LA FORMULA MATEMATICA DELLA COPPIA PERFETTA

Lo psicologo John Gottman, professore emerito all’Università di Washington (Stati Uniti),  ha elaborato una formula per stimare la probabilità di fallimento di un’unione, che lui ritiene funzioni nel 90% dei casi.

Lo studio è iniziato negli anni ’90, esaminando coppie appena sposate: i due partner discutevano per 15 minuti, mentre i ricercatori assegnavano loro dei voti. Per esempio, a ogni sorriso e gesto affettuoso guadagnavano punti; con segnali d’insofferenza e battutine sarcastiche li perdevano. I ricercatori hanno poi seguito le coppie nel corso degli anni, per vedere come se la passavano.

A partire da dati come questi, Gottman e James Murray, matematico della stessa università, hanno elaborato l’“equazione dell’amore”, che misura la reazione emotiva (positiva o negativa) di ciascuno dei due partner durante un dialogo. Sul lungo periodo, infatti, le chance di sopravvivenza della relazione dipendono proprio da queste reazioni.

Le due formule descrivono rispettivamente le reazioni di lei (Dt+1) e lui (Ut+1) al comportamento dell’altro. Per la donna: d è l’umore quando è sola; rDDt è l’umore quando c’è il marito; IUD(Ut ) è l’influenza esercitata dal partner. Nella formula per lui: u è l’umore da solo; rUUt è l’umore quando c’è lei e IDU(Dt  ) l’influenza di lei.

Nella pratica, l’equazione matematica conferma quanto il buon senso dice da sempre: la chiave di una relazione duratura è il dialogo. Per non arrivare ai ferri corti, dire quel che si pensa, senza essere aggressivi, funziona meglio che chiudersi nel mutismo.

Qualsiasi terapia ed autoterapia di coppia dovrebbe tener conto di questo semplice elemento che è il dialogo, che è stato confermato anche dalla matematica, come dimostrato da Gottman.

DOTT. ROBERTO CAVALIERE

Psicologo e Psicoterapeuta Riceve per appuntamento in studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa) Possibilità di effettuare consulenze telefoniche o via Skype a pagamento Per contatti privati col dott.Roberto Cavaliere chiamare il 320-8573502 o scrivere a cavaliere@iltuopsicologo.it

DUE SEMPLICI FORMULE MATEMATICHE PER RENDERE STABILE UNA COPPIA

econdo John Gottman, professore emerito di Psicologia alla University of Washington, che ha dedicato la vita a studiare quanto può “reggere” una coppia e a che condizioni, la matematica può aiutare anche a rendere stabile una relazione. ‘Basta’ seguire questa due formule:

S/G>5

100-N>90

S sono le carezze, le coccole e gli sguardi d’intesa,

G sono le grida, le critiche, gli insulti.

La prima formula significa che nella vita a due, i segnali di affetto (S) cioè carezze, coccole, sguardi di intesa, devono essere almeno cinque volte più numerosi di quelli di risentimento (G) cioè grida, commenti cattivi, critiche ecc…

La seconda formula vuol dire che, ogni 100 commenti riguardo al partner, quelli negativi (N) devono essere meno di dieci. Vale a dire un commento negativo al massino ogni 9 positivi

Se queste condizioni delle due formule vengono rispettate, la coppia reggerà secondo Gottman.

Dal mio punto di vista professionale ritengo che i parametri indicati da Gottman siano troppo elevati e modificherei le due formule nelle seguenti misure:

S/G>2

100-N>50

Vale a dire che nela prima formula significa  i segnali di affetto (S)  devono essere almeno due volte più numerosi di quelli di risentimento (G) mentre nella seconda formula  ogni 100 commenti riguardo al partner, quelli negativi (N) devono essere meno di 50. Vale a dire un commento negativo al massino ogni 2 positivi

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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UNA FORMULA MATEMATICA PER STABILIRE SE E’ VERO AMORE

Donn Byrne, psicologo sociale alla State University of New York ad Albany, ha elaborato una formula che consente a chiunque di verificare se ciò che sentiamo per il partner è vero amore oppure no.

La formula è questa:

              1,7xA + 1,5xB + 1,5xC + 1,5xD + 1,3xE= Y

  • A è l’attrazione per il partner,
  • B il piacere psicologico della sua compagnia,
  • C il desiderio di intimità con lui/lei,
  • D il bisogno di essere accettati dal partner,
  • E la paura di essere abbandonati da lui/lei.

