GASLIGHTING

Il Gaslighting che è una tecnica di crudele ed infida manipolazione mentale. Il termine è derivato dal titolo del film “Gaslight” (1944) del regista americano Georg Cukor, uscito in italiano con il titolo di “Angoscia” e tratto dalla pièce teatrale “Angel Street”. Si tratta di un dramma psicologico che narra della vita matrimoniale tra un uomo affascinante ed una bellissima donna. Dopo un periodo felice il rapporto si incrina ed il marito, con una diabolica ed artificiosa tecnica psicologica, alterando le luci delle lampade a gas della casa, spinge la moglie sull’orlo della pazzia. Solo l’intervento di un detective riuscirà a ristabilire la verità, scoprendo che il marito della vittima è uno psicopatico criminale.

Il gaslighting è un comportamento che la persona abusante mette in atto per minare alla base la fiducia che la vittima ripone in sé stessa, dei suoi giudizi di realtà, facendola sentire confusa fino a dubitare di stare impazzendo. E’ una subdola azione di manipolazione mentale con la quale il gaslighter, così si chiama l’agente di questo comportamento, mette in dubbio le reali percezioni dell’altra persona, facendola dubitare di se stessa, facendola sentire “sbagliata”. Esso ha molte analogie col mobbing familiare

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

MOBBING NELLA COPPIA E GASLIGHTING

Il mobbing all’interno della coppia, detto anche mobbing familiare è condotto all’interno delle dinamiche relazionali coniugali e familiari ed è finalizzata alla delegittimazione di uno dei coniugi e alla estromissione di questo dai processi decisionali riguardanti la famiglia in genere e nello specifico i figli.

Il mobbing familiare più frequente è quello che coinvolge le famiglie separate e viene messo in pratica da parte del genitore affidatario nei confronti di quello non affidatario al fine di spezzare il legame genitoriale nei confronti dei figli. Spesso questo comportamento ha come grave conseguenza la generazione nei figli della PAS (Parental Alienation Syndrome), ovvero la Sindrome da Alienazione Genitoriale.

Recenti studi e ricerche, hanno evidenziato come questo particolare tipo di mobbing stia diventando sempre più frequente nelle relazioni coniugali contraddistinte da una intensa conflittualità.

In alcuni casi, il mobbing familiare si presenta attraverso una serie di strategie “persecutorie” preordinate da parte di uno dei coniugi nei confronti dell’altro coniuge, allo scopo di costringere quest’ultimo a lasciare la casa coniugale o ad acconsentire, ad esempio, a una separazione consensuale, pur di chiudere rapporti coniugali fortemente conflittuali[3].

Il mobbing familiare è riconducibile a quattro casi:

  • sabotaggi delle frequentazioni con il figlio,
  • emarginazione dai processi decisionali tipici dei genitori,
  • minacce,
  • denigrazione e delegittimazione familiare e sociale.

Ha diverse anaologie col mobbing familiare il Gaslighting che è una tecnica di crudele ed infida manipolazione mentale. Il termine è derivato dal titolo del film “Gaslight” (1944) del regista americano Georg Cukor, uscito in italiano con il titolo di “Angoscia” e tratto dalla pièce teatrale “Angel Street”. Si tratta di un melodramma psicologico che narra della vita matrimoniale tra un uomo affascinante ed una bellissima donna. Dopo un periodo felice il rapporto si incrina ed il marito, con una diabolica ed artificiosa tecnica psicologica, alterando le luci delle lampade a gas della casa, spinge la moglie sull’orlo della pazzia. Solo l’intervento di un detective riuscirà a ristabilire la verità, scoprendo che il marito della vittima è uno psicopatico criminale.

Il gaslighting è un comportamento che la persona abusante mette in atto per minare alla base la fiducia che la vittima ripone in sé stessa, dei suoi giudizi di realtà, facendola sentire confusa fino a dubitare di stare impazzendo. E’ una subdola azione di manipolazione mentale con la quale il gaslighter, così si chiama l’agente di questo comportamento, mette in dubbio le reali percezioni dell’altra persona, facendola dubitare di se stessa, facendola sentire “sbagliata”.

Fonte: Gaetano Giordano, Conflittualità nella separazione coniugale: il “mobbing” genitoriale , 2003, Psychomedia Telematic Review

Link http://www.psychomedia.it/pm/grpind/separ/giordano.htm

ARTICOLO COLLEGATO IL MOBBING FAMILIARE: LE CONSEGUENZE GIURIDICHE – AVV.PAOLA VIGO

 

 

TESTIMONIANZE

IL MIO COMPLEANNO LO PASSERO’ DA SOLA

claudia72 Età: 35 Salve, oggi è il mio compleanno e… lo passerò completamente da sola. Mio marito si è svegliato stamattina molto prima di me, si è chiuso in bagno e poi è uscito senza dire una parola. Ho ricevuto poi un sms verso le 11 con scritto “non preparare la cena nè stasera nè per le serate successive, divertiti…” Simpatico… sà benissimo che sono completamente sola, che non ho neanche un lavoro e che me ne starò chiusa in casa tutto il giorno.

Per sposarlo ho litigato con i miei (che ancora mi rimproverano e mi dicono che mi sta bene quello che è successo perchè era prevedibile finisse così), per stare con lui e per avere una possibile famiglia con lui ho lasciato perdere un lavoro fisso che avevo duramente conquistato dopo tanti anni di studio (e con uno stipendio da favola). Per assecondarlo ho lasciato tutte le mie amicizie (perchè lui era geloso addirittura se anche solo parlavo o telefonavo con le mie amiche).

Mi ha mandato all’ospedale con il naso rotto, mi ha messo diverse volte le mani addosso. Mi ha fatto il vuoto intorno, mi ha convinto che nessuno mi vuole bene, nemmeno i miei. Mi ha fatto il lavaggio del cervello convincendomi che sono brutta, che lo dovevo ringraziare perchè solo lui poteva prendermi e se non era per lui sarei rimasta ancora zitella…

Ha cercato di affossarmi sempre con gli amici e con i conoscenti, minimizzando le mie doti e i miei successi (scolastici e lavorativi) e mettendosi sempre e solo lui al centro dell’attenzione, come una primadonna. Mio marito è invidioso di me, di quello che ero (una ragazza allegra, felice, carina, studiosa e fortunata nel lavoro)e mi ha ridotto triste, depressa, sovrappeso e disoccupata.. non ho più nulla, non faccio altro che mangiare per riempire il vuoto che ho dentro.. il vuoto d’amore.. oggi compio 35 anni ed eccomi qua… sola come un cane…

COMMENTI

L’amore è un sentimento strano, nel tuo caso autolesionistico. Non è giusto per nessuno amare una persona del genere. Tu vali molto di più. Guardati allo specchio, ripetiti che sei migliore e che è lui che non merita te. Non annullarti per un mostro simile, non lo meriti davvero…

..io ho vissuto cosi’ l’amicizia con la mia migliore amica che oggi adoro ma che a 20 odiavo…oggi ho scoperto tutte le sue debolezze e si lascia finalmente aiutare..ho scoperto quanto la sua insicurezza l’avesse resa aggressiva. Ci siamo allontanate per un po’ di anni e adesso sappiamo che la nostra amicizia durera’ per sempre.. Anche tuo marito e’ sicuramente una persona insicura e tu sei probabilmente il bersaglio su cui sfogare le sue frustrazioni..ha piu’ bisogno di aiuto lui..aiutalo reagendo con una cattiveria positiva e fatti rispettare un po’ di piu’ dimostrando tutta la tua forza ed intelligenza.. un bacione

Claudia, sono sicura che hai ancora tanta energia dentro di te. Sei giovane e la vita cambia traiettorie e direzioni anche improvvisamente. Vedrai che imparando a conoscersi e a capire perché abbiamo permesso a qualcun’altro di scegliere al posto nostro, possiamo a poco a poco riprenderci la nostra vitalità. Un abbraccio

ciao, sono rimasta molto colpita dal tuo sfogo. Anch’io, sia pure con delle differenze importanti, vengo da un’esperienza molto simile alla tua. Ho sopportato per molti anni le umiliazioni che mi sono state inflitte con gesti, parole, sguardi il tutto dettato da un atteggiamento di costante competizione nei miei confronti da parte di quell’uomo che tanto amavo e rispettavo. ma un giorno ho avuto il coraggio di dire basta e anche se la mia scelta così drastica ha portato molto dolore finalmente mi guardo allo specchio e vedo una giovane donna di 32 anni con tante cose da dare e ricevere dalla vita. perciò abbi coraggio e ricorda che nessuno ha il diritto di metterci le mani addosso e umiliarci. Non temere la reazione della tua famiglia, il loro è uno sfogo normale, vedrai che nel momento in cui avrai maggior bisogno di loro non ti lasceranno sola e saranno il tuo punto di forza. Un abbraccio

