CONSIGLI PER UN BUON RAPPORTO DI COPPIA

“Se due litigano e uno ha un buon cinquantacinque per cento di ragione, benissimo. Non c’è motivo per prendersela. E se uno ha il sessanta per cento di ragione? E’ una meraviglia, una grande felicità. E può ringraziare il Buon Dio! E che dire del settantacinque per cento? I saggi affermano che è molto sospetto. Bene, e il cento per cento? Uno che dice di aver ragione al cento per cento è un violento e un brigante, è l’ultimo dei farabutti”. Czeslaw Milosz, “La mente prigioniera”, Adelphi.

 

Per Lui

  1. Parlale di te, sii spontaneo e sincero, lei lo capirà.
    2. Chiedile di lei, cerca di capire cosa cerca.
    3. Falla ridere!!!
    4. Falle capire che ti piace, con piccoli gesti e parole gentili.
    5. Alterna presenza a momenti di “sparizione”, le farai notare la differenza e niente sarà scontato
    6. Prendila in giro con dolcezza, le piacerà.
    7. Sii galante: al di là dell’autonomia e delle dichirazioni d’indipendenza delle donne di oggi, amano sempre la galanteria.
    8. Rassicurala nei momenti di intimità.
    9. Accettala per quella che è, senza cercare di trasformarla a tuo piacimento
    10. Falle sentire che sei fiero di lei.

NON fare mai:
1. Non aggredirla mai verbalmente.
2. Non essere volgare, né a parole né a gesti.
3. Non fare confronti fra lei e le tue ex.
4. Non dirle “ti amo” dopo pochi giorni.
5. Non essere possessivo, lei non è un oggetto.
6. Non guardare altre donne mentre parli con lei.
7. Non mentirle, se ne accorgerà.
8. Non impedirle di vedere i suoi amici.
9. Non cercare di cambiare i suoi ritmi e le sue abitudini.
10. Non impedirle di coltivare amicizie nuove, evita le critiche ai suoi vecchi amici.

Per Lei

  1. Sii dolce.
    2. Sappi stargli vicino nei momenti di crisi, dimostragli la tua forza.
    3. Accetta le sue insicurezze, fagli capire che ti piacciono anche le sue debolezze.
    4. Ascoltalo, ricevi le sue confidenze, devi essere la sua amica prima di ogni altra cosa.
    5. Fallo ridere.
    6. Alterna la donna alla bambina, lo confonderai, ma gli piacerà.
    7. Stupiscilo con idee ed iniziative originali.
    8. Lasciati guidare, ma sii anche decisa nelle tue scelte.
    9. Sii indipendente, per che non ti consideri un peso ma un valore nella sua vita.
    10. Fagli sentire che per te è il migliore.

NON fare mai:
1. Non chiedergli cosa sta pensando ogni volta che sta in silenzio per un pò..
2. Non pretendere che ti accompagni a fare acquisti.
3. Non lamentarti di tutto solo per essere consolata.
4. Non imporgli i tuoi gusti, lui ha una personalità.
5. Non parlargli dell’intimità vissuta con altri uomini.
6. Non essere volgare, mai.
7. Non contraddirlo con arroganza in pubblico.
8. Non criticarlo gratuitamente.
9. Non parlare male dei suoi amici.
10. Non esserci sempre e comunque, fagli sentire anche la tua mancanza.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

 

L’ARTE DELLA GUERRA NELLA COPPIA

Il famoso ed antico libro “L’arte della guerra” rappresenta un ottimo strumento per relazionarsi all’interno del conflitto di coppia. Ma potrebbe anche essere utile per combattere il nemico interiore. Il leit-motivo della strategia delineata nel libro è: Vincere senza Combattere.

Di seguito riporto i passaggi più significativi per gli scopi suddetti.

 

Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore.

Perciò ottenere cento vittorie in cento battaglie non è prova di suprema abilità. Sottomettere l’esercito nemico senza combattere è prova di suprema abilità.

Affidati alla forma per vincere sul nemico numeroso. E quest’ultimo non riuscirà a capire come hai fatto. Tutti vedono la forma con cui ho vinto, Ma nessuno sa cosa mi porta a decidere la forma della vittoria. Evita di ripetere le tattiche vittoriose del passato, Perché la forma deve essere suggerita dall’infinità varietà delle circostanze.

Il fine del dare forma alle operazioni militari è diventare senza forma. Quando si è senza forma, nemmeno le spie più abili riescono a scoprire nulla e il nemico saggio non avrà elementi per poter preparare i suoi piani.

Ora la forma dell’operazione militare è come quella dell’acqua. L’acqua, quando scorre, fugge le altezze e precipita verso il basso. L’operazione militare vittoriosa evita il pieno e colpisce il vuoto. Come l’acqua adegua il suo movimento al terreno, la vittoria in guerra si consegue adattandosi al nemico. L’abile condottiero non segue uno shih prestabilito e non mantiene una forma immutabile.

Esiste una pianta nelle regioni occidentali chiamata iris perenne. Il suo gambo è alto dodici centimetri, ma poiché cresce in cima ad alte montagne, si sporge su abissi di migliaia di metri.

Arrampicandoti su un’altura per fare segnalazioni, non è che il tuo braccio si allunghi, ma lo si potrà vedere da lontano. Urlando sottovento, non è che la tua voce si intensifichi, ma la si potrà intendere più chiaramente.

Il Serpente che solleva la testa si diverte nelle brume, il Drago Volante cavalca le nubi. Ma quando le nuvole se ne vanno e le brume si dissolvono, Essi non sono differenti dai vermi della terra.

Col termine comando, intendo le qualità di saggezza, rettitudine, di umanità, di coraggio e di severità del generale.

Non può esservi generale, se non conosce i cinque elementi fondamentali. Chi li padroneggia, vince; chi non se ne cura, è annientato.

In quale esercito si dispensano ricompense e punizioni con il metodo più illuminato ?

Sapendo ciò, potrai prevedere quale parte sarà vittoriosa e quale sconfitta.

Fondamentale in tutte le guerre è lo stratagemma.

Quindi, se sei capace, fingi incapacità; se sei attivo, fingi inattività.

Se vuoi attaccare in un punto vicino, simula di dover partire per una lunga marcia; se vuoi attaccare un punto lontano, simula di essere arrivato presso il tuo obbiettivo.

Offri al nemico un’esca per attirarlo; fingi disordine fra le truppe, e colpiscilo.

Quando vedi il nemico pronto, preparati contro di lui; ma evitalo, dove è forte.

Simula inferiorità e incoraggiane l’arroganza.

Tienilo sotto pressione e logoralo.

Quando il nemico è unito, dividilo.

Attacca il nemico dove non è preparato, fai sortite con le truppe quando non se l’aspetta.

Non comunicare a nessuno il tuo schieramento e la strategia che intendi adottare.

Solo valutando tutto esattamente si può vincere, con cattive valutazioni si perde. Quanto esigue sono le probabilità di vittoria di chi non fa alcun calcolo ! Coi principi che ho elencato, io valuto la situazioni: il risultato, allora si definisce da solo.

Ciò che da valore alla guerra, è la vittoria. Quando la guerra dura troppo a lungo, le armi si spuntano e il morale si deprime. Quando le truppe assediano troppo a lungo le città, le loro forze si esauriscono in fretta.

Con le armi spuntate, l’ardore spento, la forza esaurita, il denaro volatilizzato, i vicini potranno avvantaggiarsi delle tue difficoltà e insorgere contro di te. Anche se hai saggi consiglieri, non potranno cambiare la situazione a tuo favore.

Ho visto troppe guerre-lampo condotte male, ma non ho mai saputo di un’operazione militare abile protratta nel a lungo.

Non vi è mai stata una guerra protratta a lungo nel tempo della quale un paese abbia tratto vantaggio.

L’obbiettivo essenziale della guerra è la vittoria, non le operazioni prolungate.

In guerra è meglio conquistare uno Stato intatto. Devastarlo significa ottenere un risultato minore.

Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.

Il generale esperto attacca la strategia del meno esperto. Questa è la prima cosa da fare.

La seconda cosa da fare, è spezzare le alleanze del nemico.

La terza cosa da fare, è attaccare il suo esercito.

Se sei inferiore in tutto al nemico, devi riuscire a sfuggirgli. Se ti ostini a cercare il combattimento sarai fatto prigioniero, perché, per una forza più potente, una forza esigua diventa preda desiderata.

Chi è in grado di distinguere quando è il momento di dare battaglia, e quando non lo è, riuscirà vittorioso.

Chi è in grado di stabilire quando deve usare forze minori, e quando maggiori, riuscirà vittorioso.

Chi è prudente e preparato, e resta in attesa delle mosse del nemico temerario e impreparato, sarà vittorioso.

Perciò dico: “Conosci il nemico come conosci te stesso. Se fari così, anche in mezzo a cento battaglie non ti troverai mai in pericolo”.

Se non conosce il nemico, ma conosci soltanto te stesso, le tue possibilità di vittoria saranno pari alle tue possibilità di sconfitta.

