LA SINDROME DI PINOCCHIO: IL BUGIARDO PATOLOGICO

Vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: la tua per l’appunto è di quelle che hanno il naso lungo.(La fata nel Capitolo 17 di Pinocchio)

 

Chi è bugiardo patologico, affetto dalla cosidetta sindrome di pinocchio, manifesta un vero e proprio disagio psicologico, di cui tende a escluderne la gravità, fino ad arrivare a non riconoscerlo neanche. Ciò causa molta sofferenza a sé stesso ed agli altri.

Le principali caratteristiche del bugiardo patologico sono:

  • Mentono gratuitamente, anche se non è necessario
  • Sono impazienti
  • Sono manipolativi nei confronti degli altri
  • Sono seduttivi e disinibiti
  • Sono intolleranti alle critiche
  • Pretendono perché è tutto dovuto loro
  • Non provano nessun rimorso
  • Sono incapaci di relazioni affettive mature

Il comportamento di chi “subisce” un bugiardo psicologico prevede tre strategie in tre tempi diversi:

  • Non tollerare assolutamente le bugie, anzi bisogna smascherarle sistematicamente, affrontandone l’onere di farlo, senza nessuna indulgenza.
  • Chiedere al bugiardo patologico l’auto-riconoscimento del proprio stato patologico ed invitarlo a chiedere un aiuto esterno per combatterne cause e sintomatologia.
  • Nel caso che le prime due strategie non siano accettate, prendere in considerazione l’opportunità di “abbandonare” il bugiardo patologico. Spesso questa si rivela l’unica strategia efficace nei confronti di chi è affetto da Sindrome di Pinocchio. Infatti il bugiardo patologico non accetta di rimanere solo.

La sindrome di Pinocchio, all’interno delle problematiche e dipendenze affettive e relazionali, si manifesta attraverso il negare, anche di fronte all’evidenza, tradimenti ed inventare attorno a tali situazioni vere e propri castelli di bugie.

Il partner che accetta tale tipo di comportamento o tende ad essere indulgente verso lo stesso, deve seriamente interrogarsi sul perchè non pone in atto un proprio efficace comportamento di contrasto. Come già accennato prima il bugiardo patologico necessita della presenza dell’altro.

Dal punto di vista clinico il bugiardo patologico può essere affetto da disturbo istrionico di personalità che è caratterizzato da un tipico quadro pervasivo di emotività eccessiva, ricerca di attenzione, ed appaiono a prima vista attivi, interattivi e disinibiti.

Per essere diagnosticato come disturbo il DSM IV prevede che deve manifestarsi in una varietà di contesti con la presenza di almeno cinque dei seguenti sintomi:

  1. la persona è a disagio in situazioni nelle quali non è al centro dell’attenzione
  2. l’interazione con gli altri è spesso caratterizzata da comportamento sessualmente seducente o provocante
  3. manifesta un’espressione delle emozioni rapidamente mutevole e superficiale
  4. costantemente utilizza l’aspetto fisico per attirare l’attenzione su di sé
  5. lo stile dell’eloquio è eccessivamente impressionistico e privo di dettagli
  6. mostra autodrammatizzazione, teatralità, ed espressione esagerata delle emozioni
  7. è suggestionabile, cioè, facilmente influenzato dagli altri e dalle circostanze
  8. considera le relazioni più intime di quanto non siano realmente.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LA SINDROME DI CENERENTOLA: LA RICERCA DELL’UOMO RICCO E FAMOSO

Si potrebbe definire come Sindrome di Cenerentola la ricerca smodata di un uomo bello, ricco e famoso da parte delle ragazze (non solo quelle) d’oggi.

Una ragazza, per quanta istruzione, indipendenza materiale e spirituale possa avere, guardandosi in giro, in cerca di un uomo, un fidanzato, sarebbe guidata, in questa sindrome, da una vera e propria ossessione a tratti anche compulsiva.

Chi non conosce la favola di Cenerentola, il racconto di una bella ragazza povera, che non è non amata dalla sua ricca matrigna unitamente alle due figlie acide. Cenerentola è costretta a fare la serva e sogna l’arrivo del bel Principe Azzurro con il suo destriero bianco, che la riscatta da una vita di sacrifici e umiliazioni e la fa vivere per sempre felice e contenta.

La favola continua con l’intervento di una Fata buona, che presa a compassione, dà a Cenerentola la possibilità di conquistare il Principe Azzurro, trasformando i suoi vecchi stracci in un sontuosissimo vestito, completo di scarpette di vetro, i topi con cui condivideva la soffitta, in bellissimi cavalli bianchi e una banale zucca, in una principesca carrozza dorata.

La favola rappresenta una sindrome ben più grave. Le giovani ragazze mancano fondamentalmente di sicurezza e fiducia di sé, ma non è solo una questione di crescita. L’evoluzione interiore di una giovane donna non avviene solo compiendo gli anni, con questo magari invecchia, ma con la libertà di vivere se stessa, con lo spazio e il tempo che le sono concessi. Una Fata buona è un genitore che insegna a vivere con consapevolezza e secondo la propria coscienza, altrimenti è una Fata “apparentemente” buona.

La sindrome si Cenerentola ha diverse varianti:

  • Il successo delle partecipazioni alle selezioni per “veline” indette da vari programmi televisivi, nascondono la ricerca indiretta dell’uomo famoso.
  • La ricerca dell’uomo occidentale da parte delle ragazze straniere.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

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RIFLESSIONI SULLA GELOSIA

Invito a riflettere su queste due affermazi0ni di Roland Barthes ed a rilasciare un commento

Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.

La gelosia è un’equazione a tre termini permutabili ( indecidibili): si è sempre gelosi di due persone contemporaneamente: io sono geloso di chi amo e di chi lo ama. L’odiosamato ( il “rivale”) è anche amato da me: esso m’interessa, m’incuriosisce, mi affascina.

LA SINDROME DEL GAMBERO

Col termine Sindrome del Gambero indico un processo vissuto da chi viene lasciato e che segue la fine di un amore o di una relazione.

Tale processo dà la sensazione che nonostante gli sforzi fatti per superare la fine di un amore, spesso si ha la sensazione di tornare indietro rispetto ai progressi effettuati, anche a distanza di tempo.

