SUICIDIO PER AMORE

“Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla”.
Cesare Pavese

La notizia di un suicidio per amore lascia sempre un senso di smarrimento in chi la riceve. E la domanda spontanea che ci si pone è Perchè ? La citazione riportata dello scrittore Cesare Pavese risponde in maniera netta e decisa a questa domanda.  Di seguito una serie di riflessioni sul suicidio per amore.

Innanzitutto và detto che solo in pochi casi la persona che si suicida lo decide in maniera repentina ed improvvisa. Ciò avviene solo in persone che hanno un grave disturbo psichiatrico (ad esempio depressione) o si trovano ad affrontare situazioni di vita che ritengono estreme ed insopportabili (ad esempio un’improvvisa carcerazione). Il più delle volte il suicidio è la conclusione di un vissuto interiore personale, doloroso e dilaniante, in cui frequenti sono i dubbi sul porre in essere o meno il suicidio. Questo vissuto interiore può essere descritto come una serie di passaggi che descriverò di seguito.

La morte intesa positivamente.
In un primo momento la persona che soffre per la fine di un amore comincia a prendere in considerazione l’idea di suicidarsi, non in maniera veramente intenzionale, ma come una possibile soluzione alla fine stessa dell’amore ed al proprio dolore. Il suicidio viene visto come un’ultima via di fuga da percorrere nel caso che gli eventi e la propria situazione precipitasse. Ciò da la possibilità d’iniziare ad immaginare la propria morte in maniera positiva. Non si ha più paura di essa, ma la si vede come un’”amica” che ci darà conforto e sollievo. A volte si prendono anche ad esempio suicidi celebri, che hanno rivestito un alone romantico nell’immaginario collettivo. Emblematico è l’ondata di suicidi per amore che seguì la pubblicazione del romanzo “I dolori del giovane Werther” di Goethe. Non da ultimo, anzi tutt’altro ci s’immagina come la persona che ci ha lasciato vivrà la nostra morte.

Si considerano aspetti positivi e negativi del suicidio
Successivamente, quella che è un’idea di suicidio incomincia a prendere le sembianze di una vera e propria intenzione di porre termine alla propria esistenza. Si valutano pro e contro della scelta finale ci si trova a combattere contro sentimenti opposti , fra la voglia di vivere e quella di morire, fra disperazione e speranza.

Decisione finale.
Infine, viene presa la decisione di suicidarsi. Spesso, però, anche se si è decisi e determinati, succede che all’ultimo momento l’istinto di sopravvivenza prevale e si ritorna indietro sulla propria decisione.

Due sono le principali motivazioni del suicidio per amore.

Il suicidio come “reazione” .
In questo caso la persona che pensa di suicidarsi, reagisce ad una situazione che ritiene disperata, quella di aver perso il suo unico e grande amore. Quello che è importante non è tanto l’evento in sé, ma il significato che questo assume per la persona che sta male. Perciò, può succedere che quello che agli occhi del mondo può apparire come un piccolo insuccesso, abbia un effetto devastante sull’autostima di chi vive la separazione. Una delusione d’amore diventa la prova che si ha un carattere poco amabile e che nessuno potrà mai amarci. Si può essere depressi, anche senza che ci sia stato un evento esterno scatenante. Alla base di molte depressioni c’è la mancanza d’amore : chi prende in considerazione il suicidio, sente che a nessuno importa se lui vive o muore. La persona depressa fa un bilancio totalmente negativo della sua esistenza che non offre nessun prospettiva di miglioramento : il futuro sarà orribile come il presente o anche peggio. Il suicidio appare, allora, come l’unico mezzo per porre fine alle proprie sofferenze che vengono vissute come intollerabili. Alcune volte, il suicidio può avere un fine “altruistico”: chi si toglie la vita, è sinceramente convinto di essere un fallito e di aver deluso le aspettative degli altri. E’ persuaso di essere un peso per i propri cari ed è convinto che gli altri starebbero meglio senza di lui o di lei.

Il suicidio come “vendetta”.
Spesso le persone vittime di una separazione che pensano al suicidio non si sentono amate e considerate da chi ha lasciato. Il suicidio diventa l’unico modo per essere finalmente visti e apprezzati da quest’ultimi. L’aspirante suicida è convinto che solo con un gesto estremo come quello di togliersi la vita, potrà far sì che l’altro si accorga finalmente di lui. Il suicidio diventa un modo per vendicarsi dell’indifferenza o della cattiveria dell’altro: costui sarà costretti a vivere tutta la suavita, portandosi dietro il peso insostenibile della colpa e del rimorso. Spesso, con la propria morte, il suicida vuole colpire la persona che più l’ha fatto soffrire in vita. Ma dietro alla rabbia, c’è sempre una richiesta d’amore: l’ aspirante suicida spera di ottenere con la sua morte quell’ affetto e quella considerazione che non è riuscito ad ottenere da vivo.

Il suicida non desidera realmente morire: vuole solo porre fine ad un dolore insopportabile. Ma quando si è disperati, non si vedono le cose in un modo obiettivo: si pensa che perché il passato è stato brutto e il presente è duro, il futuro sarà altrettanto solitario e privo di amore. Ma nella vita tutto può cambiare, non bisogna mai perdere la speranza. Chi pensa al suicidio vede nella morte la soluzione ai propri problemi, ma il suicidio non è la risposta.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa). Possibilità anche di effettuare consulenze via Skype o telefoniche