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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MOLESTIE E VIOLENZE PSICOLOGICHE

Possiamo considerare molestie e violenze psicologiche (l’elenco e lungi dall’essere esaustivo):

  • la molestia e violenza verbale
  • i comportamenti sadici che procurano sofferenza
  • i comportamententi tesi a sottovalutare l’altro
  • i comportamenti tesi a manipolare l’altro
  • il rifiuto affettivo di uno dei due all’interno della coppia
  • le pretese eccessive o sproporzionate rispetto alle possibilità dell’altro
  • i comandi e le ingiunzioni contradditorie ed impossibili da attuare

Queste molestie e violenze sono effettuate in maniera subdola, non troppo evidente, allo scopo di destabilizzare l’altro senza che chi le attua se ne assuma la responsabilità. Infatti, spesso, la vittima si coilpevolizza a tal punto da ritenere di meritare tali comportamenti.

Nel passato affettivo e relazionale dei soggetti vittime di tali molestie e violenze si riscontra un modello simile nella coppia genitoriale.

 

TESTIMONIANZE

Buongiorno.Io non so se riuscirò a vivere mai un amore pieno, normale, duraturo, maturo.Non so se riuscirò mai a realizzarmi nell’amore, così come nella vita.E credo che, prima del mio amore malato per un uomo, ci sia una delicata storia di infanzia negata, violata da due genitori che non hanno saputo trasmettermi la dignità di esistere. Inoltre, la mia incapacità di gestire relazioni sane con gli uomini, è solo il riverbero di una vita di umiliazioni, ahimè, autoinferte e reiterate.E’ come se la profezia lanciata da mio padre (uomo alcolista e violento) quando ero bambina: “Tu sarai sempre una serva!!”, si fosse autoavverata in tutti i campi della mia vita.E ora non so proprio con chi prendermela…Mio padre, che ha reso la mia infanzia terrificante, oggi è malato e infermo… mia madre è una anziana signora che si occupa di lui con tutta ladedizione di una coalcolista.Quando ero bambina temevo l’ira incontrollata di mio padre e pensavo che mia madre fosse la vittima sacrificale di tutta quella violenza. Povera mamma, pensavo, anche se a volte la imploravo di andarcene via da casa, io lei e le mie tre sorelle. Lei rispondeva che no, non si poteva e piangeva sulla mia spalla. Io, la consolavo.A sei anni consolavo mia madre che piangeva sulla mia spalla dopo che mio padre ubriaco l’aveva picchiata; spesso picchiava anche le mie sorelle (più grandi di me) e rompeva i mobili di casa (così celebrava compiutamente la sua rabbia).Salvo poi lasciami sola con lui, dopo queste sfuriate, io l’unica figlia che non toccava, per andarsene fuori casa qualche ora con le mie sorelle. E io avevo sempre paura che mi abbandonassero lì con mio padre quando, ubriaco e sfinito, si sdraiava accanto a me (impietrita dalla paura) per dirmi frasi sconnesse o chiedermi di tagliargli le unghie dei piedi. La mia infanzia, periodo di oscurantismo medievale, finisce a 15 anni, quandome ne vado di casa. Ma “le streghe son tornate”, a 19 anni quando scopro di essere sieropositiva, contagiata per via sessuale dal mio ragazzo, extossicodipendente. Dieci anni di aspettativa di vita, dicono i medici del reparto infettivi; l’esperienza fin ora non offre prospettive migliori. Quindi mi do da fare, rimuovo il problema, mi prendo la vita e la mangio finoall’osso. Studio, cinque anni di magistrali serali, che mi aprono al mondo meraviglioso ed intrigante della cultura; mi diplomo, faccio teatro, vado ateatro… lavoro in Comune.. decido di entrare in terapia (psicodramma), vivo da sola, anche se ho qualche storia. E’ difficile incontrare un uomo che non utilizzi la questione sieropositività per non impegnarsi… Comunque sono tutte relazioni con uomini problematici e abbandonici… Uno mi dice che mi lascia perchè non vuole vivere un lutto (ma io sto ancora molto bene…), l’altro non vuole fare l’amore con me e finisce per non baciarmi neanche più, l’altro ancora mi ama alla follia, mi conquista come fosse una prova con sé stesso… salvo poi lasciarmi quando io mi innamoro davvero. Un altro ancora si prodiga per avere le mie attenzioni, poi comincia a parlarmi diffusamente della sua ex e di quanto lui ne è ancora innamorato…Poi è la volta di un ex tossicodipentende, che proprio ex non è, quindi lo lascio e lui mi deruba, svuotandomi la casa. Insomma un disastro! Mi svendo,sì, per un abbraccio caldo vendo l’anima, a alla fine sono sempre più sottile… fragile, confusa, incapace di valutare se e quanto valgo.. La cosa diabolica è che, quando incontro gli uomini della mia vita, sento subito “puzza di bruciato” e malgrado ciò o forse proprio per questo, cado trale loro braccia come una pera matura… Consapevole che quello non è un uomo sano. Nelle mie storie, il timore fa parte del gioco. Sono consapevole di entrare ogni volta nella tana del lupo, ma quella tana mi attrae ed è come se non potessi starne fuori.E’ una specie di maledizione, un’implacabile destino che continuo ad assecondare nell’amore così come nella vita. Sì, nella vita, appunto, ho continuato a boicottare ogni prospettiva che fosse positiva per me. Ho cambiato una decina di volte casa, con un dispendio dienergie e denaro non indifferente. Avevo un lavoro sicuro, statale, ma mi sono licenziata per inseguire il sogno dell’Università… che ho concluso. Così ora sono una laureata con 110 e lode (educatore interculturale – che caso, mi piace potermi occupare degli “ultimi” gli immigrati), precaria, part-time diquarantadue anni. E, per integrare faccio la badante ad una nonnina di 99 anni, una noia mortale,un delirio, un’agonia, una svalorizzazione senza precedenti… una regressione negativa, ai tempi in cui facevo le pulizie e “ramazzavo” mezza città per pagarmi le spese di casa. La serva faccio, una serva laureata, con un’intelligenza brillante (così dissero alcuni miei docenti), ma sempre serva rimango, come mi diceva sempre mio padre.Come il protagonista di una poesia tratta dall’antologia di Spoon River il cui epitaffio suonava più o meno così: “Povero marinaio, la sua nave è logora, è lui ora non c’è più. Nessun naufragio, non ha mai salpato oltre il porto, si è dibattuto rovinosamente contro sé stesso”. E’ gli uomini ?Ho vissuto sei anni con un uomo, un amico di vecchia data che non credo diavere mai amato… Lui è una persona anaffettiva, introversa, impermeabile alleemozioni… ma non può fare diversamente. Non ha avuto altre relazioni oltrequella con me. Sua madre era depressa cronica, costantemente dentro e fuoridall’ospedale psichiatrico. Non credo possa essere diverso da quello che è, nési possa concedere il lusso di assaporare ed esprimere le proprie emozioni… Eneppure fidarsi di una donna. So che non si siamo incontrati per caso, ma ora èfinita e non gliene voglio.Ora ho una relazione con un uomo di colore incasinatissimo, senza soldi, moltoafricano, analfabeta, ma che mi sa coccolare. Ancora una volta una storia senzafuturo… Questa mattina mi ha chiesto in prestito 600 euro per l’assicurazionedella sua macchina. Io non glieli ho dati, ma ora mi sto domandando se domanici vedremo oppure lui sarà risentito con me… Una donna sana sarebbe lei risentita, credo.C’è speranza per me?Vi prego, non lasciatemi sola…Silvia