A ognuna di queste variabili bisogna attribuire un valore da 1 a 10 e poi fare il calcolo.

Una volta eseguito il calcolo, si ottiene un numero Y.

Bisogna poi ripetere l’operazione pensando all’amico/a più caro/a.

Secondo Byrne, la relazione è tanto più stabile quanto più la differenza tra i due risultati Y è grande (dev’essere almeno 15). Cioè, quanto più il partner è importante rispetto all’amicizia più cara.

I fattori di moltiplicazione (i numeri davanti alle variabili) permettono di mettere a confronto molte amicizie e amori.

Dott. Roberto Cavaliere

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IL TRADIMENTO DI COPPIA: COSA ACCADE, COME SUPERARLO?

Tradire in amore significa rompere un equilibrio che è stato accordato, che è stato  voluto, che è stato costruito dall’azione congiunta di due persone.

Il tradimento di coppia in genere rappresenta più che la ricerca di un’evasione sessuale, una risposta a un generico senso d’insoddisfazione nel rapporto, soprattutto coniugale. L’infedeltà può dare luogo a due tipi di sentimenti diversi: delusione e rimorso verso il partner abituale oppure senso di soddisfazione, psicologico e sessuale, tanto è vero che in alcuni casi l’esperienza occasionale riesce perfino a influenzare positivamente l’esperienza abituale…

Una domanda che ci si pone spesso riguardo al tema del tradimento è: ”meglio raccontarsi tutto o tacere?”. La risposta è, senza dubbio: “tacere!”.  Infatti la sincerità in sé non deve essere considerato un valore assoluto: può ferire, deludere, schiacciare il partner. Una sincerità totale può essere anche una forma mascherata di aggressività e il bisogno di raccontare ogni minimo particolare deve far nascere qualche sospetto di disinnamoramento. In questo campo vale forse la vecchia regola che è meglio non dire sempre tutto ciò che si pensa, ma pensare tutto ciò che si dice; in senso più generale, bisogna essere fedeli a se stessi, per poterlo essere anche con gli altri…

Se scoprite di essere stati traditi, quindi, è inutile aspettare una confessione poiché chi l’ha fatto, ha già preso precisa posizione nei vostri confronti e poi sarebbe difficile stabilire un tempo massimo di attesa oltre il quale sarete voi a rivelare la vostra scoperta: meglio affrontare subito il problema e discuterne. Dall’altro lato bisognerebbe sbarazzarsi  dal senso di colpa che può scaturire dal non essersi accorti o dall’essersi  fidati ciecamente e valutare piuttosto non tanto le proprie colpe ma quelle altrui. Il proprio obiettivo deve essere, quindi, quello di ricostruire in senso positivo il senso di sé e far lavorare l’autostima, quindi la capacità di amarsi. Come difendersi allora da ciò che ci può portare a una sofferenza che a volte raggiunge anche livelli molto intensi? Le emozioni legate all’essere traditi riguardano l’altro (rabbia e desiderio di vendetta) e noi stessi (delusione e senso di colpa). La volontà di rivalsa pura e semplice dovrebbe essere trasformata nel desiderio concomitante di far rivalere la propria persona, di riporre all’attenzione dell’altro la propria presenza. Ciò preclude la comunicazione, il segnalare e il porre l’accento gli aspetti negativi del tradimento che ci è stato inflitto. Subire semplicemente, riflettere in solitudine sul significato di ciò che è accaduto senza cercare un contatto con l’altra persona contribuirebbe a indebolire ulteriormente l’idea già provata della nostra identità.

Se invece siete voi ad aver tradito, rivelarlo significherebbe mostrare pentimento e sarebbe comunque preferibile a continuare a tenerlo nascosto: non peggiorate una situazione che già di per sé farà soffrire l’altra persona.

E’ possibile superare un tradimento e, anzi, innamorarsi di nuovo del partner? Cercando di immaginare il panorama emotivo di chi diviene consapevole di essere stato tradito, vengono in mente due estremi: la delusione, la sensazione che il mondo stia franando tutt’intorno a noi, l’improvviso sentimento di vuoto incolmabile e di solitudine senza soluzione… stati d’animo che si alternano o che si accompagnano alla rabbia e, perché no, al desiderio di vendetta.

