MAMMA SEPARATA VIVE LONTANO DAL FIGLIO PER LAVORO: QUALI CONSEGUENZE?

Come si deve gestire l’affidamento del figlio se la mamma è obbligata ad essere lontana dal bambino anche per lunghi periodi

MAMMA SEPARATA VIVE LONTANO FIGLIO PER LAVORO – Salve, mi chiamo S., ho 27 anni e da poco tempo seguo il vostro gruppo. Ho letto alcune storie che avete pubblicato e se possibile mi piacerebbe raccontare anche la mia per ricevere un riscontro, un’opinione, un supporto per poter andare avanti. Cercherò di essere breve anche se ho tante cose da dire. Fino allo scorso anno ho lavorato in un’azienda vicino alla mia città, ero un commerciale estero e il mio titolare aveva molta considerazione di me…finché non ho scoperto di essere incinta.

Dopo neanche tre mesi di gravidanza ho avuto una minaccia d’aborto e il ginecologo mi ha dato la maternità anticipata. Dunque dovetti smettere di lavorare e stare il più possibile a riposo. Questa situazione ovviamente è andata a scapito del mio posto di lavoro.

Il mio titolare trovó modo di parlarmi e mi fece capire chiaramente che se appena finita la maternità obbligatoria non fossi tornata al lavoro mi avrebbe licenziata. Così nacque mio figlio e allo scadere del suo terzo mese di vita tornai a lavorare trovando un ambiente completamente diverso: venni privata di tutte le mansioni che ricoprivo prima della maternità e non venivo più rispettata ma solamente maltrattata.
Così, sentendomi messa con le spalle al muro e percependo il rischio del licenziamento, cominciai a guardarmi intorno e a cercare un altro impiego. Mandai curriculum su curriculum in ogni dove senza mai ricevere una risposta finché non venni a conoscenza di una selezione che si svolgeva a Milano per andare a lavorare come assistente di volo in Emirates.

Non aspettandomi nulla decisi di provare e partecipai alla selezione. Nel frattempo con il mio compagno le cose non stavano andando a gonfie vele, litigavamo spesso, lui non si fidava di me perché ogni volta che un amico o un vicino di casa o un uomo mi scriveva un semplice “come stai” diventava una tragedia.

Con il passare dei giorni Emirates mi chiama dicendomi che ero stata selezionata e mi invia il contratto di lavoro. Avendo bisogno di lavorare per poter mantenere mio figlio decisi, con gran sacrificio, di accettare il contratto e così a luglio, seppure a malincuore, partii per Dubai vedendomi costretta ad allontanarmi da mio figlio che allora aveva solamente nove mesi.

Questa mia decisione non ha fatto che peggiorare le cose tra me e il mio compagno, il quale ha cominciato a far leva sul fatto che avessi preso la decisione di mia spontanea volontà senza chiedere il suo parere, rinfacciandomi più e più volte di aver abbandonato mio figlio, ripetendomi che non ero una buona madre e così via.

Queste cattiverie gratuite mi hanno sempre ferita dentro in quanto mio figlio è tutto per me e se ho accettato questo lavoro l’ho fatto solo ed esclusivamente per lui, per mettere da parte dei soldi in previsione di un futuro insieme a mio figlio, e per dare una svolta al mio curriculum in quanto convinta che un’esperienza del genere avrebbe potuto aprirmi nuove strade in Italia.

Ora io e il mio compagno, per queste ragioni, non stiamo più insieme. In questo momento è il padre di mio figlio che si sta prendendo cura di lui assieme ai suoi genitori. Prima di partire per Dubai vivevamo insieme in un appartamento in affitto. Dopo il mio trasferimento ha voluto portare la residenza del bambino nella casa dei suoi genitori dove tuttora sta vivendo e come se non bastasse, il mio ex compagno ha preteso di organizzare un incontro con degli avvocati e una psicologa dell’età evolutiva perché sostiene che il bambino vada tutelato in una situazione così “anomala”.

