LA ROUTINE NELLA COPPIA: RISCHIO SIMBIOSI

Sintesi dell’ articolo pubblicato sul mensile “Silhouette Donna” di febbraio 2009 dal titolo “Le insidie per la coppia”scritto dalla giornalista Elena Goretti con la collaborazione del Dott. Roberto Cavaliere

 

Il tempo può giocare brutti scherzi alle coppie innamorate. Innanzitutto perché, si sa, con lo scorrere dei giorni può affievolire la passione e far emergere i difetti dell’uno e dell’altra. E, in più, perché se i partner non riescono a “organizzarlo” bene, tenendo conto delle reciproche abitudini ed esigenze, può dare luogo a risentimenti o a una simbiosi destinata a scoppiare.

* Insomma, sembrerà scontato, ma quando si è in coppia è fondamentale tenere presente che si è in due e non più da soli. Anche se si avrebbe voglia di stare il più possibile insieme, condividendo momenti, attività, amicizie, esperienze, bisogna ricordare che ciascun partner ha necessità, abitudini e soprattutto un’individualità che non solo richiede tempi e spazi, ma che merita di essere rispettata anche quando si sta insieme. Se si rinuncia alla propria identità (magari senza rendersi conto) in nome della coppia, può subentrare a lungo andare il risentimento, il senso di soffocamento o, peggio ancora, la noia.

Innamorati, ma indipendenti

Ma cosa vuol dire, in pratica, “gestire correttamente il tempo e la vita a due”? Se, infatti, è facile comprenderne il significato sul piano teorico, può essere più difficile individuare gli ambiti e le occasioni in cui mettere in pratica questa indicazione di massima.

Isole di libertà

Chi ha detto che la vita a due preclude divertimenti e interessi al di fuori della coppia? Anzi, in ogni rapporto è importante che ciascuno dei partner mantenga degli spazi di libertà personali, in cui coltivare interessi e passioni in piena autonomia.

* Coltivare isole di liberta, se viene fatto con il giusto equilibrio, non va a discapito della vita a due, ma al contrario porta linfa vitale al rapporto. Perché permette di realizzarsi personalmente e in più arricchisce la coppia. Ognuno dei due partner, infatti, informa e fa partecipe l’altro delle sue attività. E tra i due aumentano gli argomenti di conversazione e le ragioni per scoprire l’altro e innamorarsene di più. Ben venga allora l’appuntamento settimanale a teatro con le amiche, le serate dedicate alla palestra o al proprio sport preferito, il pomeriggio di shopping da sole o l’escursione fuori città con un’amica o con un gruppo organizzato.

* Un’unica attenzione: nel garantirsi reciprocamente delle isole di libertà, non bisogna arrivare all’eccesso opposto in cui si finisce per essere assorbiti troppo dalle attività personali e si trascorre sempre meno tempo insieme. E’ questa la prova più difficile nell’organizzazione del tempo in coppia: selezionare con equilibrio i momenti per stare insieme e quelli da trascorrere da soli , facendo in modo che la coppia ne esca arricchita e non appesantita ancora di più.

I rapporti con gli amici

Anche gli amici vanno “gestiti” equamente, al pari di altre faccende della coppia. Soprattutto quando questi non coincidono, ognuno dei due partner lotterà per imporre i propri, convinto in fondo che siano più simpatici e piacevoli di quelli del partner. Risultato? Alla fine, uno dei due comincerà a risentirsi e le serate in compagnia diventeranno ben presto un motivo di scontro.

* Per evitare questa situazione occorre innanzitutto cambiare mentalità. Quando due persone stanno insieme mettono automaticamente al primo posto la loro coppia. E questo i partner non devono dimenticarlo nemmeno quando si tratta di vedere gli amici di sempre. In altre parole, ognuno deve essere libero di coltivare i rapporti di amicizia che desidera, ma non di imporli al partner. Non deve nemmeno chiedere all’altro di accettarli in nome del sentimento che prova, come se fosse una sorta di “test” d’amore. Il rapporto di coppia è una relazione a due. Ed è questa che deve essere messa al primo posto. Solo dopo vengono gli amici.

Le reciproche famiglie

Altra questione da gestire fin dal principio è quella del tempo da dedicare alle rispettive famiglie, per non trovarsi col passare dei mesi a discutere e ad accusarsi reciprocamente sul ruolo dei rispettivi genitori. Ben presto la coppia deve confrontarsi con il fatto che esistono delle circostanze “obbligate” in cui l’uno o l’altro è chiamato a stare in famiglia, rinunciando alla vicinanza con il partner.

* Questo problema si può risolvere in due modi. In primo luogo, bisogna stabilire di comune accordo quali sono i momenti da dedicare alle famiglie d’origine, per non doversi trovare di volta in volta nella circostanza di dover “chiedere il permesso” all’altro o di doversi scusare perché impegnati con i genitori. Ad esempio, si può stabilire che è giusto trascorrere con le rispettive famiglie i pranzi della domenica, le ricorrenze speciali e, in generale, almeno un pasto alla settimana. In secondo luogo, una volta fatte le presentazioni del caso, può essere utile partecipare di tanto in tanto alle riunioni di famiglia del partner, per evitare di sentirsi esclusi o messi da parte.

* Se poi, col passare del tempo, la coppia si consolida fino a decidere di convivere o di sposarsi, la gestione della famiglia deve essere affrontata nuovamente, partendo dal presupposto che ora la “famiglia” è costituita in primis dalla coppia stessa e che tutto, ora, è subordinato a questo. Ciò naturalmente non esclude le famiglie d’origine, ma cambia il rapporto con loro, che diventa più maturo, autonomo e indipendente. Con questo presupposto la coppia non corre mai il rischio di intrusioni e, soprattutto, non si incrina a causa dei rispettivi genitori.

Come comportarsi nella quotidianità

Per tenere vivo un rapporto nella quotidianità, al di là della gestione delle faccende pratiche, è importante seguire alcuni comportamenti di massima, per evitare che lo scorrere dei giorni possa smorzare gli entusiasmi e far subentrare la noia. La cosa più importante è continuare a mantenere il gioco della seduzione ed essere sempre reciprocamente attraenti, come se ci si conquistasse ogni giorno per la prima volta. Questo vale per l’aspetto fisico, ma non solo. Perdere la pazienza, alzare la voce, rispondere in modo brusco o sgarbato come mai ci si sarebbe sognati di fare all’inizio del rapporto sono il segnale che si sta cominciando a darsi per scontati.

* Condividere anche le questioni meno romantiche della vita di tutti i giorni può fare dimenticare l’emozione dell’inizio della storia d’amore. E l’eccessiva confidenza rischia di indebolire il rapporto. E’ proprio il lasciarsi andare nelle piccole cose che, alla lunga, può spegnere l’interesse che l’altro nutre nei nostri confronti. Per questo non bisogna smettere di essere attenti e di aver voglia di mostrarsi al meglio.

 

pubblicato sul sito il 04 marzo 2009

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

IL LITIGIO NELLA COPPIA: LA PROVA DEL FUOCO

Sintesi dell’ articolo pubblicato sul mensile “Silhouette Donna” di febbraio 2009 dal titolo “Le insidie per la coppia”scritto dalla giornalista Elena Goretti con la collaborazione del Dott. Roberto Cavaliere

 

“Chiunque può arrabbiarsi, questo è facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, e al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile”. Aristotele

Litigare è normale, per tutte le coppie. Che sia per uno screzio passeggero, per un’incomprensione o per stanchezza, tutti gli innamorati prima o poi discutono, anche se è da poco che sono insieme e il loro amore è ancora forte e appassionato. Quindi nessun timore: se vi scontrate non significa necessariamente che “qualcosa” non va nell’armonia di coppia né tanto meno che si è destinati a lasciarsi. Al contrario, significa che c’è passione e voglia di confrontarsi anche sulle diversità. Insomma, se si discute significa che “si tiene” l’uno all’altra.