In seguito al black out generato dall’esplosione dei nostri sentimenti, non appena ci sembra di poter ricominciare a pensare, una domanda inizia a girarci per la testa senza sosta riguardo alla necessità di una soluzione sul piano pratico: cosa fare? Troncare o meno il rapporto col partner che ci ha tradito? A questo punto si apre un mondo diverso per ognuno di noi.  Talvolta le coppie che stanno insieme da tempo è probabile che continuino a stare insieme; più è alto il livello di coinvolgimento o di soddisfazione nella relazione, maggiori sono le probabilità che la relazione sia stabile in futuro. E’ più verosimile che un tradimento venga “perdonato” all’interno di una relazione che dura da molto tempo perché non solo essa è costituita da prospettive future ma anche dalla condivisione di una storia che ha dato un identità unica a questo piccolo nucleo; è anche vero che proprio per gli stessi motivi la delusione e la rabbia, possibili conseguenze del tradimento, possono essere più intensi. Il grado di soddisfazione della relazione prima del tradimento appare fondamentale: quanto siamo disposti a lottare per ciò che ci ha reso felici? Nella risposta a questa domanda rientrano anche le sfumature di personalità di ognuno di noi: Quale sarebbe la risposta giusta per voi?  Lottereste per la vostra coppia e continuereste la relazione, nonostante il tradimento? Non c’è una risposta giusta o sbagliata in questi casi: è importante imparare a leggere quale può essere la più giusta per noi.

Maria Letizia Rotolo

Psicologa-psicoterapeuta

Studi a Bologna: via Cellini 18, via Masserenti 472

3286852606

marialetizia.rotolo@homail.it

www.marialetiziarotolo.it

LA LETTERATURA DEL TRADIMENTO

Denis de Rougement è stato chiaro: “Senza l’adulterio, che ne sarebbe di tutte le nostre letterature?”. Identico il parere di un altro studioso quale Tony Tanner: “Forse è l’adulterio, con il suo triangolo instabile, piuttosto che il matrimonio, con la sua statica simmetria, ad essere la forma generativa della letteratura occidentale”. Queste due citazioni, vere colonne d’ Ercole, delimitano un tema che è alla base della nostra cultura. Passiamo a qualche esempio, cominciando da quell’ amore di Elena e Paride che condurrà alla distruzione di Troia. Dopo Omero (e la lunga parentesi dei costumi, talvolta molto liberi, della società romana), l’ adulterio ritorna a sfolgorare nel Medioevo. Se da un lato ci imbattiamo nella passione “privata” di Tristano e Isotta, dall’ altro incontriamo il legame interdetto fra Lancillotto e Ginevra, destinato a far crollare l’ordine della Tavola Rotonda. Ma l’ossessione prosegue incontrollabile, prima con Dante, che modella l’unione di Paolo e Francesca, poi con Shakespeare, che dedica all’ adulterio (sia pure solamente immaginario) Otello e Cimbelino. Tuttavia, dopo la pausa di un Settecento libertino e razionalista, sarà il XIX secolo a produrre quattro romanzi addirittura paradigmatici del tradimento sentimentale: Le affinità elettive di Wolfgang Goethe (1809), Madame Bovary di Gustave Flaubert (1857), Anna Karenina di Lev Tolstoj (1877) e Effi Briest di Theodor Fontane (1894). Di lì a poco, Henry James noterà: “È il matrimonio, dunque, quel che tu chiami il mostro?” Insomma, anche tralasciando la letteratura spagnola o la portoghese, non sarebbe azzardato definire l’Ottocento “il secolo d’ oro dell’adulterio”. È quanto propone Emilia Fiandra in un saggio dove spicca il capitolo “L’ Ottocento infelice”. Con ciò arriviamo a un punto cruciale: possibile che “il carattere intrinsecamente romanzesco dell’adulterio” debba portare sempre alla tragedia? La risposta sta in un paradossale articolo nel 1891, in cui Emile Zola si scagliò contro un progetto di legge sulla separazione, sostenendo che l’abolizione dell’adulterio avrebbe seriamente danneggiato i romanzieri… In effetti, se il tradimento esprime quella che Max Horkheimer chiamò la ribellione dell’eros contro l’autorità, tale trasgressione verrà meno con l’introduzione del divorzio. Al termine di questa parabola, troviamo infatti Coppie, un romanzo di John Updike del 1968, nel quale l’ infedeltà, con la moda dello scambio di partner, è decaduta a mero gioco mondano. Sparita l’indissolubilità matrimoniale, però, non sparirà il dolore del tradimento. Lo dimostra il capolavoro di Philip Roth, Pastorale americana (1997), a riprova di come l’adulterio sia un fuoco che non cessa di bruciare.