Per nulla d’accordo sul ricorrere a questi mezzi ho comunque accettato di presenziare all’incontro e di seguito riporto ciò che è venuto fuori. Premesso che il mio lavoro mi permette di tornare in Italia in media ogni mese e mezzo per una settimana, secondo la psicologa le mie comparse e scomparse con il bambino devono essere graduali, ad esempio il primo giorno non posso passare più di 4 ore di tempo con mio figlio, il secondo giorno 5 ore e così via per poi ti diminuire il tempo a pochi giorni dal ritorno a Dubai.

Non posso portare il bambino a dormire con me perché sarebbe meglio che dormisse a casa sua, nel suo lettino. Non posso portare mio figlio con me a Dubai né può venire a trascorrere le vacanze da me finché non avrà compiuto almeno tre anni (ora ha 17 mesi). Questi sono i punti principali su cui la psicologa ha insistito.

Venendo alla relazione con il mio ex compagno, è possibile un riavvicinamento con lui solo e solo se cambio radicalmente il mio modo di essere e di comportarmi: in altre parole dovrei licenziarmi, tornare in Italia (dunque lasciare qualcosa di certo per l’incerto) mandando all’aria il sacrificio di 8 mesi spesi all’estero alla ricerca di un futuro migliore per me è per mio figlio, tornare in Italia senza un lavoro, senza un compagno e senza soldi per poter crescere un figlio; allontanarmi da mia madre (Lorenzo, il mio ex, mi ha sempre condannata per essere molto legata a mia madre, la quale la definisce una persona “frustrata” e che mi ha rovinato la vita (io mi chiedo qual è quella figli che non parla e non si confida con sua madre); dovrei smettere di rispondere a qualsiasi persona di sesso maschile, amico, vicino di casa o pretendente che sia.

Insomma queste le condizioni per poter tornare insieme al mio ex compagno, dovrei trasformarmi completamente in un’altra persona. Ora io mi chiedo: dopo tutte le cattiverie e il male che mi ha fatto, ne vale la pena? Premesso che per me mio figlio è tutto, qual è il bene di mio figlio?

Tornare con lui e far pesare le tensioni che abbiamo sul nostro bambino o sarebbe meglio ricominciare una nuova vita con un altro uomo in grado di farmi stare bene? Ma soprattutto, quanto espresso dalla psicologa ha un fondamento, o anch’io ho diritto a stare con mio figlio? Io sto cercando di fare di tutto pur di avere mio figlio al mio fianco ma ogni tentativo sembra vano.

Sto cercando persone che a abbiano un background simile al mio per sapere se ho delle chance per avere mio figlio con me. Questa è la ragione principale che mi ha spinta a contattarvi, vorrei un parere in merito e possibilmente dei consigli su come agire allo scopo di ottenere l’affidamento di mio figlio. Che posso fare?

È vero che la scelta che ho fatto può costituire un trauma per il bambino perché non abituato ad avere una mamma con sé? È vero che la lontananza da lui può avere effetti catastrofici sulla sua crescita? Che posso fare per far sí che il bambino cresca sicuro di sé, felice e forte? E che posso fare io come madre per averlo il più possibile con me?

Che posso fare per avere mio figlio? Non penso di essere l’unica al mondo ad avere un figlio ma lavorare lontana da lui. Vi prego aiutatemi, vorrei sapere come posso muovermi e quali gli effetti e le conseguenze della mia lontananza sul bambino. In fondo é per lui che sto facendo questo sacrificio (che spero porti i suoi frutti i n futuro) e comunque mi connetto su Skype quasi tutti i giorni (orari di lavoro e fuso orario permettendo) per parlare con lui affinché mi riconosca, mi veda e mantenga il contatto con me. Grazie mille per l’attenzione e spero vivamente che possiate darmi una mano in questo senso.
Lei mi pone tutta una serie di domande, fra cui molte su suo figlio, che meritano ben altro spazio ed approfondimento di quello di una consulenza online. Per quanto riguarda suo figlio la invito a confrontarsi maggiormente colla psicologa dell’età evolutiva e ad esprimere a lei le sue perplessità . In linea di massima posso dirle che un bambino piccolo si avvantaggia di una continuità della presenza e delle cure materne , ma ciò non toglie che non si possa mediare in tal senso.