Ciò avviene perchè si ritiene che il processo di superamento è un processo che per quanto lento e doloroso è lineare e continuo. Invece esso è per sua intriseca natura discontinuo ed è in questa discontinuità che, incosapevolmente, si progredisce verso il distacco definitivo. Il gambero sembra ritornare indietro ma alla fine arriva alla meta.

Dott. Roberto Cavaliere

 

SINTESI DI UNA DISCUSSIONE TRATTA DAL FORUM NELLA SEZIONE “FINE DI UN AMORE”

minimo

Mi chiedo come è possibile dopo:

  • • mille promesse che mi son fatto
  • • no contact estremo ed ostinato
  • • iperattività
  • • training autogeno sulle dinamiche della fine
  • • 1000 persone che mi dicono che è stata una fortuna
  • • la certezza che lei ha un altro
  • • la mia SIM data ad un’altro
  • • la mia presenza sul forum
  • • il mio diario su cui mi sfogo
  • • una nuova persona che si affaccia alla mia vita
  • • una seconda nuova persona che si affaccia alla mia vita
  • • gli hobby
  • • la psoriasi che sparisce
  • • il fisico più snello
  • • più tempo per me
  • • meno cazzi suoi di cui preoccuparmi
  • • la certezza di non rivolerla
  • • la certezza del suo vuoto interiore
  • • la certezza che il tempo mi guarirà
  • • la certezza che è meglio così

…e altri mille motivi, già, ma perchè mi sembra di stare tornando indietro come un gambero?

Perchè questo dolore psicologico che si trasforma in dolore fisico, perchè mi sento peggio di un escremento? perchè dopo un maledetto mese mi sembra di essere al punto di partenza? Perchè non te ne vai per sempre?

Mi incaponisco su dettagli inutili, ogni momento la penso ma mi pare di non amarla più. Vorrei solo affondare…per quando mi dia d’impegno a a fare 100000 cose…è tutto inutile ti penso in maniera ossessionante.

Forse questa è la via per diventare pazzi, non mi vergogno a dirlo ma se ci fosse la possibilità di sparire per sempre in questo istante direi “si”. Sono pensieri passeggeri, vanno pesati per quel che sono…

Dimmi L. capirai mai che il tuo dolore si è aggiunto al mio?

Ci siamo alimentati di una situazione deviata ed ora pago lo scotto del tornare sui miei passi cercando ancora quel fiele che mi aveva avvelenato il sangue…la noia che mi autoprovoco ripetendomi le stesse cose mi ucciderà.

CAMILLA70

forse è proprio perchè vuoi ostinatamente eliminarla con la forza della ragione dal tuo pensiero, che non riesci a farlo.

Prova ad accettare il fatto che emozionalmente sei ancora legato a lei e provi dell’affetto, certo misto ad altri sentimenti, ma ancora lei è nel tuo cuore; poco importa che tu non la rivorresti comunque nella tua vita,che è una stronza, che si è comportata male; lei è comunque ancora nel tuo cuore. Tenta di accettare questa realtà e smettila di farti la guerra da solo; non solo vorresti che lei fosse diversa da quello che è, vorresti essere anche tu diverso da quello che sei; non stai combattendo solo contro di lei, quello che ti crea forse maggior dolore è che stai combattendo contro te stesso,perchè non accetti il fatto che ancora provi dei sentimenti per lei.

Allora prova a cambiare prospettiva, e renditi conto di quale risorsa e tesoro tu possa donare ad una nuova futura relazione,di quanto amore c’è dentro di te e che un giorno, troverà la giusta direzione. Lei ha ucciso la possibilità di donare amore; ma solo a lei; e tu gridi e ti disperi perchè l’amore lo vuoi dare, lo sai dare e lei,la stronza, non te l’ha riconosciuto.Smettila di combatterti e accetta che c’è ancora amore per lei; quando lo avrai accettato e lo avrai riconosciuto, potrai provare a ricominciare a donarlo; ad altro,non necessariamente per il momento ad una relazione,ma anche facendo del volontariato, per esempio

clarissa

Minimo, ho letto un pò dei tuoi post in questi giorni e mi ritrovo in quasi tutto ciò che scrivi. La voglia e l’impegno di guardare avanti sapendo che si sta andando nella direzione giusta e lo sconforto che si prova quando basta una sciocchezza che in un qualsiasi altro momento ci sarebbe indifferente per farci ripiombare addosso un dolore e un’agitazione che credevi e speravi di aver superato. E’ normale, è il percorso di risalita che è così. Ogni tanto ci sono degli oscatoli che ci fanno inciampare e magari cadere. Bisogan cercare di stare in piedi lo stesso oppure rialzarsi e riprendere il cammino ….. anche nei giorni in cui sembra tanto difficile. Un abbraccio

turing

Minimo, io penso che una condizione sicuramente sufficiente (ma non necessaria) perche’ questo “supplizio” possa finire davvero fino in fondo sia un nuovo vero innamoramento. Se — con grande fortuna — succedera` di ritrovarsi nuovamente innamorati allora te la puoi trovare come vigile dell’incrocio che passi ogni mattina e quello che proverai sara` poco piu’ che indifferenza o al piu’ penserai “toh, quella si e’ messa a fare il vigile”… Ciao Turing

suete

Scusa Turing.. non è per contraddirti ma io ho un altro pensiero. Quando stai passando un periodo così di cacc* cos’hai da offrire ad una nuova persona? Io credo molto poco. Magari è la persona che può essere per te un sostegno, una compagnia o qualsiasi cosa che tu puoi scambiare per un nuovo innamoramento.

