CHE COSA FARE SE I FIGLI NON SOPPORTANO LA NUOVA COMPAGNA DI PAPA’

Può capitare che i figli abbiano un comportamento ostile nei confronti della nuova fidanzata del padre, come ci si deve comportare in questo caso per aiutarli?

Spesso capita che i figli dimostrino un’ostilità più o meno palese nei confronti della nuova compagna del padre. Tale ostilità può originare da varie cause:

 

  • figli potrebbero non essere pronti e maturi ad accettare una nuova presenza femminile al fianco dei padri memori dell’abitudine a vedere propria madre al suo fianco;

 

  • Il modo di portare avanti la relazione della nuova compagna con i suoi figli chenon favorisce una sua integrazione nella famiglia allargata;

 

  • Gelosia dell’ex moglieche si riverbera sui figli e usa questi ultimi per attaccare la nuova arrivata;

 

  • Rifiuto del nuovo ruolo affettivoed eventualmente genitoriale della nuova compagna;

 

  • Altre problematiche legate acaratteristiche psicologiche individuali dei figli.

Che fare in questi casi?

Ascoltare e osservare per comprendere. Vale a dire che i papà devono cercare di capire quali fra queste possibili cause elencate sono all’origine di quest’ostilità dei loro figli. E il loro intervento sarà diverso secondo la causa che origina il tutto. Non bisogna mai dimenticare che nuovi equilibri con i figli necessitano sempre di un approccio preventivo lì dove è possibile.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

HO AVUTO UNA RELAZIONE CON UNA DONNA, E’ UNA SBANDATA O SONO GAY?

Che significato può avere una relazione occasionale con una persona dello stesso sesso?

Buongiorno, sono stata per molto tempo con un uomo ma nell’ultimo anno mi è capitato di avere una relazione extraconiugale con una donna. Mio marito l’ha scoperto e io gli ho detto che però lo amo e che voglio rimanere con lui, dato che oltretutto già da un po’ non vedevo l’altra persona. Ma in realtà non capisco cosa provo: voglio davvero stare con mio marito, è possibile che quella per un’altra donna sia stata solo una sbandata passeggera?

Grazia (nome di fantasia scelto dalla redazione)

La sua domanda richiederebbe un esposizione meno sintetica di quella dell’email al fine di un esame più approfondito. Posso solo formularle una ipotesi su cui la invito a riflettere ed approfondire. Una relazione extraconiugale è sempre sintomo di un disagio individuale e/o di coppia.

Per cui le consiglio di non liquidare il tutto con il termine di ‘sbandata passeggera’ ma di sostituire tale definizione con ‘sbandata relazionale’ da intendere sia in senso affettivo che sessuale ed approfondire queste due dimensioni.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

MIO FIGLIO VUOLE ANDARE A VIVERE DAL PADRE, CHE FARE?

Per un genitore può essere un duro colpo scoprire che il figlio ha scelto di andare a vivere con l’ex, come bisogna comportarsi in questo caso?

Salve, mi sto separando da mio marito e mio figlio ha espresso il desiderio di andare a vivere da lui invece che restare con me. Penso che lo stia facendo perché il padre è estremamente permissivo e gli permette di fare tutto ciò che vuole. Secondo lei cosa devo fare, ostacolare questo suo desiderio o rassegnarmi? Mi costerebbe moltissimo ma se sapessi che lo faccio per lui alla fine cederei

Federica (nome di fantasia scelto dalla redazione)

Non deve ne ostacolare questo desiderio ne rassegnarsi: deve comprendere. Lei dà una sua lettura della richiesta di suo figlio: è sicura che sia quella giusta ?

Solo comprendendo quale siano le vere motivazioni dietro la richiesta di suo figlio potrà decidere quale sia il comportamento preferibile da adottare.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LE PAURE DI CHI HA DIVORZIATO NEI CONFRONTI DI UNA NUOVA RELAZIONE

Chi divorzia è spesso reticente davanti alla possibilità di un legame serio, le ragioni sono profonde e serie, scopriamole insieme per comprenderle

Il nuovo spaventa sempre un po’ soprattutto se deve costruirsi sulle macerie del vecchio. Questa premessa vale soprattutto per chi è reduce da un divorzio e si ritrova a ricostruire una nuova vita relazionale. Le paure che subentrano oltre ai normali timori per il nuovo sono molto legate alla precedente relazione. Proviamo ad analizzarle.
 

