Elaborare la Mancanza d’Amore

Il dolore più grande è non essere desiderati, renderti conto che i tuoi genitori non hanno bisogno di te quando tu hai bisogno di loro.
Quando ero bambino ho vissuto momenti in cui non volevo vedere la bruttezza, non volevo vedere di non essere voluto.
Questa mancanza di amore è entrata nei miei occhi e nella mia mente.
Non sono mai stato veramente desiderato.
L’unico motivo per cui sono diventato una star è la mia repressione.
Nulla mi avrebbe portato a questo se fossi stato “normale”.
J. Lennon –

In questa testimonianza di Lennon il dolore diventa una risorsa che lo porta al successo.
Ma purtroppo a fronte di questa storia, tantissime altre declinano in una sofferenza che ha ripercussioni per tutta la vita. In questi casi diventa necessario elaborare quell’antico dolore al fine di superarlo in tutto o in parte. Elaborazione che può essere dolorosa quanto lo stesso dolore che vuole superare. Ma meglio un “dolore che urla” che “una ferita sempre aperta”.

Roberto Cavaliere Psicoterapeuta

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa). Possibilità anche di effettuare consulenze via Skype o telefoniche

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LO STASHING O RELAZIONE NASCOSTA

Non c’è travestimento che possa alla lunga nascondere l’amore dov’è, né fingerlo dove non è.
(F.de La Rochefoucauld)
Il termine “stashing” deriva dalla’inglese “to Stash” che significa “mettere da parte” ed indica quel comportamento di “nascondere” il partner dalle proprie relazioni private e dai propri profili social.
Chi lo mette in atto, spesso, si comporta perfettamente come partner, tranne che per la condivisione della relazione col resto del suo mondo sociale. Adduce mille pretesti e giustificazioni per non rendere visibile la relazione e la partner. La domanda che deve porsi chi subisce tale comportamento è: PERCHÉ NASCONDE ?
Invito ad individuare almeno tre possibili ragioni sul perchè nasconde:
  1. ———————————-
  2. ………………………………………..
  3. ………………………………………..
Una volta individuate provate a vedere quale delle tre ha più probabilità che sia attendibile. Per verificarne l’attendibilità individuate comportamenti che l’altro mette in atto in tal senso.

Dott. Roberto Cavaliere

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IL POSSIBILE PENTIMENTO DEL NARCISISTA

Non sono sempre stato buono con lei, anzi, di solito ero un figlio di puttana. La amavo tanto e non sapevo cosa fare. Invece di darle ciò che sentivo, di colmarla di quell’amore aspro, me lo inghiottivo. E’ una cosa che non riesco ancora a capire: il suo amore mi arrivava senza problemi, il mio invece non fluiva verso di lei. Credo che il suo amore reprimesse il mio. Lei e il suo amore formavano una sostanza densa in cui il mio amore e io rimanevamo impantanati, allora diventavo una furia e lei non riusciva a capirlo. L’ho trattata male molte volte perché ero disperato ma l’amavo più della mia stessa vita e quando se n’è andata la mia vita si è spenta.
Quando ho saputo che l’avevo perduta per sempre sono impazzito. Prima che sia trascorso un secondo sarai morto centomila volte, dice un versetto del Corano e io ho dovuto viverlo. Non aveva smesso di amarmi ma il suo amore era malato e non sopportava la mia presenza. Ho visto tutto il dolore nei suoi occhi, tutti i miei tradimenti e le mie bugie, io ero la persona che si frapponeva tra lei e me, il rivale impossibile. Allora, quando ormai era troppo tardi, il mio amore è esploso, il suo amore malato non opponeva resistenza e il mio è andato dritto verso di lei ma lei ormai mi aveva chiuso le porte. E ho dovuto tenermi il mio amore e ci sono state gocce di sangue nel mio silenzio. Lei si è allontanata e io sono entrato nella cella frigorifera, il locale meno accogliente di tutti i manicomi, e non ne sono ancora uscito.
Efraim Medina Reyes
Nel significativo brano riportato sono delineate le possibili riflessioni di un “narcisista pentito” di aver perso la persona amata. Purtroppo questo “pentimento” è una possibilità remota perchè richiederebbe un grado di consapevolezza da parte della personalità narcisista che raramente è presente. Ma la “speranza” che ciò possa avvenire può aiutare nel processo di distacco dalla personalità narcisista, e potrebbe anche avvenire il “miracolo” che quest’ultima possa guarire dal narcisismo.