Se non conosci te stesso, né conosci il tuo nemico, sii certo che ogni battaglia sarà per te fonte di pericolo gravissimo.

Un tempo i generali esperti, prima d’ogni cosa cercano di rendersi invincibili, poi aspettavano il momento in cui il nemico era vulnerabile

L’invincibilità, dipende soltanto da noi stesso; la vulnerabilità del nemico dipende soltanto da lui.

Ne consegue che in una guerra un abile generale può rendersi invincibile, pur se non può indurre un nemico a diventare vulnerabile.

Per questo si dice che chi conosce l’Arte della Guerra può prevedere la vittoria, ma non determinarla.

L’invincibilità dipende dalla difesa; la possibilità di vittoria, dall’attacco.

Ci si deve difendere quando le nostre forze sono inferiori; si deve attaccare quando le nostre forze sono molto superiori.

Gli esperti nell’arte della difesa si nascondono come se fossero sotto i nove strati della terra; gli esperti nell’arte dell’attacco si muovono come se fossero in cielo. In questo modo riescono a proteggere se stessi e gli e ottengono una completa vittoria.

Prevedere una vittoria evidente, come chiunque può prevederla, non è vera abilità.

Chi riporta la vittoria in battaglia è riconosciuto da tutti come un generale esperto, ma non è questa la vera abilità. Strappare la pelle d’autunno non richiede forza; distinguere fra il sole e la luna non è difficile per gli occhi; sentire il rumore del tuono non è prova di orecchie fini. -“pelle d’autunno”= riferimento alla pelle del coniglio, che in autunno, ha un manto molto leggero.

I generali d’un tempo, vincevano rendendo facile vincere.

Perciò, le vittorie ottenute dai maestri nell’Arte della Guerra non si distinguono né per l’uso della forza, né per l’audacia.

I loro successi in guerra non dipendono dalla fortuna. Perché per vincere basta non commettere errori. “Non commettere errori”, vuol dire porsi in condizione di vincere con certezza: in questo modo, si sottomette un nemico già vinto.

Perciò, il generale esperto crea situazioni grazie alle quali non potrà essere battuto, e non si lascia sfuggire alcuna occasione di porre in condizioni di inferiorità il nemico.

In tal modo, un esercito vittorioso prima vince, poi dà battaglia; un esercito destinato alla sconfitta prima dà battaglia, poi spera di vincere.

Si attacca con la forza frontale, ma si vince con quelle laterali.

Le possibilità di chi sa impiegare abilmente le forza laterali sono vaste e infinite come il cielo e la terra, inesauribili come le acque di grandi fiumi.

Esse finiscono e ricominciano di nuovo, come il movimento del sole e della luna. Muoiono e rinascono, come le stagioni.

Le note musicali non sono che cinque, ma le loro melodie sono così numerose che nessuno può dire di averle udite tutte.

I colori fondamentali non sono che cinque, ma le loro combinazioni sono così tante che nessuno può immaginarle tutte.

Cinque soltanto sono i sapori, ma le loro mescolanze sono così varie che nessuno può dire di averle gustate tutte.

Le azioni d’attacco in battaglia sono soltanto due: l’attacco frontale ordinario e quello laterale di sorpresa, ma le loro combinazioni sono infinite e nessuno può dire di conoscerle tutte.

Queste due forze si riproducono reciprocamente, e le loro interazioni sono infinite, come gli anelli concatenati. Chi può stabilire dove comincia l’una e l’altra finisce ?

L’acqua torrenziale scorrendo svelle le rocce, grazie alla sua velocità.

Il falco in picchiata spezza in due il corpo della preda, perché colpisce con precisione.

Così la velocità di chi è abile nell’Arte della Guerra è fulminea, e il suo attacco è assolutamente preciso.

La sua forza è quella della balestra tesa al massimo, il suo tempismo come lo scatto del grilletto.

Tumulto e fragore; la battaglia sembra caotica, ma non c’è disordine; le truppe che manovrano ordinatamente, non possono essere vinte.

Ciò che sembra confusione, in realtà è ordine; ciò che sembra viltà è coraggio; la debolezza è forza.

Commento di Tu Mu (803-853 d. C. – Letterato, poeta, funzionario della Core Imperiale) : <Vuol dire che, se uno intende simulare disordine per ingannare il nemico, deve in realtà essere molto ben disciplinato; soltanto così può fingere confusione. Chi desidera apparire debole per rendere il nemico audace e imprudente, deve essere in realtà fortissimo; soltanto così può simulare debolezza. Se si vuol fingere vigliaccheria, per indurre il nemico ad avanzare con vana baldanza. si deve essere molto coraggiosi: soltanto così si può simulare timore.>

Ordine e disordine dipendono dall’organizzazione; coraggio e viltà dalle circostanza; forza e debolezza dallo schieramento.

Il generale esperto induce il nemico a muoversi, e ad assumere un certo schieramento. Lo adesca con qualcosa che il nemico è sicuro di prendere e, attirandolo, con l’illusione di un piccolo vantaggio, lo aspetta in forze.

Chi sa valutare la situazione, adopera i propri uomini in battaglia come se fossero tronchi o pietre, da far rotolare. Per loro natura, tronchi e pietre, sono statici sul terreno piano, ma si muovono su un terreno inclinato. Se hanno forma squadrata rimangono immobili, se rotonda, rotolano.

Così, il potenziale delle truppe abilmente comandate in battaglia può essere paragonato a quesi massi rotondi, che rotolano giù dalla sommità delle montagne. Questa è la forza.

Di solito, chi ha occupato per primo il campo di battaglia e attende il nemico, è riposato; chi invece arriva più tardi e si impegna all’ultimo momento nella battaglia, è affaticato.

Per questo il generale esperto non va, ma fa in modo che sia il nemico a venire: non si lascia condurre da lui.

Per indurre il nemico a muovere, gli si deve prospettare un vantaggio. Per scoraggialo, fargli temere un danno.

Quando il nemico è riposato, devi essere in grado di stancarlo; quando è ben nutrito, di farlo morire di fame; quando è rilassato, di indurlo a muoversi.

Appari in luoghi dove sarà obbligato ad affaticarsi per raggiungerti in fretta; dirigiti rapidamente dove non se lo aspetta.

Puoi marciare anche per mille li senza stancarti, se ti muovi dove il nemico non c’è.

Per essere certo di conquistare la zona dove hai impegnato battaglia, attacca un punto che il nemico non difende. Per essere certo di tenere ciò che difendi, attestati dove il nemico non può attaccare.

L’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi. La difesa migliore è quella che non fa capire dove attaccare.

Muovi con rapidità senza lasciare traccia, quasi fossi evanescente, meravigliosamente misterioso, impercettibile: sarai padrone del destino del nemico.

L’avanzata inarrestabile si getta nei varchi del nemico. La ritirata inafferrabile è data dalla massima velocità.

Se voglio ingaggiare battaglia contro i nemici salgo in difesa dietro alte mura e profondi fossati, attacco un obbiettivo che di sicuro dovrà difendere: così, non potrà evitare di uscire per muovere al contrattacco.

Se invece voglio evitare di ingaggiare battaglia, inganno il nemico con fattori di diversione. Così non muoverà contro di me, neppure se gli indicassi la strada disegnata sul terreno.

Induci il nemico a schierarsi, ma nello stesso tempo tieni l’esercito unito; così le forze saranno concentrate e le sue divise.

Un fronte forte significa una retroguardia debole, una retroguardia debole significa che il fronte è più vulnerabile. Essere forti a sinistra significa essere attaccabili a destra, rafforzarsi a destra significa rimanere scarsi a sinistra. Se poi ci si divide dappertutto si sarà deboli dappertutto.

Perciò, cerca di anticipare i piani del nemico, e individua i suoi punti forti e deboli: potrai decidere quale strategia usare per avere successo, e quale no.

Individua le sue posizioni: così conoscerai il terreno della vita e della morte.

La forma che vince i molti, non appare ai molti. Dopo la vittoria, la mia forma sarà palese a tutti. Prima della vittoria, nessuno sa la forma che impiegherò.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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RIFLESSIONI UTILI SULLA SEDUZIONE

«Certo, come un tempo avevo detto ad Albertine:

  • “Non vi amo” perché lei mi amasse,
  • “Dimentico quando non vedo” perché mi vedesse molto spesso,
  • “Ho deciso di lasciarvi” per prevenire qualsiasi idea di separazione,

così adesso era,

  • perché volevo assolutamente il suo ritorno, che le dicevo: “Addio per sempre”;
  • perché volevo rivederla che le dicevo: “Riterrei pericoloso vedervi”;
  • perché vivere separato da lei mi sembrava peggio della morte che le scrivevo: “Avete avuto ragione, insieme saremmo infelici”».