Io credo che per relazionarci ad un’altra persona dovremmo prima liberarci di tutto questo peso…e credo (per quello che riguarda me personalmente) che in questo momento dopo tre mesi dalla fine e per la malinconia tristezza e dolore che ancora provo, qualsiasi persona incontrassi non sarei pronta.. anche se incontrassi la persona più magica di questo mondo non credo che riuscirei ad innamorarmi…

E’ vero che ognuno ha i suoi tempi ma è anche vero che se prima io non mi libero da ogni cosa che mi riconduce a lui… non posso donarmi mai completamente ad un’altra persona e rischierei (come ha fatto il mio ex con me. Ci siamo messi insieme dopo 1 mese e mezzo che la sua ex convivente, sono stati due anni insieme, lo aveva lasciato)di far soffrire un’altra persona solo per un MIO bisogno.Scusami… non è per sminuire il tuo post..ma è un altro punto di vista. Suete

turing

Ciao Suete, le mie tre righe non hanno espresso compiutamente quello che penso. Concordo con te che quando si e’ nel dolore si ha poco da offrire ed e’ quindi molto arduo — ma non impossibile perche’ l’amore in fondo non obbedisce ad alcuna regola — innamorarsi davvero. Pero’ la fase acuta del dolore passa, come dici anche te a poco a poco si riesce a respirare, nonostante non si sia completamente sereni, nonostante il pensiero di lei/lui non sia stato completamente cancellato e non ci lasci indifferente. Ebbene, io credo che in una tale fase di “recupero” possa benissimo succedere di ritrovare le emozioni di un innamoramento. E se questo succede allora il pensiero di lei/lui viene davvero spazzato via del tutto, e quindi anche se la vita ce lo dovesse far reincrociare in qualche modo la sensazione potrebbe essere quella dell’indifferenza. Le cose vanno sempre incrementalmente, le fasi si passano gradualmente, il dolore acuto si attenua, si ricomincia a vivere giorno dopo giorno, e li’ puo’ capitare la fortuna di innamorarsi ancora.

davide878

Sono 8 anni che io ho finito una storia d’amore , dutata 5 , appartengo agli abbandonati.Ho fatto 2 anni di psicoterapia,……ma proprio in questo momento, leggendo questo forum , mi accorgo di essere io il vero e primo “Gambero” in assoluto!!!

E’ difficile quando si e’ vissuto un grande amore , che tutto ritorni come prima, almeno per me’ e’ stata cosi! La vita ora ha un sapore strano……mahhh

Abbraccio tutti voi modo fraterno, a voi che state male, perche’ soltanto chi ci e’ passato ” puo’ dire” cosa si sente “dopo”!

troppoingenua

Salve a tutti. Il no-trespassing point forse è arrivato anche per me. La vita di prima ritorna però.

Come gambero si torna indietro oppure come la marea che inonda il bagnasciuga e ritorna sui suoi passi magneticamente attratta dalla forza misteriosa del mare. O dell’amore.

  • Ma è come se si fosse diversi.
  • Più forti o più fragili, non saprei spiegare.
  • Ci si sente come dopo un forte temporale.
  • Si è scoperta la paura ma si sa che d’ora in poi si sarà necessariamente più forti, perchè senza più illusioni.
  • E ci si rende conto che l’amore fa male perchè in realtà non finisce.
  • Resta sempre come la forza magnetica delle maree.
  • Restano i frutti dell’amore, come nel mio caso.
  • Quello che li ha generati se ne è andato ma non per sempre.
  • Ritornerà in qualche modo.
  • Non fisicamente, forse, non come prima.
  • Oggi ho sentito una frase che mi ha fatto riflettere, una frase da baci Perugina.
  • Banale, forse ma l’amore è banale.
  • Amarsi non vuol dire guardarsi negli occhi ma guardare nella stessa direzione.
  • Ci siamo guardati troppo negli occhi e non abbiamo visto il resto.
  • Forse per questo è successo.
  • Lui ora va per la sua strada.
  • Forse, come la marea un giorno tornerà.

turing

Per me sono passati 130 giorni dalla fine, gli ultimi 80 di silenzio totale e comunque nei 130 giorni tre sole email. Il week-end e’ stata dura, ho sofferto della sindrome del gambero, piu’ indietro che avanti, forse perche’ non del tutto soddisfatto della vita attuale. Domani parto per l’estero. Speriamo che passi, che pian piano si vada avanti.

minimo

L’altro giorno facendo i cambi dell’armadio ho trovato dei vestiti della bimba, la cosa mi ha un po sconfortato e come da copione mi ha causato una gamberite acuta. Poi li ho presi li ho lavati ed ora li stirerò. ho un dubbio amletico…li butto o faccio una bella borsa e li mollo davanti alla porta del suo bar dove lavora? Ditemi…

Skara

Io li regalerei a qualche bambina che necessita, per fare di un dolore un piccolo gesto per altri. Un abbraccio, Pat ps: i gamberi sono buonissimi!

turing

Non so se sia facile trovare una bambina che necessita di qualche vestitino. Indipendentemente dagli oggetti in questione io li restituirei, ma non portando una borsa davanti al suo bar o a casa sua — mi sembra concedere troppo — ma spedendo un asettico pacco postale. Io ho fatto cosi’. Ogni tanto trovo ancora qualche ricordo e lo butto immediatamente via.

lucia75

eccomi di nuovo qua tranquilli, srto bene, ma volevo raccontarvi una osa.

questa volta pare che la sindrome del gambero nn abbia colpito la vittima ma il carnefice. il c……..mi ha mandato un mex “d’amore”. ennesima dimostrazione del suo egocentrismo.

sentivo il bisogno di dirvelo, a voi che mi siete stati vicini. cosa sento? un gran senso di vuoto. è normale? vi abbraccio tutti

turing

Chissa` che colpo solo a leggere il mittente del messaggio, figuriamoci poi a leggerlo visto che si tratta di un messaggio “d’amore” gamberesco!

Solo una sensazione di vuoto hai provato? Non so cosa potrei provare io, in generale credo proprio che non cambierebbe lo stato delle cose. Potrei congetturare che forse proverei una qualche sensazione di “soddisfazione”: neanche un filo di cio’ hai provato? Ciao

lucia75

un po’ di rivalsa….ma in realtà rientra nel suo narcisismo questo comportamento. ancora una volta mi sono stupita della sua mancanza di rispetto. dovrebbe sparire e vivere la sua nuova storia. per me lui è una zavorra del passato.

minimo

cara Lucia queste sono personalità “aggressive/passive” cioè dopo il male vogliono anche giocare la parte di quelli che soffrono, per darsi una dimensione a loro più congeniale.

E’ esattamente come la mia ex che prima mi umilia e poi si auto-umilia scrivendo “grazie di aver perso tempo a leggere questo sms”…sono talmente immaturi che manco a fare le m*rde fino in fondo son capaci.

Lasciamoli nel loro letame a marcire, e godiamoci la soddisfazioni del loro essere eterni bambini.

