato di tenersi a galla.
In ogni modo spero che ognuno di noi possa trovare il proprio equilibrio e la propria serenità per godere a piene mani della vita.

Ro.sy50

 

Ciao ro.sy50,
grazie del tuo intervento.
L’amore tra marito e moglie a parer mio è inevitabile che cambi e si trasformi nel tempo. Riuscire a capire dove vi/ci sta portando e continuare a condividerlo -penso nel mio piccolo- sia il modo per alimentarlo.
In passato anche a me per la mente è passato quel pensiero:
” … e se lasciassi tutto…”
Come tuo marito …si “rimane a galla”, si va avanti, il sorriso di un figlio ti da ancora la forza e recuperi un po’… e vivi con la fiducia che domani ci saranno nuovamente emozioni di amore con la tua compagna.

Certo se manca la comunicazione -come è accaduto a noi- è difficile decodificare dove sta evolvendo l’amore di coppia
Io ho decodificato troppo tardi (tardi per lei -scusate la precisazione-).
Peccato.
Io mi sono aperto molto in questi mesi… ma lei è rimasta nella sua “chiusura”. Credo che ancora oggi lei non comunichi molto con me…
Tanta tristezza e rimpianto per quello che poteva essere.
Mi son domandato e mi domando se i “forti” siamo noi che tentiamo di rimanere nel rapporto (e “tenere in piedi la famiglia”) o son loro che “hanno la forza” di dare il taglio.
La risposta che sento dentro di me (presuntuoso?) è che io e quelli come me siamo quelli “forti”
Sicuramente mia moglie se si ponesse questa domanda risponderebbe il contrario.
Ma credo che la risposta giusta è che non ci sono “forti” e “deboli”, ci sono persone che hanno sentimenti che li hanno portati a fare scelte.

Pandaniels

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

CAMBIARE IL PARTNER

Un uomo e una donna sedevano presso una finestra che si apriva sulla primavera. Sedevano vicini l’uno all’altra. E la donna disse: “Ti amo. Sei bello, e ricco, e indossi sempre begli abiti”.

E l’uomo disse: “Ti amo. Sei un pensiero meraviglioso, sei una cosa troppo preziosa per tenerla nella mano, sei una canzone nei miei sogni”.

Ma la donna distolse il volto, incollerita, e disse: “Lasciami, te ne prego. Non sono un pensiero, e non sono una cosa che passa nei tuoi sogni. Sono una donna. Voglio che mi desideri come moglie, come madre dei bimbi che un giorno avremo”.

E si separarono.

E l’uomo disse: “Ecco che un altro sogno si dissolve in nebbia”.

E la donna disse: “Che farsene di un uomo che mi trasforma in nebbia e sogno?” (Gibran)

 

Una premessa è d’obbligo. Generalmente si ritiene che la coppia sia fondata su una diade, l’Io ed il Tu. Niente di più errato. La coppia nasce da una diade, ma per sopravvivere nel tempo necessita di evolversi in una triade: l’Io, il Tu ed il Noi. Il Noi è la relazione stessa, inteso come spazio di condivisione e progettualità reciproca. Senza di esso la diade o diventa una monade fusionale o permane in una dualità senza nessun fine.

Molti di noi vorrebbero cambiare i comportamenti del partner, ma è possibile?
Ritengo che possiamo cambiare il partner solo in qualche suo atteggiamento. Anzi se ci ostiniamo a volerlo cambiare otterremmo il solo risultato di farlo sentire poco capito, poco apprezzato e poco amato.
Semmai il cercare di cambiare il partner nasconde una problematica di tipo relazionale che non si vuole riconoscere. A volte questa ostinazione nasconde una vera dipendenza affettiva, non si riesce a vedere il partner per quello che è realmente, ma per quello che potrebbe essere, se accettasse di essere cambiato da noi. La psichiatra Marta Selvin Palazzoli usa il termine Ibris a denotare l’assurda, sconsiderata, inutile presunzione di farcela. A questo punto, soggetto del cambiamento non deve essere il partner ma la relazione stessa, salvando così, l’unicità e l’individualità dei componenti della stessa. Ed intervenendo sulla relazione si crea un processo circolare foriero di quei cambiamenti del partner che si desiderano, oltre ad avere un cambiamento anche su noi stessi. Il processo circolare è del tipo: cambia la relazione, cambiamo noi, cambia il partner, cambia la relazione.
Vorrei citare al riguardo un brano di Gibran: 
“L’amore, come un corso d’acqua, deve essere in continuo movimento. Ma che cosa accade alla maggioranza delle coppie? Credono che le acque del fiume scorrano per sempre, e non se ne preoccupano più. Poi arriva l’inverno, e le acque gelano. Solo allora comprendono che niente, in questa vita, è assolutamente garantito.”
Facciamo in modo che la nostra relazione non geli e non diventi qualcosa di assolutamente garantito.