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GLI “INGANNATORI” NELLE RELAZIONI

In tutti i grandi ingannatori è degno di nota un fenomeno al quale essi devono il loro potere.
All’atto dell’inganno vero e proprio, fra tutti i preparativi, come l’orrendo nella voce, nell’espressione e nei gesti, in mezzo all’efficace messa in scena, sopravviene in loro la fede in se stessi:
è questo che poi parla così miracolosamente e convincentemente a coloro che stanno intorno.
I fondatori di religioni differiscono da questi grandi ingannatori per il fatto di non uscire da questo staro di inganno di sé medesimi: eppure essi hanno molto raramente momenti di lucidità, in cui il dubbio li sopraffà; ma di solito si consolano attribuendo questi momenti di lucidità al maligno avversario. Deve esserci inganno di se stessi, perché questi e quelli sortiscano effetti grandiosi. Giacché gli uomini credono alla verità di tutto ciò che viene manifestamente creduto con forza.
Nietzsche .
In questo brano del filosofo Nietschze viene sottolineato uno degli aspetti di forza dell’ingannatore: la forza e la convizione con cui credono in quello che dicono e lo manifestano agli altri. Infatti spesso l’ingannatore è convinto lui stesso delle sue ingannevoli ragioni e questo dà forza al convincimento altrui.
E’ uno dei meccanismi alla base delle tecniche di vendita: se vuoi vendere qualcosa ci devi credere o almeno devi far finta che tu stesso per primo ci credi.
Ingannare se stessi per prima per poter ingannare l’altro.
Si crede sempre a quello che viene comunicato con forza e determinazione.
Alle eprsonalità narcisistiche cio riesce bene ed in maniera naturale.
Cercare sempre riscontri oggettivi e mai fidarsi solo delle parole per quanto convincenti possano essere.

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LASCIAR ANDARE VIA

Perché se ti dice ti amo ma non lo senti, non c’è niente che tu possa fare.
Non puoi convincerlo, non puoi cambiarlo,
non puoi odiarlo.
Non puoi fare niente.
Devi solo lasciar perdere.
E’ sempre la stessa storia: le parole non bastano.
Non colpevolizzarlo, non offenderlo.
Magari ti ama davvero, ma non sa come fare, non sa cosa fare, non sa come amare.
Non vuole che tu lo aspetti, vuole che tu lo capisca.
E che tu vada via.
Vai via, non dipendere da nessuno,
nemmeno da chi ami così tanto.
Vai via, lascia un buon ricordo, il ricordo di qualcuno che sa andare avanti, sempre, sempre, sempre.
Non volere tutto e subito.
Non accontentarti di qualcosa in meno di “tutto”, però.
Chi ama ha pazienza, è vero, ma a volte la pazienza non è quello che serve.
A volte serve il coraggio di dire basta, con dolcezza, ma basta.
In questo brano della scrittrice Susanna Casciano viene descritto, eloquentemente, il “lasciare andare” pur in presenza di un profondo sentimento.
Ma non è facile “lasciare andare” perché il sentimento profondo che si prova oppone una dura resistenza. Occorre effettuare un percorso interiore profondo quanto il sentimento stesso e, soprattutto, bisogna volerlo veramente.

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LA SINDROME DEL COLIBRI’ NELLE RELAZIONI

“Tu sei come un colibrì perché come il colibrì metti tutta la tua energia nel restare fermo. Settanta battiti d’ali al secondo per rimanere già dove sei. Riesci a fermarti nel mondo e nel tempo, riesci fermare il mondo è il tempo intorno a te, certe volte riesci addirittura anche a risalirlo, il tempo, e a ritrovare quello perduto, così come il colibrì è capace di volare all’indietro.” dal libro “Il Colibrì” di S.Veronesi

I colibrì sono piccoli, coloratissimi uccelli migratori dalle piume iridescenti, così agili da essere in grado di volare a destra, sinistra, su, giù, indietro, e anche a testa in giù. Essi sono anche gli unici uccelli in grado di librarsi sul posto come un elicottero.

In questa sede il colibrì diventa la metafora di una persona che all’interno delle relazioni, sopratutto quelle mal-sane, impiega tutte le sue energie per rimanere ferma, dimostrando, paradossalmente, capacità di resistenza nell’agitarsi pur rimandendo sempre allo stesso posto.

La persona affetta da sindrome del colibrì, pur potendo e volendo volare via, emigrare come fanno i colibrì uccelli, tende a girare intorno alla relazione stessa di tipo mal-sano, come quella con un narcisista o nella dipendenza affettiva. La relazione diventa tutto il mondo ed il tempo intorno a se, come nel brano citato del libro.

Spesso vola all’indietro, a risalire alle cause del proprio modo di porsi nelle relazioni, ma manca la forza di andare avanti. Ma come arriva il momento di emigrare per il vero colibrì, allo stesso tempo arriva un tempo che la personalità colibrì riesce ad andare via dalla relazione malata, perchè ha tutte le risorse per poterlo fare.