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

Dott. Roberto Cavaliere

TESTIMONIANZA

Salve, mi chiamo Martina, sono capitata su questo sito per caso, non so se la e-mail su cui sto scrivendo è ancora attiva o quanto siano vecchi i post che ho letto comunque voglio provare a scrivere. Dottor Cavaliere io mi sono ritrovata molto in questa pagina sul suicidio d’amore, e sono nella fase valutazione. Non è la prima volta che sto male per amore, ed è questa la cosa bella l’ho superata sempre, ho 27 anni attualmente e ora invece ho iniziato a contemplare la morte. Per le vecchie storie ho sempre pianto tutte le lacrime che potevo e mi ripetevo “tanto peggio di così non puoi stare, puoi solo andare migliorando”. Stavolta no invece, stavolta ho iniziato a contemplare la morte, a non averne paura, non l’ho ancora fatto perchè ho paura di soffrire, che qualcosa vada storto e che non muoia, o peggio rimango paralizzata, o che mi trovino e mi salvino…ho paura di soffrire nell’intermezzo, la sofferenza mi spaventa, avessi una pistola sarebbe un attimo. Certo pretendo troppo: voler morire e pretendere pure di non soffrire! Ho iniziato a tagliuzzarmi le braccia e sentivo che la lama del coltello faceva meno male del dolore che provo dentro. Ho paura di guidare, perchè più volte ho volutamente attraversato incroci chiudendo gli occhi, però poi non voglio fare del male a nessuno. voglio solo far tacere questo dolore. Che poi sono una persona che dicono “brillante” intelligente, sono stata in terapia l’anno scorso, ma quasi si era creato un transfert contrario, la mia psicologa mi guardava con una certa “ammirazione”…perchè in fondo sono un “guerriero” determinata so quello che volevo dalla vita..parlo al passato perchè io so ancora cosa voglio dalla vita..ma non appena ho compreso che per me non era importante solo quello che facevo MA CON CHI FACEVO QUELLO CHE VOLEVO FARE, tutto ha perso senso. Non c’era più l’amore della mia vita accanto, nulla ha più significato, mi devo laureare ho trovato un occasione di lavoro negli USA e parto ad ottobre (nella vita appunto posso essere anche brillante), ma non mi importa più..quel lavoro era il mio sogno ma più si avvicina la partenza e più mi sento male, il solo pensiero di mettere un oceano tra me e lui mi fa impazzire, prego che cada l’aereo!!! Che poi paradossalmente io non lo cerco, non lo vedo non mi “umilio” davanti a lui, e non lo odio, voglio solo far tacere il dolore assordante dentro di me. Le è mai capitato di sentire l’antifurto di una macchina che suona e il proprietario non si sbriga a spegnerla, quel senso di nervoso che la vorrebbe spegnere con una botta? ecco più o meno è così per me. non è vero che il tempo fa passare tutto, credo più che altro che passa se per caso mi riinnamorassi, però non voglio entrare in questo circolo vizioso di dipendenza da un affetto altrui…che poi il problema che mi ha fatto arrivare all’idea del suicidio è che lui è insostituibile ..da 4 anni ormai. Non per vanto ma sono una bella ragazza, poteri averne uno al giorno, ma la frase “sei giovane e bella ne trovi quanti ne vuoi” mi da sui nervi. Flavio, il nome del mio amore, non è in primo…ma solo l’ultimo di una lunga serie, per la prima volta con lui era cambiato qualcosa in me dopo tanti…e quindi anche se non credo nelle anime gemelle, credo che l’amore vero lo si prova solo una volta. Io lo chiamo il mio ferrari, lui è il mio ferrari e quando ti abitui al ferrari, al meglio sì sì, ci sono lamborghini maserati, ma sono solo rimpiazzi, il problema non è quanto gli altri mi possono amare, il problema è che tra un sacco di storie ho amato veramente solo 1 volta e credo che non amerò più. Attenzione, lui non è perfetto, ma lo è per me…è l’unico che mi ha fatto vedere la vita a due, la mia vita con lui è quello che volevo, per la prima volta ho pensato di voler essere madre, per la prima volta eravamo NOI prima di me. Sono stata innamorata un’altra volta, non dico che non amavo quest’altro, Antonio, anzi però veniva prima la mia carriera, venivano prima tante cose, però Antonio era d’accordo ad avere una moglie carrierista e quindi avevo pensato anche con lui al matrimonio ma mi ero data dei tempi, quando però ho scoperto che sua sorella affetta da sindrome di Down un giorno sarebbe dovuta venire a stare con noi, io non me la sono sentita…questa rivelazione di Antonio mi aveva messa davanti ad un bivio che non sono riuscita ad accettare, e ho lasciato, anche se lo amavo, avere un giorno da occuparmi di un down non ce l’avrei fatta, sono molto egoista…Però poi con Flavio mia mamma mi ha messo davanti alla stessa domanda:de flavio un giorno ti dicesse che suo fratello malato deve stare con voi che faresti? (fla non ha un fratello malato ma per ipotesi) a questa domanda non ho risposta,per flavio lo farei… Io sono convinta che esistono gradi di amore differenti, non posso dire che non amavo antonio, ma era un amore diverso da quello di flavio…e scoperto il tipo di amore di flavio, non posso più accontentrmi dell’amore di un antonio…capisce che intendo dire? A me il tempo sta facendo l’effetto contrario, più passa e più questa persona mi manca, e non è più neanche sperare che cambi idea,come le ho detto non vado a supplicare nessuno. però sto male io, è un dolore che non riesco a superare, mi sono fatta una ragione che quella storia sia finita, il problema è che vivo in depressione continua, come se mi avessero fatto scoprire una cosa bellissima e poi me l’avessero tolta… Qui faccio l’esempio del bimbo africano che ancora incontaminato dal mondo occidentale gioca e si diverte col copertone di una vecchia ruota a farlo rotolare e si diverte, poi gli viene fatta conoscere la tv e i mille mila giochi che abbiamo in occidente, ad un certo punto viene ripreso e riportato dov’era prima col suo copertone, quel bambino sarà lo stesso? non credo proprio!! Sono stata in terapia e attualmente faccio uso di entact e xanax anche per aiutarmi a studiare perchè almeno per i miei voglio portare avanti gli studi, la terapia non mi ha portato a nulla,ho pensato all’ipnosi, ad una botta in testa a quancosa che cancelli dalla mia mente quella persona…Ho deciso di dare una chance alla mia vita partendo per gli USA, ma credo che se neanche questo funzioni, l’ago della bilancia si sposterà sempre di più sulla parola morte, sono ossessionata dal modo, per ora i più quotati rimangono la pistola e buttarmi dal 10 piano, solo che la prima non ce l’ho e per la seconda mi manca l’effettivo coraggio. Poi invece ci sono le soluzioni da “film”: il taglio delle vene e i barbiturici, nel primo caso il dolore lo sopporto la speranza è che non mi salvi nessuno o che svenga e mi si rimarginano le ferite…i barbiturici..bhe qua in italia è veramente difficile riuscire a comprarne in quantità abbastanza da farti fuori, o ancora non ho trovato il sistema, però anche qui come per le droghe il problema è la dose, allora ecco che il coctail diventa la soluzione migliore, alcol cocaina, psicofarmaci… Non lo so, la mia vita quotidiana e la mia vita sentimentale viaggiano su due binari paralleli, ho scritto una tesi in fase depressiva forte ho finito l’università, ho “conquistato gli americani” nel senso che il lavoro che ho ottenuto all’inizio l’avevo rifiutato…poi ho richiamato chiedendo un’altra chanche e loro mi hanno detto ok…quindi vuol dire che non sono poi così facilmente “rimpiazzabile”. Io ho fatto diventare matti gli psicologi tanto che una soluzione infatti non l’hanno trovata, come è possibile che una persona che comunque ha una buona autostima di se, sul lato sentimentale è un disastro totale, ho seguito i consigli di impegarmi in altro e così ho fatto: ho dato 8 esami in un mese, scritto una tesi, fatto volontariato fatto sport, ma nulla, anzi la testa è sempre lì, sempre a lui, il mio primo pensiero al mattino l’ultimo la sera e nei miei sogni non ne parliamo, anche quando vado a ballare sono i mezzo agli altri c’è sempre un ritaglio di pensiero che va a lui, cerco i suoi occhi ovunque, il suo sguardo ovunque. Ormai non piango neanche più sono senza lacrime, ma non ho molta voglia di dare una chance a questa vita, anche perchè dovrei stare da sola e non voglio stare da sola, ma nello stesso tempo non posso fidarmi di nessuno, perchè io voglio un amore per sempre, io amo l’idea dell’amore, ma realmente si scontra con l’incarnazione di questa idea in una persona, in un uomo…che è solo un uomo e mi farà soffrire…come fidarmi infatti!!! come pensare lontanamente di dare fiducia a qualcun’altro, ma nello stesso tempo come stare senza amore?? Io mi vedo tra 10 anni donna in carriera, forse con un buono stipendio, che vive da sola in un appartamentino e che quando torna a casa la sera non si cucina neanche più ma che mangia da sola sul divano, gelato, cibi in scatola, o qualche avanzo dei giorni in cui mi viene l’ispirazione da chef. e questo pensiero non mi rende felice. da qui l’idea di porre fine ad una vita che non mi da più soddisfazioni, almeno non quelle che voglio…cazzo vado a lavorare in florida, e mi passi il termine, in un posto da sogno, e non sono assolutamente felice. Non lo so io spero che questa mail la legga qualcuno, anche se esattamente non so cosa voglio in cambio, perchè continuo a credere che la perdita della memoria sia la soluzione migliore,le hanno provate tutte, ma alla fine sono arrivata a pensare che sia una scelta mia, come fa un medico a convincermi che la vita è bella di darle una chanche, neanche la curiosità di dare un’opportunità a questa vita di rendermi felie mi alletta…o almeno gliela sto provando a dare, ma se anche negli USA va male vedo mentre sono lì se mi spacciano qualche barbiturico o visto che hanno il grilletto facile mi compro una pistola e mettiamo fine a tutti sti giri di parole. Vi ringrazio comunque per l’attenzione.