Un saluto a minimo, capisco perfettamente cosa provi mi rispecchio notevolmente in questi sbalzi d’umore e in questo turbine di pensieri….un grazie particolare và a Camilla70 la quale mi ha fatto riflettere parecchio attraverso le sue parole…hai ragione bisogna ammettere di essere ancora legati emotivamente per poterci liberare da qualsiasi legame definitivamente….essere onosti con noi stessi per poterlo essere in futuro con altri…passerà vogliocredere fermamente che sarà così…un vero sorriso tornerà sui nostri volti…un abbraccio!!

Linda

Ciao minimo, secondo me, da quello che traspare da quello che scrivi, quello che fai, ordinando tutto con i punti ben elencati come la ricetta certa per un risultato inevitabile, va bene…anzi, dimostra che non sei fermo, l’immobilità è la cosa più pericolosa…solo che ti manca, l’elemento per farsì che tutti i punti diano i loro frutti: il tempo.

Caspita minimo a che velocità vuoi arrivare??….. sembra che vuoi battere un record….non stai tornando indietro credimi….è solo che il dolore ti sta torturando a mazzate di ricordi e di sentimenti che devi ancora elaborare. Sai, io dopo un paio di mesi credevo di diventare pazza perché i ricordi, anche quelli più banali, mi arrivavano nella testa ed era impossibile reprimerli per non soffrire cosi tanto…alla fine mi sono arresa e ho capito che, come una cosa che muore, deve sfilarti davanti come un film, per poterla archiviare.

Vorrei dirti di cercare di non angosciarti con la voglia, dettata dalla fretta, di uscirne…cerca di lasciare fluire anche se ti sembra di dare fuori di testa e vedrai che è solo il modo di seguire il corso delle cose.

Un caldo abbraccio e ti capisco come se avessi scritto io il tuo elenco….ma col senno del poi posso dirti che le cose richiedono il tempo giusto. Linda

steff

Ma l accettazione del fatto che si è ancora legati sentimentalmente a questa persona, può veramente rendere più facile questo processo?

Io non so se è cosi…L unica cosa buona che funziona con me e mi rende per un pò di tempo arrabbiata e confusa è quando qualcuno mi mette in testa, urlandomi magari che io ho fatto la cosa giusta, nonostante tutto è che ho reagito per il mio bene in quel momento! Questo mi fa star bene, per un pò ovviamente…

Io devo per forza servirmi di questi momenti di un pò più di forza e convinzione ma so caro minimo che non potranno consolare, nè colmare un vuoto….forse neanche migliorare se è una tecnica usata nel tempo, ma nel futuro immediato fanno bene…E visto che le giornate ci sembrano sempre cosi lunghe, questi piccoli lassi ci servono…Un abbraccio

laura.m

Fare il gambero nella vita

A prescindere dal motivo, dalle esperienze, dal carattere …….

Guarda lo sto facendo anche io, l’importante oggi è la “consapevolezza” che a volte può capitare, che malgrado tutti i buoni propositi, malgrado gli aiuti esterni, i mille rimproveri, si può tornare di qualche passo indietro Baci Laura

minimo

devo cedere alla consapevolezza che se una cosa per noi è stata importante, è umanamente impossibile cancellarla in poco tempo…Dio solo sà quanti sforzi sto facendo per sottrarmi all’inedia, per voler a tutti i costi fare qualcosa per uscirne.

Poi basta un nulla e ti sembra di tornare indietro di settimane, ma è inevitabile…questo dolore come un chiodo penetra nel mio cuore e mi lascia distrutto ed oppresso, sò che passerà perchè la vita ci insegna che nulla è per sempre e che il nostro benessere passa anche dalla nostra volontà. Devo farcela, devo rialzarmi!

CAMILLA70

buongiorno minimo, hai contato quanti DEVO hai messo nelle tua parole? lasciare che il dolore, tutto il dolore esca e avere dei momenti di cedimento e rimpianto è normale, normale in un processo di guarigione da una ferita che ci ha fatto tanto soffrire. Smettila di dirti quello che DEVI fare, concediti il tempo della sofferenza, perchè se al dolore aggiungi anche il dolore di non riuscire a fare quello che secondo la tua immagine ideale dovresti fare,proverai ancor più rabbia e frustrazione

minimo

Grazie Camilla, forse pretendo troppo…hai ragione un mese è poco, ma ne passerà una latro e un altro ancora; un giorno sentirò di star bene e guarderò a questi giorni come un’inevitabile percorso di maturazione. Che Dio mi aiuti, e che protegga anche lei e sua figlia.

CAMILLA70

Infatti…. guarda tutte le belle cose che hai fatto fino ad ora, e sono davvero tante dal tuo elenco, e dì a te stesso che stai stato bravo e soprattutto concediti il tempo che serve.Pazienza se ci sono dei giorni no,in cui ti senti gambero, significa che in te ci sono dei sentimenti veri;assolviti e sarai più tranquillo.Affronta una cosa alla volta e la prima cosa da fare è aspettare che la ferita si rimargini; e più le ferite sono profonde più ci vuole tempo perchè si riassarbono bene.

Credo che essere su questo forum dia a tutti noi la forza in più che ci serve per passare questi momenti difficili con persone che ci capiscono e ci sostengono Un abbraccio Cri

minimo

Che palle oggi…stavo stampando dei teli per un matrimonio (ho un negozio di stampe digitali) e mi è venuta la morte nel cuore, mi è venuto a mente quando avevo fatto gli inviti per il compleanno della bambina.

Che tristezza, ma c#z*o, mi pareva di stare così bene in questi giorni…oggi ho realizzato che forse questo silenzio che sta sommergendo la nostra storia è la scelta più coerente che LEI abbia fatto.

Non gli frega proprio più niente, inutile ostinarmi a pensare che anche solo in minima parte sia dispiaciuta…è una bestia. Meglio così và…

turing

Caro minimo, scrivi proprio una cosa che sento verissima: “inutile ostinarmi a pensare che anche solo in minima parte sia dispiaciuta…”. Sento che che ostinarsi a pensare cio`, consciamente o inconsciamente, e` una delle cose che provoca piu’ dolore. Naturalmente non ho la ricetta per evitare di pensare cio`, ma come te ho la consapevolezza del male che fa.

yuki

oggi, anzi ora, mi sento in piena sindrome del gambero…

mi riempio la testa di tante belle parole, di tante belle intenzioni e convinzioni, dico che voglio essere sincera e rischiare…ma poi non so sopportare le delusioni che questo comporta.

stando soli c si può convincere di mille cose: che l’altro ci ami ancora, che muoia di nostalgia ma nn si fa vivo perchè preda dei sensi di colpa, che tra 20 anni tornerà e invecchieremo insieme, o che la forza del nostro amore lo risveglierà magicamente e diventerà il principe azzurro…ma la realtà è un’altra, e quando ci si sbatte la testa fa malissimo.

minimo

Un’altro giorno da crostaceo…stanotte l’ho sognata mi diceva “lo sai bene che la nostra storia sta per finire”, inconsciamente è una cosa che ho sempre pensato perchè davvero troppo diversi.