kikketta Età: 30 Salve, leggendo sul vostro sito, mi sono resa conto che le testimonianze riguardano soprattutto chi è stato “affetto”da dipendenza affettiva o scarsa autostima, ma non ci sono testimonianze al riguardo di chi tale dipendenza l’ha subita.Vi scrivo in quanto non sempre chi sta dall’altra parte è una persona che si comporta male in termini di tradimento, scarsa attenzione nei confronti del partener, violenza, poco tempo a disposizione della coppia ecc. Cosi leggendo diversi testi al riguardo (tra cui anche il libro della Norwood),mi sono resa conto che sebbene il rapporto io lo volessi vivere in modo normale, senza approfittare, o mancare di rispetto o tradire, anzi con un completo travolgimento e amore si sono comunque innescati in lui meccanismi che non sono legati a miei comportamenti (e non essendo del mestiere) non potevo capire (e che lui ovviamente non mi ha mai detto). Sono stata travolta da colpevolizzazioni, quando ormai aveva deciso di allontanarsi, ed insulti su cose che neanche lontanamente, non ho non solo fatto, ma neanche mai pensato di fare che mi hanno fatto cadere in una profonda crisi, poichè vedendolo soffrire(ed andare in terapia) pensavo di averli realmente fatti.La conseguenza per me è stata probabilmente “amare troppo”. Sono attualmente in terapia per capire perchè in me si sono successivamente innescati tali comportamenti, ma sono sicurissima, ORA, di essermi sempre comportata bene.

anna Età: 36 Leggendo il sito , mi chiedevo se sia possibile uscire dalla dipendenza affettiva pur rimanendo all’interno della relazione. Mi piacerebbe tantissimo poter amare , prendendo il bello del sesso e della passione senza soffrire per tutto l’altro dell’Altro. Si’, perche’ il mio principe azzurro all’improvviso si trasforma in un ranocchio…… Come faccio a non soffrire, quando torna a casa dopo una notte fuori perche’ lui dice, io l’ho fatto innervosire? Come faccio a dormire durante queste notti? Come faccio a non provare odio quando lui , come adesso torna di mattino e dorme come un bambino ed io vorrei ammazzarlo, fisicamente intendo.Come faccio stamattina a nuotare, passeggiare, fare compere, questa rabbia mi succhia tutta l’energia. Quando l’ho conosciuto ero autonoma, indipendente, libera nell’animo, ballavo ,sorridevo. Ora sono seriosa, spesso triste, silenziosa, sola. Continuo a ballare pero’,quando lui non torna a casa….. No, non mi tradisce, va solo al bar e torna a casa ubriaco e con una terribile puzza di birra e sigarette. Non accade spesso, ma quando accade lui mi dice che e’ colpa mia.Questo mi rende triste.Io so che non e´cosi’ eppure mi faccio sfiancare da queste accuse.Dove sono tutto il suo rispetto, il suo amore, la sua lealta´quando torna a casa ubriaco? Lui dice e’ colpa mia, scappa da me , dalla mia negativita’….. Pero’ se oggi io volessi scappare dalla sua puzza e dalla sua negativita’ io sarei solo una puttana, come dice lui.Quando io prendo o tento di avere il suo stesso spazio, non va piu’ bene, il gioco funziona diversamente. Stanotte lui ha fatto cio’ che voleva, adesso dorme ed io devo stare a casa, altrimenti, dice lui, significa che ho fatto quello che ho fatto per uscire sola. Spesso ho pensato di essere vittima di violenza domestica, psicologica, una violenza che mi manipola. Adesso sto iniziando a diventare strategica, aspetto lunedi per essere felice, vado a nuotare quando lui lavora……Inizio a sognare di conquistare altri uomini, di tradirlo a casa nel nostro letto…. La gioia piu’ grande, amarlo con freddezza, senza soffrire, usandolo un po’…Mi piacerebbe avere un dialogo, un aiuto sono sola.

libera75 Età: 32 Il mio matrimonio è finito dopo appena due anni di violenze fisiche e psichiche, una storia veloce inizialmente appassionata ma immatura che poi si è rivelata un inferno.. che mi ha regalato un figlio meraviglioso che rappresentava e rappresenta l’unico motivo per lottare e andare avanti. Ho raccolto a fatica i pezzi della mia vita tra attacchi di panico e depressione ma ce l’ho fatta ho lottato e ne sono uscita e dopo sette anni ho incontrato l’uomo della mia vita, almeno pensavo che lo fosse!S ono ormai 5 anni di dipendenza emotiva, dopo i primi momenti di dolcezza si è rivelato peggiore del mio ex, sono ricominciate le violenze mi dice che sono io che lo provoco, che sono io la pazza, che sono io che non gli do sicurezza ed è per questo che lui non vuole vivere con me , avere una famiglia con me…da un anno mangio e vomito… sono stanca

nikita N° di riferimento: 661717106 Età: 50 Da più di venti anni vivo un rapporto di coppia che ha portato allo sfinimento totale sia me che la mia famiglia di origine. Dopo anni di maltrattamenti psicologici fisici e di mancanza di rispetto per la mia persona e non solo, bisognosa in modo grande di amore poichè soffro di carenza d’affetto sin da bambina, non solo non mi è stato dato questo ma si è infierito contro di me come donna perchè dovevo sottomettermi a schemi di vita inaccettabili. Tre tentativi di separazione messi in atto da me ma mai andati a buon fine perche vittima di ricatti e angherie assurde da parte di mio marito e parenti. Allontanata da tutti per false calunnie da parte di lui per costringermi a tornare. Sopprusi e sofferenze psicologiche atroci fino a quando un mio giovane figlio si toglie la vita per problemi sopraggiunti e che io in questa situazione non sono riuscita a tamponare. Soluzione a tutt’oggi: Con la tragica perdita mi son sentita obbligata a ritornare accanto a quest’uomo che senza di me diventa pazzo violento piu che mai, incontrollabile e quindi indispensabile una vigilanza a favore di un un unico figlio rimasto. A nulla son sevite le mie costanti richieste di aiuto a dottori, psicologi, assistenti sociali. Niente oggi grazie a loro mi ritrovo con un figlio morto e mio marito vivo e vegeto che sguazza ancora nella sua più che evidente stranezza che tutti proteggono perchè lui è un uomo e io una donna perchè lui è un compaesano e io una trapiantata. Tutti lo proteggono, dal medico di famiglia dall’avvocato di famiglia dai parenti perchè timorosi e io sono una vittima come ………., lei lo ha perso in grembo il figlio io no, ma è lo stesso. Morta sta in una bara lei e pure puttana le dicono. Nooooooooo basta. Basta agli uomini padroni, basta. I talebani sono gli italiani. Io in trenta anni non ho mai vissuto i miei bambini non han potuto mai tirare un vero sorriso dentro la loro casa Io ho perso un figlio ma nessuno qui fa una piega. Sopra casa mia due anni fa han portato via tre bare bianche madre e 2 figlioletti e lui sta uscendo di prigione e gli daranno pure il capitale della moglie. Sa cosa dice il fratello? A ma lui voleva bene ai figli …. Si così bene da ammazzarli…. Cristo per pietà per carità basta. La giustizia non c’è per noi mogli e mamme, ma aiutatemi vi prego almeno a rimanere nella casa dove ho fatto nascere mio figlio e dove lui ha voluto morire. Aiutatemi a rimanere una donna normale come io sono. Nonostante tutto credo ciecamente in me. …..ma a che serve? le mamme in queste condizioni non possono aiutare veramente i figli come andrebbero aiutati perchè loro hanno bisogno di piu aiuti degli altri perchè sono figli dell’insicurezza del dubbio, del disamore di due genitori non fatti l’uno per l’altra. Mio marito accumula e a noi da le bricciole ciò che avanza se avanza. Io non so più se sono una donna o un oggetto o un trespolo io non so più dove sta il riso o il pianto.. io per vivere una giornata normale devo non pensare e per non pensare devo annullare e per annullare devo pensare che non esisto. I miei occhi son stati creati non per vedere ma per piangere. E allora dov’è l’amore di Cristo l’amore del nostro simile dov’è? per chi soffre come me per chi sa di aver perso un figlio in fiore frutto delle mie fatiche.. per egoismo e malvagità a lungo termine che neppure i più bravi avvocati possono portare a verità? mascherate dal falso bene. E c’è chi giustifica questi uomini chi li protegge… …… è morta .. e la vita continua. Nikita piange da più di vent’anni ora le lacrime sono più dense ma a nessuno importa. Nikita aveva tante cose belle da dare amore, tenerezze, baci e carezze, ma lui non le ha mai volute e oramai dentro il sangue si stà seccando, la linfa non scorre piùc ome prima ma lui ? Lui continua il suo percorso di lava vulcanica ….. dove passa PIETRIFICA.