 

COMMENTI: un mio parente si è suicidato x amore. fui io a trovarlo senza  vita. ventidue anni. mille domande, nessuna risposta. Tu parli di una vita insostenibile senza amore. Per me amore non è solo e soltanto quello che nutro verso la persona che amo. Quello e’ il piu profondo, il piu importante e se non ci fosse mi cambierebbe la vita, ma non è il solo. Am o la terra. E’ chiamata il pianeta azzurro perchè vista dallo spazio si notano i suoi sconfinati oceani. Ti piace viaggiare? Alcuni posti incontaminati si avvicinano all’idea che ho del paradiso benché io nn creda in un’altra vita. Credo che se fosse stato interpretato diversamente questo mondo sarebbe potuto essere stupendo. L’uomo lo deturpa ogni giorno. L’umanità è crudele, è violenta. In giro si sentono delle cose atroci. C’è tanta sofferenza. Nonostante ciò, amo l’umanità. Non so, per dirti, sembrerà stupido, mi commuovo quando vedo un’atleta che vince dopo immensi sforzi una medaglia o per il matrimonio o la nascita del figlio di un amico. E’ bello fare del bene, aiutare qualcuno, scorgere negli occhi la riconoscenza delle persone. E’ bello dir di si. Mi piace il cibo, i dolci, un buon bicchiere di vino, mi piace provare piacere. E’ fantastico tornare a casa distrutti da lavoro e gettarsi nel letto. Rischio di esser retorico. Si tratta di amare la vita, non solo l’altro, non solo se stessi. E’ un qualcosa che si ha o non si ha. Difficile trasmetterlo, ancor meno insegnarlo. Credo che il suicidio, per quella che è stata la mia esperienza, sia in assoluto il gesto piu egoistico che si può immaginare. Una vita distrutta e con essa la famiglia, i genitori, le persone che ci vogliono bene. Un genitore porterà con se dei sensi di colpa infiniti. Una ferita dell’anima che non si potrà mai piu rimarginare. Una ferita per sempre. Mi rendo conto, chi scrive vede le cose da una prospettiva rovesciata, completamente diversa. Anzi, dal mio punto di vista la tua è una malattia della mente, piu subdola di tante altre, sconosciuta, imprevedibile, purtroppo per alcuni, come mio cugino, irreversibile. Chissà, spero ci si possa svegliare da un brutto sogno. Spero che tu possa scrollarti questa visione negativa che ti affligge. Spero possa liberati da questo spleen atroce che vince ogni speranza e pianta il suo nero vessillo sul tuo capo chinato. Spero tu possa esser presa dalle spalle e scossa forte, ancora, ancora fino a svegliarti per poter vedere, in mezzo a tanta sofferenza, quanta bellezza ci circonda. Spero tu possa uscire da questo inverno e svegliarti ed accorgerti della luce del sole. Lo spero di cuore. In bocca al lupo.ciao

Anch’io soffro di mal d’amore………per me la vita non ha più senso…………..penso alla morte come soluzione…..come la fine di una sofferenza che non mi lascia tregua….
ogni giorno…ogni istante penso a lei……..ero fidanzato…stavo per sposarmi…..una vita felice dal punto di vista sentimentale….poi un giorno ho scoperto che si poteva provare di più……che si poteva stare con una persona ad un livello superiore…..ho scoperto che si possono provare emozioni più intense……ho scoperto che per amore si può anche morire……. 
La sensazione che ho quando lei non c’è è come una lama che mi taglia dentro……un dolore che mi lacere il petto…..mi scoppia la testa…………mi scoppia il cuore…….
L’idea di non poterla avere mi fa desiderare di morire…….
Premetto, lei è fidanzata, mi ha dett oche non può lasciare il fidanzato perchè ha degli impegni economici con lui che nnon le permettono di fare la scelta che vuole…..poi ultimamente ha anche dei problemi dovuti alla morte del padre…..che ha lasciato un sacco di debiti……
Però prova dei forti sentimenti per me…..e anche lei soffre dlk fatto di non poter vivere una stria liberamente con me……
Io stò andamdo via di testa……non immaginavo potesse essere così…..sarò anche ripetitivo……l’avranno detto in migliaia……lei è sempre presente nei miei pensieri…..durante i lgiorno…..alla mattina quando mi sveglio….la sera quando vado a letto….in qualsiasi cosa che faccio…….lei è li……
L’idea di non poterla avere mi uccide……mi fa soffrire come mai avrei pensato di soffrire…..mi spacca il cuore……mi spacca l’anima……
Non avre imai immaginato di soffrire tanto nella vita……di soffrire in questo modo……
Niente ha senso…….niente mi sembra abbastanza……….niente mi sembra vero senza di lei…..
Sono per fino andato da una escort una volta…..non sò perchè……giuro mi sembrava di tradirla…..anche in quel momento lei era nei miei pensieri…tant’è che non ce l’ho fatta…..
Per me lei è una ragione di vita…….è la vita……
Mi manca…..non poterla avere tutta per me mi fà morire……….stò male da morire……….piango come un bambino spesso perchè l’idea che lei non c’è mi fa soffrire……..
Penso alla morte come soluzione……….come fine di una sofferenza senza limite……
Ci spero…..ogni giorno spero che possa succedere qualcosa di positivo….qualcos ache mi salvi…….ma la delusione che ho dentro è fortissima….
La voglia di vivere è poca…..di vivere senza di lei……
Spero nel futuro…….ma in un futuro insieme a lei……ma il non sapere quando…il non sapere se ci sarà un futuro con lei……mi uccide è mi fà desiderare di morire…..
Non ho in mente altro…..le persone mi di guardarmi intorno…..ma nessuna è abbastanza…….nessuna è come lei…….
Ho perso la speranza…….la speranza che la vita migliori…….
Lei è l’unica cosa che voglio….il resto sono solo particolari….per lei scalerei le montagne……….farei di tutto…………….mi da una forza e una vitalità che mai avevo sentito prima nella mia vita…….
Un suo sorriso mi fa esplodere i lcuore di felicità…..un suo bacio mi toglie il respiro dall’emozione…….
Prego ogni giorno Dio…..che possa darmi lei……che possa vivere la mia vita con lei….per sempre…………
Prego ogni giorno Dio…..che mi dia la possibilità di averla…….
Come l’ho pregato all’inizio….che lei mi amasse…..
Ho tocacto il paradiso….per qualche istante……..non avrei mai immaginato di stare così con una ragazza…….
Non avrei ma iimmaginato di provare emozioni così forti…………
Stò male…..stò male da morire…..non ho più interesse per nulla…..il lavoro….gli amici………….la vita…….
Spero ogni giorno di poter morire…….magari per un’incidente in auto…………a volte penso di scontrarmi con um camion….una sterzata e via……….ma non è giusto che qualcunaltro si faccia del male perchè io non voglio vivere………
Spero ogni giorno che Dio prenda me al posto di qualcualtro, magari un padre di famiglia……..una persona che a questo mondo p utile….serve a qualcosa……….
Io sono rimasto solo………i miei amici hanno la loro vita………la loro famiglia…………..io non posso andare a rompergli le scatole……..è giusto che stiano con i loro cari…….
Mi chiedo ogni giorno perchè debba mi debba essere successa una cosa così………..avevo la mia vita…………la mia fidanzata……..un matrimonio……….ed invece poi mi sono innamorati di un’altra…………una ragazza che non posso avere…………..o forse non adesso………ma l’attesa………il non sapere se…….il futuro m ispaventa…..il futuro senza lei non mi interessa…………
Guardo le altre ragazze cercando lei………i suoi occhi………dove vado vado spero ci sia lei………..
Io non so che senso ha tutto questo…….perchè…………….so solo che vorrei restituire la mia vita a che c’è l’ha donata………..anche se è stupido…………
Ma ho paura…….non sò come fare…………ci penso al metodo…ogni giorno…………ma ho paura………
Vorrei trovare un modo indolore…………….efficace………..che non mi lasci via di scampo e che sia semplice…………
Perchè anche il suicidio deve essere difficle………
Non ho il coraggio……sono andato per tre giorni di fila su un passaggi a livello……….a guardare i treni che passavano….mi dicevo………il prossimo è il mio……..mi butto sotto…..ma non ho mai avuto il coraggio……..
Perchè penso che tra me è lei ci sia qualcosa di speciale……..qualcos ache prima o poi non avrà la meglio………che prima o poi io e lei saremo una cosa sola…………
Ma questa speranza…….questa senzsazione và scemando ogni giorno……io tanto stò distruggendo la mia esistenza……fumo in maniera sconsiderata……..bevo più che posso…….
Perchè per me lei è tutto…………e se mi sono sbagliato…..se non è vero niente…….penso di meritare la morte perchè comunque la sola cos ache ha senso per me è lei………..e l’idea di non poterla avere mi fà solo desiderare di morire……
Voglio morire………perchè non voglio vivere senza di lei………..
Sarà stupido………ma non mi interessa il futuro…….non mi interssa se lei non ne farà parte………..
Vorrei a volte fare un salto……….svegliarmi tra un anno accanto a lei………….e se così non fosse…non vorrei svegliarmo più…….
In fondo la vita è un dono….a me dispiace per le persone che amano la propria vita e che purtroppo sono afflitte da gravi malattie per cui non la possono portare fino in fondo……..se potessi fare cambio  lo farei………..
Poi dici…….ma in fondo se muori non scoprirai mai come andrà a finire con lei……ma tutta loa sofferenza che stò provando non è facile da sostenere……….e poi rimane sempre il dubbio……..se poi non và a finire…………se poi non c’è un futuro migliore……….se poi lei non sarà il tuo futuro……….
Dio………ti prego…portami via…….prendi la mia vita e dalla a qualcuno che la ama di più…………

