UN VIAGGIO RIGENERANTE
Viaggiare. Andare via, lontano. Da tutto e tutti.
Quanto spesso abbiamo desiderato allontanarci dalla nostra vita quotidiana, dalle preoccupazioni, dallo stress o da determinate situazioni ?
Tutti, prima o poi, nella nostra vita, abbiamo pensato di “scappare” da quella che è la nostra situazione di tutti i giorni per recarci in “nuovi luoghi”, preferibilmente mai visti e mai conosciuti, alla ricerca di novità, o solo di riposo (fisico e mentale), ma spesso alla ricerca di una nuova consapevolezza di noi stessi, di quel che siamo o vorremmo essere.
Spesso si decide di andare via, lontano, a seguito di problematiche sentimentali: una storia finita, un periodo di riflessione, ma anche la consapevolezza di un amore impossibile.
Il viaggio diventa così “strumento di cura”. Cura soprattutto per la mente. Sovente il viaggio è necessario per il superamento di una dipendenza affettiva che è diventata troppo forte, persino patologica. O per affrontare la fine di un amore.
Quando una storia d’amore finisce, soprattutto se è stata lunga, può portare con sé tutta una serie di dinamiche psico-emotive, a volte persino a livello inconscio, che possono costituire un pesante fardello per andare avanti nella propria vita quotidiana.
Si può andare da una inquietudine leggera ma generale fino a livelli che possono divenire patologici. A mettere in guardia dalle conseguenze, spesso tragiche, dell’amore non corrisposto è uno psicologo londinese, Frank Tallis, sulle pagine della rivista “The Psycologist”. Soffrire per passione, sostiene Tallis, può diventare una vera e propria malattia. L’innamoramento, in molto casi, può essere un’esperienza “destabilizzante’” per l’individuo. Soprattutto se non si è corrisposti dall’oggetto del desiderio o quando un Amore finisce.
Ecco che il superamento di un’importante storia d’amore può, in tal modo, diventare il fulcro centrale e necessario per il proseguimento di una vita “normale”, per poter andare avanti con la propria vita quotidiana, per poter affrontare “quel che verrà dopo”.
Liberare il cuore dai residui di una storia d’amore non è una cosa facile, non per tutti almeno.
Il viaggio può essere d’aiuto in queste situazioni.
Come detto, l’allontanamento da particolari situazioni e contesti può essere fondamentale nel coadiuvare l’individuo in questo difficile processo di abbandono. Un processo spesso lento e graduale, che il viaggio contribuisce a rendere più agevole e meno traumatico.
Il fulcro del discorso va ricercato innanzitutto nelle motivazioni che spingono un soggetto al viaggio come “allontamento da situazioni cariche di valenza emotiva”.
Già diversi studiosi (Meyer 1977, Gulotta 1986, Przeclawki) hanno identificato diverse motivazioni alla base del viaggio: particolarmente importanti per il nostro discorso sono le motivazioni fisiologiche (turismo di salute, turismo ricreativo), le motivazioni interpersonali (desiderio di intraprendere nuove attività e di nuovi contatti con pesone diverse) e le motivazioni psicologiche (bisogni di tranquillità, relax, serenità, svago).
L’allontanarsi dal proprio contesto quotidiano, dove tutto ricorda la persona amata e la delusione d’amore, può già essere una forte motivazione a priori per decidere di viaggiare e andare lontano dalla propria routine quotidiana. Le motivazioni descritte costituiscono quindi un rafforzamento di una motivazione già presente nell’individuo.
In riferimento a queste motivazioni possiamo senz’altro richiamare la teoria bi-dimensionale di Iso Ahola (1987) secondo cui il comportamento turistico, quindi anche il viaggiare in seguito a una “delusione d’amore”, è condizionato da due forze che agiscono simultaneamente:
– la fuga dall’ambiente e dalla routine quotidiana
– la ricerca di ricompense psicologiche
In particolare, quello che ci interessa per il nostro discorso, è il primo punto della teoria, cioè la fuga dall’ambiente e dalla routine quotidiana. Secondo Iso Ahola per quel che riguarda il “mondo personale” del soggetto questa fuga dal quotidiano è motivata dall’evitamento di problemi personali, dubbi, difficoltà, fallimenti. Per quel che concerne il “mondo interpersonale” vi è invece l’evitamento di compagnia, amici, membri della famiglia.