Maria Letizia Rotolo

Psicologa psicoterapeuta

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LA POSITIVITA’ DELL’ “AMORE BISOGNO”

Lo studioso C.S. Lewis nel suo libro “I Quattri amori” edito da JacaBook Reprint nell’effettuare la distinzione tra “amore dono” ed “amore bisogno” tende a riabilitare quest’ultimo in contrasto con l’opinione dominante che tende a considerarlo in termini negativi.

Riporto di seguito i passaggi essenziali del libro che ‘riabilitano’ l’ ‘amore bisogno’

“…”amore dono” e “amore bisogno”: appartiene alla prima catogoria il sentimento che spinge un uomo a lavorare, fare progetti, risparmiare per il benessere futuro della sua famiglia che, pure, la morte gli impedirà di condividere o di vedere realizzato; è del secondo tipo, invece, l’amore che spinge un bambino a rifugiarsi nelle braccia della madre quando si sente solo o spaventato. …

… non credo sia giusto negare all’ “amore bisogno” la qualifica di amore…

… bisogna andarci cauti nel definire l’ “amore bisogno” un’espressione di “mero egoismo”: l’uso di questo aggettivo è sempre pericoloso. E’ vero che si può indulgere egoisticamente all’ amore bisogno come a tante altre nostre debolezze, e di certo è riproverevole una pretesa d’amore tirranica e vorace, ma nella nostra esperienza quotidiana non chiamamo certamente egoista il bambino che si rivolge alla madre per essere consolato, o l’adulto che cerca compagnia “per non sentirsi solo”.

Quei bambini o quegli adulti, che piu’ si sforzano di combattere questo istinto, raramente posseggono le doti dell’autentico altruista. So bene che chi prova questo “amore bisogno” può avere dei buoni motivi per cercare di  sopprimerlo o di mortificarlo, ma l’esserne del tutto privi è un marchio che contraddistingue il freddo egoista. Dal momento che il nostro bisogno degli altri è reale (“Non è bene che l’uomo sia solo”), il venir meno nella nostra coscienza, del senso di questo bisogno che si esprime attraverso l’ “amore bisogno”-in altre parole, la convinzione, ingannevole, che sia bene per noi stare da soli-è un brutto sintomo spirituale, proprio cone l’inappetenza è un cattivo sintomo sotto il profilo medico, perchè l’uomo ha veramente bisogno del cibo.”

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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MEGLIO SINGLE O IN COPPIA ?

Secondo un rapporto dell’ufficio del censimento statunitense, il numero di adulti non sposati ha raggiunto nel 2017 livelli record: più del 45% dei residenti – circa 110 milioni di persone di età superiore ai 18 anni – è divorziata, vedova o è sempre stata single. Ed è aumentata l’età in cui si si sposa: negli anni 70, 8 persone su 10 si sposavano entro i 30 anni di età, mentre oggi, invece, per osservare lo stesso rapporto numerico si devono aspettare i 45 anni: l’età media del primo matrimonio è salita a 29,5 anni negli uomini e a 27,4 anni nelle donne ed è probabile che quando i giovani di oggi raggiungeranno i 50 anni, circa una persona su quattro di loro sarà stata single per tutta la vita.

Il rapporto rivela inoltre che per più della metà del campione analizzato non ritiene il matrimonio o il concepimento di un figlio una pietra miliare importante dell’età adulta. Le energie degli adulti convergono maggiormente sull’istruzione e sulla ricerca di un lavoro stabile. Poi c’è il discorso legato all’attività sessuale: le persone single fanno più sesso rispetto alle persone sposate o divorziate, sebbene si stia facendo strada anche la tendenza all’asessualità – una scelta, non dovuta a disfunzioni o disturbi sessuali, né tanto meno a quelli psichiatrici – che interessa il 3% della popolazione mondiale.

Avere una relazione non significa per forza avere maggiore autostima. Gli esperti Eva C. Luciano e Ulrich Orth, che hanno condotto uno studio su 9mila adulti in Germania in materia, spiegano infatti che “l’inizio di una relazione migliora l’autostima solo se la relazione funziona in modo stabile per un certo periodo, un anno o più”. Le persone sposate prese in analisi dai ricercatori, infatti, non godevano di una maggiore autostima rispetto a chi era single.