Ma come s’interviene sulla relazione e quindi sul NOI. Migliorando la comunicazione all’interno del processo relazionale. Spesso ci si lamenta che il proprio partner presta poca attenzione alle nostre esigenze , ai nostri discorsi, alle nostre richieste, a differenza di ciò che facciamo noi. Ma siamo proprio sicuri che noi gli prestiamo quell’attenzione e quell’ascolto che noi vorremmo a nostra volta. Miglioriamo la comunicazione, in tal senso. Passiamo ad un’autentico interesse ed ascolto verso il partner, di tipo empatico. Prestiamogli un’ascolto attento, anche in maniera non verbale, attraverso carezze, sorrisi e quant’altro.
Consideramio il partner come il nostro migliore amico. Confidiamogli sogni, emozioni, progetti, siamo aperti e sinceri . Accettiamo l’altro così come è e non cerchiamo di cambiarlo. A questo proposito ricordiamo l’insegnamento di G.Galilei “Non puoi insegnare nulla ad un’uomo, puoi solo aiutarlo a scoprire ciò che ha dentro di sé”.
Inizialmente il partner rimarrà sorpreso dei nostri nuovi atteggiamenti. Probabilmente si ritirerà sulla difensiva. Noi avremo l’impressione di aver fatto un buco nell’acqua. Ma se avremo pazienza e determinazione, i frutti del cambiamento non tarderanno. E cambieranno tutti e tre i termini della relazione. Noi ed il partner cambieremo, senza grandi stravolgimenti e preservando la nostra individualità, ma soprattutto la relazione sarà cambiata, di quei cambiamenti che desideravamo originariamente nell’altro.
Il vero cambiamento avviene anche quando smettiamo di cercare di cambiare l’altro e cerchiamo di cambiare dentro noi stessi.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

LA SCELTA DEL PARTNER

Un essere umano può amare:

1) Secondo il tipo narcistico (di scelta oggettuale):

  • a) quel che egli stesso è (cioè se stesso),
  • b) quel che egli stesso era,
  • c) quel che egli stesso vorrebbe essere,
  • d) la persona che fu una parte del proprio sé.

2) Secondo il tipo [di scelta oggettuale] “per appoggio”:

  • a) la donna nutrice,
  • b) l’uomo protettivo.

Freud – Introduzione al narcisismo – 1914

In generale, l’uomo ha due oggetti sessuali fondamentali, e la sua esistenza dipende da quale dei due sarà quello al quale resterà fissato. Per ogni uomo i due oggetti sono la donna (la madre, la bambinaia, ecc.) e la propria persona; ne consegue che (la questione) è liberarsi di entrambi senza indugiare troppo né sull’uno né sull’altro. Nunberg e Federn – Dibattiti della Società Psicoanalitica di Vienna 1906-1908 – Bollati Boringhieri

 

La scelta di un partner non è lasciata al nostro libero arbitrio. C’innamoriamo di una persona solo quando incontrandola abbiamo già dentro di noi un immagine idealizzata. Prima costruiamo e poi proettiamo sull’altro. Qundi non amiamo ciò che è, ma ciò che immaginiamo essere.

Ma che cosa costruiamo e proiettiamo ?

Nella scelta del partner noi cerchiamo, principalmente,  qualcosa, di più o meno rimosso, della nostra primaria figura affettiva: madre, padre o altra figura primaria d’accudimento

Nella fase edipica, individuata dalla psicanalisi nella nostra infanzia, inconsciamente, la bambina sceglie come partner il padre ed il bambino la madre. Importante è che questa scelta relazionale sia positiva e soddisfacente, al fine di poter scegliere, da adulti un partner che possegga gli aspetti positivi dei nostri genitori.