* Ma per far sì che la lite sia un punto di forza della coppia, il confronto deve avere dei limiti e non sfociare in reazioni esagerate. Non si cresce se in uno scontro ci si ferisce, ci si offende e non ci si rispetta. Insomma, se è vero che litigare è del tutto normale, è anche vero che bisogna saper gestire bene lo scontro, per far sì che non diventi motivo di divisione, ma solo un modo per conoscersi meglio e avere un’occasione in più… per fare la pace.

Litigate così?

Ecco come potete venirvi incontro

Osservate i vostri primi litigi: come si svolgono? Sono un battibecco, uno screzio, oppure una sfuriata momentanea dell’uno e dell’altro? Anche se è poco tempo che state insieme, la “vostra” modalità di litigare emerge subito, evidenziando quelli che possono essere eventuali punti di forza e di debolezza della discussione. Se, infatti, durante lo scontro un partner assume sempre un ruolo di forza, oppure si ripetono sempre gli stessi atteggiamenti e le stesse reazioni è più probabile che il confronto fra i due non si risolva in fretta facendo la pace, ma che rimanga “bloccato”, senza confronto né comunicazione. Controllate subito, allora come si svolgono i vostri litigi per evitare che diventino motivo di distanza e imparare a riconciliarvi in fretta, senza conseguenze.

Sfuriata di uno, silenzio dell’altro

Uno dei due ha alzato la voce durante una discussione? Tranquilli, è normale: magari sente di avere le ragioni per essere più arrabbiato e fa la voce grossa durante la discussione. Ma se una volta le ragioni stanno tutte dalla parte di uno, la volta successiva può essere l’altro quello più offeso. Uno ricopre il ruolo “attivo” e arrabbiato, mentre l’altro quello passivo e dimesso, a seconda di chi sia il soggetto più coinvolto emotivamente. Bisogna però capire bene se esiste un equilibrio nello scambio dei ruoli e se, invece, è uno solo il partner che più spesso si arrabbia. Se, infatti, uno dei due inizia a essere protagonista di qualche sfuriata di troppo, potrebbe essere per sbilanciare il rapporto dalla sua parte e acquisire un ruolo di forza.

Come riconciliarsi

Se un partner è più arrabbiato, la possibilità della riconciliazione è tutta nelle mani di chi in quel momento è più calmo e silenzioso. Basta che quest’ultimo riesca a riportare la questione sulle ragioni che hanno determinato il litigio, per risolvere il tutto in fretta. Chi è più offeso, capisce che l’altro è disponibile a capire le sue ragioni, e abbandona spontaneamente i toni accesi per passare a una discussione più razionale e tranquilla. A quel punto esprime comunque le sue ragioni, ma con lo stato d’animo più aperto ad ascoltare la risposta dell’altro. Anche nel caso in cui è sempre lo stesso partner a fare la voce grossa, basta fargli capire che si è disponibili ad ascoltare e capire le ragioni reali delle sua urla, per fargli abbassare il tono e stimolarlo a esprimersi con maggiore pacatezza.

Sfuriata di entrambi

Anche nei primi litigi vi accalorate entrambi e usate toni molto accesi? Evidentemente siete due caratteri molto forti, quindi per voi è del tutto naturale passare subito allo scontro frontale. Niente di grave, per carità: l’unico problema è che così non arriverete mai a comunicare e a rafforzare il vostro rapporto. Ognuno è talmente impegnato a seguire il filo dei propri pensieri che non ascolta l’altro né riesce a comunicare ciò che prova. Un’unica nota positiva: entrambi tirate fuori la rabbia, senza squilibri o sbilanciamenti.

Come riconciliarsi

Dopo aver litigato aspramente, può capitare che, alla fine, uno dei due se la prenda e preferisca fare un “break”, andando a fare una passeggiata per liberare la mente. Da quel momento entrambi iniziano a ragionare e a pensare con calma alle cose che l’altro voleva comunicare.

* Senza dover arrivare alla fuga, si può provare durante la discussione a dire “basta” con le grida e le accuse e comunicarsi con più calma le ragioni che hanno portato al litigio.

* Se invece ci si accorge che la lontananza aiuta a riflettere, si può decidere insieme di interrompere la lite, con l’impegno di rivedersi e riparlare a mente fredda. Una volta riconciliati, è poi importante parlare degli atteggiamenti assunti nel corso della discussione per far sì che non si ripetano la volta successiva.

Il battibecco

Il “battibecco” è tipico delle coppie appena formate. Questo termine deriva proprio dal beccarsi degli uccelli con piccoli colpi, che non è mai un vero e proprio scontro ma una schermaglia leggera. Magari alla base c’è solo un piccolo dispiacere o un risentimento sottile, che non merita una vera e propria discussione: così ci si punge per dare voce alla propria tensione, senza la volontà di offendere o far dispiacere veramente l’altro. Chi ricorre più spesso al battibecco è il partner più chiuso, che non riesce a tirare fuori chiaramente quello che prova o la ragione del suo nervosismo.

Come riconciliarsi

Se la coppia litiga spesso “beccandosi”, è bene capire subito se alla base c’è solo stress o il fatto che i partner non riescono a comunicarsi serenamente le piccole cose che non vanno. Se il battibecco arriva solo quando si è più stressati basta imparare a dire sinceramente al partner “sono stanco!” e confidare le ragioni delle proprie insoddisfazioni (magari legate al lavoro o a questioni personali).

Se invece il battibecco è il modo a cui si ricorre più spesso per discutere, significa che non si riesce a comunicare sinceramente. In questi casi è consigliabile trovare un po’ di tempo per parlarsi con onestà e chiedersi cosa dà fastidio a entrambi.

 

5 consigli per gestire bene una lite

  • Fare un break. Primo atteggiamento consigliabile. Durante una discussione bisogna provare per un attimo a fermarsi e a guardarsi con gli occhi dell’altro, per capire quale comportamento si sta mostrando in quel momento. Allora ci si accorge se si è troppo aggressivi o troppo dimessi, se la reazione avuta è esagerata rispetto alla discussione, oppure se abbandonando un atteggiamento la lite possa finire e risolversi brevemente. Insomma, fare un “break” e cercare di guardare ai propri difetti è il primo passo per andare incontro alle ragioni dell’altro e trovare un compromesso che porti a galla le ragioni e i torti di ciascuno.
  • Ascoltare. Saper ascoltare è il primo passo perché una lite si trasformi in una discussione costruttiva. E’ facile che, invece, durante un litigio si sia più concentrati ad ascoltare se stessi che le ragioni dell’altro e lo scontro diventi un dialogo tra sordi. Invece, quando si presta davvero attenzione a ciò che l’altro cerca di comunicare, il partner percepisce subito che si è disponibili a capire e che quello che sta dicendo è motivo di interesse sincero. E tutti, quando si accorgono di essere seguiti da un interlocutore, si sentono già soddisfatti dell’esito della conversazione.
  • Accogliere. Se si ascolta senza capire, è inutile continuare a farlo. Per vivere in maniera positiva un litigio non basta rimanere in silenzio e lasciare che l’altro spieghi le sue ragioni: bisogna poi cercare di capire quello che dice, provare a far proprio il punto di vista dell’altro e riconoscere che dietro al suo discorso c’è un ragionamento condivisibile. L’importante, però, è non avere pregiudizi e non essere tanto presuntuosi da sapere sempre il perché l’altro ci stia dicendo alcune cose.
  • Comunicare. Si ascolta, si accolgono le ragioni dell’altro e poi si inizia a dialogare. Una volta capite fino in fondo le motivazioni della rabbia o dell’offesa del partner, bisogna iniziare a “comunicare”. Si cerca di ripetere quello che si è capito e, se corrisponde alle sue intenzioni, si può ribattere affermando la propria opinione. Allora l’altro potrà rispondere e così via, in uno scambio reciproco di ragioni e sentimenti, dove si può crescere e capire meglio le personalità di entrambi.
  • Non giudicare: L’ultima cosa da fare durante una lite è giudicare l’altro per quello che dice o per quello che fa. Bisogna sempre mantenersi disponibili e aperti e non far capire al partner che è stato ingabbiato in un giudizio perentorio. Il giudizio è un’accusa, un attacco che provoca immediatamente una difesa. Per evitare il duello e le offese quindi bisogna sempre evitare gli insulti e i giudizi più duri.

