IL PARTNER MANIPOLATORE

La figura del partner manipolatore è ricorrente nelle situazioni di dipendenza affettiva. Tale figura, generalmente, è la persona con cui lega il dipendente affettivo ma, spesso, anche quest’ultimo è manipolatore.

Passiamo a vedere quali sono le caratteristiche del partner manipolatore:

  1. • Tende a sminuire l’altro come persona
  2. • Cerca di sminuire i suoi successi
  3. • Spesso umilia l’altro in pubblico
  4. • Contraddice in continuazione
  5. • Tende a criticare l’aspetto fisico del partner
  6. • Tende a criticare il suo abbigliamento
  7. • In una discussione fa di tutto perché si accetti la sua opinione
  8. • Racconta spesso bugie
  9. • Recita spesso la parte della vittima
  10. • Adula per ottenere ciò che vuole
  11. • Usa nei confronti del partner l’arma della colpevolizzazione
  12. • Tende a delegittimare il partner nel ruolo genitoriale
  13. • Manipola la realtà a suo favore
  14. • Spesso è aggressivo verbalmente (insulti, parolacce, minacce)
  15. • Spesso è’ aggressivo nei comportamenti
  16. • È eccessivamente protettivo
  17. • Controlla ogni azione del partner
  18. • È geloso senza motivo
  19. • Porta la sua gelosia all’estremo
  20. • Cerca di allontanare il partner dalle sue amicizie e parentele
  21. • Cerca di limitare i movimenti esterni del partner
  22. • Boicotta gli interessi personali del partner
  23. • Vuole coinvolgere l’altro nei suoi interessi personali
  24. • Tende a controllare le finanze personali del partner e quelle di coppia
  25. • Tende ad attuare una coercizione sessuale nei confronti del partner (rapporti intimi non desiderati)
  26. • Pressa ad effettuare pratiche sessuali che il partner non approva

 

Tale elenco di caratteristiche del partner manipolatore è lungi dall’essere esaustivo e potrebbe essere completato con caratteristiche specifiche di ogni individuo e/o coppia.

Inoltre il partner manipolatore presenta, generalmente, tali situazioni specifiche del suo passato affettivo e relazionale: –

  1. • E’ stato vittima d’abusi di qualsiasi tipo nell’infanzia
  2. • Ha subito abusi in età adulta
  3. • La relazione tra i suoi genitori era simile a quella che tende ad instaurare col proprio partner
  4. • Ha abusato e/o abusa di alcool, droghe e quant’altro
  5. • Ha un temperamento aggressivo.

In presenza di un partner manipolatore s’innesta nella coppia un meccanismo di reciproco cambiamento. Il partner manipolatore attraverso le sue modalità vuole indurre un cambiamento nell’altro partner. Quest’ultimo, spesso ignaro di tale manipolazione, spera che il partner manipolatore col tempo cambi modalità di relazionarsi. In tale ‘attesa’ subentra un meccanismo d’assefuazione tipico delle relazioni manipolative, per cui in virtù di tale meccanismo si finisce col cambiare.

Roberto Cavaliere

LIMERENCE O ULTRATTACAMENTO

Il concetto di Limerence (in italiano ultrattaccamento) è stato elaborato dalla psicologa Dorothy Tennov in seguito ad uno studio scientifico sull’amore romantico. Questa psicologa ha intervistato oltre 500 soggetti sul concetto di amore. In seguito a tale ricerca Tennov ha coniato nel 1977 il termine “limerence„ pubblicandolo in Love and Limerence: The Experience of Being in Love.

Con tale termine la Tennov descrive lo stadio finale, quasi ossessivo dell’amore romantico. La Limerence è uno stato cognitivo ed emozionale caratterizzato da intenso desiderio per un’altra persona. Il termine limerence si riferisce spesso a voler intendere lo stato di una persona che esprime, preoccupazione per la persona amata, e, come mostrano recenti ricerche sulla neurochimica, uno stato mentale simile a un disturbo ossessivo-compulsivo. La Limerence sarebbe, infatti, lo stato ossessivo, l’idealizzazione irrazionale e l’intenso desiderio di essere ricambiati. Gli individui colpiti da Limerence sono costantemente attratti da partner sbagliati, soffrono amori non corrisposti e sono incapaci di imparare dalle loro esperienze. Ne deriva un senso di angoscia emotiva e un grave senso d’inutilità che accompagna la persona nel corso della vita. A tal riguardo tale stato può durare mesi, anni o anche tutta una vita, anche in un’assenza totale di reciprocità della persona amata. Inoltre in amore affetto e tenerezza esistono solo come disposizioni verso un’altra persona, a prescindere dal fatto che questi sentimenti siano ricambiati, laddove invece la limerence richiede che lo siano. Il contatto fisico con l’oggetto amato non è né essenziale né sufficiente a chi stia facendo esperienza di limerence, a differenza di chi prova un’attrazione sessuale.