Serpeggia in me un vago senso di colpa, se avesi fatto di più, se quando voleva che andassi a stare da lei per un po lo avessi fatto…mah!

Dentro di me sapevo che non sarebbe stata una cosa assurda vivere con lei e la figlia, dover vivere insieme alla mia donna che dorme con sua figlia, dover evitare di chiamarla “amore” o baciarla perchè altrimenti la bambina se la prende, avere sempre le antenne alzate perchè la chiamano mille amici maschi.

Ma si dai, questo dolore è solo una fase, so di essermi liberato di qualcosa che mi opprimeva di una relazione alimentata da un amore ostinato (da parte di entrambi) ma sbagliato come sbagliata è qualsiasi cosa che ci da certe sensazioni di oppressione.Già L. è il ricordo che rende ancora più dolce anche quel che amaro è…

stelladimare

Ciao Minimo, mi spiace leggere quello che scrivi e capisco che stai male. Non perdo tempo con parole di consolazione che servono a poco.

Se solo ti serve una spinta credi che esiste per TUTTI il no-trespassing point, il punto oltre al quale non possiamo andare perchè sarebbe la follia, la pazzia o il suicidio. Arriva all’improvviso perchè matura dentro di noi lentamente insieme al dolore, alla rabbia, ai rimpianti, ma una bella mattina o una bella sera ce lo troviamo davanti e capiamo che dentro di noi si è lacerato qualcosa, che qualcosa è finito anche se non lo volevamo e che nei confronti di quella persona non potremo essere più gli stessi. Capiamo che dobbiamo fermarci anzi lo sappiamo ad istinto e da lì parte la risalita, con la stessa persona con un altra non importa ma noi pieni di cicatrici e ammaccati ci siamo in qualche modo salvati.Un abbraccio

lucia75

è tanto tempo che non scrivo, oggi, sarà il tempo bigio, sarà qualche incomprensione con persone e cose mi sento, se non proprio in crisi del gambero, almeno in crisi….

il bello è che, hai voglia a dirti che non ti devi giudicare, hai voglia l’autostima, hai voglia perdere una cosa come quella che era diventato il nostro rapporto è meglio, hai voglia a farti bella a uscire ecc… io OGGI SONO TORNATA A DARMI LA COLPA DI TUTTO…

non è masochismo…è che il mio futuro è così insicuro, precario….e se penso che non ho neanche più quell’ancora di sicurezza che era per me G. mi viene da piangere….

ma poi forse è stato questo l’errore, quello di considerarlo un’ancora invece doveva essere il mio amore e basta. Oggi mi ha assalito un pensiero orribile, e se le cose mi andassero male? se quella scommessa con quella puntata altissima che ho fatto si rivelasse fallimentare? e se avesi mandato tutto a pu–ane per nulla? HO PAURA DELLA SOLITUDINE? VORREI SOLO UN ABBRACCIO SINCERO. Sono qui sola in una città che non è mia….ho veramente paura.

minimo

…continua la mia inarrestabile staffetta al contrario, oggi sono in piena fase dei “sensi di colpa” non riesco ad essere obiettivo con me stesso; i casi sono due o rinuncio a capire o vado fino in fondo a questo nero tunnel, prima o poi la luce ci sarà. Intanto è passato un mese e mezzo dalla fine, nessun contatto c’è un silenzio tombale.

CAMILLA70

forza minimo…. qual ragioni ti spingono a provare sensi di colpa?

ohiohiohi anche io sono passato in una fase in cui mi attribuivo le colpe per la fine del mio rapporto, in cui avevo paura di perdere… ma non sapevo bene cosa, in cui mi svegliavo la notte di soprassalto e mi predeva quella tristezza infinita da fine del mondo… sono passati tanti giorni da quel periodo e col tempo capirete, che le persone per cui state soffrendo spesso non meritano tutto il vostro dolore, che le colpe sono sempre o quasi ripartite per entrambi e spesso chi soffre di più ha molte meno colpe dell’altro e soprattutto non è la fine del mondo… queste persone non sono il centro della vostra vita!

minimo

passano inesorabili ed inutili questi giorni, mi sento da schifo…vorrei solo che le cose andassero più veloci. Ti ho sognata stanotte, non mi ricordo in che contesto ma sò che anche in sogno non eri più mia.

Chissà cosa in realtà mi manca? L’abitudine? Il sentirmi “amato”? Boh! vorrei solo che quest’ansia se ne andasse via, che questo dolore che piano diventa consapevolezza che tutto è ormai perduto, presto finisse.

minimo

e oggi è un giorno di fase gambero, stamattina sono andato a fare benzina a un certo punto ho visto la macchina di sua madrina che quasi ogni mattina la porta al lavoro.Sfortuna ha voluto che al semaforo si accostassero alla mia macchina, io non mi sono girato, sono stato come un gargoyle guardando fisso innanzi. In verità non sò se era sul sedile posteriore, sò solo che il solo pensiero mi ha disintegrato. Quando finirà questo supplizio? Ormai sono quasi già 3 mesi.

stelladimare

Mamma mia Minimo ma tu proprio non riesci ad essere indulgente con te stesso?

Sei umano o cosa? Sorrido (anche se ho tanta tristezza mia dentro) davanti ai tuoi elenchi ben progettati di tutto quello che hai fatto.

Minimo in unpercorso di recupero un giorno si sorride, due giorni si piange, poi ci si riprova e si casca si ricasca ancora.

Perdonati questi tuoi cedimenti, col tempo saranno sempre meno. Io penso che il mio lui (e tu hai letto un po’ della storia) sia davvero uno stXXXXXXX fatto e finito ….eppure ancora oggi se capita un angolino nascosto mi metto a piangere. Perchè?