Per quanto riguarda il suo compagno ritengo che le sue scelte professionali non debbano essere condizionate dal suo partner ma semplicemente essere oggetto di confronto con lui. Fermo restando che spetta a lei la decisione ultima sulla sua vita. Faccia quello che sente anche se fare quello che sente significa effettuare rinunce e sacrifici in altri campi.

COSA FARE SE LEI E’ INDECISA TRA NOI E L’EX

Una crisi della relazione può portare la compagna a ripensare al suo ex e a mettere in discussione un rapporto lungo

COSA FARE SE LEI STA PENSANDO DI TORNARE CON L’EX – Buongiorno, sono qui a scrivere per raccontare la mia storia e capire… 6 anni fa mi innamorai di una mia amica questa amica aveva vissuto una storia di 10 giorni con un mio amico, ma lui poi se ne ando con un’altra e finì male comunque …

per due anni sono stato dietro a lei facendo mille gesti per cercare di conquistarla ma lei era restia poi però, dopo due anni, ci siamo messi insieme ed è iniziata una bellissima storia d’amore con mille complicità attenzioni… mi amava e io amavo lei.. una storia durata 4 anni e lei dopo due anni già cominciava a parlare di sposarsi, ma io avevo paura.

Per due anni le dissi di no, forse, non lo so poi è subentrata la crisi e ormai sembrava quasi che non eravamo nemmeno fidanzati. Lei per due anni piangeva, ma non davanti a me e io davo priorità ad altro finchè un giorno lei con le lacrime agli occhi mi ha detto tutto ed io mi sono sentito male… ho reagito subito, sentivo che stavo perdendo la donna della mia vita.

Ho cercato di fare tutto il possibile, persino la promessa di matrimonio, poi una scoperta bruttissima: ai primi di giugno 2013 sentivo che qualcosa non andava e così ho scoperto che lei si sentiva con questo mio ex amico via facebook senza dirmi nulla. Quando l’ho saputo ero a pezzi e l’ho chiamata e ci siamo visti.

Lei si è messa a piangere dicendo che mi aveva perso e che aveva sbagliato, io mi sono sentito in colpa per averla trascuarata e l’ho abbracciata e poi mi ha detto di dormire a casa sua perchè se me ne fossi andato non mi avrebbe più rivisto..

Così feci anche se con molto dolore le cose per qualche giorno sembravano migliorare ma poi lei è caduta in confunsione, una confusione durata per dieci mesi.. dove ricevevo boh e non lo so come risposta, ma anche: “a lui gli voglio bene”. Sono stati dieci mesi di infiniti messaggi e litigate.

Lei tiene a me ma tiene anche a lui e io non ce la faccio più! Ora mi sono allontanato definitivamente anche se lei mi cerca e mi dice: “Il futuro lo vedo con te ma per ora è così”… dall’altra parte c’è quest’altro che gli sta parlando di futuro insieme ecc, é un tipo che crede nel principe azzurro e nell’amore vero. Io ho provato a dirlgi che sta paragonando 10 giorni con una storia di 4 anni e un matrimonio.

Lui nel periodo di crisi le ha dato ciò che non davo io, ovvero lo scherzo, la spensieratezza. Io ho 30 anni e lei 27. Le ho raccontato in sintesi la storia. Che ne pensa e che mi consiglia?