Infatti nell’amore noi non vogliamo  solo trovare qualcosa dell’amore originario verso i nostri genitori, ma perseguiamo anche una compensazione di ciò che non abbiamo avuto o di cui ci si è stato privato durante l’infanzia da genitori non attenti alle nostre esigenze affettive, o talvolta addirittura “ostili” o qualche volta anche “cattivi” nei nostri confronti. Conseguentemente chiediamo al nostro amore, in maniera più o meno conscia, di provvedere a riempire i vuoti affettivi del nostro passato o a porre rimedio alle ferite affettive infertici. Alcune volte queste richieste vengono poste come l’altra faccia di una medaglia: cerchiamo di sopperire o guarire lui , per sopperire o guarire noi. Ciò avviene, per esempio, nella codipendenza.

Riepilogando il processo amoroso potrebbe essere rappresentato come l’aspirazione a due possibili desideri, fra loro contrapposti:

  • il primo desiderio è quello ci cercare un soggetto d’amare il più possibile simile alle figure amate della nostra infanzia. Per Freud il marito rapppresenta per la donna un sosituto del padre che le permette di non incorrere nel tabù dell’incesto
  • il secondo desiderio è in antitesi al primo perché cerca un soggetto d’amare che poni riparo alle carenze e ferite inferte dalle primarie figure affettive.

Raggiungere un buon equilibrio fra queste opposti desideri può rendere un amore felice. La mancanza d’equilibrio, invece conduce a diverse soluzioni di compromesso, più o meno dolorose fra le quali la dipendenza affettiva e la codipendenza.

Potremmo sintetizzare il tutto con una metafora. E come se in ogni amore adulto mettessimo in atto un copione cinematografico (affettivo e relazionale) che abbiamo già visto e vissuto ripetutamente nella nostra infanzia, di cui non abbiamo gradito lo svolgimento ed il finale, e speriamo di cambiare quest’ultimi nella nuova storia d’amore. Ma, purtroppo, svolgimento e finale cambiano per pochi, e solo per quelli che avendone consapevolezza non pretendono di cambiarli del tutto, ma solo di modificarli parzialmente.

vedi anche Origine di una Dipendenza Affettiva

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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SUPERARE LE PROBLEMATICHE DI COPPIA

Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione . (A. Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, II, 2, cap. 30, 396)

 

Il rapporto di coppia è una relazione tra due persone che comunicano sulla presunzione di conoscersi più o meno approfonditamente. Ed è proprio questo aspetto, cioè la conoscenza dell’altro l’elemento più critico ed allo stesso tempo significativo della vita a due, che spesso riserva ad entrambi amare sorprese. Infatti, spesso si pensa di conoscere il proprio partner molto bene, salvo poi a scoprire con grande delusione che di questa persona con la quale si può aver vissuto anche a lungo, si aveva una conoscenza piuttosto superficiale, soprattutto se essa (ma a volte sono coinvolti entrambi i componenti la coppia) inconsciamente o magari intenzionalmente ha comunicato ed agito con il preciso scopo di far conoscere al proprio partner la parte migliore di sé, nascondendo volutamente – per non apparire poco desiderabili o peggio ancora vulnerabili – quella parte di sé che non si accetta o che si intende volutamente tenere segreta, o addirittura ignota a se stessi.

Invece importante è la condivisione di ideali, valori, interessi che si possono avere in comune. E’ abbastanza ovvio che sia utile che sin dall’inizio della relazione ci sia un insieme di ideali, valori, interessi in comune che favoriranno il buon prosieguo della relazione stessa. A tal fine non è necessario essere simili, ma non è utile essere totalmente diversi. Uno spazio comune di condivisione è necessario. Se non è presente dall’inizio lo si può costruire insieme. Ma per costruirlo è necessario effettuare una conoscenza approfondita dell’altro da cui poi dipenderà in ultima analisi il buon andamento del rapporto di coppia

Qui di seguito fornisco una serie d’indicazioni che potrebbero essere utili a tutte quelle persone che si frequentano con l’intenzione , il desiderio o la speranza di unirsi stabilmente in un rapporto di coppia.

I suggerimenti che seguono sono regole di buon senso, che costituiscono solo la base per avviare un processo di reciproca e profonda conoscenza, che se da un lato è un ottimo rimedio per non correre il rischio di ritrovarsi a vivere un rapporto di coppia come estranei, dall’altro ci sembra il miglior antidoto per prevenire i mali causati dalla routine, dalla noia, dall’apatia, fondamentale anche per promuovere una buona comunicazione interpersonale all’insegna del rispetto reciproco, della fiducia, della felicità e del benessere della coppia.