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GLI UOMINI “NARCISI” NON CAMBIANO

Il testo della canzone di Mia Martini “Gli uomini non cambiano” descrive, in maniera magistrale, gli uomini narcisi ed i loro comportamenti. Nella parte iniziale del testo viene descritto da dove nasce l’attaccamento a questa categoria di uomini: la possibile presenza di un padre narciso nell’infanzia.

Il testo della canzone non necessita di ulteriori chiarimenti

Sono stata anch’io bambina
Di mio padre innamorata
Per lui sbaglio sempre e sono
La sua figlia sgangherata
Ho provato a conquistarlo
E non ci sono mai riuscita
E ho lottato per cambiarlo
Ci vorrebbe un’altra vita
La pazienza delle donne incomincia a quell’età
Quando nascono in famiglia quelle mezze ostilità
E ti perdi dentro a un cinema
A sognare di andar via
Con il primo che ti capita e che ti dice una bugia
Gli uomini non cambiano
Prima parlano d’amore
E poi ti lasciano da sola
Gli uomini ti cambiano
E tu piangi mille notti di perché
Invece, gli uomini ti uccidono
E con gli amici vanno a ridere di te
Piansi anch’io la prima volta
Stretta a un angolo e sconfitta
Lui faceva e non capiva
Perché stavo ferma e zitta
Ma ho scoperto con il tempo
E diventando un po’ più dura
Che se l’uomo in gruppo è più cattivo
Quando è solo ha più paura
Gli uomini non cambiano
Fanno i soldi per comprarti
E poi ti vendono la notte
Gli uomini non tornano
E ti danno tutto quello che non vuoi
Ma perché gli uomini che nascono
Sono figli delle donne
Ma non sono come noi
Amore, gli uomini che cambiano
Sono quasi un ideale che non c’è
Sono quelli innamorati come te

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LA PAURA DI PERDERE L’AMORE IN UNA CANZONE

In questa bellissima Canzone di Patty Pravo “Se perdo te” sono descritte tutte le componenti della paura della perdita della persona amata:

  • Paura della Solitudine:
  • Paura dell’Abbandono:
  • Paura di regredire ad essere un bambino che ha paura;
  • Mancanza di senso della propria vita se si perde la persona amata;
  • Paura di perdere la propria vita perchè non si esiste più se l’altro va via;
  • Paura di continuare ad amare anche dopo la perdita;
  • Paura che il proprio amore possa, addirittura, continuare ad amare dopo la perdita;
  • Paura di non essere capaci di separarsi.

Se perdo te, cosa farò
io non so più restare sola
ti cercherò e piangerò
come un bambino che ha paura

M’hai insegnato a volerti bene,
hai voluto la mia vita: ecco, ti appartiene
ma ora insegnami, se lo vuoi tu
a lasciarti, a non amarti più

Se perdo te, se perdo te
cosa farò di questo amore
che resterà, e crescerà
anche se tu non ci sarai

M’hai insegnato a volerti bene,
hai voluto la mia vita: ecco, ti appartiene
ma ora insegnami, se lo vuoi tu
a lasciarti, a non amarti più

Se perdo te, se perdo te
cosa farò di questo amore
che resterà, e crescerà
anche se tu non ci sarai.

Dott. Roberto Cavaliere

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UNA CANZONE CHE DESCRIVE IL NARCISISMO AL FEMMINILE

In questa canzone CRUDELIA del cantante rapper MARRACASH viene descritta, in maniera significativa, la relazione con una personalità narcisista e manipolatrice al femminile. Il testo della canzone descrive bene la personalità di tale tipologia di donna e la modalità relazionale che si viene ad instaurare. Tale tipologia di personalità e modalità di relazione vale anche a parti inverse, vale a dire al maschile.

Nel riportare il testo della canzone ho evidenziato le parti che ritengo maggiormente significative.

Un ragazzo incontra una ragazza, sono entrambi fuoco e incendiano la stanza
Nella vita lui un po’ ce l’ha fatta, però sotto sotto qualcosa gli manca
E lei lo capta, sembra calda, che ha una marcia in più
Mentre dentro invece è la più marcia, mentre dentro è fredda come igloo
È un arpia, strategia, diventare quello che lui vuole
Che lei sia pianta e figa, le armi per estorcergli l’amore
Dice, dice, ma è una predatrice, prima stordisce la preda
Lui reagisce, però non capisce che lentamente si è presa tutto
Tutto l’amore che ho, tutte le forze che ho, me
Tutto l’orgoglio che ho, sarei impazzito sennò
Ci ho pianto troppo, però tutte le lacrime che ho
Ti ho dato tutto, te no, eri Crudelia De MonTutte le volte che ti ho detto: “Basta” perché superavamo i limiti
Tutti i tuoi drammi, gli inganni, gli scontri e dopo gesti folli
Ti giuro che è l’ultima volta, sensi di colpa, se ti voltavo le spalle mi gridavi:
“Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo e non ho ancora finito con te”
Tu che gridi fino a diventare brutta
Io che ancora non so chi davvero sei
E nessuno poi la tira tanto lunga
Meno che me, meno che lei
Non so se è amore o manipolazione, desiderio od ossessione
Se pigrizia o depressione, che finisca per favore (prima), che esaurisca la ragione