Ritengo che la sua compagna debba approfondire il perché di questo ritorno di fiamma per un suo ex. Non significa necessariamente che lo ama ancora ma potrebbe essere un momento di crisi individuale o di coppia. Bisogna fare chiarezza, stare ancora nell’incertezza dopo 10 mesi non aiuta certo la vostra relazione. Non bisogna forzarla a prendere una decisione ma ad approfondire e  fare chiarezza.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

PERCHE’ LE DONNE CERCANO UOMINI PIU’ GIOVANI

Sono sempre più numerose le coppie in cui è la donna a essere la più grande di età, ma da cosa dipende questo fenomeno? Cosa cercano le donne in un uomo più giovane?

Perché le donne vogliono partner giovane

Sono diverse le motivazioni che spingono una donna a cercare un partner più giovane e inizierei escludendo quella più ovvia: la ricerca di una relazione madre-figlio. Quest’ultima tipologia è da scartare perché retaggio più di una concezione popolare piuttosto che corrispondente a un vero vissuto.

Invece le reali motivazioni sono quasi le stesse che portano anche un uomo a scegliere una donna più giovane. Innanzitutto c’è un desiderio narcisistico disentirsi ancora giovani, belle e seduttive attraverso la conquista del partner più piccolo d’età. Segue un desiderio di godere della leggerezza, della spontaneità e dello slancio vitale che un partner più giovane può offrire rispetto a un coetaneo o rispetto a un uomo più anziano.

Inoltre l’uomo adulto avendo perso un po’ di virilità agli occhi del femminile non rappresenta più un punto di riferimento per cui qualsiasi sia l’età anagrafica dell’uomo agli occhi della donna non fa molta differenza, tanto vale cercare l’esuberanza del giovane rispetto all’essere pantofolaio del coetaneo o dell’uomo più maturo. Questa ricerca è maggiormente accentuata alla fine di una relazionedopo una separazione. La delusione che segue tali eventi può portare alla ricerca di altro. Si tende a vedere nel partner giovane una maggiore lealtà e fedeltà.

In tale tipo di ricerca si potrebbe nascondere anche un desiderio di maggiore controllo sulla relazione che potrebbe essere possibile attraverso la differenza d’età. Ma la ricerca di un uomo più giovane da parte di una donna trova una forte opposizione sociale nella cultura, non è accettata e il più delle volte perseguita dai familiari. Ed ecco che una relazione che dovrebbe dare gioia, dopo un primo periodo idilliaco iniziale può comportare diverse problematiche in seno alle famiglie d’origine.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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COME IMPEDIRE CHE IL FIGLIO ADOLESCENTE SI ALLONTANI

Uno dei timori dei genitori separati (e non solo) è che lo scontro che si genera nel periodo dell’adolescenza rovini il rapporto con i figli, cosa fare?

I litigi con il figlio adolescente

Salve, è qualche tempo che non riesco ad avere più dei buoni rapporti con mia figlia. E’ piccola, ha 12 anni e ultimamente litighiamo per tutto, è molto disobbediente e così via. Siccome sono una mamma single ho paura che si allontani e che sia impossibile recuperarla e magari così potrebbe correre dei rischi. Dove sto sbagliando? Cosa posso fare?

Lei definisce sua figlia piccola, ma avendo 12 anni sta entrando nella fase adolescenziale caratterizzata dall’esigenza di disubbidire ed essere conflittuale per avviare un processo di svincolo dalle figure genitoriali. E’ naturale che lei essendo single temi ancor di più questo allontanamento ed entri in ansia. Cerchi di mantenere il dialogo con sua figlia mantenendo allo stesso tempo anche il ruolo genitoriale seppur con una maggiore flessibilità.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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LA SINDROME DELLA CROCEROSSINA, COME SUPERARLA IN 10 MOSSE

Fare tutto per lui, cominciare una relazione solo con chi ha bisogno di essere accudito, ovvero fare la crocerossina: come possiamo smettere?