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

DISTACCO TOTALE

Nelle favole c’è un filtro magico che ti fa addormentare. Ti svegli e ti innamori della prima persona che vedi. È la più geniale metafora dell’amore che sia stata concepita. L’amore è cieco, inspiegabile e crudele. Ed è anche precario. Nulla di così insensato può mai durare a lungo. (Acqua di mare di Charles Simmons)

 

Il distacco totale  è la migliore strategia da  adottare nel caso in cui una relazione finisca, anche se rappresenta l’approccio più doloroso, perché tende a tagliare di netto qualsiasi contatto. Questo tipo di distacco è maggiormente utile se viene messe in atto da entrambi i componenti della coppia. Il distacco totale presuppone che non ci siano contatti di nessun genere, sia di persona che tramite  terzi o tramite email, sms, telefonate,  ecc…. Il distacco totale  è la via migliore per superare il  dolore del distacco, quando si è lasciati dal proprio partner, senza  umiliarci pregandoli di tornare sui loro passi (in realtà allontanandoli  ancora di più da noi).  Ma soprattutto il distacco totale permette di poter effettivamente iniziare il processo d’elaborazione del lutto della fine della relazione. Qualsiasi distacco di tipo parziale è come se non mettesse un punto fermo per poter rielaborare la fine di un amore.

Vediamo nel dettaglio i punti principali del distacco totale. Essi richiedono estrema determinazione e procurano ulteriore sofferenza rispetto a quella già accumulata con la fine della relazione ma sono essenziali nel superare definitivamente il proprio dolore.

  • Il distacco totale è un impegno che prendete con voi stessi e nessun altro. Se non lo portate a termine  dovete prendervela solo con voi stessi perché è una vostra scelta e nessuno vi obbliga.
  • Và effettuato con la giusta motivazione. Il distacco totale non deve essere usato come strategia al fine di far sentire all’altro la nostra mancanza e quindi rendere possibile un ritorno. In questo caso vi procurerebbe solo ulteriore dolore.
  • Effettuare un distacco totale è un impegno con sé stessi e l’interromperlo espone,conseguentemente,  solo sé stessi alle relative conseguenze. Ad esempio la/il vostro ex partner potrebbe essere seccato dal vostro riprendere un contatto perché ritenevano che aveste superato la fine della relazione. Ciò li potrebbe rafforzare ulteriormente nella loro scelta di aver dato fine alla storia.
  • Il distacco totale serve anche a mantenere una personale dignità, perché non darete mai al vostro ex la gratificazione di sapere che siete ancora  coinvolti e sconvolti dalla fine del rapporto. Questo tipo di distacco vi permetterà di non pregarli di tornare  indietro; di non dire  cose che non vorreste dire, di non fargli vedere che  state male.
  • Solitamente il distacco totale viene adottato da chi è lasciato. Ma può succedere anche il contrario, nel caso ad esempio che abbiate scoperto un  tradimento dell’altro partner e quest’ultimo vogliano tornare chiedendo perdono.  Se non siete convinti del perdono il distacco totale vi permetterà di riflettere con maggiore serenità sulla decisione da prendere.
  • Spesso si afferma che una relazione pur essendo finita da diverso tempo non ci si riesce a superare il dolore o a finire di sperare. In questo caso sono del parere che dal punto di vista psicologico la fine della relazione avviene solo nel momento in cui volenti o nolenti c’è un distacco totale. Prima di quel momento, con qualsiasi altro tipo di distacco, non si è posto ancora, psicologicamente, la parola fine.

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email: cavalierer@iltuopsicologo.it

 

barna Età: 33 Salve a tutti Sono appena uscito da una storia breve ma intensa,furono solo quattro mesi peroogni giorno sentivo crescere quest’amore e lei mi sussurrava che avrebbevoluto restare con me tutta la vita.C’era un’onda incredibile tra di noi,conil tempo libero dividevamo idee,cose,viaggi.Tutto seguiva cosi,io non mi sonomai accorto che lei avesse qualcosa dentro che le avrebbe portato poi adecidere di rompere,E cosi successe,un sabato sera mi confessa che non e’ piu sicura di continuare, che non sente piu’ lo stesso sentimento dell’inizio, che io non c’entro niente in questa decisione,lasciandomi senza parole.Dopo una settimana mi ha chiamato per bere qualcosa insieme,pero non ho voluto rispondere,francamente sono confuso,non capisco come puo’ finire un amore quando senti che la coppia e’ felice. E’ una delusione grande anche perhe’ mi e’ difficile accettarlo e pensare di non vederla piu, sono innamorato di lei e lei lo sa perfettamente. Però il distacco puo servire a farla riflettere? O dovrei gia’ metterci una pietra sopra?