Perchè evidentemente testa e cuore non viaggiano allneati come le traversine del treno anche se noi lo vorremmo tanto. Un abbraccio da una brontolona

acquasalata75

mimmino io vivo come te ma sto meglio da quando ho accettato il mio dolore e nei momenti di sconforto mi lascio andare…siamo essere umani ….sono sicura che un giorno ci guarderemoindietro e penseremo:”To guarda quanto dolore ed ora??Era così semplice uscirne?” Grazie camilla per le tue parole

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LA SINDROME DI VENERE

Quando Venere fu in età di marito, cioè verso il dodicesimo anno – come allora era usanza – il padre, Zeus, volle che si sposasse con Efesto (Vulcano nella mitologia romana) che aveva sì tutte le doti di onesto e geniale lavoratore, ma era sciancato e brutto. Dopo il matrimonio, Venere intrecciò una relazione amorosa con il bel dio della guerra Ares ( Marte dei romani ) ma i due erano costretti a vedersi di nascosto, e di notte, in un palazzo di proprietà di lui. Poiché gli amanti temevano di poter essere scoperti, misero a sentinella notturna un certo Alettrione, con l’incarico di svegliarli prima del sorgere del Sole.

Ma una notte il fido Alettrione si addormentò, e Febo – il Sole – s’accorse della presenza di Venere nel palazzo di Ares. Arse di voluttà il Sole,e credette che questo fosse il primo amplesso furtivo tra Venere e Marte, e al marito subito indicò il luogo dell’incontro .

Efesto si sentì come smarrire l’anima, e lasciò cadere di mano l’opera di fabbro che stava forgiando. Poi subito cominciò a limare delle sottili catene di bronzo, tanto sottili che stami non furono mai visti così fini, neanche i fili di ragno, e li dispose con abilità intorno al letto, facendo sì che al più lieve tocco e al più piccolo peso sul letto scattassero (Ovidio – Metamorfosi).

Quando Venere rientrò a casa, a giustificazione della sua assenza notturna, disse al marito che si era recata a Corinto per fare delle compere, ma che, essendosi fatto tardi, si era fermata presso alcuni parenti. Efesto finse di credere, e le annunciò che la sera stessa si sarebbe recato a Tirinto, ove contava di trascorrere un paio di giorni. Non appena Efesto fece finta di partire, Venere mandò un messaggio a Ares per comunicargli la lieta notizia.E Ares, come tutti gli uomini, imprudentemente si recò a casa di Venere. E allora.. Lasciamolo dire ancora a Ovidio

– Come i due giacquero assieme, Venere e Marte, con quella rete di nuova invenzione e con l’arte di Efesto, ambo rimasero avvinghiati, sospesi in tenero abbraccio.

Immediatamente, Efesto spalancò le porte d’avorio e vi introdusse tutti gli dei. Stretti insieme giacevano i due in nudità.La vendetta di Efesto fu compiuta elegantemente, senza la lapidazione dell’adultera.

A Efesto bastò svergognare la moglie, Venere, però per volere di Zeus venne allontanata e inviata a Pafo, nell’isola di Cipro, affinchè meditasse sul suo comportamento.

Ma la dea, per nulla pentita e intimorita, intrecciò dopo qualche giorno di permanenza una relazione con Ermes – Mercurio dei romani – dalla quale nacque Ermafrodito, ossia il dio dal doppio sesso.

 

La storia di Venere è quella di molte donne del passato e anche dei nostri tempi: matrimonio-contratto imposto dal padre senza tenere in giusto conto il parere della figlia, conseguente relazione adulterina attuata con tutte le precauzioni che si prendono in questi casi; vendetta bene architettata dal marito, ripetizione dell’adulterio da parte della moglie per nulla pentita.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LA SINDROME DI LILITH: LA DONNA FATALE

« FAUST: ma quella chi è?

MEFISTOFELE: quella è Lilith

FAUST: Chi?

MEFISTOFELE: La prima moglie di Adamo, Sta in guardia dai suoi bei capelli Da quello splendore che solo la veste. Fai che abbia avvinto un giovane con quelli, E ce ne vuole prima che lo lasci. »

Faust – Goethe

 

Lilith è il demone femminile della religione mesopotamica associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazia, malattia e morte. Lilith compare nell’insieme di credenze dell’Ebraismo come un demone notturno, ovvero come una civetta che lancia il suo urlo nella versione della cosiddetta Bibbia di Re Giacomo. Secondo la tradizione della cabala, è il nome della prima donna creata, prima compagna di Adamo e precedente ad Eva. La sua figura, delineata nel Medioevo, risale a miti e leggende antiche della Mesopotamia. Nell’immaginario popolare ebraico è temuta come demone notturno capace di portare danno ai bambini di sesso maschile e dotata degli aspetti negativi della femminilità: adulterio, stregoneria e lussuria.

Alla fine dell’800, in parallelo alla crescente emancipazione femminile nel mondo occidentale, la figura di Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile e, rivalutata nelle religioni neopagane, viene posta a fianco di simboli come quello della grande Madre.

In tempi recenti Lilith è assurta al simbolo della femminilità schiacciata dalla prepotenza della cultura patriarcale maschilista. C’è una leggenda secondo cui Lilith fu la prima donna creata, la prima compagna data da Dio ad Adamo. Ma Dio la cacciò dal paradiso terrestre perché rifiutava di sottomettersi ad Adamo, anche in ambito sessuale, rifiutando che fosse sempre e solo lui a possederla. Una volta scacciata Lilith vagò sulla terra e generò con Satana (qui simbolo della ribellione) le passioni umane.

Potremmo dire che è affetta da Sindrome di Lilith quel tipo di donna seduttrice e fatale, che usa tali armi anche con l’intento di distruggere le figure maschili.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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AMORE PROGETTUALE O SINDROME DI PIGMALIONE

Pigmalione, era re di Cipro e anche un abilissimo scultore ma non aveva né voglia né tempo per pensare all’amore. Afrodite volle vendicarsi per questo disprezzo nei confronti dell’amore e decise di far innamorare Pigmalione, punendolo. Fece innamorare Pigmalione di una statua di avorio, che il re stesso aveva scolpito, una statua di una fanciulla molto bella. Da quel giorno il re non ebbe più pace, passava giorno e notte a contemplare la statua, a declamare il suo amore per lei, ad accarezzarla, baciarla, ma a tutte le sue attenzioni la statua restava muta, fredda e insensibile. Pigmalione supplicò tanto Afrodite affinché lo guarisse da quell’insana passione per la statua, ma la dea si divertiva molto a vedere il re spasimare per una statua d’avorio, poi però ebbe pietà e con un tocco delle sue divine mani la statua si trasformò in una giovane fanciulla che Pigmalione sposò e da cui ebbe un figlio, Pafo.