 

Dott. Roberto Cavaliere

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LA RELAZIONE VITTIMA-CARNEFICE NELLA COPPIA: HEGEL E DOSTOEVSKIJ

Per parlare del rapporto vittima-carnefice, nella dipendenza affettiva e nella codipendenza, partiamo dalla relazione servo-signore formulata dal filosofo Hegel. Se inizialmente, in tale relazione, il padrone è il padrone ed il servo è il servo, quindi sono entrambi in ruoli distinti e contrapposti, il successivo sviluppo della relazione porta il padrone, secondo Hegel, ma non solo lui, in base a sitauzioni concrete e reali, ad essere dipendente dal servo, a non possedere più l’autosufficienza. Questo processo, se non viene interrotto dal padrone stesso, tramite l’acquisizione di una consapevolezza circa il proprio stato di uomo dipendente dal lavoro di un altro uomo, può essere fatale. Ecco allora che il padrone diviene schiavo, ed il servo, pur non divenendo mai realmente padrone, potrebbe comunque avvalersi del suo potere per trarne cospicui vantaggi.

Questo non và inteso solo in senso economico ma anche relazionale ed emotivo in quanto, sopratutto nella coppie con problematiche di dipendenza o codipendenza, conferisce alla vittima un elevata dose di potere nell’amito della relazione. Secondo Hegel, il potere è una medaglia dalle due facce, la faccia dell’uno consiste nel possederlo, la faccia dell’altro nell’esserne del tutto privo.

Nella coppia questa relazione fà sì che il partner carnefice attinge il sentimento del proprio valore dall’oppressione del partner vittima. unica modalità per non correre il rischio di diventare vittime e sottomettere l’altro. In maniera simile Hegel spiegava perchè i padroni siano riluttanti a liberare i propri schiavi.

Uno degli esempi più magistrali di tale tipo di relazione lo troviamo nel capolavoro di Dostoevskij “La Mite “. Esso è uno dei racconti artisticamente più struggenti, profondi e intensamente poetici del grande scrittore russo che racconta la triste e tragica vicenda sentimentale di un usuraio quarantenne e di una ragazzina sedicenne, orfana di entrambi i genitori e costretta al matrimonio dopo aver venduto all’uomo dei pegni tutto ciò che possedeva.

Dostoevskij in questo racconto mescola e confonde , il male e il bene, la vittima ed il carnefice. In un lungo, inininterrotto monologo, trabocca l’anima dell’usuraio, l’unico protagonista della scena, lasciato solo di fronte alla morte, per lui assurda, della giovane moglie:

“Immaginate un uomo, accanto al quale giace, stesa su di un tavolo, la moglie suicida, che qualche ora prima si è gettata dalla finestra. L’uomo è sgomento e ancora non gli è riuscito di raccogliere i propri pensieri…Ecco, parla da solo, si racconta la vicenda, la chiarisce a se stesso…” (F.Dostoevskij)

Esce fuori, come un fiume in piena, il suo passato infelice, le offese subite quando prestava servizio militare, l’inattesa eredità paterna, la possibilità del riscatto col banco dei pegni. Avere la possibilità di diventare un usuraio e vantarsene, per poter gettare in faccia al mondo i suoi ideali traditi in gioventù:

“Voi mi avete respinto, voi, gli uomini, mi avete bandito col vostro tacito disprezzo. Ai miei impulsi appassionati avete risposto con un’offesa mortale. Ora io, dunque, ho il diritto di rinchiudermi in una torre d’avorio…nella proprietà acquistata coi miei soldi”.

Anche l’amore e il matrimonio con la giovanissima orfana diventano un affare come un altro, almeno all’inizio. Certo che voleva bene a quella giovane creatura, anche se era un amore distorto, malato, nato da un rapporto di dipendenza, dove lui solo poteva esercitare un potere, lui solo poteva disporre della sua vita, ferirla col suo ostinato silenzio, isolarla nei suoi timidi tentativi di instaurare un rapporto alla pari. Paradossalmente proprio quando il cinismo e la viltà del suo comportamento hanno compromesso per sempre la dignità e infranto i sogni della timida ragazza, facendola lentamente precipitare nella melanconia e nella depressione, l’uomo scopre di amarla per davvero. Ma è troppo tardi: lei si ammala di febbre cerebrale e si suicida gettandosi dalla finestra, con in braccio l’icona sacra della vergine, l’unico pegno che non aveva mai considerato “in vendita”, dono della madre.

Come per tutti i capolavori della letteratura, non c’è una sola chiave di lettura che possa inquadrare questo racconto. Resta intatta l’enigmaticità di una storia d’amore impossibile, nata fra due esseri umani lontanissimi nei loro estremismi, incapaci di comunicare le loro diversità, vittima e carnefice e per questo accomunati da un tragico destino. E’ anche il dramma sentimentale ed emotivo dell’unica voce narrante, quella dell’usuraio, uomo forte esteriormente, ma che si scopre sempre più fragile e strisciante, smarrito di fronte alll’innocenza di quella ragazza mite, così mansueta in apparenza, ma capace di forti sentimenti e che, pur di non cedere ai propri ideali, sceglie di togliersi la vita.

Concluderei la disamina su tale tipo di relazione accennando alla Sindrome di Stoccolma che prende il nome da una rapina in Banca effettuata da due rapinatori nel 1973 nella capitale svedese. I rapinatori erano due e furono bloccati dalla polizia per 6 giorni all’interno della banca, unitamente a 4 impiegate prese in ostaggio. Questa “convivenza forzata” portò alla nascita di una relazione particolare, quasi intima, fra sequestratori e sequestrate. Infatti, quanto tutto terminò, nessuna delle impiegate volle collaborare colla polizia per la cattura dei rapinatori. Addirittura nessuna fornì notizie utili per effettuare l’identikit dei rapinatori, nonostante quest’ultimi, erano a volto scoperto all’interno dei locali della banca. A distanza di tempo una di loro arrivò a sposare uno dei due rapinatori. Tale episodio di cronaca rappresenta, quindi, un esempio di dove possa arrivare la relazione vittima-carnefice.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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IL PRINCIPIO D’INDIFFERENZA IN AMORE

Il principio d’indifferenza è stato elaborato dall’economista J.M.Keynes e può essere sintetizzato così: se non abbiamo valide ragioni per supporre che qualcosa sia vero o falso, possiamo assegnare pari probabilità ad entrambe . Questo principio ha trovato applicazione in diversi campi, oltre l’economia, la scienza, la statistica, la filosofia ed anche la psicologia.

Vediamo se è possibile applicarlo anche nel campo delle problematiche affettive.

Una persona non sa se credere o meno al proprio partner e non ha valide informazioni per propendere per un ipotesi o un altra. Può essere una promessa di matrimonio, una dichiarazione d’amore, il dichiarare di non aver tradito o qualsiasi altra problematica. Può essere vero quello che afferma; può essere falso. E’ identico al lancio di una monetina: le probabilità sono pari.

Ma quali sono le possibile conseguenze.

  • Supponiamo che accettiate per vero quanto vi viene dichiarato. Se l’altro è nel falso, non guadagnate nulla, ma se è nel vero godrete appieno della serenità e della felicità che derivano dall’aver dato fiducia.
  • Supponiamo che rigettiate quanto vi viene dichiarato. Se l’altra persona è nel falso non perdete nulla. Ma se l’altro è nel vero, avete perso una possibilità di essere sereni felici col vostro partner.