Marcel Proust

 

Per secoli uomini e donne cercarono radici di mandragora e altre sostanze per preparare pozioni d’amore. Poi, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, un medico ebreo di Vienna scoprì il segreto dell’amore. Effettivamente, il modo di far innamorare un altro essere umano esiste, e la ricetta è di straordinaria semplicità:

  1. mantenere l’ambiente esterno il più possibile costante. Lasciare che la persona, nella quale si desidera suscitare l’amore, parlì liberamente di tutto ciò che le passa per la testa;
  2. intromettersi il meno possibile nell’evoluzione dei sentimenti e delle reminiscenze, e soprattutto non disturbare il flusso dei ricordi d’infanzia;
  3. prestare particolare attenzione alla rievocazione di amori dimenticati o rimossi. Dare a tali sentimenti d’amore la possibilità di emergere dalla rimozione e di essere rivissuti;
  4. mostrare alla persona nella quale si desidera suscitare l’amore che dopo ogni delusione si sono sviluppati in lei meccanismi di difesa che ostacolano gli amori futuri. Spiegare che la frustrazione del desiderio di amare e di essere amati si è trasformata in sintomi e tratti del carattere sgradevoli, usati per erigere una barriera di sospetto e di sfiducia nei confronti dell’amore.

Prima o poi, se si segue questo metodo per un certo periodo, in questa persona nascerà l’amore di transfert, soprattutto se chi ascolta il racconto partecipa attivamente alla riesumazione dell’amore infantile rimosso.

M.S.Bergmann – Anatomia dell’amore – Einaudi Editore

La recita della seduzione, per quel poco che ne sapevo – sono e sono stata sempre ruvida grezza disarticolata incapace di sedurre persino un pesce rosso – passava attraverso rituali ovvi, banali. Ma era proprio quello che difettava nella mia vita, l’ovvietà, la banalità. Nella mia vita c’era solo eccezionalità, singolarità. Per la prima volta la messinscena della seduzione poteva concedermi un salutare assaggino di banalità. Ci volevano incensi e candele per sedurre, assicuravano esperti sui rotocalchi femminili. Poichè l’appartamento era grandissimo, cominciai dalle sette del pomeriggio ad accendere ceri rossi, di tutte le dimensioni, alcuni anche alti un metro, e incensi, dopo avere chiuso le porte-finestre sul terrazzo a mare, perchè l’appartamento, grandissimo, si prendesse d’odore. La casa doveva impregnarsi d’odore per non dare l’idea – che sarebbe stata oltretutto veritiera – di chi volesse inscenare la patetica strategia della seduzione. Lo aspettai sul pianerottolo, ruotata a tre quarti sulla porta, dava un’aria sensuale misteriosa, il trequarti, lo avevo sentito dire in televisione. Ecco a cosa serviva la televisione! A soccorrermi, nel bisogno, e mi soccorse. Gli indicai il salotto e richiusi la porta alle mie spalle. La concentrazione d’incenso, nel salone, era da camera a gas, non avevo provveduto ad aprire le vetrate, nè potevo prevedere che Rolando fosse allergico.

(da “7 UOMINI 7 peripezie di una vedova”, di Silvana Grasso)

Di seguito fornirò una serie di suggerimenti ai fini della seduzione con una modalità insolita. Il “decalogo” se così vogliamo chiamarlo, si baserà su riflessioni utili dettate dai grandi pensatori di ogni tempo.

Una definizione generale:

“La seduzione non si basa sul desiderio o sull’attrazione: tutto questo è volgare meccanica fisica e carnale, nulla di interessante. Certo, il fascino della seduzione passa attraverso l’attrattiva del sesso. Ma, propriamente, vi passa attraverso, la trascende. Per la seduzione, infatti, il desiderio non è un fine, ma un’ipotetica posta in gioco. Anzi più precisamente, la posta in gioco è provocare e deludere il desiderio, la cui unica verità è brillare e restare deluso.

Attraverso lo specchio prismatico della seduzione si perviene a un alto spazio di rifrazione. Essa consiste non nell’apparenza semplice, non nell’assenza pura, ma nell’eclissi di una presenza. La sua unica strategia è esser là e non esser là, e assicurare così una sorta di ammiccamento intermittente, dispositivo ipnotico che cristallizza l’attenzione al di là di ogni effetto di senso. Qui l’assenza seduce la presenza.” J. Baudrillard.

REGOLE DELLA SEDUZIONE

  • ATTENDERE: ATTESA – tumulto d’angoscia suscitato dall’attesa dell’essere amato in seguito a piccolissimi ritardi (appuntamenti, telefonate, lettere, ritorni)… “Sono innamorato? – Si, poiché sto aspettando”. L’altro, invece non aspetta mai. Talvolta, ho voglia di giocare a quello che non aspetta; cerco allora di tenermi occupato, di arrivare in ritardo; ma a questo gioco, io perdo sempre: qualunque cosa io faccia, mi ritrovo sempre sfaccendato, esatto, o per meglio dire in anticipo. La fatale identità dell’innamorato non è altro che: io sono quello che aspetta. (Nel transfert, si aspetta sempre – dal medico, dal professore, dall’analista. Ancora più evidentemente se sto aspettando allo sportello d’una banca, o alla partenza d’un aereo, subito stabilisco un rapporto aggressivo con l’impiegato, con l’hostess, la cui indifferenza svela e irrita la mia sudditanza; si può così dire che, ove vi è attesa, vi è transfert: io dipendo da una persona che si fa a mezzo e che impiega del tempo a darsi – come se si trattasse di far scemare il mio desiderio, d’infiacchire il mio bisogno. Fare aspettare: prerogativa costante di qualsiasi potere, “passatempo millenario dell’umanità”)…. R. BARTHES “Frammenti di un discorso amoroso” Einaudi
  • INDUGIARE: Guarda […] cerca di capire dalle stesse parole se egli finga o ti preghi sinceramente e ansioso, e rispondi dopo un breve indugio: l’indugio eccita sempre gli innamorati, sempre che abbia una durata breve; ma non ti offire arrendevole al giovane che ti prega; e tuttavia non gli rifiutare quel che chiede con parole troppo dure. OVIDIO “Arte di amare”.
  • TIMORE E SPERANZA: Fa che tema e speri insieme; e tutte le volte […] gli venga una speranza più certa e una paura minore.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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VIOLENZA NELLA COPPIA

Tratto dal thread “vi racconto la mia storia….”

Autore: Virna

Argomento: violenza nella coppia

Selezione a cura di Carlotta Onali

 