•    Innanzitutto, come già detto, c’è la classica paura per il nuovo che avanza, per l’imprevedibilità che esso comporta, per il timore di fallire, fallire di nuovo se reduci da un divorzio.

•    Timore di affidarsi all’altro, inteso sia come affidarsi sia fidarsi, soprattutto se si ritiene che questo affidarsi e fidarsi sia stata una delle cause del fallimento della  precedente relazione.

•    Classica paura di fallire di nuovo, in particolar modo se si è vissuta la fine del proprio matrimonio come un fallimento.

•    Ritenere che non si possa sbagliare di nuovo, che la prossima relazione non deve lasciare spazio a esiti negativi. Della serie: “Ho sbagliato una volta e non posso permettermelo di nuovo”. E’ evidente che l’unica cosa che non ci si può permettere è non ritentare.

•    Senso di colpa nei confronti dei figli. Timore di far rivivere loro di nuovo tutte le tensioni legate a un’ eventuale conflittualità che potrebbe portare una nuova relazione, soprattutto se quella precedente lo è stata.

•    Timore di riversare sul nuovo rapporto tutto il carico di aspettative mancate e di bisogni non corrisposti che non hanno trovato realizzazione in precedenza.

L’elenco di possibili paure potrebbe continuare all’infinito, di tipo individuale, di coppia e legate al proprio passato affettivo e relazionale.

Prendere consapevolezza appieno di esse e tentare di superarle è la condizione essenziale per entrare in un nuovo rapporto di coppia.

“La solitudine genera insicurezza, ma altrettanto fa la relazione sentimentale .In una relazione puoi sentirti insicuro quanto saresti senza di essa, o anche peggio. Cambiano solo i nomi che dai alla tua ansia. Finché dura, l’amore è in bilico sull’orlo della sconfitta. Man mano che avanza dissolve il proprio passato; non si lascia alle spalle trincee fortificate in cui potersi ritrarre e cercare rifugio in caso di guai. E non sa cosa lo attende e cosa può serbargli il futuro. Non acquisterà mai fiducia sufficiente a disperdere le nubi e debellare l’ansia. L’amore è un prestito ipotecario fatto su un futuro incerto e imperscrutabile.

Bauman “L’amore liquido”

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

DEPRESSA PERCHE’ MI SENTO TROPPO SOLA, COSA POSSO FARE?

La solitudine affettiva può portare alla depressione, come si può fare per tentare di superare questo stato?

Sono una persona di 38 anni e credo che sto andando verso la depressione. Vedo tutto buio e senza via d’uscita non ho un lavoro ogni tanto mi occupo di assistere anziani come ho fatto per tanti anni, ma ora non c’è la faccio più anche per via di questa mia condizione mentale non ho amici non esco e non ho un compagno. Ma mi manca tantissimo un amore mio, un sogno un progetto, solo non ce la faccio a reagire e sto ancora in casa con mia madre. A questo stato mentale ha contribuito molto la morte improvvisa di papà, l’aver subito un anno fa il mobbing sul lavoro da parte di una persona che credevo amica. Un altro problema è poi che per questa mia fame d’amore mi lego troppo e subito alle persone e poi prendo delusioni. Posso sperare di uscire da questo blocco mentale? Sarei felice di una risposta perchè sto male,

Grazie per l’aiuto

Gaetana (nome di fantasia scelto dalla redazione)

 

Lei nella sua email da sola riesce a trovare le cause che la stanno conducendo verso uno sfondo depressivo. Come uscirne ? Lo indica lei stessa sempre nella sua email quando parla che le servirebbe un amore, un sogno, un progetto ma le manca la forza di reagire. E’ questa forza di reagire che deve recuperare nonostante gli eventi avversi, anche con un supporto psicologico. La saluto con un brano che mi auguro le apra un barlume di speranza.