Inoltre alcuni studi rivelano che il matrimonio o una relazione stabile non è per forza indice di un maggior benessere psico-fisico: in uno di questi studi i ricercatori hanno preso in esame per 3 anni più di 79mila donne statunitensi di età compresa tra 50 e 79 anni, chiedendo loro quale fosse la relativa situazione sentimentale (se erano sposate, separate, divorziate o single) e hanno misurato alcuni parametri fisici, come l’indice di massa corporea e la pressione arteriosa, e richiesto informazioni sui loro stili di vita (dieta, esercizio fisico, alcol, fumo). Le donne che erano rimaste single invece di sposarsi o che avevano divorziato invece di restare sposate mostravano i risultati migliori.

Dottor Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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NOI SIAMO IL RISULTATO DELLE RELAZIONI CHE RIUSCIAMO AD AVERE

“Le prime relazioni vengono vissute all’interno dell’ambiente familiare ma in seguito, via via che ci sviluppiamo, a queste se ne aggiungeranno molte altre. Quando parliamo di rapporti, non intendiamo riferirci solo a quelli di tipo sentimentale.
I rapporti umani rappresentano per la nostra psiche degli stimoli importantissimi. Ogni relazione, di qualunque tipo essa sia, determina sempre il nostro coinvolgimento a livello emozionale, implica il sentirci chiamati in causa con la nostra sensibilità. Ma il coinvolgimento emotivo ha anche una valenza conoscitiva, perchè una persona che si lascia coinvolgere emotivamente è una persona che può davvero comprendere il senso della vita. Attraverso l’amore, attraverso il coinvolgimento emotivo, il mondo diventa più comprensibile, si offre e si apre a noi come mai era accaduto. Fin quando non avremo l’opportunità di vivere questo tipo di esperienze, capiremo molto poco del mondo che ci circonda. L’esperienza di un rapporto autentico, infatti, agisce come se fosse una lente di ingrandimento che ci permette di vedere dei fenomeni, delle dinamiche umane, da una prospettiva completamente diversa da quella a cui siamo abituati. Noi siamo il risultato delle relazioni che riusciamo ad avere.”
Aldo Carotenuto in L’anima delle donne.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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IL MATRIMONIO MODERNO E’ UN ISTITUZIONE DI SALVEZZA E NON DI BENESSERE

Di seguito riporto uno scritto sul matrimonio che condivido come pensiero e che invito a commentare

….Il matrimonio moderno è soprattutto un’istituzione di salvezza e non di benessere. Ma gli psicologi, i consulenti matrimoniali, gli psichiatri ecc. continuano a ripetere che soltanto i matrimoni felici sono buoni matrimoni, ovvero che i matrimoni dovrebbero essere felici. In verità ogni percorso di salvezza passa anche per l’inferno. La felicità, nel modo in cui viene proposta ai coniugi d’oggi, rientra nella sfera del benessere e non in quella della salvezza. Il matrimonio è un’istituzione volta prima di tutto alla salvezza, per questo è così pieno di alti e di bassi; è fatto di sacrifici, di gioie e di dolori. Ciascun partner, ad esempio, prima o poi è destinato a scontrarsi con il lato psicopatico dell’altro, vale a dire con quel lato del suo carattere che non è modificabile e che tuttavia ha conseguenze dolorose per entrambi. Affinché il matrimonio non vada in pezzi, uno dei due partner deve arrendersi, e generalmente è proprio quello che nella relazione si dimostra meno psicopatico. Se uno dei due è emotivamente freddo, all’altro non resta che dimostrare in continuazione sentimenti d’amore, anche quando la reazione del partner è debole e spesso inadeguata. Tutti i buoni consigli che si danno alle mogli o ai mariti, del genere: “Questo non và bene, è intollerabile, una moglie/un marito non può lasciarsi trattare così”, sono perciò sbagliati e dannosi.
Un matrimonio funziona soltanto quando si riesce a tollerare proprio ciò che altrimenti sarebbe per noi intollerabile. E’ logorandosi e smarrendosi che si impara a conoscere se stessi, Dio e il mondo. Come ogni percorso di salvezza, anche quello del matrimonio è duro e faticoso. Uno scrittore che crea opere di valore non vuole essere felice, vuole essere creativo. In questo senso raramente i coniugi riescono a portare avanti un matrimonio felice e armonioso come il tipo di matrimonio al quale, mistificando, gli psicologi vorrebbero far loro credere.
Il terrorismo legato all’immagine del ‘matrimonio felice’ procura notevoli danni.
A.Guggenbuhl-Craig – Il matrimonio. Vivi o morti, Moretti e Vitale, Bergamo.