Ciao a tutti, ho 30 anni. vi racconto la mia storia perchè spero sia d’aiuto e di speranza a tutti quelli che come me hanno subito o subiscono ancora violenze psicologiche o fisiche, perchè oltre a queste righe ci sia un messaggio che anche nelle giornate sterili e disperate un seme può fiorire.
ho 30 anni, lui l’ho conosciuto a 19 perchè era venuto a studiare nella mia città. amore bellissimo, travolgente, di quelli che per anni ti baci e senti dentro “le farfalle” che borbottano, che lo sogni tutte le notti e ti svegli col sorriso sapendo che poi lo vedrai… poi.. poi il tracollo. la mia famiglia di origine si sfascia, nel giro di tre mesi mi ritrovo orfana di padre, stroncato da un tumore, e con una madre invalidata da un ictus. e lui al mio fianco, un pò più oscuro, più nervoso, fino al suo ricovero in ospedale per esaurimento nervoso. andiamo a vivere assieme, facciamo il “grande passo” e mi sembrava di essere felice, ma poco a poco le cose peggiorano. sempre più nervoso e distante, capita che mi insulta per la fiamma del gas troppo alta, perchè gli sposto le cose… non che si litiga o si discute, mi sento insultare, dare della stupida, della superficiale.. si alza la voce per un nonnulla, all’inizio rispondo, poi inizio a far parte di questo gioco, poco alla volta le discussioni si fanno più accese, lui non lavora, non è nella sua città, io ho una mamma alla quale dedicare certe attenzioni… l’alcool entra prepotentemente nella sua vita, due o tre bottiglie prima di birra poi di vino al giorno, ogni volta che provo a farlo smettere sono nomi e “sono io l’essere inferiore invidioso della sua vita rock and roll”. non si decideva a trovare lavoro, avevamo perso tutti gli amici..tre anni fa le prime botte, eravamo in montagna a cuocere della carne alla brace e allo squillo del mio telefonino ha preso dei sassi, 4 o 5, grandi come una mano, e me li ha lanciati urlandomi che mia madre non doveva disturbarci in montagna. all’inizio credevo fosse un episodio sporadico, volevo dimenticare e godermi quei mesi di pace e serenità che sarebbero seguiti, pensando che se mi fossi comportata bene non ce ne sarebbero stati più. forse nel mio inconscio speravo anche di “cambiarlo”, di renderlo mite come l’avevo conosciuto. un anno dopo, dopo una serata tranquilla ad ascoltare musica, mentre mi apprestavo a dormire .. ha iniziato a prendermi a calci, a insultarmi in ogni modo, a darmi degli schiaffi urlandomi dietro che non mi potevo permettere di addormentarmi senza il suo consenso, perchè lui era ancora li che ascoltava musica e io l’avevo abbandonato. quando sei dentro a certi meccanismi, non è facile come per chi legge capire le cose, quando giorno dopo giorno e per anni sei abituata a certe cose, come dire, ci fai il callo, l’amore diventa ossessione, morbosità, paura, fobia, essere succube dell’altro e infine giustificare certe azioni. quella sera prese una bottiglia cercando di spaccarmela in testa, mi mise le mani sul collo, la bava alla bocca, e io urlavo se potevo, altrimenti tacevo in silenzio, io non so quant’è durato quel raptus, in quei momenti mi sentivo come spettatrice, la paura mi paralizzava e una parte di me diceva non stà succedendo davvero… sangue, sangue caldo da dietro la testa, poi il suono del citofono, i carabinieri allarmati da qualche vicino che probabilmente aveva sentito le mie urla, o la mia testa contro il muro.. poco importa.. ad ogni modo la salvezza. voi direte… ma poi l’hai lasciato? no, non ancora, dopo due settimane durante le quali mi sono fatta negare ho ceduto alla mia debolezza, ancora una volta sono stata debole, non mi sono amata come avrei dovuto, e sono tornata da lui, che era in un mare di lacrime, forse pentito, sicuramente mi sono fatta impietosire dallo stato in cui si era ridotto in mia assenza. un’altro anno c’è voluto prima che lo lasciassi, un altro anno di insulti, schiaffi, isolamento dal resto del mondo (solo andando da mia madre o a lavorare mi distraevo) e quel che fa più male quella minaccia psicologia, quel sottile stato di continua tensione, quel fino a qui tutto bene…. ma anche quell’ossessione che se me ne fossi andata mi sarei sentita in colpa di averlo abbandonato, quell’intestardirmi sul pensiero di amare che in realtà era un gioco morboso in cui ero vittima e carnefice, incapace di liberarmene e succube della situazione. una volta si arrabbiò con me perchè entrai in un pub a chiedere se avevano un bagno, e si ruppe una mano dal pugno violento che diede contro a un cartello stradale mentre mi urlava che ero una stupida a chiedere le cose, ad essere gentile.. un’altra volta alzò le mani anche contro mia madre facendola cadere, per fortuna su un letto, e dovemmo passare la notte io e mia madre chiuse a chiave in camera con la paura che lui, nella stanza a fianco, tornasse a darci il resto delle botte. quest’estate, di ritorno da un concerto, l’ennesima crisi, un raptus in autostrada mentre guidavo, all’improvviso ha iniziato a darmi dei pugni forti in testa. ho accostato, sono scappata, ho chiamato la polizia. pronto soccorso, prognosi di 7 giorni per trauma celebrale…- lei signorina lo vuole denunciare? – -no, ha dei disturbi, sicuramente è solo perchè ha bevuto troppo- iniziai a soffrire di attacchi di panico, all’improvviso il respiro si faceva convulso e il cuore mi saliva alla gola, iniziavo a urlare, a piangere, a sbattere la mia testa contro a un muro. poi a settembre, la liberazione. l’ho lasciato. ho sofferto della lontananza, si, ho perso 5 kg in meno di un mese. come prima cosa mi sono rivolta a un istituto di igiene mentale spiegando degli attacchi di panico, dell’apatia che avevo addosso, raccontando la mia storia a una psicologa e uno psichiatra che mi seguono tutt’ora. che dire… finchè non raggiungi il fondo, ma proprio il fondo, non te ne accorgi, e forse a volte non serve neanche quello. ad ogni modo ora è aprile e sono qui, e capita sempre più spesso che sono serena. di notte lo sogno, a volte, che mi mette le mani addosso o mi dice che torna e non mi lascia più, e io nel sogno mi sento soffocare, inizio a piangere. anche stanotte l’ho sognato, era dolce e premuroso come i primi anni e poi mentre mi baciava mi stringeva sempre più forte il collo…
e continuo a ricevere telefonate anonime, e so che lui è stato ricoverato in condizioni pessime e con ricovero obbligatorio in psichiatria, minaccia di uccidermi una volta uscito, a me sembra di vivere un incubo senza fine perchè più cerco di rifarmi una vita più so che lui è ancora ossessionato da me, e spero solo che i medici che lo hanno in cura si rendano conto della situazione e della pericolosità del soggetto.
che dire ancora? sul perchè io abbia voluto subire, sui meccanismi celebrali, ci stò lavorando, sulla qualità della vita ora non ne ho dubbi, anche se con molte cicatrici e qualche ferita aperta sono io, con la mia integrità, e voglio vivere. ho conosciuto un ragazzo qualche mese fa, ed è stato colpo di fulmine, ci conoscevamo già da qualche anno, ma eravamo entrambi alle prese con relazioni infelici. sto vivendo un rapporto sereno e alla pari, lui sa tutto del mio passato e mi appoggia e ogni mattina mi sorride solo perchè è contento che al mondo ci sono anch’io, senza pretese ma semplicemente amandomi. progettiamo un futuro assieme, senza fretta, passo a passo e nel completo rispetto uno dell’altro, sono felice, e come me anche voi lo sarete, ne sono certa.
un abbraccio.

Virna

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

GASLIGHTING

Il Gaslighting che è una tecnica di crudele ed infida manipolazione mentale. Il termine è derivato dal titolo del film “Gaslight” (1944) del regista americano Georg Cukor, uscito in italiano con il titolo di “Angoscia” e tratto dalla pièce teatrale “Angel Street”. Si tratta di un dramma psicologico che narra della vita matrimoniale tra un uomo affascinante ed una bellissima donna. Dopo un periodo felice il rapporto si incrina ed il marito, con una diabolica ed artificiosa tecnica psicologica, alterando le luci delle lampade a gas della casa, spinge la moglie sull’orlo della pazzia. Solo l’intervento di un detective riuscirà a ristabilire la verità, scoprendo che il marito della vittima è uno psicopatico criminale.

Il gaslighting è un comportamento che la persona abusante mette in atto per minare alla base la fiducia che la vittima ripone in sé stessa, dei suoi giudizi di realtà, facendola sentire confusa fino a dubitare di stare impazzendo. E’ una subdola azione di manipolazione mentale con la quale il gaslighter, così si chiama l’agente di questo comportamento, mette in dubbio le reali percezioni dell’altra persona, facendola dubitare di se stessa, facendola sentire “sbagliata”. Esso ha molte analogie col mobbing familiare

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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MOBBING NELLA COPPIA E GASLIGHTING

Il mobbing all’interno della coppia, detto anche mobbing familiare è condotto all’interno delle dinamiche relazionali coniugali e familiari ed è finalizzata alla delegittimazione di uno dei coniugi e alla estromissione di questo dai processi decisionali riguardanti la famiglia in genere e nello specifico i figli.

Il mobbing familiare più frequente è quello che coinvolge le famiglie separate e viene messo in pratica da parte del genitore affidatario nei confronti di quello non affidatario al fine di spezzare il legame genitoriale nei confronti dei figli. Spesso questo comportamento ha come grave conseguenza la generazione nei figli della PAS (Parental Alienation Syndrome), ovvero la Sindrome da Alienazione Genitoriale.

Recenti studi e ricerche, hanno evidenziato come questo particolare tipo di mobbing stia diventando sempre più frequente nelle relazioni coniugali contraddistinte da una intensa conflittualità.

In alcuni casi, il mobbing familiare si presenta attraverso una serie di strategie “persecutorie” preordinate da parte di uno dei coniugi nei confronti dell’altro coniuge, allo scopo di costringere quest’ultimo a lasciare la casa coniugale o ad acconsentire, ad esempio, a una separazione consensuale, pur di chiudere rapporti coniugali fortemente conflittuali[3].

Il mobbing familiare è riconducibile a quattro casi:

  • sabotaggi delle frequentazioni con il figlio,
  • emarginazione dai processi decisionali tipici dei genitori,
  • minacce,
  • denigrazione e delegittimazione familiare e sociale.

Ha diverse anaologie col mobbing familiare il Gaslighting che è una tecnica di crudele ed infida manipolazione mentale. Il termine è derivato dal titolo del film “Gaslight” (1944) del regista americano Georg Cukor, uscito in italiano con il titolo di “Angoscia” e tratto dalla pièce teatrale “Angel Street”. Si tratta di un melodramma psicologico che narra della vita matrimoniale tra un uomo affascinante ed una bellissima donna. Dopo un periodo felice il rapporto si incrina ed il marito, con una diabolica ed artificiosa tecnica psicologica, alterando le luci delle lampade a gas della casa, spinge la moglie sull’orlo della pazzia. Solo l’intervento di un detective riuscirà a ristabilire la verità, scoprendo che il marito della vittima è uno psicopatico criminale.

Il gaslighting è un comportamento che la persona abusante mette in atto per minare alla base la fiducia che la vittima ripone in sé stessa, dei suoi giudizi di realtà, facendola sentire confusa fino a dubitare di stare impazzendo. E’ una subdola azione di manipolazione mentale con la quale il gaslighter, così si chiama l’agente di questo comportamento, mette in dubbio le reali percezioni dell’altra persona, facendola dubitare di se stessa, facendola sentire “sbagliata”.