Dire “ti amo” in qualsiasi modo:
trovare sempre nell’arco della giornata il tempo e il modo per dire al proprio partner “ti amo”. Può sembrare banale, ma è importantissimo farlo, ovviamente a condizione di sentirlo. Qualsiasi modo va bene (non ci sono limiti alla fantasia): può bastare un fiore, una carezza, un pensiero gentile, una telefonata, una sorpresa o piccole attenzioni, che faranno capire alla persona che amate quanto è importante per voi.

Ma soprattutto l’amore và dimostrato e non solo dichiarato. Comportarsi in maniera coerente rispetto al dire “ti amo” è una strategia salva rapporto di importanza cruciale se si vuole evitare di creare contraddizioni tra quello che viene detto a parole e ciò che viene comunicato con i fatti e le azioni quotidiane. Attenzione, dire al proprio partner “ti amo” e poi non essere presenti nei momenti importanti e nelle decisioni che contano nella vita di coppia, equivale a mentire spudoratamente.

Comunicare in maniera chiara e sincera:
in situazioni di divergenza di opinioni, di contrasto e/o di conflitto, è importante confrontarsi serenamente e ascoltare con calma, rispetto ed empatia anche le ragioni e i punti di vista dell’altro senza alcun pregiudizio, e soprattutto con la piena consapevolezza che l’apparente vittoria dell’uno sull’altro equivale in realtà alla sconfitta di entrambi. Se possibile, non lasciar trascorrere più di 24 ore dall’eventuale litigio per cercare di risolvere il problema o di superare al più presto la situazione conflittuale. E’ bene tener presente, inoltre, che i contrasti e i conflitti, peraltro assolutamente normali in una coppia, possono rappresentare un momento di riflessione, di maggiore conoscenza dell’altro, di confronto e, quindi, di crescita e di evoluzione della coppia, ma possono anche trasformarsi, come più spesso facilmente accade per mancanza di intelligenza sociale, in una trappola mortale per il rapporto che rischia di svuotarsi di ogni sentimento e di rimanere soffocato da violenti scontri diretti ad annientare psicologicamente l’altro. Pertanto, quando ci si ritrova in situazioni di esasperato conflitto è importante domandarsi se si vuole costruire un rapporto migliore o si vuole distruggere quello che si è già costruito.

Non avevo ascoltato una sola parola di quello che diceva. Ero troppo impegnato a pensare che cosa avrei detto io. (Hatwke, Il mercoledì delle ceneri.)

Riconoscere i propri sbagli :
sembra facile, ma non è da tutti riuscire a farlo perché riconoscere di aver sbagliato richiede umiltà, coraggio e soprattutto intelligenza sociale ed emotiva. Un comportamento socialmente competente ed emotivamente intelligente prevede una strategia infallibile in tre punti: a) riconoscere i propri sbagli senza mezzi termini; b) scusarsi sinceramente per l’accaduto; c) impegnarsi a non ripetere lo sbaglio commesso. Le coppie che hanno fatto proprio questo fondamentale principio di comunicazione interpersonale, hanno vita lunga, quelle che invece prediligono giochi pericolosi come “la caccia alle streghe”, “nascondersi dietro un dito” e “il gioco al massacro (è tutta colpa tua se…)” hanno i giorni contati, insieme alla certezza di soffrire.

Imparare a perdonare:
l’amore è anche e forse soprattutto capacità di perdonare. Il perdono è un atto d’amore che appartiene alle persone generose di cuore. Chi non sa perdonare, non può dire di saper veramente amare. Ci sono situazioni in cui il perdono, di per sé difficile da concedere, rappresenta l’unica via d’uscita, da pagare a volte a caro prezzo, ma è un investimento pur sempre conveniente se si tratta di vero amore. In caso contrario, negato il perdono, ci si troverà sicuramente pieni di orgoglio, ma allo stesso tempo più vuoti dentro.