Rissa per la strada per la tua scenata, quasi all’estero mi arrestano
Io ti voglio fuori casa, fuori dal mio letto, fuori dalla testa mo
Mentire senza emozioni, come fai?
Il mio amore è marcito in odio
Forse sei il peggio che abbia incontrato mai
Sicuramente sul podio
Che poi non so perdonare me
Perché ero un complice in fondo
Ti ho dato l’anima e invece te
Mi hai dato solo il tuo corpoTutto l’amore che ho, tutte le forze che ho, me
Tutto l’orgoglio che ho, sarei impazzito sennò
Ci ho pianto troppo, però tutte le lacrime che ho
Ti ho dato tutto, te no, eri Crudelia De MonTutte le volte che ti ho detto: “Basta” perché superavamo i limiti
Tutti i tuoi drammi, gli inganni, gli scontri e dopo gesti folli
Ti giuro che è l’ultima volta, sensi di colpa, mi pugnalavi alle spalle, mi gridavi:
“Ti odio, ti odio, ti odio, ti odio, ti odio, non mi è importato mai niente di te”Mi hanno insegnato a non odiare i miei nemici, ma non ne avevo mai amato uno. 
Quando ci siamo conosciuti, si sapeva già che uno dei due avrebbe perso, ma come potevo vincere con te?
Non provi niente, sei un rettile vestito da essere umano. 
Quello che hai fatto a me e quello che hai fatto a te stessa lo farai a tutti e per sempre perché sei un buco nero, perché questa è la tua natura. 
Ma io ho smesso di essere una tua vittima, tu non smetterai mai di esserlo, non ammetterai mai chi sei.
Dott. Roberto Cavaliere
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LA FERITA DEI NON AMATI

Vi sono persone che nel corso di tutta la vita, non riusciranno mai a pensare e tanto meno a dire: “Mia madre non mi ha amato”, oppure “Mio padre non mi ha voluto bene”, o ancora “Mia madre e mio padre non mi hanno voluto bene” o semplicemente: “Non sono amato”, anche se sentono che le cose stanno così. Una frase come questa, terribile, distruttiva, non può affiorare neppure nel silenzio di un dialogo interiore. Eppure, la sua fondamentale verità cerca incessantemente di esprimersi. Poiché la via più breve, quella della esplicita affermazione, le è preclusa, la vaga consapevolezza del proprio “essere non amato” si apre complicate vie d’uscita. Da persone psicologicamente “illuminate” quali siamo, raccontiamo forse senza inibizione che da bambini siamo stati lasciati soli in questa o quella occasione, che non siamo stati compresi, che i genitori erano troppo presi o malati, che rigidi principi religiosi li rendevano timorosi, che avevano nei nostri confronti pretese eccessive, che erano incapaci di interessarsi alle nostre particolari inclinazioni e così via. Di tanto in tanto cambiano gli argomenti con cui cerchiamo di spiegare il nostro fondamentale disagio e di liberarcene. Come povere anime alla ricerca della salvezza vaghiamo inquieti da una spiegazione all’altra. Tuttavia, la carica di energia è più forte di ciò che possono esprimere le parole. E così, proseguendo nel nostro tortuoso cammino, ci nascondiamo la chiara, semplice verità: “Non sono stato amato e continuo a non esserlo”. È una verità che vale anche per chi è stato amato troppo o nel modo sbagliato. La carenza d’amore si cela dietro molte maschere. Oppure cerchiamo di moderare la forza esplosiva di queste affermazioni filtrandole attraverso un gergo psicologico. Diciamo allora che siamo simbiotici, che soffriamo di frustrazioni risalenti alla prima infanzia, che manchiamo di empatia o che abbiamo una ferita narcisistica; ricorriamo cioè alla psicologia per eludere l’intenso dolore primordiale: “Mia madre non mi ha amato”, oppure: “Mio padre non mi ha amato”, “Mia madre e mio padre non mi hanno amato” o semplicemente: “non sono amato”. Con l’espressione “non amato” intendo la sensazione di non essere amato che c’è alla base dell’incapacità di vivere di una persona.

Tratto dal libro “Le Ferite dei non amati” edito da RED Edizioni

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