COMMENTO Sì,il distacco serve.Se una persona ci promette sentimenti d’amore eterno, è brutto dirlo, ma spesso non dobbiamo illuderci troppo.L’amore eterno funziona solo su lunghi percorsi di vita, con analisi a posteriori. Se già dopo 2,3,4 mesi una persona ha dubbi sui suoi sentimenti, è un problema solo suo che dovrà risolvere soltanto lei, da sola e senza interferenze, insistenze, ma solo tanto rispetto.Se torna, dovrà a sua volta rispettare anche i nostri tempi di riacquisizione della fiducia verso lei,che sappiamo, non sono facili. Se non torna, non era amore eterno, e non era nemmeno amore, ed ha parlato a vanvera,cioè senza conoscere bene se stessa (come spesso capita!)

—————————–

Christian Età: 28 Gent.mo Dott.Cavaliere, ho letto il libro di A.Todisco “Rimedi per il mal d’amore”, consigliato nella Sua sezione libri utili. L’ho trovato molto utile ed interessante e a seguito di questa lettura ho un dubbio che vorrei porle. Dunque, circa 4 anni fa la mia ragazza mi ha tradito in quanto non accettava il fatto che fossi l’unica sua esperienza sessuale (lei è per me tutt’ora l’unica esperienza e ciò non le sta bene: più volte ha anche insistito nel dirmi di andare a letto con un’altra, ma a me non interessa in quanto sono soddisfatto di ciò che ho con lei: non sento la necessità di un confronto e anzi ho sempre visto la sua insistenza come un desiderio di sistemare i conti per pulirsi la coscienza.

La versione di lei è che la sua insistenza è per auto costruirsi una gelosia nei miei confronti, e anche che prima o poi vorrò provare altro anch’io, e ciò la preoccupa). L’esistenza di un amante l’ho scoperta casualmente e a seguito di mie riflessioni sono arrivato a capire che si era concessa: ho quindi voluto che me ne parlasse (ritengo oggi un grande errore!!!) per toglierle il fardello che aveva sperando che in questo mio gesto avrebbe ammirato la mia vicinanza e comprensione. Ma così non è stato: mi sono sentito svuotato dentro nel sentirla raccontare i particolari del suo incontro e confesso che ho desiderato di porre fine definitivamente alla mia sofferenza, ma ho superato questo pensiero convinto che una volta vissuto/provato il confronto di cui aveva bisogno sarebbe stata mia per sempre (ora sò che tutto questo è illusorio e errato!). Fino a quel momento la relazione che durava da 7 anni (almeno dal mio punto divista) andava bene: ero sereno e tranquillo nello stare con lei.

Dopo il tradimento non è più stato così: sono diventato possessivo, geloso, insicuro…dipendente da lei. Ho vissuto dandole tutto me stesso, ma ora sò che il fine di questa mia generosità/altruismo era solo per controllarla e frenarla da qualsiasi situazione che ritenessi pericolosa (e cioè praticamente tutto). Qualsiasi cosa facesse senza la mia presenza la vivevo come un rischio e ne risultavo offeso in quanto lo vivevo come un’esclusione. Qualche mese fa mi ha lasciato e la mia reazione è stata evidentemente come quella di un bambino: non l’accettavo, non trovavo ragioni, non capivo come potesse lasciarmi dopo tutto quello che avevo fatto per lei, ho pianto e mi sono disperato davanti a lei; l’ho addirittura pregata di non lasciarmi (non ho amicizie ne compagnie: solo lei e perdendola mi sentivo perso, solo). Nella sofferenza e depressione ho cominciato a pensare che avesse un’altro, anche se lei ha sostenuto e continua a sostenere che non c’è nessuno e che non è un’altra relazione che cerca (in realtà penso che le ero d’impiccio per la sua nuova carriera lavorativa, e che quest’ultima le ha dato la forza per staccarsi da me: lei è cresciuta e io no! Inoltre, onestamente parlando, se in questo perido di distacco avesse avuto altre relazioni… non lo ritengo importante: se voleva era sua libertà e diritto). Grazie alla lettura sopracitata, penso di aver capito che (quasi interamente)le cause della rottura siano mie, per il mio errato comportamento, la mia immaturità, il complesso di Edipo non superato e risvegliato dal suo tradimento(può essere corretta la mia interpretazione?). Ho compreso la mia immaturità (mi sento veramente infantile in tutto quello che ho fatto per tenerla legata ame!), il perchè dei miei comportamenti assillanti, l’importanza del “posso vivere con te e senza di te”. Ho capito che bisogna lasciar vivere la propria compagna e non cercare di metterla sotto la “campana di vetro”. Ho forse trovato il sentiero giusto da percorrere ma non sono ancora arrivato al traguardo! E in verità non so come fare per raggiungerlo! Sono orgoglioso di lei, dei suoi successi sul lavoro. Ha trovato anche una compagnia con la quale riesce a divertirsi, un amico con cui confidarsi, e sono contento che ha una vita sociale (cosa che ci eravamo privati). Sostanzialmente ha trovato una vita che la fa vivere e la realizza (con me era in stallo e in gabbia, e viceversa!). Oltre ad essere felice e contento per lei… purtroppo ne sono invidioso perchè è tutto quello che vorrei anch’io ma che non riesco a “trovare”, e questo mi fa soffrire… mi dà ansia (oltretutto è determinata a tenermi escluso da questo suo mondo, e in un certo senso posso capirlo in questa situazione)! Quello che vorrei è poter continuare con lei alla luce delle mie scoperte (perchè sò che è una persona che vale!)! Il suo abbandono, che prima vedevo come un tradimento un’offesa, ora lo vivo come l’opportunità per crescere:ero un bambino ed è una condizione che non voglio più! Voglio lasciarla vivere ma starle accanto, non più per controllarla ma per amarla e farmi amare in modo sano e naturale, accettando che lei ha una sua vita, che io ne ho una mia (in costruzione), e vivere il presente senza più guardare al passato o al futuro. Però non mi sento pronto: ogni volta che mi nasconde qualcosa ne soffro (e lo fa, presumo, per evitare le mie reazioni gelose che devo dimostrarle non voglio più riproporre). Ogni volta che mi racconta di sue nuove possibilità/esperienze, dovrei esserne solamente felice… ma ne soffro per l’invidia di non poterle fare anch’io. Penso di aver bisogno di tempo, ma per contro che dovrei starle accanto per il piacere della sua copagnia e per dimostrarle di non essere più la persona che le ho offerto negli ultimi 4 anni. Che fare? Prendendo tempo ho paura che cercherà/cadrà nelle braccia di qualcun altro, e che quando mi sentirò pronto sarà troppo tardi per riaverla. Rifrequentandola ho paura di non aver maturato ancora il distacco necessario a completare il mio percorso di crescita e che quindi ne soffrirò. Giorni fa le ho scritto una lettera in cui riconosco i miei errori (primo tra tutti una possessività ossessiva) e la mia volontà a lasciarla vivere, ma anche di tentare di ricostruire la nostra relazione (la mia posizione è che ho sbagliato e l’ho allontanata: se non fossi stato così immaturo… forse sarebbe ancora con me, e vorrei scoprire se c’è ancora un percorso comune, sereno da poter affrontare/vivere insieme nelle nuove condizioni di oggi). Lei è rimasta colpita da quanto le ho scritto e ha accettato di riprendere a frequentarci amichevolmente per vedere se può rinascere qualcosa con l’obiettivo appunto di continuare assieme. Ho tralasciato di dire che le sue frasi da quando mi ha lasciato sono di non amarmi più, di non provare più nulla se non affetto, che mi vede come un padre/la sua coscienza. Ma io credo che i suoi sentimenti ci siano ancora: vanno solo risvegliati dimostrandole di essere un uomo e non più un bambino nè tantomeno un padre, che posso “camminare solo” e lasciarla libera di vivere. Nell’attuale situazione di single sto imparando a non legarmi più assillantemente ad alcun oggetto, a superare le mie paure, le mie insicurezze, la mia invidia. Allo stesso tempo vorrei ricostruire una relazione con lei in modo sano e maturo, ma ogni volta che la vedo/sento ne sto male. Il mio dubbio quindi è: la mia crescita è necessariamente possibile solo lontano da lei? Si può superare una dipendenza affettiva e continuare con la persona della quale si dipendeva o non è cosa possibile risollevarsi e riprendere il rapporto sano che c’era in principio? E’ un errore/illusione narcisistica cercarla/volerla ancora? La ringrazio, Christian.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LE COMPONENTI DELL’AMORE