 

 La lite nelle diverse età del rapporto

Per ogni stagione di una storia d’amore esiste una ragione per cui litigare. Nei primi mesi dell’innamoramento, ad esempio, non esistono vere e proprie ragioni di scontro. Ogni particolare del partner è meraviglioso e sono pochi i motivi che fanno nascere dubbi o incomprensioni. In questa fase non nascono veri e propri litigi, ma piccoli screzi che generalmente passano in fretta.

* Quando poi si inizia a stare insieme da qualche tempo, si comincia a fare i conti con le abitudini, le preoccupazioni e i nervosismi quotidiani. Iniziano a venire fuori i difetti, i capricci, le fissazioni e i lati più difficili del carattere, che i partner non conoscevano ancora. Il litigio scatta dunque perché nessuno dei due vuole abituarsi a convivere con i difetti dell’altro. Allora si discute, alla ricerca di un compromesso che possa permettere alla coppia di continuare a stare insieme senza lasciare deluso nessuno dei due.

* Con la convivenza o il matrimonio, poi, inizia una nuova fase del rapporto e nascono nuove ragioni di scontro. La coppia si trasforma, magari anche per l’arrivo di un bambino, e diventa una famiglia. In una fase di cambiamento come questa i litigi sono del tutto naturali, ma sono anche preludio di un rapporto più importante e responsabile.

* Con gli anni, la coppia smette di litigare per gelosie o per incomprensioni. I partner si conoscono nel profondo e sanno bene l’affetto che li lega reciprocamente. In questa fase, lo scontro non è mai per ricevere conferme o per conquistare l’attenzione dell’altro, ma perché si è ormai talmente abituati a condividere tutto che si finisce per sfogare con l’altro anche le tensioni e i nervosismi quotidiani. Anche dopo tanti anni, però, il litigio continua a dimostrare che non si può fare a meno l’uno dell’altra e che c’è voglia di condividere ancora ogni emozione all’interno della propria storia d’amore.

pubblicato sul sito il 04 marzo 2009

LA COPPIA ED IL GIOCO DELL’OCA

Un uomo e una donna sedevano presso una finestra che si apriva sulla primavera. Sedevano vicini l’uno all’altra. E la donna disse: “Ti amo. Sei bello, e ricco, e indossi sempre begli abiti”.

E l’uomo disse: “Ti amo. Sei un pensiero meraviglioso, sei una cosa troppo preziosa per tenerla nella mano, sei una canzone nei miei sogni”.

Ma la donna distolse il volto, incollerita, e disse: “Lasciami, te ne prego. Non sono un pensiero, e non sono una cosa che passa nei tuoi sogni. Sono una donna. Voglio che mi desideri come moglie, come madre dei bimbi che un giorno avremo”.

E si separarono.

E l’uomo disse: “Ecco che un altro sogno si dissolve in nebbia”.

E la donna disse: “Che farsene di un uomo che mi trasforma in nebbia e sogno?” (Gibran)

 

Scopo di questo ‘Gioco dell’Oca’ applicato al singolo o alla coppia è quello di fornire una lettura diversa, attraverso il gioco, di determinari eventi.

A livello individuale o di coppia, si scrivono o si raccontano verbalmente 10 eventi significativi della propria vita individuale o di coppia.

Attraverso l’uso delle carte del gioco dell’oca viene attribuito un simbolo ad ognuno dei 10 Eventi.

Il gioco può essere effettuato anche a ritroso, vale a dire si gioca effettivamente al gioco dell’oca ed ogni qualvolta col lancio del dado si capita su un simbolo lo si collega ad un determinato evento personale e di coppia vissuto.

I Simboli sono: oche,prigione,pozzo,hotel, Ponte, labirinto e morte.

OCHE Elementi vissuti dinamici e positivi

PRIGIONE Stagnazione, impossibilità di andare avanti. Luogo o evento difficile da superare. Oppure luogo dove si è protetti dai pericoli esterni. Può rappresentare periodo di solitudine e conoscenza interiore.

POZZO Discesa senza fondo, abisso della disperazione, Ma può diventare occasione di crescita per attingere nuova acqua.

HOTEL Oasi di riposo. Una vacanza magnifica. riflessione recupero delle forze.

PONTE È un elemento di collegamento, permette di superare un ostacolo. Può avere un prezzo da pagare

LABIRINTO Luogo sconosciuto: si deve esplorare a proprio rischio. Non si trova la “strada giusta”. Tuttavia se non si cade nel panico, si trova il coraggio di fare nuove scelte e scoprire l’inatteso.

MORTE E’ la fine definitiva di qualcosa ; brutta o bella. La morte è strettamente legata alla vita : si presenta per lasciare spazio alla nascita di cose nuove.

SAN VALENTINO

San Valentino (Ica. 176 – Roma, 273) fu un vescovo e un martire cristiano. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e successivamente dalla Chiesa anglicana, è patrono degli innamorati, delle città di Terni e di Vico del Gargano. Le reliquie del santo si trovano a Terni presso la Basilica di San Valentino: tali reliquie pare furono portate nella città dai tre discepoli del filosofo Cratone, Apollonio Efebo e Procuro, convertiti dal futuro santo, e che per questo trafugamento furono martirizzati.

Ma nell’anno 270 Valentino si trovava a Roma per predicare il Vangelo e convertire i pagani. Invitato dall’imperatore Claudio II il Gotico a sospendere la celebrazione religiosa e ad abiurare la propria fede, rifiutò di farlo tentando anzi di convertire l’imperatore al cristianesimo.

L’imperatore ebbe rispetto di Valentino e lo graziò affidandolo ad una nobile famiglia.

Valentino venne arrestato una seconda volta sotto Aureliano, succeduto a Claudio II il Gotico. L’impero proseguiva nelle sue persecuzioni contro i cristiani ed i vertici della Chiesa di Roma e, poiché la popolarità di Valentino stava crescendo, i soldati romani lo catturarono e lo portarono fuori città lungo la via Flaminia per flagellarlo, temendo che la popolazione potesse insorgere in sua difesa. Questo terzo arresto gli fu fatale: morì decapitato nel 273 per mano del soldato romano Furius Placidus, agli ordini dell’imperatore Aureliano.

La figura di Valentino come santo patrono degli innamorati viene messa in discussione da taluni che la riconducono a quella di un altro sacerdote romano, anch’egli decapitato pressappoco negli stessi anni.

La festa di San Valentino

Questa festa venne istituita un paio di secoli dopo la morte di Valentino, nel 496, quando papa Gelasio I decise di sostituire alla festività pagana della fertilità (i lupercalia dedicati al dio Luperco) una ispirata al messaggio d’amore diffuso dall’opera di San Valentino. Tale festa ricorre annualmente il 14 febbraio ed oggi è conosciuta e festeggiata in tutto il mondo. La città di Terni, che custodisce delle reliquie del santo, nel mese di febbraio, rende omaggio a San Valentino, patrono della città, con una cornice di appuntamenti culturali, riflessivi, di festa, ma anche liturgici volti a tenere insieme la dimensione religiosa delle celebrazioni del Santo e quella civile delle iniziative ispirate alla forza evocativa dello stesso.

Sono molte le leggende, entrate a far parte della cultura popolare, su episodi riguardanti la vita di questo santo:

Una leggenda narra che Valentino, graziato ed “affidato” ad una nobile famiglia, avrebbe compiuto il miracolo di ridare la vista alla figlia cieca del suo carceriere, Asterius: Valentino, quando stava per essere decapitato, teneramente legato alla giovane, la salutò con un messaggio d’addio che si chiudeva con le parole: dal tuo Valentino….