Ritengo che bisogna sempre valutare qual è la posta in gioco. Più essa è alta più vale la pena scommettere sul fatto che le dichiarazioni dell’altro siano veritiere.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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LA NEGOZIAZIONE DI COPPIA

Jules ebbe degli echi dei loro attriti. Raccontò loro una storia indù:

«Due amanti provavano i tormenti dell’amore e della gelosia. Conobbero insieme la più grande felicità, e la sciuparono. Molte volte si separarono e si ritrovarono, più innamorati di prima. Ma ognuno fece soffrire l’altro. Si lasciarono per sempre. Qualche anno dopo lui, col cuore spezzato, volle rivederla prima di morire. La cercò, viaggiò, pensando che, dovunque lei fosse, la sua bellezza l’avrebbe resa famosa. La ritrovò vedétte di una di una compagnia di danzatrici che conducevano un’esistenza frivola. Le andò incontro, la guardò, e non trovava niente da dirle, e le lacrime gli scendevano dagli occhi. Seguì la compagnia, e contemplava l’amica che ballava e sorrideva per gli altri. Non c’era rimprovero in lui, e non desiderava da lei che il permesso di guardarla. “Finalmente mi ami davvero!” gli disse lei».

Jules disse a Kathe: «La tua massima è questa: in una coppia bisogna che almeno uno dei due sia fedele: l’altro».

Disse pure: «Se si ama qualcuno, lo si ama così com’è. Non si desidera influenzarlo, perchè, se ci si riuscisse, non sarebbe più lui. Meglio rinunciare all’essere che si ama che cercare di modificarlo con la pietà o la tirannia».

Jim avrebbe voluto morire di Kathe. Sopravvivere era un’offesa. I ragni maschi lo sanno, e anche le loro femmine.

dal film Jules et Jim – Francois Truffaut –

 

Avete presente quando discutete su come spendere i vostri soldi, come suddividervi la gestione della casa, dove andare in vacanza, ecco, in quei momenti state negoziando o almeno ci provate.
Possiamo dire che è un’esperienza abbastanza comune, un modo particolare di comunicare e in quanto tale può sicuramente essere migliorato. Seguendo semplici indicazioni potrai diventare abile nel chiedere ciò che desideri senza dover manipolare o mettere in disparte il tuo partner.
Visto che ormai è chiaro a tutti che il conflitto tra due persone, che desiderano cose diverse, è inevitabile, vediamo come si può affrontare meglio.
Cominciamo sottolineando che è opportuno non attaccare direttamente l’altra persona ma cercare di separare i propri sentimenti dalla questione in discussione, concentrandosi sugli interessi ricercati e non su posizioni rigide, arrivando ad una decisione reciprocamente accettabile con flessibilità e perserveranza.
Allora a lavoro!!!!
La negoziazione si svolge attraverso cinque stadi.
PREPARAZIONE
REGOLE DI BASE:
Accetto il conflitto con serenità: il conflitto è inevitabile, essere in disaccordo è naturale e può essere un momento di crescita. Non è la rovina della coppia.
Voglio riuscire a raggiungere un accordo che sia per entrambi positivo.
Voglio abbandonare l’idea di volere vincere a tutti i costi.
Voglio essere flessibile, voglio cercare di liberare la mia mente dai pregiudizi
Dopo esserti chiarito queste regole di base inizia con una descrizione della situazione.

Adesso descrivi quali sentimenti ed emozioni ti caratterizzano nel momento in cui pensi a ciò che sta succedendo.
SENTIMENTI /EMOZIONI
Quindi cerca di descrivere quali sono gli interessi del tuo partner e i tuoi e quali possono essere comuni.

I mie interessi: ….
Gli interessi del partner: ….
I nostri interessi: ….

A questo punto analizza le soluzioni possibili considerando quale sarebbe per te la soluzione ideale, come potresti andare incontro al tuo partner e cosa invece sarebbe inaccettabile.

Soluzione ideale:

Come potresti andare incontro a:

Soluzione inaccettabile:

DISCUSSIONE

In questa fase si comincia a parlare ed è opportuno seguire le fasi della Preparazione quindi si comincia a:

Descrivere i fatti come si vedono

Esprimere le emozioni sia le tue sia quelle del tuo partner

Come si vede il problema rispetto agli interessi del tuo partner, ai tuoi e a quelli in comune

Osservare come il problema sia complicato da desideri di sostegno, fiducia, contatto e libertà

Lavorare su possibili soluzioni finché non sono chiari bisogni e interessi. Proponi la tua soluzione ideale.

Se si è impantanati in una discussione è opportuno fare un passo indietro e ricominciare seguendo questa logica:
Io penso (i fatti concreti)……………………………..
Io sento (le emozioni)………………………………….
Io voglio (gli interessi)……………………………….
Io desidero (le astrazioni)……………………………..
Forse si potrebbe (tentativo di soluzione)………………..

Nella negoziazione è importante utilizzare una comunicazione efficace e quindi seguire alcune regole fondamentali:

Non attaccare, non minacciare, non incolpare, non scoraggiare.

Avere una atteggiamento empatico, mettersi nei panni del partner per meglio comprenderlo.

Utilizzare l’ascolto attivo, parafrasare, riassumere e fare domande per comprendere meglio il punto di vista dell’altro.

Perseguire l’obiettivo: raggiungere una soluzione reciprocamente accettabile.

PROPOSTA/CONTROPROPOSTA

In questa fase entrambi i partner propongono una soluzione possibile, inizialmente estremamente diverse poi a poco a poco la soluzione più plausibile si connota come interesse di entrambi.

Per facilitare questo processo si possono tenere in considerazione alcuni classici metodi per raggiungere un compromesso.

“Io taglio la torta e tu fai la prima scelta”, o meglio uno decide come poter dividere una situazione e poi l’altro sceglie una delle due possibilità.

“Facciamolo entrambi avremo così un migliore risultato per tutti.” Ad esempio perché non stendiamo insieme i panni così io finisco prima e posso fare una buona cena e tu hai il tempo per leggere il giornale.

“Periodo di prova.” Lasciamo che tu vada una volta a settimana a fare quella cosa vediamo se in questo modo migliora la qualità del tempo che trascorri in casa.

“Facciamo a modo mio quando tocca a me, a modo tuo quando tocca a te.” Quando guido io vado a questa velocità, quando guidi te a quella che vuoi.

“Pari e patta.” Se tu pulisci il bagno una volta a settimana io farò la lavatrice una volta a settimana.

“Uniamo ciò che voglio io con ciò che vuoi tu.” Io mi prendo carico di fare questa cosa che a te non piace ma tu fai questa altra per me.

“Dividiamo la differenza.” Non mi interessa spendere per quell’oggetto, ma a te sì io mi prendo la metà del prezzo e compro un’altra cosa.

DISACCORDO

Questa è la fase più difficile. Per riuscire a superarla bisogna dirsi che non è la fine di tutto, ma solo una fase naturale della negoziazione. Quando si giunge alla fase del disaccordo è segno che bisogna fare qualche revisione alle fasi precedenti. Vediamo come:

Cerca una nuova controproposta, usando una diversa strategia di compromesso.

Ritorna alla discussione sugli interessi e i bisogni.

Fate un brainstorming (scrivete su carte tutte le possibili soluzioni che vi vengono in mente anche quelle meno sensate)

Quando uno dei due o entrambi siete veramente stanchi chiedete una pausa.

Ritorna alla fase della preparazione. Trascorri più tempo a cercare gli interessi comuni e le risoluzioni creative. Riesamina i tuoi sentimenti. Acquisisci ulteriori informazioni necessarie.

ACCORDO

Finalmente siete entrambi d’accordo su un’opzione che vi rende felici. Prima di dichiarare chiusa la negoziazione siate ben sicuri che vada per entrambi bene e ognuno di voi potrà per evidenziare ciò esprimere ad alta voce il suo consenso.

ARTICOLO SCRITTO DA BARBARA MODERATRICE DEL FORUM

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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AMARE SE STESSI PER ESSERE AMATI ANCHE DALL ’ALTRO

PERCHE’ AMARE SE STESSI PER ESSERE AMATI ANCHE DALL ’ALTRO ?

Una possibile risposta a tale domanda la fornisce lo scrittore Oscar Wilde nel libro “Il ritratto di Doran Gray”.

Il protagonista del libro, Dorian Gray, s’innamora, di una ragazza giovane e molto bella che si chiama Cybil e fa l’attrice ed a parere di orian è un’artista molto brava ed è incantato dal suo modo di recitare.

Ma ad un certo punto Dorian si disamora di Cybil.

Succede quando Dorian decide di portare i suoi amici, ricchi, nobili e snob, come lui, al teatro dove recita lei.

“Venite a vedere com’è meravigliosa, la mia amata!”.

Ma lei recita veramente in modo orribile. Lui ci rimane malissimo, va in camerino arrabbiato . “Ma che fai? Ma che figura mi hai fatto fare? Io porto tutti gli amici miei a vederti e tu reciti malissimo?”.