Nello stato iniziale dell’innamoramento definito in inglese New Relationship Energy (NRE) si avvantaggia di una comunicazione aperta e di una consapevole mutualità di sentimenti ed è generalmente vista come una positiva esperienza di legame, mentre la limerence può disperdersi una volta che si sia stabilita una reciprocità, ed è caratterizzata da incertezza e ansietà.

Le principali caratteristiche del limerence sono:

  • Pensiero ossessivo e intrusivo sulla persona amata (detto limerent).
  • Timore del rifiuto
  • Speranza nel conquistare prima o poi l’altro
  • Manifestazioni fisiologiche del limerent (stati ansiosi, tachicardia e altro)
  • Intensificazione dell’attaccamento nelle avversità.
  • Attenzione selettiva a qualsiasi azione, pensiero, o circostanza che può essere interpretata favorevolmente come sentimento ricambiato da parte della persona amata.
  • Capacità d’ inventare o trovare spiegazioni logiche favorevoli ad azioni, pensieri e circostanze del tutto neutre in tal senso, della persona amata.

Pensiero ossessivo e intrusivo

Durante il limerence, i pensieri dell’oggetto limerent sono sia persistenti, che involontari che intrusivi. Limerence è in primo luogo un’ossessione che porta anche a vere e proprie fantasie sulla vita con la persona amata una volta conquistata . Inoltre tali fantasie si spingono anche a pensieri estremi quali il salvare la persona amata da una situazione di pericolo di vita o la persona amata che dichiara il proprio amore solo in punto di morte. Tutto questo prende vita particolarmente nei sogni, anche quelli a occhi aperti, che rappresentano una vera e propria fuga dalla realtà.

Timore del rifiuto e Speranza

Nel limerence si vive costantemente colla paura di un atto concreto di rifiuto che non lascia nessuna speranza. Speranza che è sempre presente in questa forma d’attaccamento che è alimentata dall’incertezza. Quest’ultima da una parte aumenta il dolore ma d’altra parte aumenta desiderio e speranza. Come accennato in precedenza, la speranza nel limerence porta a vedere solo i pensieri e le azioni dell’amato che confermano il desiderio di essere ricambiati, tralasciando tutto ciò che non va in tale direzione. Secondo gli studi, il limerence dura circa tre anni in media, ma può anche durare molto di più fino ad arrivare a coprire un’intera vita nei casi più patologici.

Tipologie di relazioni limerent

Abbiamo due tipologie di relazioni limerent:

Legame di Limerent-Nonlimerent: definisce le relazioni in cui uno dei due è limerent. Secondo la Tennov la maggioranza delle relazioni s’inquadra in questa tipologia e durano abbastanza a lungo.

Legame di Limerent-Limerent: definisce le relazioni in cui entrambi sono limerent. Per la Tennov questo tipo di relazione è breve.

La Tennov è del parere che le relazioni Limerent-Nonlimerent sono più forti e sicure se la donna è limerent e l’uomo è nonlimerent, perché l’uomo che è più limerent renderebbe la donna più incline ad abbandonarlo .

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email: cavalierer@iltuopsicologo.it

OSSESSIONE D’AMORE

Per parlare dell’ossessione d’amore cito un brano del bel libro di Todisco “Rimedi per il mal d’amore” edito nella collana Oscar Mondadori. Purtroppo il libro non è più in commercio.

Il brano che riporto fà riferimento ad un uomo che è stato lasciato dalla sua compagna dopo una relazione lunga e tormentata. Egli ha una corrispondenza epistolare col suo terapeuta (che chiama maestro) in cui descrive il suo tormento, la sua ossessione d’amore

Il seguente brano esplica molto di più di qualsiasi altro discorso.