Un’altra narra come un giorno il vescovo, passeggiando, vide due giovani che stavano litigando ed andò loro incontro porgendo una rosa e invitandoli a tenerla unita nelle loro mani: i giovani si allontanarono riconciliati. Un’altra versione di questa leggenda narra che il santo sia riuscito ad ispirare amore ai due giovani facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci effusioni di affetto; da questo episodio si crede possa derivare anche la diffusione dell’espressione piccioncini.

Secondo un altro racconto popolare, Valentino, già vescovo di Terni, unì in matrimonio la giovane cristiana Serapia, gravemente malata, e il centurione romano Sabino; l’unione era ostacolata dai genitori di lei ma, chiamato dal centurione al capezzale della giovane morente, Valentino battezzò dapprima il giovane soldato e quindi lo unì in matrimonio alla sua amata, prima che entrambi cadessero in un sonno profondo.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

ESISTE L’ANIMA GEMELLA

Intervista “Esiste l’Anima Gemella” pubblicata sul numero di novembre 2008 della rivista AIRONE (copyright Giorgio Mondadori Editore)

 

– COSA ACCADE NEL NOSTRO CERVELLO QUANDO “SCEGLIAMO” L’ANIMA GEMELLA? E’ SOLO UNA QUESTIONE DI CHIMICA NEURONALE O LA NOSTRA PSICHE HA UN PESO  SPECIFICO?

Nella scelta di un’anima gemella sicuramente c’è un’attivazione dei circuiti neuronali: in primis quelli della serotonina, e ancor di più quelli della dopamina. Questi due neurotrasmettitori sarebbero rispettivamente responsabili d’umore altalenante ed euforia che si percepiscono durante l’innamoramento. Ma tale chimica neuronale, non è sufficiente a spiegare la complessità di sentimenti e di stati d’animo, che proviamo nel momento in cui c’innamoriamo o scegliamo il partner. Aspetti e componenti più strettamente psicologiche rivestono un peso maggiore e più specifico. Anzi tali aspetti e componenti sono responsabili di una maggiore o minore attivazione dei neurotrasmettitori.

– QUANTO PESANO LE NOSTRE ESPERIENZE PERSONALI SULLA SCELTA DELLA  PERSONA DI CUI CI INNAMORIAMO?

Le esperienze personali passate, soprattutto quelle dell’infanzia, che chiamerei copioni affettivi, pesano molto nelle scelte sentimentali attuali. Infatti, nella scelta del partner noi cerchiamo, principalmente, qualcosa, di più o meno rimosso, della nostra primaria figura affettiva: madre, padre o altra figura primaria d’accudimento

Nella fase edipica, individuata dalla psicanalisi nella nostra infanzia, inconsciamente, la bambina sceglie come partner il padre ed il bambino, la madre. Importante è che questa scelta relazionale sia positiva e soddisfacente, al fine di poter scegliere, da adulti un partner che possegga gli aspetti positivi dei nostri genitori.

Infatti nell’amore noi non vogliamo solo trovare qualcosa dell’amore originario verso i nostri genitori, ma perseguiamo anche una compensazione di ciò che non abbiamo avuto o di cui ci si è stato privato durante l’infanzia da genitori non attenti alle nostre esigenze affettive, o talvolta addirittura “ostili” o qualche volta anche “cattivi” nei nostri confronti. Conseguentemente chiediamo al nostro amore, in maniera più o meno conscia, di provvedere a riempire i vuoti affettivi del nostro passato o a porre rimedio alle ferite affettive infertici. Ciò può portare a fare scelte sbagliate ed nel tentativo di “riparare” sempre di più si finisce col continuare ad errare nelle proprie scelte sentimentali.

– LEI, COME PSICOLOGO, CREDE NEL COLPO DI FULMINE? E NELL’ANIMA GEMELLA?

Una premessa: c’innamoriamo di una persona solo quando incontrandola abbiamo già dentro di noi una sua immagine idealizzata. Prima costruiamo quest’immagine e poi la proiettiamo sull’altro. Quindi non amiamo ciò che è, ma ciò che immaginiamo essere. Nel colpo di fulmine questa proiezione di un’immagine interiore del nostro partner ideale viene fuori violentemente, dandoci l’illusione di vedere quella persona per la prima volta, ma in realtà, inconsciamente la sua immagine viveva dentro di noi da tempo.

Lo stesso meccanismo interviene nella scelta dell’anima gemella. La ricerca di quest’ultima, è legata ad aspetti narcisistici sotto un duplice aspetto: cerchiamo ciò che è simile a se stessi, o ciò che avremmo voluto essere.

– STATISTICAMENTE, DURANO DI PIU’ I GRANDI AMORI SCATTATI ALL’IMPROVVISO  O QUELLI NATI LENTAMENTE, MAGARI DALL’AMICIZIA?

Dati statistici significativi in tal senso non ne ho. Posso dire che i grandi amori nati sull’onda di una forte passione iniziale, durano se vengono seguiti da sentimenti come impegno, lealtà, fiducia reciproca e tutto ciò che concorre a determinare una progettualità di coppia . Se non s’innestano questi aspetti ogni grande amore, se non sorgono ostacoli e difficoltà che ne mantengono viva la passione, tende a sciogliersi come neve al sole.

Gli amori che nascono lentamente possono contare maggiormente sulle componenti di lungo periodo sopraccitate, tendendo, quindi, a durare di più. La componente passione, seppur in misura minore rispetto ai grandi amori, dovrebbe comunque essere presente al fine di consolidare ancora di più la coppia, altrimenti potrebbe essere ricercata altrove: nel lavoro, in altri ambiti, ma soprattutto nel tradimento.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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UN ‘DIVERSO PUNTO DI VISTA’ NELLA COPPIA

“Non sono sempre stato buono con lei, anzi, di solito ero un figlio di puttana. La amavo tanto e non sapevo cosa fare. Invece di darle ciò che sentivo, di colmarla di quell’amore aspro, me lo inghiottivo. E’ una cosa che non riesco ancora a capire: il suo amore mi arrivava senza problemi, il mio invece non fluiva verso di lei. Credo che il suo amore reprimesse il mio. Lei e il suo amore formavano una sostanza densa in cui il mio amore e io rimanevamo impantanati, allora diventavo una furia e lei non riusciva a capirlo. L’ho trattata male molte volte perché ero disperato ma l’amavo più della mia stessa vita e quando se n’è andata la mia vita si è spenta.”

(Charles Bukowski, Storie di ordinaria follia)

 

LEGGETE QUESTA SEQUENZA FRA UN LUI ED UNA LEI

lei: Ciao!
lui: finalmente! da quanto tempo aspettavo questo momento! 

lei: vuoi che vada via? 
lui: NO! Come ti viene in mente? Solo a pensarci, rabbrividisco! 

lei: mi ami? 
lui: certamente! a tutte le ore del giorno e della notte! 

lei: mi hai mai tradito? 
lui: NO! MAI! perché me lo chiedi? 

lei: vuoi baciarmi? 
lui: si, ogni volta che ne ho l’occasione! 

lei: saresti mai capace di picchiarmi? 
lui: sei impazzita? Lo sai come sono io! 

lei: Posso fidarmi di te? 
lui: Si! 

lei: Tesoro …

ADESSO LEGGETE LA STESSA SEQUENZA PARTENDO DAL BASSO VERSO L’ALTRO. VI RENDERETE CONTO CHE CAMBIA COMPLETAMENTE IL SENSO

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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CONSIGLI PER UN BUON RAPPORTO DI COPPIA

“Se due litigano e uno ha un buon cinquantacinque per cento di ragione, benissimo. Non c’è motivo per prendersela. E se uno ha il sessanta per cento di ragione? E’ una meraviglia, una grande felicità. E può ringraziare il Buon Dio! E che dire del settantacinque per cento? I saggi affermano che è molto sospetto. Bene, e il cento per cento? Uno che dice di aver ragione al cento per cento è un violento e un brigante, è l’ultimo dei farabutti”. Czeslaw Milosz, “La mente prigioniera”, Adelphi.