Fonte: Gaetano Giordano, Conflittualità nella separazione coniugale: il “mobbing” genitoriale , 2003, Psychomedia Telematic Review

Link http://www.psychomedia.it/pm/grpind/separ/giordano.htm

ARTICOLO COLLEGATO IL MOBBING FAMILIARE: LE CONSEGUENZE GIURIDICHE – AVV.PAOLA VIGO

 

 

TESTIMONIANZE

IL MIO COMPLEANNO LO PASSERO’ DA SOLA

claudia72 Età: 35 Salve, oggi è il mio compleanno e… lo passerò completamente da sola. Mio marito si è svegliato stamattina molto prima di me, si è chiuso in bagno e poi è uscito senza dire una parola. Ho ricevuto poi un sms verso le 11 con scritto “non preparare la cena nè stasera nè per le serate successive, divertiti…” Simpatico… sà benissimo che sono completamente sola, che non ho neanche un lavoro e che me ne starò chiusa in casa tutto il giorno.

Per sposarlo ho litigato con i miei (che ancora mi rimproverano e mi dicono che mi sta bene quello che è successo perchè era prevedibile finisse così), per stare con lui e per avere una possibile famiglia con lui ho lasciato perdere un lavoro fisso che avevo duramente conquistato dopo tanti anni di studio (e con uno stipendio da favola). Per assecondarlo ho lasciato tutte le mie amicizie (perchè lui era geloso addirittura se anche solo parlavo o telefonavo con le mie amiche).

Mi ha mandato all’ospedale con il naso rotto, mi ha messo diverse volte le mani addosso. Mi ha fatto il vuoto intorno, mi ha convinto che nessuno mi vuole bene, nemmeno i miei. Mi ha fatto il lavaggio del cervello convincendomi che sono brutta, che lo dovevo ringraziare perchè solo lui poteva prendermi e se non era per lui sarei rimasta ancora zitella…

Ha cercato di affossarmi sempre con gli amici e con i conoscenti, minimizzando le mie doti e i miei successi (scolastici e lavorativi) e mettendosi sempre e solo lui al centro dell’attenzione, come una primadonna. Mio marito è invidioso di me, di quello che ero (una ragazza allegra, felice, carina, studiosa e fortunata nel lavoro)e mi ha ridotto triste, depressa, sovrappeso e disoccupata.. non ho più nulla, non faccio altro che mangiare per riempire il vuoto che ho dentro.. il vuoto d’amore.. oggi compio 35 anni ed eccomi qua… sola come un cane…

COMMENTI

L’amore è un sentimento strano, nel tuo caso autolesionistico. Non è giusto per nessuno amare una persona del genere. Tu vali molto di più. Guardati allo specchio, ripetiti che sei migliore e che è lui che non merita te. Non annullarti per un mostro simile, non lo meriti davvero…

..io ho vissuto cosi’ l’amicizia con la mia migliore amica che oggi adoro ma che a 20 odiavo…oggi ho scoperto tutte le sue debolezze e si lascia finalmente aiutare..ho scoperto quanto la sua insicurezza l’avesse resa aggressiva. Ci siamo allontanate per un po’ di anni e adesso sappiamo che la nostra amicizia durera’ per sempre.. Anche tuo marito e’ sicuramente una persona insicura e tu sei probabilmente il bersaglio su cui sfogare le sue frustrazioni..ha piu’ bisogno di aiuto lui..aiutalo reagendo con una cattiveria positiva e fatti rispettare un po’ di piu’ dimostrando tutta la tua forza ed intelligenza.. un bacione

Claudia, sono sicura che hai ancora tanta energia dentro di te. Sei giovane e la vita cambia traiettorie e direzioni anche improvvisamente. Vedrai che imparando a conoscersi e a capire perché abbiamo permesso a qualcun’altro di scegliere al posto nostro, possiamo a poco a poco riprenderci la nostra vitalità. Un abbraccio

ciao, sono rimasta molto colpita dal tuo sfogo. Anch’io, sia pure con delle differenze importanti, vengo da un’esperienza molto simile alla tua. Ho sopportato per molti anni le umiliazioni che mi sono state inflitte con gesti, parole, sguardi il tutto dettato da un atteggiamento di costante competizione nei miei confronti da parte di quell’uomo che tanto amavo e rispettavo. ma un giorno ho avuto il coraggio di dire basta e anche se la mia scelta così drastica ha portato molto dolore finalmente mi guardo allo specchio e vedo una giovane donna di 32 anni con tante cose da dare e ricevere dalla vita. perciò abbi coraggio e ricorda che nessuno ha il diritto di metterci le mani addosso e umiliarci. Non temere la reazione della tua famiglia, il loro è uno sfogo normale, vedrai che nel momento in cui avrai maggior bisogno di loro non ti lasceranno sola e saranno il tuo punto di forza. Un abbraccio

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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MOLESTIE E VIOLENZE PSICOLOGICHE

Possiamo considerare molestie e violenze psicologiche (l’elenco e lungi dall’essere esaustivo):

  • la molestia e violenza verbale
  • i comportamenti sadici che procurano sofferenza
  • i comportamententi tesi a sottovalutare l’altro
  • i comportamenti tesi a manipolare l’altro
  • il rifiuto affettivo di uno dei due all’interno della coppia
  • le pretese eccessive o sproporzionate rispetto alle possibilità dell’altro
  • i comandi e le ingiunzioni contradditorie ed impossibili da attuare

Queste molestie e violenze sono effettuate in maniera subdola, non troppo evidente, allo scopo di destabilizzare l’altro senza che chi le attua se ne assuma la responsabilità. Infatti, spesso, la vittima si coilpevolizza a tal punto da ritenere di meritare tali comportamenti.

Nel passato affettivo e relazionale dei soggetti vittime di tali molestie e violenze si riscontra un modello simile nella coppia genitoriale.

 

TESTIMONIANZE

Buongiorno.Io non so se riuscirò a vivere mai un amore pieno, normale, duraturo, maturo.Non so se riuscirò mai a realizzarmi nell’amore, così come nella vita.E credo che, prima del mio amore malato per un uomo, ci sia una delicata storia di infanzia negata, violata da due genitori che non hanno saputo trasmettermi la dignità di esistere. Inoltre, la mia incapacità di gestire relazioni sane con gli uomini, è solo il riverbero di una vita di umiliazioni, ahimè, autoinferte e reiterate.E’ come se la profezia lanciata da mio padre (uomo alcolista e violento) quando ero bambina: “Tu sarai sempre una serva!!”, si fosse autoavverata in tutti i campi della mia vita.E ora non so proprio con chi prendermela…Mio padre, che ha reso la mia infanzia terrificante, oggi è malato e infermo… mia madre è una anziana signora che si occupa di lui con tutta ladedizione di una coalcolista.Quando ero bambina temevo l’ira incontrollata di mio padre e pensavo che mia madre fosse la vittima sacrificale di tutta quella violenza. Povera mamma, pensavo, anche se a volte la imploravo di andarcene via da casa, io lei e le mie tre sorelle. Lei rispondeva che no, non si poteva e piangeva sulla mia spalla. Io, la consolavo.A sei anni consolavo mia madre che piangeva sulla mia spalla dopo che mio padre ubriaco l’aveva picchiata; spesso picchiava anche le mie sorelle (più grandi di me) e rompeva i mobili di casa (così celebrava compiutamente la sua rabbia).Salvo poi lasciami sola con lui, dopo queste sfuriate, io l’unica figlia che non toccava, per andarsene fuori casa qualche ora con le mie sorelle. E io avevo sempre paura che mi abbandonassero lì con mio padre quando, ubriaco e sfinito, si sdraiava accanto a me (impietrita dalla paura) per dirmi frasi sconnesse o chiedermi di tagliargli le unghie dei piedi. La mia infanzia, periodo di oscurantismo medievale, finisce a 15 anni, quandome ne vado di casa. Ma “le streghe son tornate”, a 19 anni quando scopro di essere sieropositiva, contagiata per via sessuale dal mio ragazzo, extossicodipendente. Dieci anni di aspettativa di vita, dicono i medici del reparto infettivi; l’esperienza fin ora non offre prospettive migliori. Quindi mi do da fare, rimuovo il problema, mi prendo la vita e la mangio finoall’osso. Studio, cinque anni di magistrali serali, che mi aprono al mondo meraviglioso ed intrigante della cultura; mi diplomo, faccio teatro, vado ateatro… lavoro in Comune.. decido di entrare in terapia (psicodramma), vivo da sola, anche se ho qualche storia. E’ difficile incontrare un uomo che non utilizzi la questione sieropositività per non impegnarsi… Comunque sono tutte relazioni con uomini problematici e abbandonici… Uno mi dice che mi lascia perchè non vuole vivere un lutto (ma io sto ancora molto bene…), l’altro non vuole fare l’amore con me e finisce per non baciarmi neanche più, l’altro ancora mi ama alla follia, mi conquista come fosse una prova con sé stesso… salvo poi lasciarmi quando io mi innamoro davvero. Un altro ancora si prodiga per avere le mie attenzioni, poi comincia a parlarmi diffusamente della sua ex e di quanto lui ne è ancora innamorato…Poi è la volta di un ex tossicodipentende, che proprio ex non è, quindi lo lascio e lui mi deruba, svuotandomi la casa. Insomma un disastro! Mi svendo,sì, per un abbraccio caldo vendo l’anima, a alla fine sono sempre più sottile… fragile, confusa, incapace di valutare se e quanto valgo.. La cosa diabolica è che, quando incontro gli uomini della mia vita, sento subito “puzza di bruciato” e malgrado ciò o forse proprio per questo, cado trale loro braccia come una pera matura… Consapevole che quello non è un uomo sano. Nelle mie storie, il timore fa parte del gioco. Sono consapevole di entrare ogni volta nella tana del lupo, ma quella tana mi attrae ed è come se non potessi starne fuori.E’ una specie di maledizione, un’implacabile destino che continuo ad assecondare nell’amore così come nella vita. Sì, nella vita, appunto, ho continuato a boicottare ogni prospettiva che fosse positiva per me. Ho cambiato una decina di volte casa, con un dispendio dienergie e denaro non indifferente. Avevo un lavoro sicuro, statale, ma mi sono licenziata per inseguire il sogno dell’Università… che ho concluso. Così ora sono una laureata con 110 e lode (educatore interculturale – che caso, mi piace potermi occupare degli “ultimi” gli immigrati), precaria, part-time diquarantadue anni. E, per integrare faccio la badante ad una nonnina di 99 anni, una noia mortale,un delirio, un’agonia, una svalorizzazione senza precedenti… una regressione negativa, ai tempi in cui facevo le pulizie e “ramazzavo” mezza città per pagarmi le spese di casa. La serva faccio, una serva laureata, con un’intelligenza brillante (così dissero alcuni miei docenti), ma sempre serva rimango, come mi diceva sempre mio padre.Come il protagonista di una poesia tratta dall’antologia di Spoon River il cui epitaffio suonava più o meno così: “Povero marinaio, la sua nave è logora, è lui ora non c’è più. Nessun naufragio, non ha mai salpato oltre il porto, si è dibattuto rovinosamente contro sé stesso”. E’ gli uomini ?Ho vissuto sei anni con un uomo, un amico di vecchia data che non credo diavere mai amato… Lui è una persona anaffettiva, introversa, impermeabile alleemozioni… ma non può fare diversamente. Non ha avuto altre relazioni oltrequella con me. Sua madre era depressa cronica, costantemente dentro e fuoridall’ospedale psichiatrico. Non credo possa essere diverso da quello che è, nési possa concedere il lusso di assaporare ed esprimere le proprie emozioni… Eneppure fidarsi di una donna. So che non si siamo incontrati per caso, ma ora èfinita e non gliene voglio.Ora ho una relazione con un uomo di colore incasinatissimo, senza soldi, moltoafricano, analfabeta, ma che mi sa coccolare. Ancora una volta una storia senzafuturo… Questa mattina mi ha chiesto in prestito 600 euro per l’assicurazionedella sua macchina. Io non glieli ho dati, ma ora mi sto domandando se domanici vedremo oppure lui sarà risentito con me… Una donna sana sarebbe lei risentita, credo.C’è speranza per me?Vi prego, non lasciatemi sola…Silvia