Il maestro mi dice di cancellarla dalla mente, di fare il vuoto. Non ci riesco. Mi impongo che il fantasma di lei non penetri nella mia coscienza. Mi mobilito a erigere schermi, barriere contro la sua invasione, ma il fantasma passa attraverso ogni più piccola distrazione della guardia: e me la ritrovo davanti più vivo e reale delle persone fisiche che posso toccare con la mano. Il maestro mi dice di dimenticarla. e io che da sempre ho la memoria labile, non perdo, invece, una molecola di ciò che la riguarda. Mi sento posseduto dalla sua immagine come gli indemoniati. Non ho nessun potere di allontanarla. Quando mi lascia in pace per poco, di sua iniziativa, io vivo, e quando rientra da padrona eludendo la mia guardia io non vivo, mi distruggo.

C’è qualcosa nella mia testa che agisce sul ricordo di lei come l’acqua sopra i mosaici archeologici appannati da secoli, che restituisce loro i vividi colori originali. Se appena la sua figura si affievolisce ecco che automaticamente un getto liquido del mio cervello la investe e la rinvigorisce.

Quando smetto di pensare a lei, provo la riposante sensazione di entrare in un bunker dove mi riparo dall’inferno di fuoco che fuori imperversa. Ma la tregua dura poco.

Come l’ago della bussola volge forzosamente al Nord, così l’ago magnetico del mio pensiero non può fare a meno di puntare su Parigi.

La mia lotta contro il suo spettro e senza requie. Più cerco di fugarlo, più trova mille vie per farsi avanti. Le astuzie delle quali si serve per aggirare la mia sorveglianza sono inesauribili. Per esempio, basta la mappa della previsione del tempo che la sera vedo in tv con le nuvole che passano sulla Francia a evocare trepidamente il cielo di Parigi, la felicità del suo nuovo amore.

L’altro giorno sono andato a trovare una amica che non vedevo da tanto tempo. La bottoniera del vecchio ascensore invece della lettera T del piano terra, portava la lettera R, iniziale di rez-de-chaussèe: ed è stato sufficiente perchè il pensiero di Parigi mi cadesse addosso come una pioggia torrenziale. La rete che fa scattare le più diverse memorie legate alla sua persona, si fa sempre più fitta e assediante. Non posso vedere un cielo azzurro intenso, senza ricordare con struggimento il cielo del sahara, meta preferita dei nostri viaggi invernali in Africa.

Dura ogni giorno la fatica di disfare la tela dei sentimenti che mi legano a lei così tenacemente. Quel poco che di giorno ci riesco, di notte si ricompone e la mattina me la ritrovo intatta, quasi fossi una Penelope all’incontrario.

Sono preda di un paradosso insensato. Ciò che mi impedisce di districarmi dalla sua ombra è la forza dell’attaccamento troppo forte che lei non vuole perchè la fa sentire oppressa, e che ha incentivato la sua fuga. E io, anche ora che è lontana, invece di sciogliermi mi ci stringo dentro sempre di più, con la logica dannata del laccio.

Questo lato di me che continua a pensarla senza tregua, senza la forza di staccarsene, non può che essere un mio nemico, un mio torturatore, un mio persecutore. Per quale disguido del mio essere questo testardo si ostina a impedire che la parte consapevole di quanto è assurdo rimanere incollato emotivamente a una donna che non mi vuole, che dà la felicità a un altro, si faccia valere?

Purtroppo, nemmeno il mio rapporto con Gaetana serve a togliermela dalla testa. Gaetana è bella,mi piace, mi vuole bene, ma non ne sono coinvolto. In un altro momento della mia vita mi sarei potuto innamorare di lei, ma l’esperienza dolorosa che sto attraversando è già molto se mi lascia qualche spiraglio. Io, pur comprendendo che vale, non ne sono preso. Non sono spinto a guardarla con la parzialità con cui guardo Costanza, non mi sbilancio favore sfumandone i difetti fisici e portando alle stelle i suoi pregi. Guardo Gaetana con occhio neutrale, non mi nascondo gli aspetti che non mi vanno tanto a genio, la bocca un pò troppo tumida, la pelle non perfettamente glabra, eccetera. Gaetana mi distoglie da Costanza, non mi toglie da lei.

Mi trovo nella situazione paradossale per cui il ricordo degli anni che ho vissuto con Costanza è così vividamente presente che, al confronto, le cose reali mi sembrano un pallido sogno. Il mio persecutore, con una perfidia che mi spaventa, riesce a manipolare le cose in questo modo: impedisce che le nuove esperienze che vado facendo scaccino i fantasmi della memoria – come sarebbe naturale – e arriva a far sì che questi fantasmi trasformino a loro vantaggio i contenuti emotivi della mia vita attuale.