 

Per Lui

  1. Parlale di te, sii spontaneo e sincero, lei lo capirà.
    2. Chiedile di lei, cerca di capire cosa cerca.
    3. Falla ridere!!!
    4. Falle capire che ti piace, con piccoli gesti e parole gentili.
    5. Alterna presenza a momenti di “sparizione”, le farai notare la differenza e niente sarà scontato
    6. Prendila in giro con dolcezza, le piacerà.
    7. Sii galante: al di là dell’autonomia e delle dichirazioni d’indipendenza delle donne di oggi, amano sempre la galanteria.
    8. Rassicurala nei momenti di intimità.
    9. Accettala per quella che è, senza cercare di trasformarla a tuo piacimento
    10. Falle sentire che sei fiero di lei.

NON fare mai:
1. Non aggredirla mai verbalmente.
2. Non essere volgare, né a parole né a gesti.
3. Non fare confronti fra lei e le tue ex.
4. Non dirle “ti amo” dopo pochi giorni.
5. Non essere possessivo, lei non è un oggetto.
6. Non guardare altre donne mentre parli con lei.
7. Non mentirle, se ne accorgerà.
8. Non impedirle di vedere i suoi amici.
9. Non cercare di cambiare i suoi ritmi e le sue abitudini.
10. Non impedirle di coltivare amicizie nuove, evita le critiche ai suoi vecchi amici.

Per Lei

  1. Sii dolce.
    2. Sappi stargli vicino nei momenti di crisi, dimostragli la tua forza.
    3. Accetta le sue insicurezze, fagli capire che ti piacciono anche le sue debolezze.
    4. Ascoltalo, ricevi le sue confidenze, devi essere la sua amica prima di ogni altra cosa.
    5. Fallo ridere.
    6. Alterna la donna alla bambina, lo confonderai, ma gli piacerà.
    7. Stupiscilo con idee ed iniziative originali.
    8. Lasciati guidare, ma sii anche decisa nelle tue scelte.
    9. Sii indipendente, per che non ti consideri un peso ma un valore nella sua vita.
    10. Fagli sentire che per te è il migliore.

NON fare mai:
1. Non chiedergli cosa sta pensando ogni volta che sta in silenzio per un pò..
2. Non pretendere che ti accompagni a fare acquisti.
3. Non lamentarti di tutto solo per essere consolata.
4. Non imporgli i tuoi gusti, lui ha una personalità.
5. Non parlargli dell’intimità vissuta con altri uomini.
6. Non essere volgare, mai.
7. Non contraddirlo con arroganza in pubblico.
8. Non criticarlo gratuitamente.
9. Non parlare male dei suoi amici.
10. Non esserci sempre e comunque, fagli sentire anche la tua mancanza.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

 

 

L’ARTE DELLA GUERRA NELLA COPPIA

Il famoso ed antico libro “L’arte della guerra” rappresenta un ottimo strumento per relazionarsi all’interno del conflitto di coppia. Ma potrebbe anche essere utile per combattere il nemico interiore. Il leit-motivo della strategia delineata nel libro è: Vincere senza Combattere.

Di seguito riporto i passaggi più significativi per gli scopi suddetti.

 

Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore.

Perciò ottenere cento vittorie in cento battaglie non è prova di suprema abilità. Sottomettere l’esercito nemico senza combattere è prova di suprema abilità.

Affidati alla forma per vincere sul nemico numeroso. E quest’ultimo non riuscirà a capire come hai fatto. Tutti vedono la forma con cui ho vinto, Ma nessuno sa cosa mi porta a decidere la forma della vittoria. Evita di ripetere le tattiche vittoriose del passato, Perché la forma deve essere suggerita dall’infinità varietà delle circostanze.

Il fine del dare forma alle operazioni militari è diventare senza forma. Quando si è senza forma, nemmeno le spie più abili riescono a scoprire nulla e il nemico saggio non avrà elementi per poter preparare i suoi piani.

Ora la forma dell’operazione militare è come quella dell’acqua. L’acqua, quando scorre, fugge le altezze e precipita verso il basso. L’operazione militare vittoriosa evita il pieno e colpisce il vuoto. Come l’acqua adegua il suo movimento al terreno, la vittoria in guerra si consegue adattandosi al nemico. L’abile condottiero non segue uno shih prestabilito e non mantiene una forma immutabile.

Esiste una pianta nelle regioni occidentali chiamata iris perenne. Il suo gambo è alto dodici centimetri, ma poiché cresce in cima ad alte montagne, si sporge su abissi di migliaia di metri.

Arrampicandoti su un’altura per fare segnalazioni, non è che il tuo braccio si allunghi, ma lo si potrà vedere da lontano. Urlando sottovento, non è che la tua voce si intensifichi, ma la si potrà intendere più chiaramente.

Il Serpente che solleva la testa si diverte nelle brume, il Drago Volante cavalca le nubi. Ma quando le nuvole se ne vanno e le brume si dissolvono, Essi non sono differenti dai vermi della terra.

Col termine comando, intendo le qualità di saggezza, rettitudine, di umanità, di coraggio e di severità del generale.

Non può esservi generale, se non conosce i cinque elementi fondamentali. Chi li padroneggia, vince; chi non se ne cura, è annientato.

In quale esercito si dispensano ricompense e punizioni con il metodo più illuminato ?

Sapendo ciò, potrai prevedere quale parte sarà vittoriosa e quale sconfitta.

Fondamentale in tutte le guerre è lo stratagemma.

Quindi, se sei capace, fingi incapacità; se sei attivo, fingi inattività.

Se vuoi attaccare in un punto vicino, simula di dover partire per una lunga marcia; se vuoi attaccare un punto lontano, simula di essere arrivato presso il tuo obbiettivo.

Offri al nemico un’esca per attirarlo; fingi disordine fra le truppe, e colpiscilo.

Quando vedi il nemico pronto, preparati contro di lui; ma evitalo, dove è forte.

Simula inferiorità e incoraggiane l’arroganza.

Tienilo sotto pressione e logoralo.

Quando il nemico è unito, dividilo.

Attacca il nemico dove non è preparato, fai sortite con le truppe quando non se l’aspetta.

Non comunicare a nessuno il tuo schieramento e la strategia che intendi adottare.

Solo valutando tutto esattamente si può vincere, con cattive valutazioni si perde. Quanto esigue sono le probabilità di vittoria di chi non fa alcun calcolo ! Coi principi che ho elencato, io valuto la situazioni: il risultato, allora si definisce da solo.

Ciò che da valore alla guerra, è la vittoria. Quando la guerra dura troppo a lungo, le armi si spuntano e il morale si deprime. Quando le truppe assediano troppo a lungo le città, le loro forze si esauriscono in fretta.

Con le armi spuntate, l’ardore spento, la forza esaurita, il denaro volatilizzato, i vicini potranno avvantaggiarsi delle tue difficoltà e insorgere contro di te. Anche se hai saggi consiglieri, non potranno cambiare la situazione a tuo favore.

Ho visto troppe guerre-lampo condotte male, ma non ho mai saputo di un’operazione militare abile protratta nel a lungo.

Non vi è mai stata una guerra protratta a lungo nel tempo della quale un paese abbia tratto vantaggio.

L’obbiettivo essenziale della guerra è la vittoria, non le operazioni prolungate.

In guerra è meglio conquistare uno Stato intatto. Devastarlo significa ottenere un risultato minore.

Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.

Il generale esperto attacca la strategia del meno esperto. Questa è la prima cosa da fare.

La seconda cosa da fare, è spezzare le alleanze del nemico.

La terza cosa da fare, è attaccare il suo esercito.

Se sei inferiore in tutto al nemico, devi riuscire a sfuggirgli. Se ti ostini a cercare il combattimento sarai fatto prigioniero, perché, per una forza più potente, una forza esigua diventa preda desiderata.