kikketta Età: 30 Salve, leggendo sul vostro sito, mi sono resa conto che le testimonianze riguardano soprattutto chi è stato “affetto”da dipendenza affettiva o scarsa autostima, ma non ci sono testimonianze al riguardo di chi tale dipendenza l’ha subita.Vi scrivo in quanto non sempre chi sta dall’altra parte è una persona che si comporta male in termini di tradimento, scarsa attenzione nei confronti del partener, violenza, poco tempo a disposizione della coppia ecc. Cosi leggendo diversi testi al riguardo (tra cui anche il libro della Norwood),mi sono resa conto che sebbene il rapporto io lo volessi vivere in modo normale, senza approfittare, o mancare di rispetto o tradire, anzi con un completo travolgimento e amore si sono comunque innescati in lui meccanismi che non sono legati a miei comportamenti (e non essendo del mestiere) non potevo capire (e che lui ovviamente non mi ha mai detto). Sono stata travolta da colpevolizzazioni, quando ormai aveva deciso di allontanarsi, ed insulti su cose che neanche lontanamente, non ho non solo fatto, ma neanche mai pensato di fare che mi hanno fatto cadere in una profonda crisi, poichè vedendolo soffrire(ed andare in terapia) pensavo di averli realmente fatti.La conseguenza per me è stata probabilmente “amare troppo”. Sono attualmente in terapia per capire perchè in me si sono successivamente innescati tali comportamenti, ma sono sicurissima, ORA, di essermi sempre comportata bene.

anna Età: 36 Leggendo il sito , mi chiedevo se sia possibile uscire dalla dipendenza affettiva pur rimanendo all’interno della relazione. Mi piacerebbe tantissimo poter amare , prendendo il bello del sesso e della passione senza soffrire per tutto l’altro dell’Altro. Si’, perche’ il mio principe azzurro all’improvviso si trasforma in un ranocchio…… Come faccio a non soffrire, quando torna a casa dopo una notte fuori perche’ lui dice, io l’ho fatto innervosire? Come faccio a dormire durante queste notti? Come faccio a non provare odio quando lui , come adesso torna di mattino e dorme come un bambino ed io vorrei ammazzarlo, fisicamente intendo.Come faccio stamattina a nuotare, passeggiare, fare compere, questa rabbia mi succhia tutta l’energia. Quando l’ho conosciuto ero autonoma, indipendente, libera nell’animo, ballavo ,sorridevo. Ora sono seriosa, spesso triste, silenziosa, sola. Continuo a ballare pero’,quando lui non torna a casa….. No, non mi tradisce, va solo al bar e torna a casa ubriaco e con una terribile puzza di birra e sigarette. Non accade spesso, ma quando accade lui mi dice che e’ colpa mia.Questo mi rende triste.Io so che non e´cosi’ eppure mi faccio sfiancare da queste accuse.Dove sono tutto il suo rispetto, il suo amore, la sua lealta´quando torna a casa ubriaco? Lui dice e’ colpa mia, scappa da me , dalla mia negativita’….. Pero’ se oggi io volessi scappare dalla sua puzza e dalla sua negativita’ io sarei solo una puttana, come dice lui.Quando io prendo o tento di avere il suo stesso spazio, non va piu’ bene, il gioco funziona diversamente. Stanotte lui ha fatto cio’ che voleva, adesso dorme ed io devo stare a casa, altrimenti, dice lui, significa che ho fatto quello che ho fatto per uscire sola. Spesso ho pensato di essere vittima di violenza domestica, psicologica, una violenza che mi manipola. Adesso sto iniziando a diventare strategica, aspetto lunedi per essere felice, vado a nuotare quando lui lavora……Inizio a sognare di conquistare altri uomini, di tradirlo a casa nel nostro letto…. La gioia piu’ grande, amarlo con freddezza, senza soffrire, usandolo un po’…Mi piacerebbe avere un dialogo, un aiuto sono sola.

libera75 Età: 32 Il mio matrimonio è finito dopo appena due anni di violenze fisiche e psichiche, una storia veloce inizialmente appassionata ma immatura che poi si è rivelata un inferno.. che mi ha regalato un figlio meraviglioso che rappresentava e rappresenta l’unico motivo per lottare e andare avanti. Ho raccolto a fatica i pezzi della mia vita tra attacchi di panico e depressione ma ce l’ho fatta ho lottato e ne sono uscita e dopo sette anni ho incontrato l’uomo della mia vita, almeno pensavo che lo fosse!S ono ormai 5 anni di dipendenza emotiva, dopo i primi momenti di dolcezza si è rivelato peggiore del mio ex, sono ricominciate le violenze mi dice che sono io che lo provoco, che sono io la pazza, che sono io che non gli do sicurezza ed è per questo che lui non vuole vivere con me , avere una famiglia con me…da un anno mangio e vomito… sono stanca