 

Come nel mito di Pigmalione, lo scultore greco che creò una statua molto bella, Galatea, ma non contento della sua bellezza voleva sempre migliorarla ulteriormente fino a volerle dare il dono della parola, così nell’amore o sindrome di Pigmalione , la persona amata non viene totalmente aprezzata per quello che è, ma per quello che diventerà. Per esempio quelle persone che si innamorano di un futuro avvocato o medico o che cercano di cambiare e/o migliorare la persona di cui sono innamorati.

Come lo scultore Pigmalione modellava la propria statua così si cerca di modellare la propria partner o il proprio partner. Ilmodellare l’altro può andare dall’abbigliamento fino agli interessi ed attitudini personali.

Questa sindrome si può sovrapporre anche alla problematica della codipendenza o della sindrome da crocerossina, in cui le persone cercano di riscattare un alcolizzato, un drogato, un violento, una prostituta…

Gli amori nati sul modello di Pigmalione spesso conducono a relazioni felici e durature. Il rischio potrebbe nascere quando il partner desidera l’uguaglianza ed inizia ad imporre la sua individualità.

Lo psicanalista Bergmann individua anche due varianti della sindrome di Pigmalione: “Un particolare tipo di amore di Pigmalione è quello in cui uno dei partner è disposto a continuare il rapporto solo se l’altro promette di sottoporsi ad analisi; oppure in cui un partner eterosessuale si lega con uno omosessuale nella convinzione che l’amore ne cambierà le tendenze sessuali.” (Anatomia dell’amore, pag.279)

Nel 1914 il mito di Pigmalione diede spunto al lavoro di George Bernard Shaw “Pygmalion” da cui fu tratto un film nel ’64 “My Fair Lady” con Audrey Hepburn nei panni di una popolana, Eliza Doolittle che, sotto la guida del prof. Higgins, con l’adeguata educazione riesce alla fine a diventare una very milady.

Nella letteratura ci sono tantissimi esempi di questo tipo. Anche Jean-Jacque Rouseau aveva espresso un desiderio simile nel libro Émile, nel quale si impegna ad educare un giovane ragazzo secondo i principi naturali della ‘bontà’.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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PERDONARE IL TRADIMENTO

Il perdono è un processo lungo durante il quale si attraversano diverse fasi, ciascuna è indispensabile per riuscire realmente a superare la frattura creata dal tradimento

Per capire come arrivare a perdonare è necessario capire cosa è veramente il perdono. Spesso, infatti, si tende a confondere il perdono con la riconciliazionema sono due atti distinti. Perdonare significa riuscire a vedere i limiti di chi ci ha ferito, ridargli una dimensione più reale, di persona con pregi e difetti, comprendere senza per questo giustificare.

E’ un atto che richiede profondo equilibrio interiore nonché l’accettazione piena di noi stessi. Comprendere e accettare i nostri difetti e le nostre fragilità ci permette di farlo poi con gli altri. Perdonare non significa dimenticare ma far sì che il passato non continui a ferirci, ricordare senza provare dolore. In quest’ottica il perdono non è qualcosa che serve a chi ci ha offeso per liberarsi delle sue responsabilità ma innanzitutto un processo per liberare noi delle conseguenze dell’offesa che abbiamo ricevuto.

Non è facile perché molto spesso crediamo di aver perdonato e non è vero. Dopo aver preso consapevolezza di ciò per perdonare un tradimento è necessario compiere una serie di passaggi. Il tradimento rappresenta una profonda ferita personale per chi lo subisce, quasi assimilabile a un vero e proprio lutto.

Quindi, nella fase iniziale della scoperta non è possibile perdonare, è come chiedere a chi ha subito un lutto di dimenticare la persona che non c’è più. E’ necessario vivere la fase emotiva del dolore e della rabbia che segue la scoperta di un tradimento. Al contempo la persona che ha tradito deve permettere allavittima del tradimento di esprimere anche con forza tutto il dolore e la rabbia che ha dentro.

Tentare da parte dell’autore del tradimento di trovare subito delle spiegazioni razionali al proprio gesto non fa altro che amplificare dolore e rabbia della vittima che non solo si sente tale ma paradossalmente anche colpevolizzata. Solo dopo che si è attenuata la fase emotiva descritta, è possibile comunicare nella coppia e chiedersi perché sia successo.

Quindi alla fase emotiva ne segue una cognitiva di consapevolezza dell’accaduto. Solo alla fine di questa fase è possibile veramente perdonare. Il perdono non potrà essere mai totale, la ferita rimane, ha bisogno di tempo per cicatrizzarsi. Ilperdono è quindi un processo lungo e doloroso e non un atto isolato

Quando è un atto isolato e prematuro, non è vero perdono ma potrebbe solo nascondere la paura di perdere il partner, anche se ha tradito o rivelare un’incapacità di prendere atto di un disagio nella coppia che ha prodotto il tradimento. Un perdono come processo emotivo e cognitivo invece può rappresentare anche un momento di crescita psico-affettiva per la coppia.

Dottor Roberto Cavaliere

“Ma si può davvero perdonare, se è vero che l’Io si mantiene vitale solo grazie al suo amor proprio, al suo orgoglio, al suo senso dell’onore? Anche quando vorremmo sinceramente perdonare, scopriamo che proprio non riusciamo, perchè il perdono non viene dall’Io. E allora forse, meglio del perdono, che probabilmente è pratica insincera, a me sembra più costruttivo percorrere il sentiero del reciproco riconoscimento , dove chi ha tradito deve reggere la tensione senza cercare di rappezzare la situazione e, con brutalità cosciente, deve al limite rifiutare di rendere conto di sé. Il rifiuto di spiegare significa da un lato non misconoscere il tradimento ma lasciarlo intatto nella sua cruda realtà, e dall’altro che la spiegazione deve venire sempre dalla parte offesa. Del resto chi, dopo essere stato tradito, sarebbe in grado di ascoltare le spiegazioni dell’altro? Lo stimolo creativo presente nel tradimento dà i suoi frutti solo se è l’individuo tradito a fare un passo avanti, dandosi da sé una spiegazione dell’accaduto. Ma per questo è necessario che il traditore non giustifichi il suo tradimento, non tenti di attenuarlo con spiegazioni razionali, perchè questa elusione di ciò che è realmente accaduto è, di tutte le offese, la più bruciante per il tradito, e allora il tradimento continua, anzi si accentua.”