Cybil gli risponde: “Ma io ti amo, da quando amo te, non mi interessa più niente dell’arte, della recitazione. Io amo solo te, l’amore per te è talmente forte che non conta più niente, nemmeno il teatro. Che senso ha recitare bene quando ho conosciuto che cosa significa amare te?”.

E lui… la lascia. La scena è tremenda, perché lui è spietato in camerino, però si sente che pure lui soffre.

Soffre perché non la ama più.

Già lì, nel camerino, da quel momento, non la ama più. Perché non la ama più? Apparentemente perché lei ha recitato male.

In realtà avendola lui idealizzata anche come una brava attrice, non essendo lei più tale, cade l’ideale che lui si era costruito di lei.

Perché lei si è messa troppo nella posizione di oggetto d’amore e non di soggetto che significa non rinunciare alla propria individualità.

In poche parole cosa ha fatto questa donna, Cybil?

Ha amato il prossimo suo più di se stessa.

Il comandamento dice: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, no di più. Lei che ha fatto? Ah esisti solo tu, al diavolo la recitazione, al diavolo se stessa.

Amare se stessi significa mantenere la propria individualità, quell’individualità, quel modo di essere che ha contribuito anche a far innamorare l’altro. Rinunciarvi per un amore totale, assoluto, paradossalmente, delude l’altro.

Roberto Cavaliere

INCOMUNICABILITA’ NELLA COPPIA

Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli: “Perchè le persone gridano quando sono arrabbiate?”
“Gridano perchè perdono la calma” rispose uno di loro.
“Ma perchè gridare se la persona sta al suo lato?” disse nuovamente il pensatore.
“Bene, gridiamo perchè desideriamo che l’altra persona ci ascolti” replicò un altro discepolo.
E il maestro tornò a domandare: “Allora non è possibile parlargli a voce bassa?”
Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore.
Allora egli esclamò: ” Voi sapete perchè si grida contro un’altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l’uno con l’altro. D’altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perchè? Perchè i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano. E quando l’amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E’ questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano.” Infine il pensatore concluse dicendo: “Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perchè arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare.” ( Mahatma Gandhi )

Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a darmi consigli, non fai ciò che ti chiedo. Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a dirmi perchè… Non dovrei sentirmi in quel modo; calpesti le mie sensazioni. Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu pensi di dover fare qualcosa per risolvere i miei problemi, mi deludi. Strano come può parere. Forse per questo la preghiera funziona, per molti. Perchè Dio è muto, non dà consigli, nè prova ad aggiustare le cose. Semplicemente, ascolta e confida che tu risolva da solo. Quindi ti prego, ascolta e sentimi. E se desideri parlare, aspetta qualche istante il tuo turno e ti prometto che ascolterò. L.Buscaglia, La coppia amorosa, Mondadori

Abbiamo tutti dentro un mondo di cose, ciascuno un suo mondo di cose…
E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai.
LUIGI PIRANDELLO

 

“La comunicativa, l’arte di parlarsi e dire con chiarezza ciò che si intende e si sente, di ascoltare l’altro ed essere sicuri di aver capito bene, è la capacità principale per creare e mantenere un rapporto d’amore”.

Spesso nella coppia ci si pone la domanda “Ma perché non mi capisci?” pronunciata prevalentemente dalle donne rispetto agli uomini. Questa domanda andrebbe trasformata “Come possiamo costruire un rapporto sulla reciproca comprensione?”
Và puntualizzato che “comprendere” non significa “concordare” perchè si può accettare la possibilità di comprendere appieno il punto di vista dell’altro, senza necessariamente concordare, mentre nella coppia, spesso l’accettazione del punto di vista altrui significa anche essere d’accordo.
Comprendere non significa cedere e riconoscere l’altro più forte di noi, al contrario, quanto più riusciamo a con conoscere meglio i suoi bisogni tanto più facilmente riusciamo a conquistare la sua fiducia e perfino la sua attenzione nei nostri confronti fino al punto di “vendergli” (se siamo particolarmente bravi) le nostre idee.
Ma per poter comprendere è necessario saper ascoltare, cosa che tutti pensiamo di saper fare dalla nascita ma che in realtà facciamo solo a livello superficiale.
La mancanza di ascolto attivo è la causa principale dei litigi. In una discussione accade spesso di non prestare realmente ascolto alle parole dell’altro; la nostra mente è impegnata non tanto a capire la sua posizione, ma ad elaborare una risposta.
Ascoltare in modo attivo significa manifestare reale interesse per quello che l’altra persona dice e ciò che lascia intendere con il linguaggio non verbale. Nell’ascolto attivo mente e corpo sono protesi verso l’altro e questo permette di capire le motivazioni che l’hanno spinto a dire o fare qualcosa prima di giudicare o di sentirsi feriti ed offesi. Insomma ascoltarsi aiuta a capirsi e quindi ad amarsi di più

Per parlare della “incomunicabilità nella coppia” mi affiderò a questa “conversazione sui funghi” tratta dal romanzo Anna Karenina di Tolstoj

Il quarantenne Sergej Ivanovic aveva simpatia per una giovane signora., Varenjka, ed era da lei ricambiato. Fu organizzata una passeggiata nei boschi in modo che potesse avvenire il dialogo decisivo. Sergej Ivanovic aveva ripensato e rivissuto a lungo gli ultimi avvenimenti e 2 il suo cuore fu sommerso da una grande gioia e fu colto da un senso di profonda commozione; sentì che aveva preso una decisione”. Il suo “vero” tema si formulò quindi mentre si recava ad incontrarla.

“Varvara Andreevna, quando ero ancora un ragazzo, mi ero costruito un ideale di donna che mi piaceva molto e che avrebbe dovuto servirmi per scegliere la mia futura moglie. Ora, che ho un bel pezzo di vita alle spalle, ho trovato in voi per la prima volta quello che cercavo da tempo. Io vi amo e chiedo la vostra mano.”

Così parlava Sergej Ivanovic tra sé e sé, distante ancora dieci passi da Varenjka… 
Percorsero un paio di passi in silenzio. Varenjka vide che lui voleva parlarle e intuiva anche di cosa, per cui era in preda alla gioia e all’emozione.

Al momento dell’incontro:

Lei : “Avete trovato qualcosa?” 
Lui : “Neanche uno. E voi?”
Lei : “Non avete trovato niente dunque. E’ sempre così, dicono: dentro al bosco crescono meno funghi che appena fuori.”
Lui (dopo un lungo silenzio):”Ho sentito dire che i porcini crescono per lo più fuori dal bosco. Ma io in realtà non distinguo i porcini dagli altri tipi di funghi”.

(Lunga pausa durante la quale si rafforza nella sua decisione e pensa “O adesso o mai più”.) 
Lui: “quale differenza c’è tra i porcini e i porcinelli, per esempio?”
Lei (tremando dall’emozione): “la cappella è quasi uguale, solo i gambi sono un po’ diversi”.
E quelle parole erano appena uscite dalla bocca di lei che entrambi capirono che il discorso tanto atteso non sarebbe mai avvenuto.

Lui : “Il gambo dei porcinelli ricorda il viso di un uomo scuro che non si è rasato da due giorni”. 
Lei : “Sì, avete ragione”.