“(…) l’amore è costituito da tre componenti fondamentali:

  • l’impegno, l’insieme di conoscenze, affetti e comportamenti che segnalano la disposizione dell’individuo a proseguire un determinato rapporto
  • l’intimità, un processo che induce l’avvicinamento e l’esplorazione delle affinità e delle differenze fra due persone e che comporta l’espressione di emozioni o vario genere ed intensità, dalla passione alla rabbia, per cui implica necessariamente confidenza, fiducia, complicità,
  • la coesione, il grado di condivisione e di vicinanza vissute nel rapporto, che scaturisce dall’intimità e dalla convergenza degli interessi individuali”

“La psicologia dell’amore” – Sternberg Robert J. Barnes Michael L. (Bompiani Editore)

 

Sternberg , Professore di psicologia a Jale, in seguito ad alcune sue ricerche, ha formulato un concetto di amore completo, sulla base delle tre componenti fondamentali che ho riportato in apertura.

Da questa teorizzazione e dalla combinazione delle tre diversi componenti, derivano otto possibili tipi di relazione.

  • ” L’assenza di amore “: tutte e tre le componenti mancano; è la situazione della grande maggioranza delle nostre relazioni personali, casuali o funzionali.
  • ” La simpatia “. Presente solo l’intimità , si può parlare con una persona, parlare di noi, ci si riferisce ai sentimenti che si provano in una autentica amicizia e comporta cose come la vicinanza, il calore umano (ma non i sentimenti forti della passione e dell’impegno).
  • ” L’infatuazione “: Presente solo la passione . Quell’amore a prima vista che può nascere all’istante e svanire con la stessa rapidità. Vi interviene una intensa eccitazione fisiologica, ma senza intimità o impegno . La passione è come una droga, rapida a svilupparsi e rapida a spegnersi, brucia alla svelta e dopo un po’ non fa più l’effetto che si voleva: ci si abitua, arriva l’assuefazione.
  • ” L’amore vuoto ” l’impegno è privo di intimità e di passione : tutto quello che rimane è l’impegno a restare insieme. Un rapporto stagnante che si osserva talora in certe coppie sposate da molti anni: un tempo c’era l’intimità, ma ormai non si parlano più; c’era la passione, ma anche quella si è spenta da un pezzo.
  • ” L’amore romantico ” combinazione di intimità e di passione (tipo Giulietta e Romeo). Più di una infatuazione, è vicinanza e simpatia, con l’aggiunta dell’attrazione fisica e dell’eccitazione, ma senza l’impegno, come un’avventura estiva che si sa che finisce.
  • ” Amore fatuo “: passione e l’impegno, ma senza intimità . E’ l’amore da fotoromanzo: i due si incontrano, dopo una settimana sono fidanzati, e dopo un mese si sposano. S’impegnano reciprocamente in base all’attrazione fisica., ma dato che l’intimità ha bisogno di tempo per svilupparsi, manca il nucleo emotivo su cui può reggersi l’impegno. E’ un tipo d’amore che di solito non dà buon esito nel lungo periodo.
  • ” Sodalizio d’amore “:intimità e impegno reciproco, ma senza passione . E’ come un’amicizia destinata a durare nel tempo. Quel tipo di amore che spesso si osserva nei matrimoni dove l’attrazione fisica è scomparsa.
  • ” Amore perfetto o completo“: tutti e tre gli elementi sono presenti in una relazione.Raggiungere un perfetto amore, dice quest’autore, è come cercare di perdere un po’ di peso, difficile ma non impossibile; la cosa davvero ardua è mantenere il peso forma una volta che ci si è arrivati o tenere in vita un amore completo quando lo si è raggiunto. E’ un compito aperto, non una tappa raggiunta una volta per tutte. In questa visione, l’indice più valido per predire la felicità di una relazione è dato dalla consonanza tra triangolo ideale passivo (i sentimenti che si desiderano dall’altro) e il triangolo percepito (i sentimenti che si presuppongono dall’altro). La relazione tende a finir male se non c’è corrispondenza tra quello che si vuole dall’altro e quello che si pensa di riceverne: chiunque ha amato senza essere ricambiato altrettanto, sa quanto può essere frustrante. Alle volte si potrebbe consigliare di ridurre le proprie aspettative e diminuire il proprio coinvolgimento: ma è un consiglio difficile da seguire. In USA metà dei matrimoni finiscono in divorzio e anche chi non divorzia non è detto che viva in una coppia molto felice. La gente è davvero così stupida da fare sempre la scelta sbagliata? Probabilmente no: il fatto è che sceglie troppo spesso in base a quello che conta di più nell’immediato. Ma quello che conta nel lungo periodo è diverso: i fattori che contano cambiano, cambiano le persone e cambiano le relazioni.

Nella ricerca fatta sui fattori che tendono a diventare più importanti con l’andare del tempo, si sono rilevati questi tre:

  • la disponibilità a cambiare in funzione delle esigenze dell’altro
  • la disponibilità ad accettare le sue imperfezioni
  • la comunanza di valori, specie quelli religiosi.

Queste sono cose che è difficile giudicare all’inizio di una relazione: l’idea che l’amore vinca tutti gli ostacoli è molto romantica, ma poco reale. Quando si devono prendere delle decisioni, quando arrivano i figli e si devono fare alcune scelte, una cosa che sembrava poco importante, lo diventa. Altri fattori invece nel lungo periodo diventano secondari: come l’idea che l’altro sia “interessante” (all’inizio c’è il timore che se cala l’interesse la relazione svanisce). In realtà quasi tutto tende a diminuire col tempo (nelle coppie studiate statisticamente): calano la capacità di comunicare, l’attrazione fisica, il piacere di stare insieme, gli interessi in comune, la capacità di ascoltare, il rispetto reciproco, il trasporto romantico… può essere deprimente, ma è importante fin dall’inizio sapere che cosa aspettarsi col tempo, avere aspettative realistiche circa quello che si potrà ottenere e quello che finirà con l’essere più importante a lungo andare.

Sternberg propone un ultimo triangolo: quello dell’azione. Ad ogni componente dell’amore corrispondono delle azioni e non solo pensieri:

  • La passione richiederà il contatto fisico, la sessualità, la varietà e non la monotonia dei comportamenti sessuali.
  • L’ intimità richiederà la comunicazione dei propri sentimenti interiori, l’offerta del sostegno emotivo, la condivisione del proprio tempo e delle proprie cose.
  • ‘impegno, infine, comporterà il fidanzamento, il matrimonio, la fedeltà, la capacità di superare i momenti difficili, la capacità di trovare un valido compromesso nelle diverse legittime esigenze ed aspirazioni.