Superare sindrome crocerossina

La sindrome della crocerossina caratterizza tutte quelle donne che instaurano relazioni sulla base del prendersi cura dell’altro, vale a dire del partner. Per potersi prendere cura del partner, ovviamente, scelgono un partner che ritengono bisognevole di cure quali partner con problematiche di dipendenza di vario genere o con tratti temperamentali e comportamentali che rimandano all’idea di doverli curare.

Come superare tale sindrome? Innanzitutto chiedendosi perché c’è questo desiderio di curare qualcun altro. E’ solo un istinto naturale, tipico delle donne, o nasconde ben altro ? Potrebbe nascondere un’incapacità di amare autenticamente dando il giusto valore a se stesso e all’altro.

Potrebbe nascondere l’incapacità di prendersi cura di se stessi, lo spostare l’attenzione sui problemi dell’altro piuttosto che sui propri.
Potrebbe essere la replica di copioni relazionali visti attuati dai propri genitori durante l’infanzia. E altre mille cause ancora. Prendere atto che non è un istinto naturale e indagare le possibili cause di tale sindrome sono passaggi necessari per il superamento.

Per attuare ciò sono utili sia forme di psicoterapia individuale o di gruppo che gruppi d’auto-aiuto.  Non dimentichiamo che prima di prendersi cura dell’altro, capire i suoi bisogni, è necessario prendersi cura di se stessi, comprendere i propri di bisogni.

Concluderei con questo decalogo della psicologa statunitense Robin Norwood

LA VIA DELLA GUARIGIONE

  • Andare a cercare aiuto
  • Considerate la vostra guarigione una priorità che ha il diritto di precedenza su qualsiasi altra
  • Trovate un gruppo di sostegno fatto da vostre pari che vi capiscano
  • Sviluppate il vostro lato spirituale con esercizi quotidiani
  • Smettete di dirigere e controllare gli altri
  • Imparate a non lasciarvi invischiare nei giochi di interazione
  • Affrontate coraggiosamente i vostri problemi e le vostre manchevolezze personali
  • Coltivate qualsiasi bisogno che debba essere soddisfatto in voi stesse
  • Diventate “egoiste”
  • Spartite con altre donne quello che avete sperimentato e imparato

Trovate affermazioni positive da ripetervi più volte nel corso del giornata: hanno il potere di eliminare i pensieri e i sentimenti distruttivi, anche quando la negatività dura da anni

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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COME FARE SE I FIGLI NON ACCETTANO IL SECONDO MATRIMONIO

Il secondo matrimonio può essere un piccolo dolore per un figlio, ecco come dobbiamo comportarci per fare in modo che le seconde nozze siano anche per il bambino un momento di gioia

Non è raro che i figli non accettino il secondo matrimonio dei genitori dopo la separazione. Per stabilire come comportarsi in tal caso è necessario, innanzitutto, cercare di rispondere a queste quattro domande:

  • Perché non l’accettano ?
  • Che cosa non accettano del secondo matrimonio ?
  • C’è una responsabilità anche dell’ex partner in questa mancata accettazione ?
  • C’è una responsabilità del nuovo partner in questa mancata accettazione ?

Qualsiasi comportamento richiede una fase preliminare di profondo ascoltodelle ragioni dei figli sulla mancata accettazione, sul perché e sul cosa non accettano. Si tenga presente che anche la modalità con cui si è vissuta la separazione, se in maniera più o meno conflittuale, incide sull’atteggiamento dei figli.

Molto importante è anche l’atteggiamento dell’ex partner al riguardo. Cercare un alleanza in quest’ultimo affinchè i figli accettino è importante. Dopo aver ascoltato attivamente ed aver approfondito tutti questi aspetti far seguire una fase d’intesa operativa coi figli. Cercare, di comune accordo, il superamento delle criticità emerse, concedere un tempo di elaborazione di tale criticità.