Chi è in grado di distinguere quando è il momento di dare battaglia, e quando non lo è, riuscirà vittorioso.

Chi è in grado di stabilire quando deve usare forze minori, e quando maggiori, riuscirà vittorioso.

Chi è prudente e preparato, e resta in attesa delle mosse del nemico temerario e impreparato, sarà vittorioso.

Perciò dico: “Conosci il nemico come conosci te stesso. Se fari così, anche in mezzo a cento battaglie non ti troverai mai in pericolo”.

Se non conosce il nemico, ma conosci soltanto te stesso, le tue possibilità di vittoria saranno pari alle tue possibilità di sconfitta.

Se non conosci te stesso, né conosci il tuo nemico, sii certo che ogni battaglia sarà per te fonte di pericolo gravissimo.

Un tempo i generali esperti, prima d’ogni cosa cercano di rendersi invincibili, poi aspettavano il momento in cui il nemico era vulnerabile

L’invincibilità, dipende soltanto da noi stesso; la vulnerabilità del nemico dipende soltanto da lui.

Ne consegue che in una guerra un abile generale può rendersi invincibile, pur se non può indurre un nemico a diventare vulnerabile.

Per questo si dice che chi conosce l’Arte della Guerra può prevedere la vittoria, ma non determinarla.

L’invincibilità dipende dalla difesa; la possibilità di vittoria, dall’attacco.

Ci si deve difendere quando le nostre forze sono inferiori; si deve attaccare quando le nostre forze sono molto superiori.

Gli esperti nell’arte della difesa si nascondono come se fossero sotto i nove strati della terra; gli esperti nell’arte dell’attacco si muovono come se fossero in cielo. In questo modo riescono a proteggere se stessi e gli e ottengono una completa vittoria.

Prevedere una vittoria evidente, come chiunque può prevederla, non è vera abilità.

Chi riporta la vittoria in battaglia è riconosciuto da tutti come un generale esperto, ma non è questa la vera abilità. Strappare la pelle d’autunno non richiede forza; distinguere fra il sole e la luna non è difficile per gli occhi; sentire il rumore del tuono non è prova di orecchie fini. -“pelle d’autunno”= riferimento alla pelle del coniglio, che in autunno, ha un manto molto leggero.

I generali d’un tempo, vincevano rendendo facile vincere.

Perciò, le vittorie ottenute dai maestri nell’Arte della Guerra non si distinguono né per l’uso della forza, né per l’audacia.

I loro successi in guerra non dipendono dalla fortuna. Perché per vincere basta non commettere errori. “Non commettere errori”, vuol dire porsi in condizione di vincere con certezza: in questo modo, si sottomette un nemico già vinto.

Perciò, il generale esperto crea situazioni grazie alle quali non potrà essere battuto, e non si lascia sfuggire alcuna occasione di porre in condizioni di inferiorità il nemico.

In tal modo, un esercito vittorioso prima vince, poi dà battaglia; un esercito destinato alla sconfitta prima dà battaglia, poi spera di vincere.

Si attacca con la forza frontale, ma si vince con quelle laterali.

Le possibilità di chi sa impiegare abilmente le forza laterali sono vaste e infinite come il cielo e la terra, inesauribili come le acque di grandi fiumi.

Esse finiscono e ricominciano di nuovo, come il movimento del sole e della luna. Muoiono e rinascono, come le stagioni.

Le note musicali non sono che cinque, ma le loro melodie sono così numerose che nessuno può dire di averle udite tutte.

I colori fondamentali non sono che cinque, ma le loro combinazioni sono così tante che nessuno può immaginarle tutte.

Cinque soltanto sono i sapori, ma le loro mescolanze sono così varie che nessuno può dire di averle gustate tutte.

Le azioni d’attacco in battaglia sono soltanto due: l’attacco frontale ordinario e quello laterale di sorpresa, ma le loro combinazioni sono infinite e nessuno può dire di conoscerle tutte.

Queste due forze si riproducono reciprocamente, e le loro interazioni sono infinite, come gli anelli concatenati. Chi può stabilire dove comincia l’una e l’altra finisce ?

L’acqua torrenziale scorrendo svelle le rocce, grazie alla sua velocità.

Il falco in picchiata spezza in due il corpo della preda, perché colpisce con precisione.

Così la velocità di chi è abile nell’Arte della Guerra è fulminea, e il suo attacco è assolutamente preciso.

La sua forza è quella della balestra tesa al massimo, il suo tempismo come lo scatto del grilletto.

Tumulto e fragore; la battaglia sembra caotica, ma non c’è disordine; le truppe che manovrano ordinatamente, non possono essere vinte.

Ciò che sembra confusione, in realtà è ordine; ciò che sembra viltà è coraggio; la debolezza è forza.

Commento di Tu Mu (803-853 d. C. – Letterato, poeta, funzionario della Core Imperiale) : <Vuol dire che, se uno intende simulare disordine per ingannare il nemico, deve in realtà essere molto ben disciplinato; soltanto così può fingere confusione. Chi desidera apparire debole per rendere il nemico audace e imprudente, deve essere in realtà fortissimo; soltanto così può simulare debolezza. Se si vuol fingere vigliaccheria, per indurre il nemico ad avanzare con vana baldanza. si deve essere molto coraggiosi: soltanto così si può simulare timore.>

Ordine e disordine dipendono dall’organizzazione; coraggio e viltà dalle circostanza; forza e debolezza dallo schieramento.

Il generale esperto induce il nemico a muoversi, e ad assumere un certo schieramento. Lo adesca con qualcosa che il nemico è sicuro di prendere e, attirandolo, con l’illusione di un piccolo vantaggio, lo aspetta in forze.

Chi sa valutare la situazione, adopera i propri uomini in battaglia come se fossero tronchi o pietre, da far rotolare. Per loro natura, tronchi e pietre, sono statici sul terreno piano, ma si muovono su un terreno inclinato. Se hanno forma squadrata rimangono immobili, se rotonda, rotolano.

Così, il potenziale delle truppe abilmente comandate in battaglia può essere paragonato a quesi massi rotondi, che rotolano giù dalla sommità delle montagne. Questa è la forza.

Di solito, chi ha occupato per primo il campo di battaglia e attende il nemico, è riposato; chi invece arriva più tardi e si impegna all’ultimo momento nella battaglia, è affaticato.

Per questo il generale esperto non va, ma fa in modo che sia il nemico a venire: non si lascia condurre da lui.

Per indurre il nemico a muovere, gli si deve prospettare un vantaggio. Per scoraggialo, fargli temere un danno.

Quando il nemico è riposato, devi essere in grado di stancarlo; quando è ben nutrito, di farlo morire di fame; quando è rilassato, di indurlo a muoversi.

Appari in luoghi dove sarà obbligato ad affaticarsi per raggiungerti in fretta; dirigiti rapidamente dove non se lo aspetta.

Puoi marciare anche per mille li senza stancarti, se ti muovi dove il nemico non c’è.

Per essere certo di conquistare la zona dove hai impegnato battaglia, attacca un punto che il nemico non difende. Per essere certo di tenere ciò che difendi, attestati dove il nemico non può attaccare.

L’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi. La difesa migliore è quella che non fa capire dove attaccare.

Muovi con rapidità senza lasciare traccia, quasi fossi evanescente, meravigliosamente misterioso, impercettibile: sarai padrone del destino del nemico.

L’avanzata inarrestabile si getta nei varchi del nemico. La ritirata inafferrabile è data dalla massima velocità.

Se voglio ingaggiare battaglia contro i nemici salgo in difesa dietro alte mura e profondi fossati, attacco un obbiettivo che di sicuro dovrà difendere: così, non potrà evitare di uscire per muovere al contrattacco.

Se invece voglio evitare di ingaggiare battaglia, inganno il nemico con fattori di diversione. Così non muoverà contro di me, neppure se gli indicassi la strada disegnata sul terreno.