Rinunciare alla perfezione:
ricordarsi che nessuno è perfetto è una regola d’oro spesso dimenticata che, se puntualmente osservata, può evitare inutili tensioni, ansia da prestazione e stress nella coppia. Se non accettiamo i limiti del nostro partner o non tolleriamo i suoi difetti e le sue imperfezioni, con molta probabilità non lo amiamo abbastanza o forse abbiamo (e il ché è ancora più grave) una visione distorta e infantile dell’amore. Questo potrà generare anche aspri conflitti nella relazione, ma a quel punto conviene interrogarsi sulle ragioni di fondo della propria scelta e darsi delle risposte coerenti. Insomma, pretendere la perfezione nel rapporto di coppia o dal proprio partner equivale a chiedere a un cavallo di volare…non sarà mai capace di farlo! Bisognerebbe, invece, imparare ad accettare i propri limiti e quelli altrui e saper essere soprattutto tolleranti per quello che non ci piace in noi o nella persona con la quale si è deciso di condividere un progetto di vita. Non è sicuramente facile, ma è prova di grande maturità e di buon equilibrio interiore.

Esaltare il “senso del noi”:
sembra banale dirlo, ma la coppia è composta da due persone con bisogni, motivazioni, obiettivi, interessi, aspettative e desideri diversi; e fino a quando nella coppia prevarranno interessi personali e forme di egoismo, comunque espresse, non si andrà molto lontano sul difficile cammino della crescita emotiva, dell’amore e della felicità. Questo traguardo, che ogni coppia desidera raggiungere, è invece possibile se i partner sono entrambi capaci di creare da subito quel magico “senso del noi” che è un sentimento profondo, basato sulla condivisione di tutto ciò che crea e rinforza un legame affettivo, e che va alimentato costantemente nel tempo.

Ma come si costruisce il senso del noi ? Innanzitutto con quella complicità, tipica delle coppie molto unite, che pervade anche le piccole cose come i rituali piacevoli e tutti quei momenti emotivamente coinvolgenti che scandiscono il rapporto di coppia, come viaggiare e far vacanza insieme, ritrovarsi a tavola, passeggiare tenendosi per mano, far l’amore, divertirsi, gioire dei momenti di intimità, ma anche affrontando uniti le inevitabili difficoltà della vita, le situazioni di dolore e i momenti di sofferenza, senza dimenticare l’importanza di avere un linguaggio comune che faccia da sfondo al rapporto di coppia, caratterizzandone in modo esclusivo le fasi evolutive.

Questo e molto altro ancora serve a creare il senso del noi, che ovviamente comprende anche le decisioni importanti da prendere insieme per il bene della coppia, come per esempio l’acquisto di una casa, il lavoro, l’educazione dei figli. Insomma, il senso del noi è un potente antidoto allo stress emotivo e relazionale della vita a due, che comporta un “affidarsi reciproco”, ossia una dimensione affettiva che unisce nonostante tutto, e nella quale ognuno si sente protetto da un rassicurante e tranquillizzante noi, capace di creare fiducia reciproca, indispensabile per andare avanti, e di emanare una straordinaria forza ed energia che rinsaldano profondamente il legame, rendendolo inossidabile e invulnerabile alle avversità quotidiane e ai problemi dell’esistenza.

Tener viva la passione:
significa desiderare l’altro e sentirsi fisicamente, sessualmente e emotivamente attratti dall’altro, ma allo stesso tempo rendersi a propria volta sempre desiderabili e attraenti agli occhi del proprio partner. Insieme all’intimità e all’impegno, la passione è un elemento cardine del rapporto di coppia da cui dipende la stabilità relazionale; e forse è anche l’aspetto più difficile da gestire nel tempo. E la difficoltà consiste nel fatto che la passione per sua natura è un fattore che molti considerano legato esclusivamente alla bellezza, all’attrazione fisica, alla corporeità e meno ad elementi più intangibili come il “fascino” che è invece una qualità importantissima che una bella persona è in grado di emanare a prescindere dalla sua età anagrafica. Per mantenere sempre alta la “fiamma” della passione, allora la coppia ha bisogno di evolvere anche sessualmente e di rinnovarsi per riuscire ad essere sempre all’altezza delle aspettative affettive, sessuali ed emotive del partner. Molte coppie commettono invece l’errore fatale di dare tutto per scontato sul piano affettivo e quindi si adagiano, cadono nella routine, pensando che ormai non sia più così importante risultare desiderabili e attraenti agli occhi del proprio compagno con il quale magari si convive già da anni.

Se è vero che invecchiando la bellezza esteriore diminuisce e con essa le prestazioni fisiche e l’esuberanza sessuale, allora è anche vero che coltivare il proprio fascino e la bellezza interiore è un’arte che si può imparare, che forse rimane l’unica, vera arma segreta per mantenere sempre vivo e coinvolgente un rapporto di coppia che permette ai partner di crescere insieme.