“Io vorrei farti dormire, ma come i personaggi delle favole, che dormono per svegliarsi solo il giorno in cui saranno felici. Ma succederà così anche a te. Un giorno tu ti sveglierai e vedrai una bella giornata. Ci sarà il sole, e tutto sarà nuovo, cambiato, limpido. Quello che prima ti sembrava impossibile diventerà semplice, normale. Non ci credi? Io sono sicuro. E presto. Anche domani. Guarda, Natalia, il cielo! È una meraviglia!

Da “Le notti bianche” Fedor Dostoevskij”

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

COME CAMBIA LA VITA DI UN PAPA’ SEPARATO

I cambiamenti che si attuano nella vita di un uomo che dopo dopo la fine del matrimonio diviene un papà separato a tutti gli effetti

La vita di un padre separato cambia maggiormente rispetto a quella di unamadre separata. Quest’ultima rimane con i figli, nella casa coniugale mentre ilpadre separato non lascia solo la moglie ma anche un mondo rappresentato dalla casa coniugale dalla condivisione quotidiana dei figli.

Un papà separato non perde il ruolo genitoriale ma sicuramente perde la quotidianità del proprio ruolo per entrare in una quotidianità diversa a ‘macchia di leopardo’. Con quest’ultimo termine intendo dire che mentre prima dellaseparazione poteva capitare che il papà poteva condividere ogni giorno tanti piccoli gesti come accompagnare i figli a scuola, aiutarli nei compiti, giocare con loro e via dicendo, post-separazione tali attività quotidiane non si perdono del tutto ma diventano episodiche, concordate coll’altro genitore, oggetto di ‘contrattazione’ il più delle volte, si perde la spontaneità e la naturalezza del quotidiano.

Questo implica nel papà separato un vissuto psicologico di ‘esclusione’ dalla vita dei propri figli, di parziale perdita del proprio ruolo genitoriale. Tali vissuti sono superati man mano che il papà separato trova un nuovo equilibrio nel proprio ruolo e nella nuova vita. Ed ecco che ciò che era un limite, la perdita della quotidianità nella vita dei figli, diventa paradossalmente una risorsa.

Perché tutto ciò che non è più un’abitudine, acquista un’intensità e un significato diverso. Accompagnare i figli a scuola, aiutarli a fare i compiti, giocare con loro, dedicargli un week-end e via dicendo acquista una ‘qualità’ genitorialeche non avevano prima sia per il papà sia per i figli.
Non bisogna dimenticare che un papà assente non è quello che non c’è fisicamente ma è quello che abdica al suo ruolo genitoriale.
Per terminare “Non importa chi fosse mio padre; importa ciò che mi ricordo che fosse.
Anne Sexton

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

EDUCAZIONE FIGLI: COSA FARE SE I GENITORI SONO IN DISACCORDO

Educare i figli se mamma e papà non sono d’accordo sullo stile educativo è difficile, scopriamo come superare il problema dell’avere approcci differenti

Essere in disaccordo con l’ex coniuge sull’educazione dei figli è abbastanza comune dopo le separazioni. Che cosa fare? Innanzitutto bisogna capire se il disaccordo è precedente o meno alla separazione. Come coppia genitoriale si era già in disaccordo prima o è solo successivo alla separazione? Rispondere a tale domanda è fondamentale per decidere il da farsi.

Infatti, spesso lo stato di conflitto come genitori è precedente al matrimonio e potrebbe essere la causa o una delle cause della separazione stessa. In questo caso la coppia pur non essendo più coppia coniugale continua a essere coppia genitoriale e conseguentemente il conflitto in tal senso non solo non si risolve ma potrebbe anche accentuarsi.
Se invece tale disaccordo è solo successivo alla separazione, bisogna capire perché nasce. Forse è un modo di trasferire il conflitto dalla coppia coniugale che non esiste più alla coppia genitoriale? I figli diventano uno strumento per continuare a litigare? Per continuare a colpire l’altro? Diventano uno strumento di offesa o difesa?
Diventa necessario rispondere a queste domande per iniziare a superare il disaccordo.
In seguito bisogna prendere piena consapevolezza che la coppia genitoriale continua ad esistere e deve continuare a svolgere la sua funzione educativa.
Se proprio non si riesce a essere in accordo in due, almeno uno dei due genitori deve avere il buon senso e l’umiltà di fare un passo indietro per giungere a un minimo di accordo da cui ripartire per ritrovare una maggiore unità sugli aspetti educativi.
Bisogna ricordarsi e tenere bene a mente che se i genitori si sono separati i figli non si separano e quindi neanche l’educazione deve essere separata.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