Induci il nemico a schierarsi, ma nello stesso tempo tieni l’esercito unito; così le forze saranno concentrate e le sue divise.

Un fronte forte significa una retroguardia debole, una retroguardia debole significa che il fronte è più vulnerabile. Essere forti a sinistra significa essere attaccabili a destra, rafforzarsi a destra significa rimanere scarsi a sinistra. Se poi ci si divide dappertutto si sarà deboli dappertutto.

Perciò, cerca di anticipare i piani del nemico, e individua i suoi punti forti e deboli: potrai decidere quale strategia usare per avere successo, e quale no.

Individua le sue posizioni: così conoscerai il terreno della vita e della morte.

La forma che vince i molti, non appare ai molti. Dopo la vittoria, la mia forma sarà palese a tutti. Prima della vittoria, nessuno sa la forma che impiegherò.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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RIFLESSIONI UTILI SULLA SEDUZIONE

«Certo, come un tempo avevo detto ad Albertine:

  • “Non vi amo” perché lei mi amasse,
  • “Dimentico quando non vedo” perché mi vedesse molto spesso,
  • “Ho deciso di lasciarvi” per prevenire qualsiasi idea di separazione,

così adesso era,

  • perché volevo assolutamente il suo ritorno, che le dicevo: “Addio per sempre”;
  • perché volevo rivederla che le dicevo: “Riterrei pericoloso vedervi”;
  • perché vivere separato da lei mi sembrava peggio della morte che le scrivevo: “Avete avuto ragione, insieme saremmo infelici”».

Marcel Proust

 

Per secoli uomini e donne cercarono radici di mandragora e altre sostanze per preparare pozioni d’amore. Poi, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, un medico ebreo di Vienna scoprì il segreto dell’amore. Effettivamente, il modo di far innamorare un altro essere umano esiste, e la ricetta è di straordinaria semplicità:

  1. mantenere l’ambiente esterno il più possibile costante. Lasciare che la persona, nella quale si desidera suscitare l’amore, parlì liberamente di tutto ciò che le passa per la testa;
  2. intromettersi il meno possibile nell’evoluzione dei sentimenti e delle reminiscenze, e soprattutto non disturbare il flusso dei ricordi d’infanzia;
  3. prestare particolare attenzione alla rievocazione di amori dimenticati o rimossi. Dare a tali sentimenti d’amore la possibilità di emergere dalla rimozione e di essere rivissuti;
  4. mostrare alla persona nella quale si desidera suscitare l’amore che dopo ogni delusione si sono sviluppati in lei meccanismi di difesa che ostacolano gli amori futuri. Spiegare che la frustrazione del desiderio di amare e di essere amati si è trasformata in sintomi e tratti del carattere sgradevoli, usati per erigere una barriera di sospetto e di sfiducia nei confronti dell’amore.

Prima o poi, se si segue questo metodo per un certo periodo, in questa persona nascerà l’amore di transfert, soprattutto se chi ascolta il racconto partecipa attivamente alla riesumazione dell’amore infantile rimosso.

M.S.Bergmann – Anatomia dell’amore – Einaudi Editore

La recita della seduzione, per quel poco che ne sapevo – sono e sono stata sempre ruvida grezza disarticolata incapace di sedurre persino un pesce rosso – passava attraverso rituali ovvi, banali. Ma era proprio quello che difettava nella mia vita, l’ovvietà, la banalità. Nella mia vita c’era solo eccezionalità, singolarità. Per la prima volta la messinscena della seduzione poteva concedermi un salutare assaggino di banalità. Ci volevano incensi e candele per sedurre, assicuravano esperti sui rotocalchi femminili. Poichè l’appartamento era grandissimo, cominciai dalle sette del pomeriggio ad accendere ceri rossi, di tutte le dimensioni, alcuni anche alti un metro, e incensi, dopo avere chiuso le porte-finestre sul terrazzo a mare, perchè l’appartamento, grandissimo, si prendesse d’odore. La casa doveva impregnarsi d’odore per non dare l’idea – che sarebbe stata oltretutto veritiera – di chi volesse inscenare la patetica strategia della seduzione. Lo aspettai sul pianerottolo, ruotata a tre quarti sulla porta, dava un’aria sensuale misteriosa, il trequarti, lo avevo sentito dire in televisione. Ecco a cosa serviva la televisione! A soccorrermi, nel bisogno, e mi soccorse. Gli indicai il salotto e richiusi la porta alle mie spalle. La concentrazione d’incenso, nel salone, era da camera a gas, non avevo provveduto ad aprire le vetrate, nè potevo prevedere che Rolando fosse allergico.

(da “7 UOMINI 7 peripezie di una vedova”, di Silvana Grasso)

Di seguito fornirò una serie di suggerimenti ai fini della seduzione con una modalità insolita. Il “decalogo” se così vogliamo chiamarlo, si baserà su riflessioni utili dettate dai grandi pensatori di ogni tempo.

Una definizione generale:

“La seduzione non si basa sul desiderio o sull’attrazione: tutto questo è volgare meccanica fisica e carnale, nulla di interessante. Certo, il fascino della seduzione passa attraverso l’attrattiva del sesso. Ma, propriamente, vi passa attraverso, la trascende. Per la seduzione, infatti, il desiderio non è un fine, ma un’ipotetica posta in gioco. Anzi più precisamente, la posta in gioco è provocare e deludere il desiderio, la cui unica verità è brillare e restare deluso.

Attraverso lo specchio prismatico della seduzione si perviene a un alto spazio di rifrazione. Essa consiste non nell’apparenza semplice, non nell’assenza pura, ma nell’eclissi di una presenza. La sua unica strategia è esser là e non esser là, e assicurare così una sorta di ammiccamento intermittente, dispositivo ipnotico che cristallizza l’attenzione al di là di ogni effetto di senso. Qui l’assenza seduce la presenza.” J. Baudrillard.

REGOLE DELLA SEDUZIONE

  • ATTENDERE: ATTESA – tumulto d’angoscia suscitato dall’attesa dell’essere amato in seguito a piccolissimi ritardi (appuntamenti, telefonate, lettere, ritorni)… “Sono innamorato? – Si, poiché sto aspettando”. L’altro, invece non aspetta mai. Talvolta, ho voglia di giocare a quello che non aspetta; cerco allora di tenermi occupato, di arrivare in ritardo; ma a questo gioco, io perdo sempre: qualunque cosa io faccia, mi ritrovo sempre sfaccendato, esatto, o per meglio dire in anticipo. La fatale identità dell’innamorato non è altro che: io sono quello che aspetta. (Nel transfert, si aspetta sempre – dal medico, dal professore, dall’analista. Ancora più evidentemente se sto aspettando allo sportello d’una banca, o alla partenza d’un aereo, subito stabilisco un rapporto aggressivo con l’impiegato, con l’hostess, la cui indifferenza svela e irrita la mia sudditanza; si può così dire che, ove vi è attesa, vi è transfert: io dipendo da una persona che si fa a mezzo e che impiega del tempo a darsi – come se si trattasse di far scemare il mio desiderio, d’infiacchire il mio bisogno. Fare aspettare: prerogativa costante di qualsiasi potere, “passatempo millenario dell’umanità”)…. R. BARTHES “Frammenti di un discorso amoroso” Einaudi
  • INDUGIARE: Guarda […] cerca di capire dalle stesse parole se egli finga o ti preghi sinceramente e ansioso, e rispondi dopo un breve indugio: l’indugio eccita sempre gli innamorati, sempre che abbia una durata breve; ma non ti offire arrendevole al giovane che ti prega; e tuttavia non gli rifiutare quel che chiede con parole troppo dure. OVIDIO “Arte di amare”.
  • TIMORE E SPERANZA: Fa che tema e speri insieme; e tutte le volte […] gli venga una speranza più certa e una paura minore.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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VIOLENZA NELLA COPPIA

Tratto dal thread “vi racconto la mia storia….”