Se nonostante tutto questo lavoro l’accettazione non arriva ? Accettare a propria volta che i figli non necessariamente debbono accettare il secondo matrimonio, che forse tale accettazione arriverà cogli anni o forse non arriverà mai. L’essenziale è aver fatto tutto il possibile perché ciò avvenisse.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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PERCHE’ I SENTIMENTI NEGATIVI VERSO L’EX SONO DIFFICILI DA SUPERARE

Si può provare rancore nei confronti dell’ex coniuge anche per molti anni dopo la separazione, cosa ci impedisce di andare oltre?

Superare sentimenti negativi ex

Rabbia, odio, risentimento e altri sentimenti negativi post-separazione sono abbastanza comuni soprattutto se la separazione è stata subita o è maturata sull’onda di una forte conflittualità di coppia o di un evento come il tradimento.

Come reagire se lui si risposa

In questi ultimi casi la separazione nasce sulla base di sentimenti negativi che tendono a perdurare nonostante la separazione stessa perché non sono state affrontate le vere cause che le hanno generate. E’ come se di fronte ad una febbre alta si prendesse solo l’antipiretico per abbassare la febbre senza ricercarne le vere cause e cercare di curarle.

In più la separazione con l’ulteriore strascico di conflittualità che comporta non solo non attenua tali sentimenti negativi ma addirittura li amplifica. Conclusione:il rimedio (la separazione) peggiora il male (i sentimenti negativi.) In questi casi si rende necessario un percorso introspettivo che aiuti quella separazione psicologica dall’ex partner ed elabori i sentimenti negativi che ancora permangono.

Finirei con una massima che è anche un consiglio da attuare:
Perdona gli altri, non perché essi meritano il perdono,ma perché tu meriti la pace.

Buddha

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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IL SACRIFICIO IN AMORE

IL SEGUENTE ARTICOLO E’ TRATTO DA UN’INTERVISTA AL DOTTOR CAVALIERE SUL SETTIMANALE “VIVERSANI & BELLI”

«L’amore oblativo, quello che ha raggiunto il più alto livello di maturazione psichica e affettiva, non ha nemmeno un’età. Però, ha una condizione: non si aspetta dall’altro nulla in cambio. Il gesto ha l’unico obiettivo di dare benessere a chi lo riceve. Questo, è un dono sacro che non tutti sanno offrire. Alcuni, infatti, si sacrificano per far sapere all’altro ‘guarda quanto sono capace di amarti’, nella speranza che il loro oggetto d’amore appaghi il suo ego e li apprezzi più di prima», afferma Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta esperto di “mal d’amore”. «In generale, però, potremmo dire che con l’avanzare dell’età, il giudice supremo, la ragione, acquista più forza nella scelta. La passione viene ancora ascoltata, ma per periodi più brevi rispetto a quanto si fa quando si è più giovani, quando si è più impulsivi».

Il valore del sottrarsi

“Nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio”, ha detto il Mahatma Gandhi. Vale anche per la conquista dell’amore del partner? «L’amore sacrificale potrebbe nascondere egoismo, pretesa, o essere un test per mettere alla prova se stessi e l’altro», fa riflettere il dottor Cavaliere. Certo è che «bisogna sdoganare il concetto di amore romantico, dove il sentimento è senza limiti. Un coppia non è una favola dove tutto fila liscio: i due individui, nel momento in cui pensano alla costruzione del noi, devono anche essere disposti a fare un sacrificio per l’altro». Potrebbe trattarsi del cambiare stile di vita, cioè rinunciare a qualche uscita con gli amici o a qualche hobby per passare più tempo con il compagno, per esempio. E non c’è una sottrazione di una parte di sé che ha più valore di un’altra, l’importante è che ciò che si fa, sia autentico.