COSA FARE SE IL MARITO E’ MAMMONE

Come comportarsi se il marito è un mammone che dipende emotivamente dalla famiglia per cui è legatissimo a nostra suocera

Cosa fare marito mammone

Spesso capita che uno dei due partner non abbia tagliato il cordone ombelicale con la famiglia di origine. Quest’ultima finisce col rappresentare il “terzo” nella coppia e come ogni terzo può essere ‘comodo’ o ‘incomodo’.

Riconoscere se la dipendenza dalla famiglia è destabilizzante o meno per la coppia, vale a dire se è una dipendenza ‘comoda’ o ‘incomoda’ è un passaggio necessario per capire che cosa fare.

  • DIPENDENZA COMODA –Se è una dipendenza ‘comoda’ vale a dire che è una dipendenza che è subentrata solo poi alla relazione di coppia, essa può rappresentare una via di fuga da un rapporto di coppia che non è più percepito soddisfacente. In questo caso bisogna recuperare una vita di coppia e un modo di stare insieme maggiormente soddisfacente per entrambi.
  • LEGAME MADRE – FIGLIO –Se la dipendenza è ‘incomoda’, vale a dire illegame psicologico che uno dei due elementi della coppia conserva con la famiglia d’origine prescinde dalla relazione stessa, è una sorta di svincolo che non è avvenuto neanche col matrimonio, allora bisogna intervenire individualmente.
  • SMETTERE DI ESSERE MAMMONE: LE FASI –Il primo passaggio da fare è prendere consapevolezza e farla prendere. Potrebbe sembrare ovvio e semplice ma non è così. Le persone il più delle volte non sono consapevoli dei propri meccanismi relazionali, tendono a giustificarli, a ricondurli a tratti caratteriali.

Prendere consapevolezza è il fondamento affinché possa poi iniziare un processo di svincolo psicologico dalla famiglia d’origine. Per favorire questo processo mai puntare il dito contro l’altro perché si rischierebbe solo di rafforzare ulteriormente la dipendenza perché chi si sente ‘puntato’, tenderà a difendersi.

Comunicare e dialogare, invitare a riflettere queste sono le modalità per aiutare l’altro a consapevolizzare. Se ci riesce a fare questo, il resto viene naturale, lo svincolo si attua e la dimensione coniugale ritornerà nella sua pienezza.

Se invece l’altro dovesse essere sordo a ogni tentativo di dialogo in tal senso, allora bisogna prendere atto di tale rifiuto, accettare di essere dipendente e valutare se si tollera e si può tollerare nel tempo tale situazione e nel caso di risposta negativa arrivare anche a mettere in discussione la propria relazione.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

VALE LA PENA ASPETTARE UNA PERSONA?

Ha senso aspettare anche per lungo tempo che una persona decida se tornare insieme oppure no?

VALE LA PENA ASPETTARE UNA PERSONA ?

Buonasera. Io ho 34 anni e mia moglie 32. sposati da 6 anni con un bambino di 5. Fidanzati da 17 anni. abbiamo passato una vita insieme,abbiamo fatto tutte le cose a suo tempo e senza forzature.

Nel 2006 siamo andati a convivere. Poi nel 2007 ci siamo sposati e nel 2008 abbiamo deciso di avere un figlio. Ora il nostro bambino è splendido in tutti i sensi,ma quando è nato ci ha fatto veramente diventare matto in quanto per 17 mesi non ha praticamente mai dormito. Io sono stato spesso via per lavoro, pur pensando di essere vicino a mia moglie e lei si è sentita sola e abbandonata.