E’ importante esprimere l’amore nei comportamenti perché il modo in cui ci comportiamo plasma i nostri modi di pensare e di sentire, forse non meno di quanto ciò che pensiamo e proviamo plasma le nostre azioni (se non agisci come pensi, finirai per pensare come agisci). Inoltre certe azioni portano ad altre azioni: le espressioni d’amore dell’uno influiscono su ciò che l’altro pensa di lui (sui sentimenti e sui comportamenti dell’altro nei suoi confronti) dando luogo così ad una serie di azioni che si rinforzano a vicenda.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

IL RESTO E’ NELLE NOSTRE MANI

Tratto dalla discussione del forum “….il resto è nelle nostre mani….” (forum “fine di un amore”)

Autore: Dana

Sezione: Messaggi di Speranza

Selezione a cura di Carlotta Onali

 

Ciao amici miei,
ogni tanto sento la voglia di scrivervi, non so bene perché e, a volte, non so neanche bene cosa… Così, spesso, decido di lasciar perdere e mi limito a leggervi. Ma oggi no. Oggi ho il cuore in subbuglio e, anche se mi appresto a scrivere in modo sconclusionato, ho deciso di non reprimere quest’impulso e lasciare che le mie dita si muovano su questa tastiera sull’onda dell’emozione più che del pensiero.

Sono innamorata. Ecco. L’ho detto. Semplice e conciso. L’amore ha bussato di nuovo alla mia porta. Ed è magnifico…

Conosci un ragazzo, inizi a parlarci, a frequentarlo, il rapporto si stringe, diventa un’amicizia “molto speciale” (cerchi di chiamarla così…o almeno ci provi) e poi….e poi non te lo sai spiegare perché le regole dell’attrazione funzionano in maniera a noi sconosciuta, ma smetti di pensare a lui come all’amico speciale. Non sai bene come e quando è successo, sai solo che ora lui è la prima persona a cui pensi al mattino e l’ultima che ti accompagna mentre sei lì lì per abbandonarti al sonno.

Iniziare una storia è una bella sensazione. E’ sempre così…beh, sì dai…altrimenti non la inizieresti proprio… Ma scoprirsi innamorati è un colpo al cuore. Sarà che l’ultima volta che mi sono sentita così avevo 17 anni…ma avevo dimenticato cosa volesse dire il passaggio dal “mi piace” al “sono innamorata di lui”…cosa volesse dire ammetterlo a sé stessi…..ma soprattutto dirlo A LUI.
Fare uscire quelle parole dopo che per giorni hanno vagato tra la mente e il cuore, provocando strane fitte allo stomaco…è stato un momento che non dimenticherò mai.

Stavolta è successo ad un’età e dopo la fine di un’esperienza che mi hanno consentito di vedere le cose in un’ottica diversa. Più consapevole. Ho detto per la prima volta “ti amo” da adolescente… quando pensavo ingenuamente che ogni cotta era amore. Poi con quel ragazzo sono stata 11 anni. Non so se quel primo “ti amo” fosse la misura dei miei reali sentimenti di allora. So solo che negli anni il sentimento è cresciuto e si è consolidato e che quelle due parole hanno avuto un senso per molto molto tempo. Poi quella storia è finita e per un attimo ho persino pensato che, se è vero che l’Amore, quello con la A maiuscola, è così raro, se è vero che lo provi una volta, se ti va bene, e che a qualcuno non è dato di provarlo mai…beh, per un attimo ho pensato che allora mi ero giocata la mia occasione….che il destino non mi avrebbe concesso una seconda possibilità. Perché avrebbe dovuto?

Questi pensieri li ho condivisi un po’ con voi quando sono approdata su questo forum e mai avrei pensato che dopo 7 mesi avrei potuto scrivere un post come quello che sto scrivendo oggi.
Perché vi dico tutto questo? Principalmente perché ho voglia di condividermi, e poi perché tra le righe dei messaggi che leggo si nasconde troppo spesso una mancanza di fiducia nel domani. Mancanza di fiducia che mi apparteneva qualche mese fa e che, ricordo bene, era una delle principali fonti di sofferenza.

La fine della mia relazione, alla luce delle riflessioni che ne sono seguite, era imminente e inevitabile. Non me n’ero accorta perché ero “distratta” dalla convinzione che dopo 11 anni i giochi erano fatti. Avevo trovato il vero amore, avevo un progetto di vita, avevo delle ambizioni, avevo delle certezze. Certezze che qualunque cosa potesse succedere il nostro essere “una coppia” non sarebbe mai stato messo in discussione. Quanto mi sbagliavo… E non lo dico con rimpianto o rammarico. Lo dico semplicemente constatando che nulla viene da sé, nulla è immutabile, nulla è prevedibile, nulla è immune…La mia sofferenza di allora, l’ho compreso più tardi, era legata, sì, alla perdita dell’uomo che amavo…ma soprattutto al fallimento di un progetto, al fatto che ero impreparata a veder cambiare il mio mondo, la mia certissima e rassicurante realtà.
Ecco il perché dei miei tentativi estenuanti di recupero… Ma poi mi sono arresa all’evidenza dei fatti: non si può costringere qualcuno ad amarci. Nel momento stesso in cui ho capito che dovevo andare avanti con la mia vita ho smesso di pensare alla possibilità di un suo ritorno e cominciato a pensare al come e al perché eravamo arrivati a quel punto, per poter ricominciare la mia vita con una nuova consapevolezza….per poter fare tesoro dell’esperienza e dare un senso a tutto quel dolore.
Risultato? Tutta colpa mia come voleva farmi credere? No. Responsabilità condivise. Ognuno ha fatto il suo e le cose sono andate così. Amen. L’importante è imparare dai propri errori.

Un’amica mi ha detto: “l’atto d’amore più grande che ha fatto nei tuoi confronti è stato lasciarti. Con lui vivevi al di sotto delle tue potenzialità”. Sul momento ci sono rimasta di sasso. Poi dal nulla, quando meno me l’aspettavo, la vita mi ha regalato qualcosa per cui essere di nuovo felice…e pensando a tante lacrime versate, l’unica cosa che mi viene da fare ora è sorridere. Ho smesso di aspettare il suo ritorno e questo mi ha permesso di vedere al di là del mio naso quello che di bello stava per succedere. Gli sono andata incontro, sono andata incontro alla vita, e ora sono felice. Ora le parole della mia amica suonano chiare, cristalline. Ho recuperato me stessa e mi sto esprimendo senza vincoli avendo di fronte una persona che non fa altro che accogliermi e donarsi.

Si chiama amore? Non so, probabilmente lo è…..io l’ho chiamato così. Ma dare un’etichetta a quello che provo è l’ultima cosa che mi interessa. E’ sicuramente libertà, è condivisione, è supporto, è emozione, è attrazione, è fiducia, è impegno, è speranza, è amicizia, è vicinanza, è contatto, è promessa….è VITA!!!

Volevo condividere tutto questo con voi, miei compagni di viaggio, perché, al di là dell’ormai acquisita consapevolezza che niente va dato per scontato, l’altra lezione che ho imparato da quello che mi è successo è che solo alla morte non c’è rimedio. IL RESTO E’ NELLE NOSTRE MANI.