Da una delle finestre della casa di Gaetana, dove spesso mi fermo a dormire, si domina un bel paesaggio di montagna con cime aspre e solitarie, declivi ed altro. Per me è una visione forte e inconsueta che sembra fatta apposta per distrarmi. Ma non è così. La mattina presto, quando mi alzo, mi affaccio alla finestra col desiderio di godere di quadro incontaminato: ma mentre ho gli occhi affondati in esso, ecco che il ricordo di lei sale e lo avvolge come una nuvola di tristezza.

Così, un pò alla volta, il paesaggio che non aveva niente a che fare con lei, il paesaggio assolutamente “vergine”, viene contaminato, viene caricato, per sovrapposizione, della sua immagine. Il vederlo, che dovrebbe portarmi via da Costanza, diventa un’esca per ricordarla. Con un simile gioco di rimbalzi, temo che le mie nuove esperienze non mi portino a nessuna via di uscita. Tutto il mio futuro può diventare una prigione.

Non so cosa darei per liberarmi dalla tirannia dello spettro. Il maestro mi dice: non pensare a lei, raccogliti presso di te, allenati alla solitudine. Ma lo stare solo con me non vuol dire stare solo, vuol dire stare dolorosamente con il ricordo di lei, che entra nella mia solitudine come una lama.

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Dal punto di vista teorico e clinico l’ossessione d’amore ha analogie col disturbo ossessivo -compulsivo nella sua componente ossessiva.

Il manuale statistico-diagnostico DSM-IV-TR* per le ossessioni utilizza i seguenti criteri diagnostici :

  1. pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso del disturbo, come intrusivi o inappropriati e che causano ansia o disagio marcati
  2. i pensieri, gli impulsi, o le immagini non sono semplicemente eccessive preoccupazioni per i problemi della vita reale
  3. la persona tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni
  4. la persona riconosce che i pensieri, gli impulsi, o le immagini ossessivi sono un prodotto della propria mente (e non imposti dall’esterno come nell’inserzione del pensiero).

Come possiano dedurre, entrambe causano la perdita, in misura maggiore o minore, della capacità di controllare il contenuto della propria mente. L’attenzione è monopolizzata da pensieri e immagini che la qualsiasi sforzo di volontà non riesce a mandare via. In entrambi i casi, si hanno difficoltà di concentrazione e di impegno in attività quotidiane. Non solo, ma gli innamorati, come le persone con OCD, diventano superstiziosi e confondono pensiero e azione. Uno studio della psichiatra Donatella Marazziti conferma tali analogie. La psichiatra ha scoperto che i livelli del neurotrasmettitore serotonina sono più bassi del 40 per cento, tanto in chi ha una diagnosi di OCD quanto in soggetti sani che si dichiarano innamorati, rispetto a soggetti normali.

In ogni caso la presenza di pensieri ossessivi e compulsioni nei riguardi dell’altro è normale nelle fasi d’innamoramento, assume già caratteristiche meno normali all’interno di una dipendenza affettiva, fino ad arrivare a vera e propria patologia in determinati casi come lo stalking.

Dott. Roberto Cavaliere

 

TEST: IN QUALE CAPITOLO TI TROVI ?

Scelga in quale dei seguenti “capitoli” si riconosce.
Quest’ultimi possono essere rappresentativi di atteggiamenti personali nei confronti delle difficoltà della vita (dipendenze, problematiche affettive e relazioni, disagi psicologici di vario tipo).

1.Capitolo primo
Cammino lungo una strada. C’è una buca profonda nel marciapiede. Ci casco dentro. Sono perduto, non posso farci nulla, non è colpa mia. Ci metto una vita per uscirne.

2.Capitolo secondo
Cammino lungo la stessa strada. C’è una buca profonda nel marciapiede. Faccio finta che non ci sia. Ci casco dentro. Non posso credere di essere ancora nello stesso posto. Ma non è colpa mia. Mi ci vuole un sacco di tempo per uscirne.

3.Capitolo terzo
Cammino lungo la stessa strada. C’è una buca profonda nel marciapiede. La vedo benissimo. Ci casco dentro di nuovo; è un’abitudine. Ma i miei occhi sono aperti: so dove sono. E’ colpa mia. Ne esco immediatamente.

4.Capitolo quarto
Cammino lungo la stessa strada. C’è una buca profonda nel marciapiede. Ci cammino intorno.

5.Capitolo quinto
Me ne vado per un’altra strada.