Creare intimità nella coppia:
la tenuta di una coppia nel tempo è direttamente proporzionale al grado di intimità che i partner riescono a stabilire tra di loro. L’intimità è uno straordinario collante ancora più forte della passione, ma che per funzionare ha bisogno di essere continuamente alimentato attraverso una fiducia reciproca profonda e incondizionata. Solo su queste basi è possibile rivelarsi completamente all’altro, svelare i propri segreti, mettere a nudo le proprie debolezze o paure senza il timore di apparire fragili, vulnerabili o di essere giudicati per le proprie “zone erronee”. L’intimità, quella vera, richiede soprattutto coraggio ed onestà intellettuale per affermare la propria identità, oltre alla consapevolezza che essa non è mai un punto di partenza, ma un punto di arrivo, un traguardo che si conquista pian piano, giorno dopo giorno nel tempo.

Impegnarsi verso l’altro:
è in assoluto la regola di buon senso più difficile da seguire in un rapporto di coppia. Impegno che vuol dire innanzitutto fedeltà e rispetto per l’altro; nella dimensione psicologica l’impegno assume il significato di fiducia e aiuto fornito al partner per sostenerlo nel suo percorso di autorealizzazione e crescita personale; in ambito affettivo l’impegno sottintende la presenza non solo fisica, ma soprattutto emotiva sia nei momenti belli che in quelli difficili della vita; in ambito professionale, infine, l’impegno per il proprio partner si estrinseca con la disponibilità a cercare insieme occasioni e opportunità che favoriscano il suo successo in ambito lavorativo, magari attraverso una più efficace strategia di valorizzazione delle sue risorse personali, che abbia anche lo scopo di migliorare la sua autostima. Ma perché è così difficile impegnarsi verso l’altro? Forse perché l’impegno richiede sacrificio, rinunce, capacità di donarsi senza pretendere nulla in cambio, impiego di risorse personali a favore dell’altro, altruismo o meglio ancora assenza di egoismo, dedizione. In una parola “amore”, un sentimento davvero grande, capace di raccogliere in sé tutte queste cose che solo chi ama sinceramente riesce a ritrovare con assoluta naturalezza nel suo repertorio comportamentale.

Infine ricordarsi che alla fine di ogni ‘scontro di coppia’ non c’è un vincente ed un perdente. O si vince in due o si perde in due. L’accordo nasce dall’accettazione reciproca dello stesso.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

LA PAUSA DI RIFLESSIONE NELLA COPPIA

Spesso nelle relazioni, qualsiasi tipo di relazioni, in un momento di crisi della relazione stessa uno dei due chiede una pausa di riflessione o entrambi la concordano insieme. Una prima distinzione è legata appunto se è richiesta solo da uno dei due o da entrambi.
– Se è richiesta da uno solo e l’altro la subisce questo, mette in vantaggio chi la richiede e in svantaggio l’altro che non sa che cosa aspettarsi dalla fine di questa pausa. Quest’ultimo potrebbe viverla come una spada di Damocle che pende sulla sua testa.

– Se è concordata da entrambi, è evidente che rappresenta un vantaggio per entrambi. In coppia bisognerebbe sempre cercare un accordo anche sulla pausa di riflessione.

La condizione più importante per valutare vantaggi e svantaggi di una pausa di riflessione è data dal come si vive questo periodo.

– Se la pausa di riflessione è vissuta in modo attivo, vale a dire che si riflette veramente sulla relazione stessa, sulle sue criticità, su come arrivare a un esito finale, allora è sicuramente un vantaggio averla effettuata. Potrebbe rappresentare un momento di crescita affettiva e relazionale per la coppia.

Se la pausa di riflessione è vissuta in modo passivo, vale a dire è un mero trascorrere del tempo, senza nessun tipo di riflessione, alla fine della stessa ci si ritroverà allo stesso punto di partenza e indubbiamente è stato uno svantaggio compierla. Non solo non ha risolto niente ma potrebbe contribuire ad accentuare le problematiche di coppia che ne sono state all’origine.

Quindi le due variabili dell’accordo della coppia sulla pausa stessa e le modalità di viverla rappresentano lo spartiacque fra vantaggi e svantaggi.