nikita N° di riferimento: 661717106 Età: 50 Da più di venti anni vivo un rapporto di coppia che ha portato allo sfinimento totale sia me che la mia famiglia di origine. Dopo anni di maltrattamenti psicologici fisici e di mancanza di rispetto per la mia persona e non solo, bisognosa in modo grande di amore poichè soffro di carenza d’affetto sin da bambina, non solo non mi è stato dato questo ma si è infierito contro di me come donna perchè dovevo sottomettermi a schemi di vita inaccettabili. Tre tentativi di separazione messi in atto da me ma mai andati a buon fine perche vittima di ricatti e angherie assurde da parte di mio marito e parenti. Allontanata da tutti per false calunnie da parte di lui per costringermi a tornare. Sopprusi e sofferenze psicologiche atroci fino a quando un mio giovane figlio si toglie la vita per problemi sopraggiunti e che io in questa situazione non sono riuscita a tamponare. Soluzione a tutt’oggi: Con la tragica perdita mi son sentita obbligata a ritornare accanto a quest’uomo che senza di me diventa pazzo violento piu che mai, incontrollabile e quindi indispensabile una vigilanza a favore di un un unico figlio rimasto. A nulla son sevite le mie costanti richieste di aiuto a dottori, psicologi, assistenti sociali. Niente oggi grazie a loro mi ritrovo con un figlio morto e mio marito vivo e vegeto che sguazza ancora nella sua più che evidente stranezza che tutti proteggono perchè lui è un uomo e io una donna perchè lui è un compaesano e io una trapiantata. Tutti lo proteggono, dal medico di famiglia dall’avvocato di famiglia dai parenti perchè timorosi e io sono una vittima come ………., lei lo ha perso in grembo il figlio io no, ma è lo stesso. Morta sta in una bara lei e pure puttana le dicono. Nooooooooo basta. Basta agli uomini padroni, basta. I talebani sono gli italiani. Io in trenta anni non ho mai vissuto i miei bambini non han potuto mai tirare un vero sorriso dentro la loro casa Io ho perso un figlio ma nessuno qui fa una piega. Sopra casa mia due anni fa han portato via tre bare bianche madre e 2 figlioletti e lui sta uscendo di prigione e gli daranno pure il capitale della moglie. Sa cosa dice il fratello? A ma lui voleva bene ai figli …. Si così bene da ammazzarli…. Cristo per pietà per carità basta. La giustizia non c’è per noi mogli e mamme, ma aiutatemi vi prego almeno a rimanere nella casa dove ho fatto nascere mio figlio e dove lui ha voluto morire. Aiutatemi a rimanere una donna normale come io sono. Nonostante tutto credo ciecamente in me. …..ma a che serve? le mamme in queste condizioni non possono aiutare veramente i figli come andrebbero aiutati perchè loro hanno bisogno di piu aiuti degli altri perchè sono figli dell’insicurezza del dubbio, del disamore di due genitori non fatti l’uno per l’altra. Mio marito accumula e a noi da le bricciole ciò che avanza se avanza. Io non so più se sono una donna o un oggetto o un trespolo io non so più dove sta il riso o il pianto.. io per vivere una giornata normale devo non pensare e per non pensare devo annullare e per annullare devo pensare che non esisto. I miei occhi son stati creati non per vedere ma per piangere. E allora dov’è l’amore di Cristo l’amore del nostro simile dov’è? per chi soffre come me per chi sa di aver perso un figlio in fiore frutto delle mie fatiche.. per egoismo e malvagità a lungo termine che neppure i più bravi avvocati possono portare a verità? mascherate dal falso bene. E c’è chi giustifica questi uomini chi li protegge… …… è morta .. e la vita continua. Nikita piange da più di vent’anni ora le lacrime sono più dense ma a nessuno importa. Nikita aveva tante cose belle da dare amore, tenerezze, baci e carezze, ma lui non le ha mai volute e oramai dentro il sangue si stà seccando, la linfa non scorre piùc ome prima ma lui ? Lui continua il suo percorso di lava vulcanica ….. dove passa PIETRIFICA.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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LA RELAZIONE VITTIMA-CARNEFICE NELLA COPPIA: HEGEL E DOSTOEVSKIJ

Per parlare del rapporto vittima-carnefice, nella dipendenza affettiva e nella codipendenza, partiamo dalla relazione servo-signore formulata dal filosofo Hegel. Se inizialmente, in tale relazione, il padrone è il padrone ed il servo è il servo, quindi sono entrambi in ruoli distinti e contrapposti, il successivo sviluppo della relazione porta il padrone, secondo Hegel, ma non solo lui, in base a sitauzioni concrete e reali, ad essere dipendente dal servo, a non possedere più l’autosufficienza. Questo processo, se non viene interrotto dal padrone stesso, tramite l’acquisizione di una consapevolezza circa il proprio stato di uomo dipendente dal lavoro di un altro uomo, può essere fatale. Ecco allora che il padrone diviene schiavo, ed il servo, pur non divenendo mai realmente padrone, potrebbe comunque avvalersi del suo potere per trarne cospicui vantaggi.

Questo non và inteso solo in senso economico ma anche relazionale ed emotivo in quanto, sopratutto nella coppie con problematiche di dipendenza o codipendenza, conferisce alla vittima un elevata dose di potere nell’amito della relazione. Secondo Hegel, il potere è una medaglia dalle due facce, la faccia dell’uno consiste nel possederlo, la faccia dell’altro nell’esserne del tutto privo.

Nella coppia questa relazione fà sì che il partner carnefice attinge il sentimento del proprio valore dall’oppressione del partner vittima. unica modalità per non correre il rischio di diventare vittime e sottomettere l’altro. In maniera simile Hegel spiegava perchè i padroni siano riluttanti a liberare i propri schiavi.

Uno degli esempi più magistrali di tale tipo di relazione lo troviamo nel capolavoro di Dostoevskij “La Mite “. Esso è uno dei racconti artisticamente più struggenti, profondi e intensamente poetici del grande scrittore russo che racconta la triste e tragica vicenda sentimentale di un usuraio quarantenne e di una ragazzina sedicenne, orfana di entrambi i genitori e costretta al matrimonio dopo aver venduto all’uomo dei pegni tutto ciò che possedeva.

Dostoevskij in questo racconto mescola e confonde , il male e il bene, la vittima ed il carnefice. In un lungo, inininterrotto monologo, trabocca l’anima dell’usuraio, l’unico protagonista della scena, lasciato solo di fronte alla morte, per lui assurda, della giovane moglie:

“Immaginate un uomo, accanto al quale giace, stesa su di un tavolo, la moglie suicida, che qualche ora prima si è gettata dalla finestra. L’uomo è sgomento e ancora non gli è riuscito di raccogliere i propri pensieri…Ecco, parla da solo, si racconta la vicenda, la chiarisce a se stesso…” (F.Dostoevskij)

Esce fuori, come un fiume in piena, il suo passato infelice, le offese subite quando prestava servizio militare, l’inattesa eredità paterna, la possibilità del riscatto col banco dei pegni. Avere la possibilità di diventare un usuraio e vantarsene, per poter gettare in faccia al mondo i suoi ideali traditi in gioventù:

“Voi mi avete respinto, voi, gli uomini, mi avete bandito col vostro tacito disprezzo. Ai miei impulsi appassionati avete risposto con un’offesa mortale. Ora io, dunque, ho il diritto di rinchiudermi in una torre d’avorio…nella proprietà acquistata coi miei soldi”.

Anche l’amore e il matrimonio con la giovanissima orfana diventano un affare come un altro, almeno all’inizio. Certo che voleva bene a quella giovane creatura, anche se era un amore distorto, malato, nato da un rapporto di dipendenza, dove lui solo poteva esercitare un potere, lui solo poteva disporre della sua vita, ferirla col suo ostinato silenzio, isolarla nei suoi timidi tentativi di instaurare un rapporto alla pari. Paradossalmente proprio quando il cinismo e la viltà del suo comportamento hanno compromesso per sempre la dignità e infranto i sogni della timida ragazza, facendola lentamente precipitare nella melanconia e nella depressione, l’uomo scopre di amarla per davvero. Ma è troppo tardi: lei si ammala di febbre cerebrale e si suicida gettandosi dalla finestra, con in braccio l’icona sacra della vergine, l’unico pegno che non aveva mai considerato “in vendita”, dono della madre.

Come per tutti i capolavori della letteratura, non c’è una sola chiave di lettura che possa inquadrare questo racconto. Resta intatta l’enigmaticità di una storia d’amore impossibile, nata fra due esseri umani lontanissimi nei loro estremismi, incapaci di comunicare le loro diversità, vittima e carnefice e per questo accomunati da un tragico destino. E’ anche il dramma sentimentale ed emotivo dell’unica voce narrante, quella dell’usuraio, uomo forte esteriormente, ma che si scopre sempre più fragile e strisciante, smarrito di fronte alll’innocenza di quella ragazza mite, così mansueta in apparenza, ma capace di forti sentimenti e che, pur di non cedere ai propri ideali, sceglie di togliersi la vita.

Concluderei la disamina su tale tipo di relazione accennando alla Sindrome di Stoccolma che prende il nome da una rapina in Banca effettuata da due rapinatori nel 1973 nella capitale svedese. I rapinatori erano due e furono bloccati dalla polizia per 6 giorni all’interno della banca, unitamente a 4 impiegate prese in ostaggio. Questa “convivenza forzata” portò alla nascita di una relazione particolare, quasi intima, fra sequestratori e sequestrate. Infatti, quanto tutto terminò, nessuna delle impiegate volle collaborare colla polizia per la cattura dei rapinatori. Addirittura nessuna fornì notizie utili per effettuare l’identikit dei rapinatori, nonostante quest’ultimi, erano a volto scoperto all’interno dei locali della banca. A distanza di tempo una di loro arrivò a sposare uno dei due rapinatori. Tale episodio di cronaca rappresenta, quindi, un esempio di dove possa arrivare la relazione vittima-carnefice.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

IL PRINCIPIO D’INDIFFERENZA IN AMORE

Il principio d’indifferenza è stato elaborato dall’economista J.M.Keynes e può essere sintetizzato così: se non abbiamo valide ragioni per supporre che qualcosa sia vero o falso, possiamo assegnare pari probabilità ad entrambe . Questo principio ha trovato applicazione in diversi campi, oltre l’economia, la scienza, la statistica, la filosofia ed anche la psicologia.