(AUTOBIOGRAFIA IN CINQUE CORTI CAPITOLI Portia Nelson )

RISULTATI
1) Il primo capitolo rappresenta l’attribuire completamente al destino il verificarsi di uno stato di disagio o di difficoltà nella propria vita. Rappresenta l’atteggiamento del bambino che afferma ‘non è colpa mia’ . La mancanza di consapevolezza fa sì che occorra quasi una vita per uscirne.

2)Il secondo capitolo rappresenta il continuare ad attribuire al destino il verificarsi di uno stato di disagio o di difficoltà nella propria vita. Si riconferma  l’atteggiamento del bambino che afferma ‘non è colpa mia’ . Questo continuare a non esserne consapevoli contribuisce ad allungare i tempi d’uscita dalla problematica.

3)Il terzo capitolo l’atteggiamento abitudinario, quello che i psicanalisti chiamano coazione a ripetere. Questa volta si ha piena consapevolezza delle proprie difficoltà e se ne si assume le responsabilità. Consapevolezza ed assunzione di responsabilità comportano una più veloce uscita dalle proprie problematiche.

4)Il quarto capitolo rappresenta la semplice tentazione. Superata la fase della consapevolezza e dell’assunzione delle proprie responsabilità bisogna solo rimanere vigili affinché non si sia nuovamente tentati dal commettere gli stessi errori di sempre.

5)Il quinto capitolo si commenta da solo. ‘Me ne vado per un’altra strada’ forse è utopico, ma qualche volta l’utopia si realizza. Accontentatevi, per il momento, di fermarvi al quarto capitolo. C’è sempre tempo per leggere l’ultimo capitolo.
Dott. Roberto Cavaliere

IL MITO E LA SINDROME DI ECO

Un giorno mentre Narciso era intento a vagare nei boschi e a tendere reti tra gli alberi per catturare i cervi, lo vide la bella Eco che, non potendo rivolgergli la parola, si limitò a rimirare la sua bellezza, estasiata da tanta grazia. Per diverso tempo lo seguì da lontano senza farsi scorgere e Narciso, intento a rincorrere i cervi, nè si accorse di lei nè si accorse che si era allontanato dai compagni e aveva smarrito il sentiero. Iniziò Narciso a chiamare a gran voce, chiedendo aiuto non sapendo dove andare. A quel punto Eco decise di mostrarsi a Narciso rispondendo al suo richiamo di aiuto e si presentò protendendo verso di lui le sue braccia offrendosi teneramente come un dono d’amore e con il cuore traboccante di teneri pensieri.

Ma ancora una volta la reazione di Narciso fu spietata: alla vista di questa ninfa che si offriva a lui fuggi inorridito tanto che la povera Eco avvilita e vergognandosi, scappò via dolente. Si nascose nel folto del bosco e cominciò a vivere in solitudine con un solo pensiero nella mente: la sua passione per Narciso e questo pensiero era ogni giorno sempre più struggente che si dimenticò anche di vivere e il suo corpo deperì rapidamente fino a scomparire e a lasciare di lei solo la voce. Da allora la sua presenza si manifesta solo sotto forma di voce, la voce di Eco, che continua a ripetere le ultime parole che gli sono state rivolte.

Eco rimanda a tante donne innamorate di Narcisi che vivono la loro passione nelle stesse modalità che rimanda il mito di Eco e Narciso:
completa dedizione al partner,
passione non ricambiata,
dolore struggente,
solitudine,
ossessione,
grido ripetitivo del proprio dramma interiore,
annullamento della propria persona,
lenta agonia.