Due anni fa, apparentemente dal nulla, mi ha detto di essere in crisi con me. Poi per due anni abbiamo tirato avanti, siamo andati da uno psicologo di coppia ma nulla da fare. Lei non è più quella. Si è chiusa a riccio. Un mese fa la decisione di prendersi del tempo per riflettere. Per non far soffrire il bambino, lei rimane a casa mia (regalo dei miei genitori) e davanti al piccolo cerchiamo sempre di essere sorridenti.

Lo posso vedere quando voglio senza problemi. Per quello non ci sono veramente problemi di vendette o altro. Il problema che lei dice che non sia detto che sia finita tra noi, che non rimpiange un solo istante con me ma lei non vede la famiglia, lei non sente il bisogno di avermi accanto.

Premetto che lei ha vissuto la separazione dei suoi genitori quando era piccola con non pochi problemi. Ora non so cosa devo fare. Le ho detto più volte che vorrei riprovare, che la amo che entrambi abbiamo commesso diversi errori ma insieme possiamo risolvere il problema. Lei dice che è presto. Sono passate tre settimane. Cosa devo fare? Forzare nel senso o stiamo insieme o è finita o aspettare? se devo aspettare…per quanto?
In amore le forzature non hanno senso. Ognuno deve fare quello che sente. Lei sente di aspettare ? Se sente di aspettare lo faccia tenendo presente che la sua attesa deve avere un limite perché la crisi di sua moglie potrebbe durare nel tempo. In questi casi porsi dei limiti a quello che si è disposti a fare per salvare il proprio matrimonio è la cosa più saggia da attuare.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

MOMENTO SBAGLIATO PER DIRE “TI AMO”

Qual è il momento sbagliato per dire ti amo e quali sono le conseguenze di dire ti amo nel momento in cui l’altro non se lo aspetta o non vuole

MOMENTO SBAGLIATO PER DIRE TI AMO

Mi è capitata una cosa che non credo abbia precedenti e per questo chiedo il parere dello psicologo. Da qualche mese vivo una storia con un uomo; si è sempre trattato di un rapporto litigioso, un po’ per incompatibilità caratteriale, un po’ per la distanza.

Lui sembrava molto innamorato, anche se fermo e chiuso sulle sue posizioni quando si litigava. Durante l’ennesima discussione, fatta come sempre di rinfacci reciproci, mi ha detto: “tu non mi hai mai detto “ti amo””. Questo mi ha sconcertato non poco, perchè non corrisponde a verità: gli ho detto di amarlo ben due volte in quei momenti speciali in cui si è in intimità, occhi negli occhi e per me è stato importante e credevo lo fosse stato anche per lui.

Mi guardava, eravamo vicini e ora non lo ricorda? Ma si può? Tra l’altro prima me l’aveva detto lui e poi io, in risposta: “Ti amo anch’io”. Ma ricorda solo le sue parole e non le mie! Ora mi chiedo: come può non ricordare quanto gli ho detto subito dopo? A me sembra inverosimile! Aldilà del significato che uno può attribuire a queste parole, come si può non ricordare che siano state dette, visto tra l’altro che si tratta di momenti in cui si è soli, vicini, intimi?

Io me ne ricorderei anche se me l’avesse detto uno di cui non mi importava, figuriamoci se dette da uno a cui tengo, come lui dice di tenere a me! Esiste altra spiegazione che non sia il mio naturale pensare che non gliene frega niente e che è un superficialone? Ma anche questa versione non mi convince, perchè ammesso che uno non dia importanza alla cosa, comunque se ne ricorda!

Può esistere, che ne so, una forma di rimozione? Ma poi, per ben due volte? Sono sconcertata. Questa rivelazione ha un effetto devastante sul nostro rapporto, perchè per quanto mi riguarda crolla ogni presupposto e quanto sembrava ci fosse stato non c’è mai stato. Io il suo ti amo lo ricordo benissimo. Aspetto risposta. 

Potrebbe darsi che due “ Ti amo” detti in risposta ai “Ti amo” dell’altro non siano stati percepiti come spontanei, non detti d’iniziativa ma di replica. Spesso il punto di vista del partner è diverso dal proprio e bisogna accettare tale differenza anche se può sembrare a volte assurda. Piuttosto cercherei di capire la modalità in cui l’altro vuole che venga espresso il sentimento.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it