Allontanarsi da una situazione quotidiana che richiama alla fine della “propria storia” (propria e di nessun altro), è un comportamento che può senza dubbio rientrare nella prima dimensione di questa teoria, quella della fuga dall’ambiente e dalla routine quotidiana appunto. Vi è infatti, dal punto di vista personale, il cercare di evitare tramite il viaggio i pensieri, i problemi e le situazioni che richiamano alla propria situazione particolare; dal punto di vista interpersonale vi può essere la propensione ad evitare ogni tipo di compagnia conosciuta per cercare nuove interazioni sociali con persone nuove.
Bisogna però ricordare che il legame fra motivazioni e comportamento non è così automatico: spesso la vacanza può essere abbastanza lunga da permettere una vasta e differente gamma di attività, ognuna delle quali è svolta per rispondere a esigenze e motivazioni particolari che possono essere del tutto nuovo e non essere state considerate nel momento in cui la vacanza era stata progettata. Inoltre, in particolari situazioni, come può essere quella del cercare di affrontare una delusione d’amore, il soggetto-turista non è neppure cosciente di tutte le ragioni delle sue scelte.
Oltre a tutto quello fin qui considerato c’è un altro aspetto fondamentale da prendere in considerazione: la soddisfazione.
Quando termina un amore, o meglio, una storia d’amore particolarmente importante, nell’allontanarsi dal proprio contesto di vita quotidiana vi può essere la voglia di una ricerca di soddisfazione, di nuove gratificazioni, spesso di una soddisfazione interiore, una ricerca “dentro sé stessi” per realizzare una nuova coscienza del proprio io interiore. È un modo per andare oltre, per superare il momento particolare che l’individuo (ed il suo io personale) sta vivendo.
Secondo l’approccio della motivazione post-hoc, definito da Mannell e Iso-Ahola (1987), le differenze verso certe attività e le soddisfazioni che ne deriverebbero sono basate su una varietà di bisogni determinati biologicamente e appresi socialmente. Gli individui, dunque, sarebbero coscienti dei propri bisogni e delle proprie motivazioni di tempo libero, sarebbero di conseguenza capaci di elaborare giudizi molto accurati sul proprio grado di soddisfazione. Eventi che hanno un grosso impatto sulla sfera emotiva individuale e che (spesso) si è incapaci di affrontare, come appunto la Fine di un Amore, porterebbero dunque alla ricerca di determinate attività e soddisfazioni piuttosto che altre. Gli individui, come detto “coscienti dei propri bisogni e delle proprie motivazioni di tempo libero”, in questi casi potrebbero propendere per un allontanamento totale dal contesto di vita quotidiana, alla ricerca di attività e soddisfazioni del tutto nuove.
In definitiva, il viaggio come superamento della fine di un amore o di una dipendenza affettiva può essere una terapia molto efficace. L’allontanarsi, anche fisicamente, dalla “propria storia d’amore” porta ad una riflessione più accurata e critica del proprio vissuto, di quello che è stato, di quello che è e persino di quello che potrà essere. Ecco che nel viaggio può subentrare un “accettarsi diversamente”, come conseguenza della scoperta di un diverso sé, del tutto nuovo, che può fare da base di partenza verso “il resto della propria vita”. Il viaggio, infatti, può aiutare a riflettere più efficacemente, senza distrazioni, può aiutare a guardare in faccia la realtà, può riuscire a mettere l’individuo davanti all’evidenza delle cose e a chiamarle col proprio nome (tradimento, perdita, separazione, distacco, cambiamento).
Naturalmente non c’è una ricetta assoluta, una panacea per risolvere il mal d’amore attraverso il viaggio.
Anche dell’allontanamento, del viaggio, se ne può fare uso differente. Può essere un tempo di riflessione, una occasione per orientare la propria vita verso nuovi punti di riferimento meno illusori. Si può trovare un nuovo equilibrio, dando un nuovo significato alla propria vita senza il “vecchio amore”.
Oppure anche il viaggio, senza andare alla ricerca di un nuovo significato per la propria esistenza, può divenire semplicemente lo strumento per dimenticare la fine del proprio amore attraverso la ricerca di nuove esperienze, di nuove attività, di nuove persone. In questo caso, il Mal d’Amore spesso è solo riposto in un angolino della propria coscienza, raramente viene superato.
Il confine tra questi due modi di affrontare questa situazione è spesso molto vicino e confuso.
Quel che è certo, al di là di tutto, è che comunque il viaggio può essere certamente d’aiuto, anche solo per il fatto che allontanarsi da un contesto carico di emotività porta l’individuo ad una prima riflessione più critica ed accurata della proria situazione.
E questo può già essere un primo importante passo.
Alessandro Mereu
Psicologo
Esperto in Psicologia del Turismo
www.psicologiaturistica.it
Psicologo, Psicoterapeuta
Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)
per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it
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