Dott. Roberto Cavaliere

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CONTRIBUTI VARI

CONTRIBUTO DELLA DOTT.SSA ROBERTA CARECHINO

Di seguito pubblico un contributo pervenutomi dalla Dott.ssa Roberta Carechino.
“….. Di fronte ad ognuno di noi, ci sono due possibilità: quella che ci puòportare alla chiusura, al rimanere nel ruolo degli incapaci, degli stupidi, deipazzi; dall’altra, la possibilità di uscire da quel ruolo, rivelando le propriecapacità e le proprie doti.La scelta reale è quella di “scegliere” se stessi, la propria veritàindividuale, i propri desideri nascosti.Spesso, ognuno di noi si sente legato ad una modalità limitante e incapace, maspesso dentro c’è il desiderio di cercare e creare nuove armonie.Le idee sono tante. Bisogna trasformare i buchi incolmabili del bisogno, incornici pronte ad ospitare le tele bellissime dei desideri ancora inespressi;trasformare ogni “non posso” (che poi è un ” non voglio”), in un deciso”voglio”;trasformare tutta l’energia, usata per bloccare, per erigere muriinvalicabili, in energia aperta e circolare… Rendere possibile l’impossibile…..…. La molla che ci fa catapultare fuori dai vicoli ciechi si chiama : perdono:Perdono verso se stessi,e verso gli altri. Il perdono ci permette di rompere illegame di rancore, la catena di odio coltivata lungo gli anni e liberare quelleparti di noi imprigionate, soffocate, rafforzando le parti positive e creando lo spazio per una riparazione autentica e per l’amore…”

PROGRAMMA DI RECUPERO DALLA DIPENDENZA RELAZIONALE

(contributo pervenuto in maniera anonima)

> > PRIMO PROPONIMENTO
Ci accetteremo pienamente, anche durante il tentativo di cambiarci in parte. coltiveremo con cura l’amore e il rispetto verso se stessi.
> > SECONDO PROPONIMENTO
Accetteremo gli altri per quello che sono, rinunciando a cambiarli a seconda dei nostri bisogni
> > TERZO PROPONIMENTO
Non perderemo mai di vista gli atteggiamenti che assumiamo e i sentimenti che proviamo in ogni dimensione della nostra esistenza, compresa la sessualità.
> > QUARTO PROPONIMENTO
Avremo caro ogni nostro aspetto: la personalità., l’aspetto fisico, le opinioni e i valori, gli interessi e le nostre doti.
> > piuttosto che cercare una relazione in cui trovare conferma di quanto valiamo, saremo noi stesse ad apprezzarci da sole.
> > QUINTO PROPONIMENTO
La nostra autostima sarà sufficientemente grande da permetterci di godere della compagnia di altre persone, soprattutto uomini, che stanno bene cosi’ come sono. non avremo bisogno di sentirci necessarie per essere sicure del nostro valore.
> > SESTO PROPONIMENTO
Saremo aperte e fiduciose con le persone che se lo meritano. non avremo paura di approfondire i nostri rapporti personali ma, allo stesso tempo, non ci esporremmo allo sfruttamento di chi non si preoccupra del nostro benessere psicofisico.
> > SETTIMO PROPONIMENTO
Impareremo a domandarci: quale relazione fa al caso mio? mi permette di esprimere tutte le nostre potenzialità?
> > OTTAVO PROPONIMENTO
Quando una relazione è distruttiva, ce ne libereremo senza cadere in una depressione debilitante. avremo una cerchia di amici e sani interessi che ci aiuteranno a superare la crisi.
> > NONO PROPONIMENTO
La nostra serenità sarà la nostra priorità assoluta. tutte le sofferenze, i drammi e il caos del passato perderanno il loro fascino. proteggeremo noi stesse, la nostra salute e il nostro benessere.
> > DECIMO PROPONIMENTO
Terremo a mente che una relazione per funzionare deve avvenire tra partner che dividano valori, interessi e obiettivi simili, e che sappiano instaurare un rapporto di vera intimità. e non dimenticheremo mai che ci meritiamo quanto di meglio la vita abbia da offrirci.

e.v.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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