Da Le cose dell’amore di Umberto Galimberti, Feltrinelli

L’AMORE SACRIFICALE: LA SINDROME DI ALCESTI

Solo gli amanti accettano di morire per altri; non solo gli uomini, ma anche le donne. E di questa mia affermazione offre agli Elleni una bella testimonianza la figlia di Pelia, Alcesti, che volle, ella sola, morire per il suo sposo, pur avendo egli padre e madre. E quella tanto li superò nell’affetto, in virtù dell’amore, da farli risultare estranei al loro figlio, e parenti solo di nome. E questo gesto da lei compiuto parve così bello non solo agli uomini, ma anche agli dei, al punto che questi, pur avendo concesso solamente a pochi uomini, fra i molti che compirono molte buone azioni, il dono di lasciar tornare l’anima dall’Ade, tuttavia lasciarono tornare la sua anima, meravigliati dalla sua azione. In questo modo anche gli dei onorarono l’impegno e la servitù al servizio dell’amore. Platone, Simposio.

 

Alcesti è una personaggio della mitologia greca, figlia di Pelia, re di Iolco, e di Anassibia. Suo padre Pelia la promise in sposa a chi sarebbe riuscito a mettere al giogo due bestie feroci.

Il re di Fere, Admeto, grazie all’aiuto di Apollo, riuscì nell’impresa e ottenne Alcesti in sposa. Il giovane, infatti, ricevette dal dio del sole un carro tirato da un leone e da un cinghiale. Apollo, una volta compiuta l’impresa, chiese ad Admeto di sacrificarsi per ricambiare l’aiuto ricevuto. Admeto chiede ai suoi genitori di sacrificarsi per lui ma loro rifiutano. Allora, Alcesti decide di sacrificarsi al posto del suo sposo.

Ancora in lutto Admeto ospita Eracle a casa sua e gli racconta la sua storia. Eracle, commosso sia dalla storia, sia dall’ospitalità che gli ha offerto il povero Admeto, decide di scendere negli Inferi, e riporta Alcesti sulla terra.

Emblema della donna ideale nella Grecia del V secolo, Alcesti è la sposa fedele e la madre affettuosa che, sopraffatta dalla passione, è disposta a sacrificare la propria vita per salvare quella del marito. Vede spegnersi la sua esistenza nel fiore della giovinezza, e si offre alla morte senza lacrime nè afflizione, non rimpiangendo il pasato nè rimproverando Admeto dell’egoistico patto con Apollo.

Il mito di Alcesti diventa una tragedia di Eurupide. Nell'”Alcesti” Euripide riesce a creare un mondo femminile idealizzato, dove la donna diventa eroina di fronte alla morte. Alcesti cede alla debolezza del marito, e con uno sconvolgente atto di fermezza, non indugia a sacrificare la propria gioia per il bene dell’uomo.

Nella tragedia d’Euripide la scena più signficativa di questo sacrificio femminile è quando Alcesti lascia la terra chiedendo al marito solo di conservare indelebile nel suo cuore il proprio ricordo e di non amare in futuro altre donne, in una scena struggente davanti al palazzo reale che marca ancor più l’evidente contrapposizione tra coraggio femminile e debolezza maschile.

La vicenda di Alcesti si risolve, come in una favola, con il classico lieto fine in cui il bene trionfa su un destino che in questo caso tanto malvagio non è, dimostrando come l’ostinata volontà di una donna possa riuscire a commuovere anche la fredda morte.

Nella realtà non è così, ma quanto donne tutt’oggi continuano ad avere una visione ‘sacrificale’ dell’amore ? Ed il lieto fine, come per Alcesti, è raro nell’amore sacrificale. Nel campo della dipendenza affettiva tale concesione dell’amore è ancora così diffusa da portarmi ad individuare una vera e propria Sindrome di Alcesti.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

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L’AUTUNNO E’ LA STAGIONE DELLA SEPARAZIONE PER TANTE COPPIE

L’autunno segue l’estate e segna il declino del bel tempo. Declino del bel tempo in tutti i sensi, anche nella coppia.

Metafora climatica a parte cerchiamo di vedere perché per tante coppie l’autunno è la stagione della separazione.

L’autunno segue l’estate e con esso un periodo di ferie estive che comporta che la coppia stia maggiormente in contatto quotidiano rispetto al resto dell’anno. Questo maggiore tempo a disposizione e la maggiore condivisione della coppia possono acuire tensioni che durante l’anno gli impegni quotidiani di entrambi i membri della coppia possono aiutare a stemperare.

Paradossalmente il maggior tempo a disposizione allontana e non unisce. Ecco quindi che si arriva in autunno ‘esasperati’ e se questa esasperazione covava già prima arriva come conseguenza la separazione.

Inoltre la decisione di separarsi potrebbe già essere precedente al periodo estivo, ma ci si concede un ulteriore tentativo di provare a recuperare la relazione, approfittando del maggiore tempo che d’estate si ha per stare insieme.Tentativo che si rivela vano.

Se sono presenti dei figli per un senso di colpa nei loro confronti, si decide di trascorrere almeno l’estate tutti insieme e rimandare all’autunno una decisione che è già stata piena.

Un ultimo fattore potrebbe essere legato che l’autunno è anche correlato a una fase depressiva e nelle fasi depressive si preferisce rimanere soli. Ciò coniugato a un profondo malessere di coppia è la goccia che fa traboccare il vaso. Quindi l’autunno come ‘stagione delle separazioni’ è solo l’anello terminale di un processo di separazione che ha attraversato tutte le stagioni.

Dottor Roberto Cavaliere

“Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza…
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero…
Quelle come me sono quelle che,
nell’autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto…

Alda Merini