Roberto Cavaliere

TEST SUL MANIPOLATORE AFFETTIVO

COME RICONOSCERE UN NARCISISTA PATOLOGICO O MANIPOLATORE AFFETTIVO ?
SE ALMENO 14 PUNTI CORRISPONDONO, SIAMO IN PRESENZA DI UN MANIPOLATORE AFFETTIVO OVVERO NARCISISTA PATOLOGICO
1. Colpevolizza gli altri, nel nome del legame familiare, dell’amicizia, dell’amore, della coscienza professionale ecc.
2. Sa atteggiarsi da vittima affinché venga compatito (malattie esagerate, persone che gli stanno intorno »difficili », sovrappiù di lavoro ecc)
3. Può essere invidioso pur essendo un parente o un coniuge
4.Scarica la sua responsabilità sugli altri o si dimette dalle proprie responsabilità
5. Ignora le richieste (anche se dice di occuparsene)
6. Non sopporta le critiche e nega l’evidenza
7.Non comunica chiaramente le sue richieste, i suoi bisogni, i suoi sentimenti e le sue opinioni
8.Utilizza i principi morali degli altri per asservire ai suoi bisogni (nozione d’umanità, di carità, razzismo, « buona » o « cattiva » madre ecc)
9. Non tiene conto dei diritti, dei bisogni e dei desideri degli altri
10.Risponde molto spesso in modo vago
11.Minaccia in modo mascherato o ricatta apertamente
12. Utilizza molto spesso l’ultimo momento per chiedere, ordinare o fare agire gli altri
13. Cambia le sue opinioni, i suoi comportamenti, i suoi sentimenti a secondo delle persone e delle situazioni
14. Cambia totalmente discorso durante una conversazione
15.Il suo discorso pare logico o coerente mentre le sue attitudini, le sue azioni o il suo modo di vivere rispondono allo schema opposto
16. Invoca motivi logici per mascherare le sue richieste
17. Evita o sfugge da un dialogo, o da una riunione
18.Adopera l’adulazione per piacerci, fa regali o diventa improvvisamente premuroso nei nostri confronti
19.Fa credere agli altri che devono essere perfetti, che devono sapere tutto e rispondere immediatamente alle richieste e alle domande.
20. Punta sull’ignoranza degli altri e fa credere di essere superiore
21. Produce uno stato di malessere o un sentimento di mancanza di libertà (trappola)
22. Mette in dubbio le qualità, la competenza, la personalità degli altri ; critica senza sembrare, svalorizza e giudica
23. Mente
24. E’ perfettamente efficace per raggiungere i propri scopi ma al detrimento degli altri
25. Trasmette i suoi messaggi per mezzo degli altri, o par suoi intermediari (telefono invece di faccia a faccia, lascia note scritte)
26. Predica il falso per sapere il vero, deforma, interpreta
27. Ci fa compiere delle cose che altrimenti non avremmo fatte di buon grado
28. Semina la zizzania e crea sospetto, divide per meglio regnare e può provocare la rottura di una coppia
29. E’ egocentrico
30. E’ costantemente l’oggetto di discussioni tra gente che lo conosce anche se non è presente


traduzione a cura di Marylise Veillon
Fonte: http://violence.morale.over-blog.com/article-1-test-pour-de

COSA NON E’ AMORE ?

non e'amoreNON E’ AMORE 

  1. IL CONTROLLO OSSESSIVO
  2. L’ISOLAMENTO DA TUTTI
  3. ATTRIBUIRTI SEMPRE LA COLPA
  4. UMILIARTI 

PRENDERE LE DISTANZE

Un passaggio fondamentale per uscire da una dipendenza e/o problematica affettiva è iniziare a prendere le distanze.

Distanze psicologiche, emotive e fisiche.

Se si è troppo dentro alla dipendenza o problematica non si riesce ad avviare il processo di ‘guarigione’. Sarebbe come l’alcolista che pretende di guarire avendo la bottiglia d’alcol a poca distanza.

Si può partire dalla distanza fisica e temporale dall’altro/a per poi arrivare alla distanza psicologica ed infine a quella emotiva che è la più difficile. Difficile ma non impossibile.

Roberto Cavaliere

le distanze

AMARE PRIMA SE STESSI

«Ma tu mi ami?» chiese Alice.
«No, non ti amo.» rispose il Bianconiglio.
Alice corrugò la fronte e iniziò a sfregarsi nervosamente le mani, come faceva sempre usando si sentiva ferita.
«Ecco, vedi? – disse il Bianconiglio – Ora ti starai chiedendo quale sia la tua colpa, perché non riesci a volerti almeno un po’ di bene, cosa ti renda così imperfetta, frammentata. Proprio per questo non posso amarti. Perché ci saranno dei giorni nei quali sarò stanco, adirato, con la testa tra le nuvole e ti ferirò. Ogni giorno accade di calpestare i sentimenti per noia, sbadataggine, incomprensione. Ma se non ti ami almeno un po’, se non crei una corazza di pura gioia intorno al tuo cuore, i miei deboli dardi si faranno letali e ti distruggeranno.
La prima volta che ti ho incontrata ho fatto un patto con me stesso: mi sarei impedito di amarti fino a che non avessi imparato tu per prima a sentirti preziosa per te stessa. Perciò, Alice no, non ti amo. Non posso farlo.»