Roberto Cavaliere

“Mio caro Friedrich, ho dovuto fare l’esperienza che non c’è davvero nulla di più arduo che amarsi. È un lavoro, un lavoro a giornata, Friedrich, a giornata. Com’è vero Dio, non c’è altro termine. Come se non bastasse, i giovani non sono assolutamente preparati a questa difficoltà dell’amore; di questa relazione estrema e complessa, le convenzioni hanno tentato di fare un rapporto facile e leggero, le hanno conferito l’apparenza di essere alla portata di tutti. Non è così.

L’amore è una cosa difficile, più difficile di altre: negli altri conflitti, infatti, la natura stessa incita l’essere a raccogliersi, a concentrarsi con tutte le sue forze, mentre l’esaltazione dell’amore incita ad abbandonarsi completamente…

… Prendere l’amore sul serio, soffrirlo, impararlo come un lavoro: ecco ciò che è necessario ai giovani. La gente ha frainteso il posto dell’amore nella vita: ne ha fatto un gioco e un divertimento, perché scorgono nel gioco e nel divertimento una felicità maggiore che nel lavoro; ma non esiste felicità più grande del lavoro, e l’amore, per il fatto stesso di essere l’estrema felicità, non può essere altro che lavoro.

Chi ama deve cercare di comportarsi come se fosse di fronte a un grande compito: sovente restare solo, rientrare in se stesso, concentrarsi, tenersi in pugno saldamente; deve lavorare deve diventare qualcosa”.

(Da una lettera del poeta Rainer Maria Rilke ad un giovane amico)

IL PARTNER MANIPOLATORE

La figura del partner manipolatore è ricorrente nelle situazioni di dipendenza affettiva. Tale figura, generalmente, è la persona con cui lega il dipendente affettivo ma, spesso, anche quest’ultimo è manipolatore.

Passiamo a vedere quali sono le caratteristiche del partner manipolatore:

  1. • Tende a sminuire l’altro come persona
  2. • Cerca di sminuire i suoi successi
  3. • Spesso umilia l’altro in pubblico
  4. • Contraddice in continuazione
  5. • Tende a criticare l’aspetto fisico del partner
  6. • Tende a criticare il suo abbigliamento
  7. • In una discussione fa di tutto perché si accetti la sua opinione
  8. • Racconta spesso bugie
  9. • Recita spesso la parte della vittima
  10. • Adula per ottenere ciò che vuole
  11. • Usa nei confronti del partner l’arma della colpevolizzazione
  12. • Tende a delegittimare il partner nel ruolo genitoriale
  13. • Manipola la realtà a suo favore
  14. • Spesso è aggressivo verbalmente (insulti, parolacce, minacce)
  15. • Spesso è’ aggressivo nei comportamenti
  16. • È eccessivamente protettivo
  17. • Controlla ogni azione del partner
  18. • È geloso senza motivo
  19. • Porta la sua gelosia all’estremo
  20. • Cerca di allontanare il partner dalle sue amicizie e parentele
  21. • Cerca di limitare i movimenti esterni del partner
  22. • Boicotta gli interessi personali del partner
  23. • Vuole coinvolgere l’altro nei suoi interessi personali
  24. • Tende a controllare le finanze personali del partner e quelle di coppia
  25. • Tende ad attuare una coercizione sessuale nei confronti del partner (rapporti intimi non desiderati)
  26. • Pressa ad effettuare pratiche sessuali che il partner non approva

 

Tale elenco di caratteristiche del partner manipolatore è lungi dall’essere esaustivo e potrebbe essere completato con caratteristiche specifiche di ogni individuo e/o coppia.

Inoltre il partner manipolatore presenta, generalmente, tali situazioni specifiche del suo passato affettivo e relazionale: –

  1. • E’ stato vittima d’abusi di qualsiasi tipo nell’infanzia
  2. • Ha subito abusi in età adulta
  3. • La relazione tra i suoi genitori era simile a quella che tende ad instaurare col proprio partner
  4. • Ha abusato e/o abusa di alcool, droghe e quant’altro
  5. • Ha un temperamento aggressivo.

In presenza di un partner manipolatore s’innesta nella coppia un meccanismo di reciproco cambiamento. Il partner manipolatore attraverso le sue modalità vuole indurre un cambiamento nell’altro partner. Quest’ultimo, spesso ignaro di tale manipolazione, spera che il partner manipolatore col tempo cambi modalità di relazionarsi. In tale ‘attesa’ subentra un meccanismo d’assefuazione tipico delle relazioni manipolative, per cui in virtù di tale meccanismo si finisce col cambiare.

Roberto Cavaliere