Autore: Virna

Argomento: violenza nella coppia

Selezione a cura di Carlotta Onali

 

Ciao a tutti, ho 30 anni. vi racconto la mia storia perchè spero sia d’aiuto e di speranza a tutti quelli che come me hanno subito o subiscono ancora violenze psicologiche o fisiche, perchè oltre a queste righe ci sia un messaggio che anche nelle giornate sterili e disperate un seme può fiorire.
ho 30 anni, lui l’ho conosciuto a 19 perchè era venuto a studiare nella mia città. amore bellissimo, travolgente, di quelli che per anni ti baci e senti dentro “le farfalle” che borbottano, che lo sogni tutte le notti e ti svegli col sorriso sapendo che poi lo vedrai… poi.. poi il tracollo. la mia famiglia di origine si sfascia, nel giro di tre mesi mi ritrovo orfana di padre, stroncato da un tumore, e con una madre invalidata da un ictus. e lui al mio fianco, un pò più oscuro, più nervoso, fino al suo ricovero in ospedale per esaurimento nervoso. andiamo a vivere assieme, facciamo il “grande passo” e mi sembrava di essere felice, ma poco a poco le cose peggiorano. sempre più nervoso e distante, capita che mi insulta per la fiamma del gas troppo alta, perchè gli sposto le cose… non che si litiga o si discute, mi sento insultare, dare della stupida, della superficiale.. si alza la voce per un nonnulla, all’inizio rispondo, poi inizio a far parte di questo gioco, poco alla volta le discussioni si fanno più accese, lui non lavora, non è nella sua città, io ho una mamma alla quale dedicare certe attenzioni… l’alcool entra prepotentemente nella sua vita, due o tre bottiglie prima di birra poi di vino al giorno, ogni volta che provo a farlo smettere sono nomi e “sono io l’essere inferiore invidioso della sua vita rock and roll”. non si decideva a trovare lavoro, avevamo perso tutti gli amici..tre anni fa le prime botte, eravamo in montagna a cuocere della carne alla brace e allo squillo del mio telefonino ha preso dei sassi, 4 o 5, grandi come una mano, e me li ha lanciati urlandomi che mia madre non doveva disturbarci in montagna. all’inizio credevo fosse un episodio sporadico, volevo dimenticare e godermi quei mesi di pace e serenità che sarebbero seguiti, pensando che se mi fossi comportata bene non ce ne sarebbero stati più. forse nel mio inconscio speravo anche di “cambiarlo”, di renderlo mite come l’avevo conosciuto. un anno dopo, dopo una serata tranquilla ad ascoltare musica, mentre mi apprestavo a dormire .. ha iniziato a prendermi a calci, a insultarmi in ogni modo, a darmi degli schiaffi urlandomi dietro che non mi potevo permettere di addormentarmi senza il suo consenso, perchè lui era ancora li che ascoltava musica e io l’avevo abbandonato. quando sei dentro a certi meccanismi, non è facile come per chi legge capire le cose, quando giorno dopo giorno e per anni sei abituata a certe cose, come dire, ci fai il callo, l’amore diventa ossessione, morbosità, paura, fobia, essere succube dell’altro e infine giustificare certe azioni. quella sera prese una bottiglia cercando di spaccarmela in testa, mi mise le mani sul collo, la bava alla bocca, e io urlavo se potevo, altrimenti tacevo in silenzio, io non so quant’è durato quel raptus, in quei momenti mi sentivo come spettatrice, la paura mi paralizzava e una parte di me diceva non stà succedendo davvero… sangue, sangue caldo da dietro la testa, poi il suono del citofono, i carabinieri allarmati da qualche vicino che probabilmente aveva sentito le mie urla, o la mia testa contro il muro.. poco importa.. ad ogni modo la salvezza. voi direte… ma poi l’hai lasciato? no, non ancora, dopo due settimane durante le quali mi sono fatta negare ho ceduto alla mia debolezza, ancora una volta sono stata debole, non mi sono amata come avrei dovuto, e sono tornata da lui, che era in un mare di lacrime, forse pentito, sicuramente mi sono fatta impietosire dallo stato in cui si era ridotto in mia assenza. un’altro anno c’è voluto prima che lo lasciassi, un altro anno di insulti, schiaffi, isolamento dal resto del mondo (solo andando da mia madre o a lavorare mi distraevo) e quel che fa più male quella minaccia psicologia, quel sottile stato di continua tensione, quel fino a qui tutto bene…. ma anche quell’ossessione che se me ne fossi andata mi sarei sentita in colpa di averlo abbandonato, quell’intestardirmi sul pensiero di amare che in realtà era un gioco morboso in cui ero vittima e carnefice, incapace di liberarmene e succube della situazione. una volta si arrabbiò con me perchè entrai in un pub a chiedere se avevano un bagno, e si ruppe una mano dal pugno violento che diede contro a un cartello stradale mentre mi urlava che ero una stupida a chiedere le cose, ad essere gentile.. un’altra volta alzò le mani anche contro mia madre facendola cadere, per fortuna su un letto, e dovemmo passare la notte io e mia madre chiuse a chiave in camera con la paura che lui, nella stanza a fianco, tornasse a darci il resto delle botte. quest’estate, di ritorno da un concerto, l’ennesima crisi, un raptus in autostrada mentre guidavo, all’improvviso ha iniziato a darmi dei pugni forti in testa. ho accostato, sono scappata, ho chiamato la polizia. pronto soccorso, prognosi di 7 giorni per trauma celebrale…- lei signorina lo vuole denunciare? – -no, ha dei disturbi, sicuramente è solo perchè ha bevuto troppo- iniziai a soffrire di attacchi di panico, all’improvviso il respiro si faceva convulso e il cuore mi saliva alla gola, iniziavo a urlare, a piangere, a sbattere la mia testa contro a un muro. poi a settembre, la liberazione. l’ho lasciato. ho sofferto della lontananza, si, ho perso 5 kg in meno di un mese. come prima cosa mi sono rivolta a un istituto di igiene mentale spiegando degli attacchi di panico, dell’apatia che avevo addosso, raccontando la mia storia a una psicologa e uno psichiatra che mi seguono tutt’ora. che dire… finchè non raggiungi il fondo, ma proprio il fondo, non te ne accorgi, e forse a volte non serve neanche quello. ad ogni modo ora è aprile e sono qui, e capita sempre più spesso che sono serena. di notte lo sogno, a volte, che mi mette le mani addosso o mi dice che torna e non mi lascia più, e io nel sogno mi sento soffocare, inizio a piangere. anche stanotte l’ho sognato, era dolce e premuroso come i primi anni e poi mentre mi baciava mi stringeva sempre più forte il collo…
e continuo a ricevere telefonate anonime, e so che lui è stato ricoverato in condizioni pessime e con ricovero obbligatorio in psichiatria, minaccia di uccidermi una volta uscito, a me sembra di vivere un incubo senza fine perchè più cerco di rifarmi una vita più so che lui è ancora ossessionato da me, e spero solo che i medici che lo hanno in cura si rendano conto della situazione e della pericolosità del soggetto.
che dire ancora? sul perchè io abbia voluto subire, sui meccanismi celebrali, ci stò lavorando, sulla qualità della vita ora non ne ho dubbi, anche se con molte cicatrici e qualche ferita aperta sono io, con la mia integrità, e voglio vivere. ho conosciuto un ragazzo qualche mese fa, ed è stato colpo di fulmine, ci conoscevamo già da qualche anno, ma eravamo entrambi alle prese con relazioni infelici. sto vivendo un rapporto sereno e alla pari, lui sa tutto del mio passato e mi appoggia e ogni mattina mi sorride solo perchè è contento che al mondo ci sono anch’io, senza pretese ma semplicemente amandomi. progettiamo un futuro assieme, senza fretta, passo a passo e nel completo rispetto uno dell’altro, sono felice, e come me anche voi lo sarete, ne sono certa.
un abbraccio.

Virna

 

Dott. Roberto Cavaliere

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