Ci si potrebbe pentire se…

Supponiamo che dopo avere accettato la richiesta dell’altro di fare un sacrificio, o che dopo essere faticosamente scesi a patti con noi stessi abbiamo messo nel cassetto il sogno di una vita, ci pentiamo: che cosa potrebbe succedere? «L’amore oblativo non si pente mai, perché ha compiuto il gesto in modo gratuito», sostiene Cavaliere, «si pente l’amore che è stato spinto da un moto passionale, senza lasciare alla ragione il tempo di meditare un sì definitivo. Dovremmo sempre chiederci se vogliamo davvero quello che stiamo per compiere».

L’altra metà del sacrificio

Daniela Spada, compagna dell’attore Cesare Bocci, durante una presentazione del loro ultimo lavoro narrativo a quattro mani “Pesce d’aprile”, che racconta di come insieme sono diventati più forti dopo che lei, a una settimana dal parto, ha dovuto affrontare le conseguenze di un ictus che l’ha costretta a cure e a un lungo lavoro di riabilitazione fisica, ha detto: “Nonostante lui volesse rimanermi accanto, io gli ho chiesto di non rifiutare le proposte di lavoro. Una volta uscito di casa avrei pianto, ma volevo che lui non si privasse di ciò che ama fare”. Si tratta di una rinuncia alla cura da parte del partner: un (doppio) sacrificio, potremmo dire, con una faccia diversa…«L’amore di semplice ha ben poco: richiede una continua messa in discussione, richiede il “sacrificio” di crescere, non più da soli, ma in due. Mettere da parte il proprio ego è un gesto ricco di comprensione, accoglienza e potenzialità di andare oltre», continua Cavaliere.

Box/Quando la rinuncia è per l’amore dei figli o dei genitori

L’amore è amore. Punto. E dovrebbe essere anche incondizionato e lasciato libero di scorrere, sia che fluisca in un rapporto di coppia, in quello con i figli o con i genitori. «Quando si sacrificano il proprio tempo o le proprie ambizioni, per esempio per passare più ore con i figli o gliele si sottrae con la convinzione di dare loro una vita più agiata, oppure quando si rinuncia a qualcosa per accudire un genitore malato, se il gesto è oblativo, allora sarà pieno di riflessione, ma privo di ripensamenti». Altrimenti? «Potrebbe essere il pretesto per non fare i conti con le proprie paure di fallire in questi aspetti della vita, o di non sentirsi abbastanza, o all’altezza di permettersi altro. Il discorso, però, potrebbe prendere una piega diversa. Molto dipende dalla storia personale di ognuno. Nel sacrificio potrebbe nascondersi la mancata domanda: ‘io cosa desidero davvero?’. Dovremmo porcela, sempre, per non pentirci poi», sostiene il dottore Cavaliere.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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AMARE E SCEGLIERE TRA DUE UOMINI

IL SEGUENTE ARTICOLO E’ TRATTO DA UN’INTERVISTA AL DOTTOR CAVALIERE SUL SETTIMANALE “VIVERSANI & BELLI”

Indecisa come Bridget Jones

Uno è passionale, emozionante, divertente. L’altro è serio, affidabile, rassicurante. Incapaci di scegliere, ci ritroviamo imbrigliate in un eterno triangolo, tra ripensamenti e tira-e-molla. Bridget Jones insegna: chi non supera l’impasse rischia di restare single per sempre.

PASSIONE O AMORE?

«In una società edonistica, fondata sulla ricerca del piacere, si fa spesso confusione tra passione e amore», spiega il dottor Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta a Milano, Roma, Napoli e Salerno. «La prima è alimentata dalle differenze, dai contrasti, che fanno apparire l’altro come misterioso, irresistibile, affascinante. Il secondo si basa sulla condivisione e sull’affinità, essenziali per una progettualità comune. La passione è la prima fase dell’amore: siamo attratti da ciò che è dissonante, nuovo, diverso da noi, ma per passare alla seconda fase, quella dell’amore vero, è necessario ritrovare nell’altro le nostre stesse aspirazioni di vita, i medesimi valori. A volte non riusciamo a passare da una fase all’altra, ma questi due bisogni continuano a convivere e a scontrarsi: il desiderio di stabilità sprona a cercare partner responsabili, con cui costruire qualcosa di solido, ma il ricordo delle “farfalle nello stomaco” e del batticuore dei primi tempi spinge controcorrente, verso amanti narcisisti, sfuggenti. Come diceva Proust, desideriamo ciò che non possediamo del tutto».

