Testimonianza: La favola bella che a lungo mi ha illusa
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Te lo ricordi quel pomeriggio? Quelle due ore sul tuo letto a fare l amore? E poi quel temporale e l odore della terra bagnata? Te lo ricordi quel profumo di erba che veniva dalla tua finestra? E la poesia di D’Annunzio, la pioggia nel Pineto, te la ricordi? E ricordi che non la conoscevi? E quando ti telefonai (ti telefonavo sempre, mentre rientravo a casa, piena d’amore, con l’odore del tuo corpo sulla mia pelle, sulle mie labbra, sulla mascherina e sui miei vestiti) me ne leggesti un paio di strofe. Mi resi conto in un istante che avevo finalmente compreso quale fosse la favola bella alla quale faceva riferimento D’Annunzio: stavo vivendo io stessa in una favola bella … E io ero felice, ma quanto ero felice.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove (…)
su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Sono sicura che tornerò ad essere felice: di certo, questa è solo una fase della mia vita, tu stesso sei stato solo una breve parentesi e se è vero che tutti i momenti passano, tutti, siano essi terribili o meravigliosi, non mi resta che aspettare che tutto questo dolore mi attraversi, invada ogni parte di me e infine mi lasci in pace.
Quando mi ritrovo a piangere inizio a odiare me stessa perché mi sento responsabile di questa rottura, mi colpevolizzo forse per trovare una ragione che mi consenta di andare avanti. Odio la mia famiglia, perché non è stato altro che un impedimento alla realizzazione della mia felicità. Odio il mio lavoro perché ogni cosa che dico, ogni gesto che compio mi riporta in qualche modo a te. Odio anche la terapia, perché in quell’ ora non faccio altro che parlare di te, di quanto io stia male, di quanto tutto questo farmi soffrire sia ingiusto e quanto tu sia stato egoista a non condividere con me nulla di ciò che ti sia accaduto, nessuno dei tuoi pensieri: mi hai semplicemente salutata con dei messaggi senza trovare neppure il coraggio di guardarmi negli occhi mentre mi lasciavi: perché dire “ci vediamo tra sei mesi” è solo un procrastinare un saluto che avresti dovuto concedermi tempo fa. Pusillanime. Come se fossi stata l ultima delle persone in questo mondo, senza importanza, senza merito, senza dignità. Ora sto piangendo, era da tanto che non mi capitava.
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
Spero di tornare a piangere presto di gioia, perché adesso vedo solo tanto buio dentro di me.
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
Eppure, nonostante tutto questo dolore, io sono grata a tutto quello che siamo stati: grazie a questi mesi incredibili ho capito che cosa significhino le parole passione e amore… Perché tu, Federico, sei stato il mio grande amore, il sentimento più importante che io abbia mai vissuto e non so che cosa farò della mia vita nei prossimi anni, ma sono certa che non proverò mai più qualcosa di così totalizzante e così profondo.
Grazie per quella favola bella, che a lungo mi ha illuso fosse vera. Grazie.
Testimonianza di una donna seguita in Psicoterapia dal dottor Roberto Cavaliere Psicoterapeuta
Psicologo, Psicoterapeuta
Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa). Possibilità anche di effettuare consulenze tramite video chiamata
per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it