Vediamo se è possibile applicarlo anche nel campo delle problematiche affettive.

Una persona non sa se credere o meno al proprio partner e non ha valide informazioni per propendere per un ipotesi o un altra. Può essere una promessa di matrimonio, una dichiarazione d’amore, il dichiarare di non aver tradito o qualsiasi altra problematica. Può essere vero quello che afferma; può essere falso. E’ identico al lancio di una monetina: le probabilità sono pari.

Ma quali sono le possibile conseguenze.

  • Supponiamo che accettiate per vero quanto vi viene dichiarato. Se l’altro è nel falso, non guadagnate nulla, ma se è nel vero godrete appieno della serenità e della felicità che derivano dall’aver dato fiducia.
  • Supponiamo che rigettiate quanto vi viene dichiarato. Se l’altra persona è nel falso non perdete nulla. Ma se l’altro è nel vero, avete perso una possibilità di essere sereni felici col vostro partner.

Ritengo che bisogna sempre valutare qual è la posta in gioco. Più essa è alta più vale la pena scommettere sul fatto che le dichiarazioni dell’altro siano veritiere.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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LA NEGOZIAZIONE DI COPPIA

Jules ebbe degli echi dei loro attriti. Raccontò loro una storia indù:

«Due amanti provavano i tormenti dell’amore e della gelosia. Conobbero insieme la più grande felicità, e la sciuparono. Molte volte si separarono e si ritrovarono, più innamorati di prima. Ma ognuno fece soffrire l’altro. Si lasciarono per sempre. Qualche anno dopo lui, col cuore spezzato, volle rivederla prima di morire. La cercò, viaggiò, pensando che, dovunque lei fosse, la sua bellezza l’avrebbe resa famosa. La ritrovò vedétte di una di una compagnia di danzatrici che conducevano un’esistenza frivola. Le andò incontro, la guardò, e non trovava niente da dirle, e le lacrime gli scendevano dagli occhi. Seguì la compagnia, e contemplava l’amica che ballava e sorrideva per gli altri. Non c’era rimprovero in lui, e non desiderava da lei che il permesso di guardarla. “Finalmente mi ami davvero!” gli disse lei».

Jules disse a Kathe: «La tua massima è questa: in una coppia bisogna che almeno uno dei due sia fedele: l’altro».

Disse pure: «Se si ama qualcuno, lo si ama così com’è. Non si desidera influenzarlo, perchè, se ci si riuscisse, non sarebbe più lui. Meglio rinunciare all’essere che si ama che cercare di modificarlo con la pietà o la tirannia».

Jim avrebbe voluto morire di Kathe. Sopravvivere era un’offesa. I ragni maschi lo sanno, e anche le loro femmine.

dal film Jules et Jim – Francois Truffaut –

 

Avete presente quando discutete su come spendere i vostri soldi, come suddividervi la gestione della casa, dove andare in vacanza, ecco, in quei momenti state negoziando o almeno ci provate.
Possiamo dire che è un’esperienza abbastanza comune, un modo particolare di comunicare e in quanto tale può sicuramente essere migliorato. Seguendo semplici indicazioni potrai diventare abile nel chiedere ciò che desideri senza dover manipolare o mettere in disparte il tuo partner.
Visto che ormai è chiaro a tutti che il conflitto tra due persone, che desiderano cose diverse, è inevitabile, vediamo come si può affrontare meglio.
Cominciamo sottolineando che è opportuno non attaccare direttamente l’altra persona ma cercare di separare i propri sentimenti dalla questione in discussione, concentrandosi sugli interessi ricercati e non su posizioni rigide, arrivando ad una decisione reciprocamente accettabile con flessibilità e perserveranza.
Allora a lavoro!!!!
La negoziazione si svolge attraverso cinque stadi.
PREPARAZIONE
REGOLE DI BASE:
Accetto il conflitto con serenità: il conflitto è inevitabile, essere in disaccordo è naturale e può essere un momento di crescita. Non è la rovina della coppia.
Voglio riuscire a raggiungere un accordo che sia per entrambi positivo.
Voglio abbandonare l’idea di volere vincere a tutti i costi.
Voglio essere flessibile, voglio cercare di liberare la mia mente dai pregiudizi
Dopo esserti chiarito queste regole di base inizia con una descrizione della situazione.

Adesso descrivi quali sentimenti ed emozioni ti caratterizzano nel momento in cui pensi a ciò che sta succedendo.
SENTIMENTI /EMOZIONI
Quindi cerca di descrivere quali sono gli interessi del tuo partner e i tuoi e quali possono essere comuni.

I mie interessi: ….
Gli interessi del partner: ….
I nostri interessi: ….

A questo punto analizza le soluzioni possibili considerando quale sarebbe per te la soluzione ideale, come potresti andare incontro al tuo partner e cosa invece sarebbe inaccettabile.

Soluzione ideale:

Come potresti andare incontro a:

Soluzione inaccettabile:

DISCUSSIONE

In questa fase si comincia a parlare ed è opportuno seguire le fasi della Preparazione quindi si comincia a:

Descrivere i fatti come si vedono

Esprimere le emozioni sia le tue sia quelle del tuo partner

Come si vede il problema rispetto agli interessi del tuo partner, ai tuoi e a quelli in comune

Osservare come il problema sia complicato da desideri di sostegno, fiducia, contatto e libertà

Lavorare su possibili soluzioni finché non sono chiari bisogni e interessi. Proponi la tua soluzione ideale.

Se si è impantanati in una discussione è opportuno fare un passo indietro e ricominciare seguendo questa logica:
Io penso (i fatti concreti)……………………………..
Io sento (le emozioni)………………………………….
Io voglio (gli interessi)……………………………….
Io desidero (le astrazioni)……………………………..
Forse si potrebbe (tentativo di soluzione)………………..

Nella negoziazione è importante utilizzare una comunicazione efficace e quindi seguire alcune regole fondamentali:

Non attaccare, non minacciare, non incolpare, non scoraggiare.

Avere una atteggiamento empatico, mettersi nei panni del partner per meglio comprenderlo.

Utilizzare l’ascolto attivo, parafrasare, riassumere e fare domande per comprendere meglio il punto di vista dell’altro.

Perseguire l’obiettivo: raggiungere una soluzione reciprocamente accettabile.

PROPOSTA/CONTROPROPOSTA

In questa fase entrambi i partner propongono una soluzione possibile, inizialmente estremamente diverse poi a poco a poco la soluzione più plausibile si connota come interesse di entrambi.

Per facilitare questo processo si possono tenere in considerazione alcuni classici metodi per raggiungere un compromesso.

“Io taglio la torta e tu fai la prima scelta”, o meglio uno decide come poter dividere una situazione e poi l’altro sceglie una delle due possibilità.

“Facciamolo entrambi avremo così un migliore risultato per tutti.” Ad esempio perché non stendiamo insieme i panni così io finisco prima e posso fare una buona cena e tu hai il tempo per leggere il giornale.

“Periodo di prova.” Lasciamo che tu vada una volta a settimana a fare quella cosa vediamo se in questo modo migliora la qualità del tempo che trascorri in casa.

“Facciamo a modo mio quando tocca a me, a modo tuo quando tocca a te.” Quando guido io vado a questa velocità, quando guidi te a quella che vuoi.

“Pari e patta.” Se tu pulisci il bagno una volta a settimana io farò la lavatrice una volta a settimana.

“Uniamo ciò che voglio io con ciò che vuoi tu.” Io mi prendo carico di fare questa cosa che a te non piace ma tu fai questa altra per me.

“Dividiamo la differenza.” Non mi interessa spendere per quell’oggetto, ma a te sì io mi prendo la metà del prezzo e compro un’altra cosa.

DISACCORDO

Questa è la fase più difficile. Per riuscire a superarla bisogna dirsi che non è la fine di tutto, ma solo una fase naturale della negoziazione. Quando si giunge alla fase del disaccordo è segno che bisogna fare qualche revisione alle fasi precedenti. Vediamo come:

Cerca una nuova controproposta, usando una diversa strategia di compromesso.

Ritorna alla discussione sugli interessi e i bisogni.

Fate un brainstorming (scrivete su carte tutte le possibili soluzioni che vi vengono in mente anche quelle meno sensate)

Quando uno dei due o entrambi siete veramente stanchi chiedete una pausa.

Ritorna alla fase della preparazione. Trascorri più tempo a cercare gli interessi comuni e le risoluzioni creative. Riesamina i tuoi sentimenti. Acquisisci ulteriori informazioni necessarie.

ACCORDO

Finalmente siete entrambi d’accordo su un’opzione che vi rende felici. Prima di dichiarare chiusa la negoziazione siate ben sicuri che vada per entrambi bene e ognuno di voi potrà per evidenziare ciò esprimere ad alta voce il suo consenso.

ARTICOLO SCRITTO DA BARBARA MODERATRICE DEL FORUM

 

Dott. Roberto Cavaliere

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