Anche lui può restare imbrigliato in un triangolo amoroso, indeciso, come Ulisse, tra il richiamo sensuale della sirena e il bisogno di sicurezza e stabilità della sua Penelope. Una situazione che provoca dolore e frustrazione in entrambe le “pretendenti”. «Cerchiamo di capire le motivazioni dei suoi dubbi ma, se questi si trascinano da tempo, mettiamolo alle strette», consiglia lo psicologo. «Spesso queste donne si tormentano chiedendosi cosa c’è che non va in loro e perché non vengono “scelte”, mentre il problema è in lui, che non si decide per irresponsabilità o paura di sbagliare».

Dottor Roberto Cavaliere

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FRIENDZONE: LA ZONA AMICALE DELLE RELAZIONI

IL SEGUENTE ARTICOLO E’ TRATTO DA UN’INTERVISTA AL DOTTOR CAVALIERE SUL SETTIMANALE “VIVERSANI & BELLI”

L’amicizia può diventare amore? Se vi sentite come Rachel e Ross in “Friends”, legati da un affetto fraterno che vi rassicura e vi scalda il cuore, probabilmente vi trovate nella cosiddetta “friendzone”, un’area protetta di comfort in cui fiducia, comprensione e sostengo sono garantiti e non c’è spazio per le delusioni. Ma i sentimenti sono imprevedibili e, se l’altro comincia a far battere il cuore, non si può far finta di nulla: è ora di uscire dall’area amicale.

BUTTARSI O NO?

Avventurarsi fuori dalla friendzone vuol dire mettere in discussione un rapporto che ha basi solide, fondato su empatia, fiducia, lealtà, condivisione. Si dice che un amore è sostituibile, un amico no: vale la pena rischiare? Sì, perché, fingendo che nulla sia cambiato, il rapporto con l’altro risulterebbe falsato, non più autentico come prima. Bisogna mettere in conto i rischi: non solo di ricevere un no, ma anche di dover ricostruire l’amicizia.

 

SI PARTE IN VANTAGGIO  

«L’amore che scoppia tra due amici salta la fase iniziale dell’idealizzazione, in cui si tende ad avere un’attenzione selettiva verso gli aspetti dell’altro che risultano più affascinanti, rifiutando quelli che invece non combaciano con la propria immagine mentale di perfezione», spiega il dottor Roberto Cavaliere, esperto di problematiche di coppia. «Generalmente, quando la passione comincia a stemperare, l’immagine ideale entra in conflitto con quella reale e ciò genera delusione per il mancato rispetto delle aspettative iniziali. L’amicizia invece si fonda sulla conoscenza profonda dell’altro e l’accettazione di pregi e difetti. Non ci sono forzature per apparire sempre al meglio, come accade specialmente nelle prime fasi di una relazione amorosa. Ci si mostra per quello che si è, con spontaneità e naturalezza, e questo è senza dubbio un vantaggio».

COME FRATELLI

C’è anche il rovescio della medaglia. «La complicità, il cameratismo, l’affiatamento profondo si scontrano con il bisogno di scoprire l’altro un po’ alla volta, perché è quel pizzico di mistero che rende l’altro desiderabile e affascinante», prosegue l’esperto. «Vale anche dal punto di vista fisico: l’eccessiva confidenza diventa trascuratezza, mancanza di attenzione ai dettagli. Con un amico si può uscire anche in tuta e senza trucco, ma così lui non vedrà mai l’altro come un oggetto del desiderio».

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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