Seppur in maniera estrema, questo brano è una significativa metafora  su come certi messaggi che i membri di una coppia vorrebbero scambiarsi, rimangono inespressi, per vari motivi. In ogni relazione và assolutamente fatto coincidere la discussione ufficiale con la reale discussione che si vuole instaurare. A volte “partire da lontano” fa rimanere “lontani” senza mai portare alla luce i veri temi che si vogliono affrontare. C’e da dire che dietro una simile discussione si può anche nascondere una non piena convinzione su quello che realmente si vuole comunicare e ci si cela, quindi, dietro unachiacchierata  sui funghi.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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PROBLEMI DI UNA SECONDA UNIONE

All’età di quattro anni, mentre dormiva al piano inferiore del letto a castello, Ruth Cole fu svegliata dai suoni di qualcuno che stava facendo l’amore… venivano dalla camera da letto dei suoi genitori. Erano suoni assolutamente sconosciuti per lei. Ruth aveva appena avuto un’influenza con complicazioni intestinali; quando sentì per la prima volta sua madre fare l’amore, pensò che stesse vomitando. 
Il fatto è che quell’estate i suoi genitori non avevano soltanto camere da letto separate, ma addirittura case separate, anche se Ruth non vide mai l’altra abitazione. I suoi genitori si alternavano una notte per ciascuno nella casa di famiglia con Ruth; vicino ce n’era un’altra in affitto dove la madre o il padre di Ruth abitavano quando non stavano con lei. Era uno di quei ridicoli accordi che fanno le coppie sul punto di separarsi, ma prima del divorzio, quando ancora s’illudono che figli e averi possano essere condivisi con magnanimità, più che con recriminazioni.Vedova per un anno – John Irving

 

 

Sulla seconda unione spesso pesano le stesse incognite della prima. Infatti se entrambi i membri della nuova coppia non hanno approfondito seriamente le motivazioni e le problematiche che hanno causato la fine della loro precedente unione, le precedenti “eredità negative” finiranno coll’avere, inevitabilmente, conseguenze anche sulla nuova unione. Dopo poco, infatti, i problemi irrisolti della precedente unione riafforano e mettono in crisi anche la nuova relazione. Occorre essere pronti a ricominciare la nuova avventura sentimentale consapevoli dei possibili problemi, facendo tesoro degli errori del passato.
Ma ciò non sempre avviene. Nelle relazioni amorose, in particolare, c’è la tendenza a riprodurre l’infelicità. Inconsciamente finiamo per ripetere la vecchia storia coniugale, scegliendo un coniuge analogo al primo. O, se ne sposiamo uno con carattere diverso, inconsapevolmente facciamo pressioni per ottenere gli stessi comportamenti, con conseguenza assolutamente negative.
Un secondo matrimonio ha più possibilità di successo se si riesce davvero a ripartire da zero, a lasciarsi alle spalle quello precedente.
Chi, invece si porta ancora dentro il fallimento del primo, perché non ha ancora elaborato tale fallimento, finisce con il gravare il nuovo rapporto di richieste eccessive, per pareggiare il conto con le sofferenze del primo. Anche litigi e routine coniugale possono essere più duri da sopportare, la seconda volta, perché dal nuovo matrimonio ci si aspettano solo cose positive, non avute dal primo. Con le conseguenti frustrazioni, delusioni e tensioni. Insomma, chi ha rotto una volta è meno disposto ad accettare un’unione che non ritiene del tutto felice, quindi è più propenso a interromperla al primo sopraggiungere di problemi. A ciò si aggiunge lo stress del divorzio che anche se siamo stati noi a lasciare o se la separazione è stata consensuale, possiamo uscire scossi, dubbiosi sulle nostre capacità di impegnarci in relazioni durature, convinti di essere fuori gioco per sempre. Il divorzio andrebbe vissuto invece come tempo di riflessione e riconciliazione con noi stessi. Un’esperienza formativa, di verifica di aspettative ed errori per guadagnare maggiore consapevolezza di chi siamo e cosa vogliamo da una relazione.
Alcuni secondi matrimoni soffrono per i paragoni con il primo, anche se gli ex non hanno tutte le qualità dell’attuale partner. Spesso scatta il confronto, anche su diversi livelli, causa di incomprensioni e insinuazioni.
Anche i problemi con i figli di primo letto possono minare la sopravvivenza del secondo matrimonio. Il divorzio mette in crisi identità e senso di appartenenza dei figli. E la confusione aumenta quando i genitori si risposano. I piccoli possono giocare il ruolo di “sabotatori” della nuova unione, per motivi diversi, che a volte si intrecciano: hanno paura di perdere l’amore del genitore che si risposa, sono ostili al nuovo partner, si sentono lacerati fra la fedeltà alla vecchia e alla nuova famiglia, oppure esclusi dalla felicità della nuova coppia. D’altro canto, la “coppia felice” può avere momenti che contribuiscono ad aumentare la confusione e il disagio: discussioni su chi paga e quanto per i figli, questioni su “una volta tanto sarebbe bello cenare da soli. Và dato ai figli il tempo di ricostruire una loro nuova rappresentazione di scena familiare, senza scompaginarla con sovrapposizioni di ruoli. Il nuovo lui o la nuova lei non devono assolutamente cedere alla tentazione il genitore assente o, peggio, di indossare i panni di matrigna o patrigno. I figli vengono talvolta usati dall’ex per intromettersi nella nuova coppia: atteggiamento che esaspera e crea tensioni.
Spesso sono gli uomini a lasciare le situazioni in sospeso. In ogni caso, è bene evitare di entrare in rotta di collisione con compagni e compagne precedenti. Il contatto tra ex dovrebbe limitarsi agli impegni di genitori, senza sconfinare in terreni che mettono a rischio l‘intimità della nuova coppia. Oltre ai figli, a sentirsi escluso può essere il partner.

TESTIMONIANZE

melozza Età: 33 Sono ancora turbata perchè mi sono rivista nel vostro articolo sulla seconda unione (http://www.maldamore.it/Problemi_di_una_seconda_unione.asp ) . mi sta accadendo proprio ciò che è descritto: dalla mia seconda unione pretendo di essere felice e non sono più disposta a rinunciare a nulla. Amo moltissimo il mio compagno, ma questa volta non sono pronta a sorvolare su nessuna mancanza di attenzione o romanticismo. Ho sofferto troppo la prima volta e questa volta purtroppo, le mie aspettative sono troppo alte. Sorvolo sui dettagli, ma in questo momento sto davvero male. Ho conosciuto il mio uomo poco più di un’anno fa e rappresentava per me la cosiddetta altra metà della mela. Tutto ciò che ho sempre sognato in un uomo,fino a quando, ad un certo punto, pochi mesi fa, ha cominciato a non desiderarmi più sessualmente ed a cercarmi sempre meno. Sto soffrendo molto perchè sono una donna molto passionale che vedeva la sua nuova unione perfetta anche sotto quell’aspetto. Soffre anche lui perchè non sa spiegarsi cosa gli accade. è tenero, amorevole sia con me che con i bambini. ha voluto questa unione in maniera decisa e ha fatto tanto per far sì che vivessimo assieme.vuole anche sposarmi e dice di amarmi alla follia. Ma non troviamo spiegazione.Ho azzardato un’ipotesi, ma vorrei tanto un vostro parere. Lui ha 33 anni come me ed ha vissuto fino ad oggi con sua madre. Lei e sua sorella non hanno visto bene questa unione, avendo io due bambini ed essendo senza lavoro, hanno sempre reso il tutto molto difficile. Lui ha sempre cercato di tenermi fuori dallaquestone e non riesco ad immaginare fino a che punto i suoi litigi si siano spinti. Che ci sia un suo senso di colpa o un qualunque altro legame con i suoi problemi materni? Che gli sembri di tradirla? Stiamo male entrambi e rischiamo di mandare all’aria il nostro rapporto proprio ora che abbiamo coronato il nostro sogno. Perchè non mi vuole più? lui no mi accusa di nulla, dice che ilproblema è lui…ma può un uomo che è sempre stato passionale, all’improvviso cambiarte così tanto?

paola Età: 47 Perché un uomo separato di fatto ormai da cinque anni non riesce a divorziare dalla moglie che non ama e della quale non è nemmeno amico? Non la stima, non l’apprezza ma non riesce a “disfarsene”. Pare sia una cosa abbastanza comune a molti uomini e che mi lascia assai perplessa oggi che vivo questa situazione. Stiamo insieme da cinque anni, sinceramente innamorati l’uno dell’altra, col desiderio di vivere insieme un domani. Lui 42, io 47 anni, compatibili e ben assortiti. Unico problema la sua “incapacità” a staccarsi definitivamente dalla ex. Lui dice per le due figlie di 12 e 15 anni; per ragioni economiche a causa di un’attività lavorativa in comune, difficile da dividere. Ad ogni nostro litigio promette di separarsi legalmente e sistemare le cose come io gli chiedo, poi mi chiede tempo e così passano i mesi, gli anni. Alla fine dei conti non riesce a spiegare neanche a se stesso il motivo di questa sua enorme difficoltà a mettere fine anche legalmente alla sua precedente storia e riordinare la sua vita incasinata da un punto di vista non solo affettivo ma anche economico. Vuole chiudere quel capitolo della sua vitama non vuole affrontare l’inevitabile fatica psicologica che serve a farlo.Bambino lui a non voler affrontare i suoi problemi o sciocca io a restargli ancora vicina pure se con il cuore gonfio di dolore per l’impossibilità divivere questo amore in pace e serenità? Fatto importante: la nostra storia non è clandestina, è nota a tutti, dai suoi genitori che conosco e frequento ormai da cinque anni, ai suoi amici con i quali mi vedo regolarmente, alla ex, con cui non ho rapporti ma che conosco, alle figlie che mi percepiscono come un fantasma.

RIFLESSIONI SUL MATRIMONIO

Di seguito riporto due ‘letture particolari’ dell’istituto matrimoniale scritte da tre diversi autori. Si può essere o meno d’accordo con le loro affermazioni: ha poca importanza. I tre brani che riporto mi augurano che abbiano lo scopo di accendere una riflessione a 360 gradi su questa istituzione che molti danno in corso d’estinzione.

Dott. Roberto Cavaliere

 

….Il matrimonio moderno è soprattutto un’istituzione di salvezza e non di benessere. Ma gli psicologi, i consulenti matrimoniali, gli psichiatri ecc. continuano a ripetere che soltanto i matrimoni felici sono buoni matrimoni, ovvero che i matrimoni dovrebbero essere felici. In verità ogni percorso di salvezza passa anche per l’inferno. La felicità, nel modo in cui viene proposta ai coniugi d’oggi, rientra nella sfera del benessere e non in quella della salvezza. Il matrimonio è un’istituzione volta prima di tutto alla salvezza, per questo è così pieno di alti e di bassi; è fatto di sacrifici, di gioie e di dolori. Ciascun partner, ad esempio, prima o poi è destinato a scontrarsi con il lato psicopatico dell’altro, vale a dire con quel lato del suo carattere che non è modificabile e che tuttavia ha conseguenze dolorose per entrambi. Affinché il matrimonio non vada in pezzi, uno dei due partner deve arrendersi, e generalmente è proprio quello che nella relazione si dimostra meno psicopatico. Se uno dei due è emotivamente freddo, all’altro non resta che dimostrare in continuazione sentimenti d’amore, anche quando la reazione del partner è debole e spesso inadeguata. Tutti i buoni consigli che si danno alle mogli o ai mariti, del genere: “Questo non và bene, è intollerabile, una moglie/un marito non può lasciarsi trattare così”, sono perciò sbagliati e dannosi.

Un matrimonio funziona soltanto quando si riesce a tollerare proprio ciò che altrimenti sarebbe per noi intollerabile. E’ logorandosi e smarrendosi che si impara a conoscere se stessi, Dio e il mondo. Come ogni percorso di salvezza, anche quello del matrimonio è duro e faticoso. Uno scrittore che crea opere di valore non vuole essere felice, vuole essere creativo. In questo senso raramente i coniugi riescono a portare avanti un matrimonio felice e armonioso come il tipo di matrimonio al quale, mistificando, gli psicologi vorrebbero far loro credere.

Il terrorismo legato all’immagine del ‘matrimonio felice’ procura notevoli danni.

A.Guggenbuhl-Craig – Il matrimonio. Vivi o morti, Moretti e Vitale, Bergamo.

 

“L’amore è una pazzia temporanea, erutta come un vulcano e poi si placa. E quando accade, bisogna prendere una decisione.

Devi capire se le vostre radici si sono intrecciate al punto da rendere inconcepibile una separazione. Perché questo è l’amore.

Non è l’ardore, l’eccitazione, le imperiture promesse d’eterna passione, il desiderio di accoppiarsi in ogni minuto del giorno. Non è restare sveglia la notte a immaginare che lui baci ogni angoletto del tuo corpo.

No, non arrossire, ti sto dicendo qualche verità. Questo è semplicemente essere innamorati, una cosa che sa fare qualunque sciocco.

L’amore è ciò che resta quando l’innamoramento si è bruciato; ed è sia un’arte, sia un caso fortunato.

Tua madre ed io avevamo questa fortuna, avevamo radici che si protendevano sottoterra una verso l’altra, e quando tutti i bei fiori caddero dai rami, scoprimmo che eravamo un albero solo, non due.

Ma, a volte, i petali cadono senza che le radici si siano intrecciate.

(“Il mandolino del capitano Corelli” – Louis De Bernieres)

 

“Molti hanno creduto che un buon matrimonio fosse la mutua promessa che nulla più sarebbe successo né per l’uno né per l’altra.
Una mini-dépendance del museo Grévin, per la quale non è escluso che si possano ricevere sovvenzioni dallo stato – con tre o quattro spuntini di compleanno, infatti, e qualche giorno di festa di fine d’anno, l’affluenza dei visitatori è troppo ridotta perché la cosa possa autofinanziarsi.
Soprattutto non muoversi, non respirare, non guardare né a destra né a sinistra, e l’effetto sarà perfetto. Esistono degli sposi-fossili, come esistono dei credenti-fossili. Sono coloro che aspettano dall’istituto del matrimonio come dall’istituzione della chiesa, che li proteggano dai disordini dell’amore e della fede. Questo tentativo disperato di tenere in vita la luce originaria del lampo, disinnescandone il pericolo mortale, avrebbe un che di quasi commovente se non avesse la pretesa di riuscirvi davvero!
L’istituzione che mantiene il lampo sotto una campana, lo custodisce fissato dentro un reliquario, lo difende come un bottino di rapina, si rende colpevole verso la vita. La speranza che lo stesso bagliore possa conservarsi è la radice del dramma. Come se il fuoco del cielo si potesse tenere sotto un coperchio di tabernacolo! E sotto un globo di vetro, come una corona di sposa, la fiaccola dell’amore. Come se potessero perdurare in altro luogo che non sia il cuore acceso degli uomini e delle donne viventi!
Quando il matrimonio non lascia che i venti folli della vita e del rinnovamento lo scuotano, quando la chiesa non si lascia spettinare dai sismi salutari dell’esperienza mistica, essi diventano regni dei morti. Consegnato corpo e anima all’istituzione, il matrimonio perde il filtro mortale e il nettare. Spogliato, disinfettato, vaccinato, messo sotto vuoto, non fermenterà, non conoscerà l’alto processo di distillazione che attraverso i mosti e le melasse raggiunge, all’altra estremità dell’alambicco, l’oro di distillati preziosi.
Se l’istituzione è anche ferocemente mortifera, è perché teme il cambiamento, lotta contro di esso, e con ciò agisce contro la natura della vita che è incessante metamorfosi. Ogni istituzione finisce, presto o tardi, per affogare il figlio dell’amore nell’acqua sporca del bagno. La sola maniera che abbiamo di onorare la vita è di osare affrontarla di nuovo ogni giorno, senza gravarla delle nostre attese – osare l’unicità del giorno nuovo!
Infatti il disastro non deriva forse dal nostro attaccamento a questa o a quella forma che l’amore ha assunto in un dato momento della nostra vita – il più delle volte al suo inizio – e dal nostro desiderio di conservarlo tale a ogni costo? Ma lo spirito è pura fluidità. Non smette di passare da una forma all’altra, sparisce di là, risorge qui, imprevisto, argento vivo, dove noi non l’aspettiamo – e le vecchie forme alle quali ci attacchiamo sono proprio quelle che lui ha abbandonato da tempo!
E magari aspettiamo tutta una vita in piedi davanti alla casa abbandonata dall'(dalla) amato(a), quando, qualche via più in là, lei (lui) ci attende invano, ogni giorno, a un nuovo balcone.
Pietà per coloro che si sposano per essere felici.
Pietà per coloro che, per disgrazia, saranno troppo a lungo contenti di quella felicità anodina che si è loro augurata nel giorno delle nozze – troppo a lungo amanti dell’amore inoffensivo delle lune di miele!
Pietà per coloro che saranno troppo a lungo fotogenici e presentabili come il giorno delle nozze!
Sono fredde le gabbie di vetro, quando la luce delle vetrine si spegne!
Il matrimonio ha per noi altre ambizioni.
Il matrimonio non ci vuole presentabili, ci vuole vivi! – e ci farà perdere la faccia fino a che, sotto le nostre maschere, appariranno i nostri veri volti”.

Christiane Singer, Elogio del matrimonio, del vincolo e altre follie

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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