Un abbraccio sincero

Dana

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

SINTOMI PSICO-FISICI DELLA FINE DI UN AMORE

«La fine dell’amore porta con sé un aumento della rabbia e dell’aggressività dirette ora contro l’amante che li ha abbandonati, ora contro il Sé. Si ha l’impressione che in precedenza l’odio fosse trattenuto dall’amore, ma che ora le chiuse dell’odio e della depressione minaccino di schiacciare la persona colpita dal lutto». Martin S. Bergmann “Anatomia dell’ amore” (Einaudi, Torino, 1992)

 

Diversi studi psicologici sono stati condotti per cercare di capire quali sono le reazioni psicologiche degli esseri umani alla fine di un amore o di una relazione . Tra i sintomi più frequentemente mostrati da chi subisce un abbandono o una separazione ci sono l’ insonnia e la depressione, ma anche l’ abuso di alcol e psicofarmaci, la perdita di peso, l’ insorgenza di malattie fisiche, come se l’ organismo fosse in qualche modo debilitato dalla perdita dell’ oggetto d’ amore.

Fra le varie ricerche condotte in tal senso segnalo, di seguito quella di un gruppo di ricercatori inglesi guidati dal professore Man Cheng del dipartimento di Psicologia dell’Università di Playmouth in Gran Bretagna. “La nostra idea iniziale – spiegano i ricercatori autori della ricerca – era quella di investigare sull’ ipotesi che sintomi del disturbo post-traumatico da stress possano essere presenti anche in persone che hanno subito eventi stressanti diversi dai disastri tecnologici o naturali, dagli incidenti e dalle aggressioni. Ambito della ricerca è stato quello dei rapporti d’ amore che si chiudono. Lo studio è stato realizzato su 60 studenti dall’ età media 22 anni, che sono stati reclutati attraverso annunci lasciati in università. I giovani presentatisi avevano interrotto una relazione affettiva in media da circa sei mesi e la durata media delle relazioni era stata di 20 mesi».

I QUESTIONARI Il professor Chung e i suoi collaboratori hanno sottoposto diversi questionari a questi giovani, con l’ intento di arrivare a misurare alcuni aspetti della loro risposta psicologica all’ interruzione del rapporto d’ amore, questionari come l’ Impact of Event Scale che misura i comportamenti di evitamento e il ripresentarsi intrusivo di pensieri relativi al partner, e il General Health Questionnaire, che valuta la presenza di sintomi di tipo psichiatrico. «I risultati dello studio hanno confermato l’ esistenza di stress in persone che hanno sperimentato una rottura affettiva – dice Chung. «Il 72% del campione ha avuto alti punteggi all’ Impact of Event Scale, ed è emersa una relazione significativa tra i pensieri intrusivi, il comportamento di evitamento e le condizioni di salute».

ANSIA E DEPRESSIONE Queste conseguenze psicologiche si sono sviluppate in giovani che avevano avuto relazioni tutto sommato molto brevi, un elemento che lascia intendere quanto devastanti possano essere le conseguenze psicologiche della fine di una storia d’ amore durata molti anni. Dagli studi realizzati negli anni precedenti si sapeva anche che alla fine dell’ amore è associato un elevato rischio di sviluppare uno stato depressivo, ma lo studio di Chung non ha confermato il dato. Più che dalla depressione i ragazzi sembravano tormentati dall’ ansia, ma anche questa deve essere una caratteristica tipica della loro giovane età. A 20 anni si ha la consapevolezza dell’ alta probabilità di aprire entro breve una nuova relazione, esattamente il contrario di quello che avviene a chi è avanti negli anni. I ragazzi studiati dal professor Chung avevano dallo loro parte la speranza, il miglior vaccino nei confronti della depressione. Infine, come il buon senso già sa da tempo, gli psicologi oggi riconoscono che altri fattori possono incidere sulla profondità della ferita affettiva inferta da un partner che se ne va, come la durata della relazione e la sua intensità, la facilità con la quale si riesce a trovare un altro partner, e anche il ruolo attivo o passivo giocato nella risoluzione di un rapporto d’ amore. Come sempre, chi subisce è colui che impiega più tempo a far rimarginare le sue ferite psicologiche.

Inoltre il professor Chung afferma: «Ad esempio, le donne divorziate tendono a provare più facilmente depressione rispetto alle donne sposate. Le divorziate facilmente si accusano di essere state responsabili per la rottura del matrimonio, – sostiene l’ esperto – si sentono sole e tristi, si preoccupano in maniera esagerata e si sentono molto più prive di speranza rispetto a quelle che sono sposate». «Altre risposte psicologiche conseguenti alla fine di un rapporto – ricorda il professor Chung – sono: paura, rabbia, astio, sensazione di essere respinti, autocommiserazione, sensazione di vuoto, abbassamento del proprio livello di autostima e, talvolta, sensazione di essere perduti».

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

LA SEPARAZIONE PSICOLOGICA

Il processo di separazione che segue la fine di un amore, di una relazione, di un matrimonio consta di due separazioni differenti: reale e psicologica.

La separazione reale coincide con l’effettiva separazione fisica. Vale a dire che i due membri della coppia insieme o, purtroppo, unilateralmente il più delle volte, decidono di non vivere e frequentarsi più. Questa separazione reale è importante perché la coppia potrebbe anche decidere di continuare a vivere insieme da ‘separati in casa’ ma non possiamo parlare in questo caso di vera e propria separazione.

Ancora più importante è la separazione psicologica. Può essere anche avvenuta da qualche tempo la separazione reale ma uno dei due o talvolta anche entrambi, possono continuare a rimanere legato all’altro anche a distanza di tempo. Finché non avviene la separazione psicologica non ci si è effettivamente separati dall’altro e, conseguentemente, non si è pronti neanche a entrare in una nuova storia.

Perché avvenga la separazione psicologica è necessario un processo individuale che deve attraversare diverse fasi prima che quest’ultima sia ultimata. Non c’è nessuna scorciatoia e bisogna elaborare tutte 
le fasi per poter finalmente scrivere la parola “fine” alla vecchia relazione e ritornare di nuovo ad amare e vivere.

Le fasi per realizzare la separazione psicologica sono le seguenti:


1) Affrontare i forti sentimenti e le emozioni generati dalla separazione attraverso: 
– Espressione della delusione

– Espressione della rabbia

– Espressione del vissuto di fallimento

– Espressione del perdono verso se stessi

– Espressione del perdono verso l’altra persona.


2) Ricapitolare la relazione di coppia andando alla ricerca delle motivazioni profonde della separazione 

3) Scoprire i processi di crescita avvenuti nella relazione, che ora sono bloccati.

4) Accettare gli elementi positivi della relazione

5)Ridefinire la realtà, gli obiettivi della propria vita, gestire il futuro prossimo.

Il rimanere bloccato in una di queste diverse fasi non permette di portare a termine il processo di separazione psicologica. Più si rimane bloccati in una fase iniziale più si continua a rimanere legati all’altra persona.

Potremmo dire che non basta solo separasi con la testa ma bisogna separarsi soprattutto con il cuore.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

SUPERARE LA FINE DI UN AMORE

RIFLESSIONI SULLA FINE DI UN AMORE (Anonimo)

Io ancora non ho superato tutto . . . è passato appena un mese . . . ma mi sento molto meglio perchè al contrario delle altre volte sto’cercando di viverla nel modo migliore possibile . . quello di osservare bene il dolore che provo, il senso del possesso perduto. . . senza alcuna voglia che tutto finisca presto, non perchè sono masochista. . . ma perchè sono stanco di cercare di fuggire dal dolore . . .perchè sò che in questo modo dura di più . . .

Appena mi ha lasciato ho scritto questo, solo per me: farfalle notturne attratte incessantemente da fiamme che bruciano le ali… come un tossico in cerca di dosi… il sollievo è troppo breve e l’astinenza, puntuale torna sempre più pesante . . un’altra dipendenza da sfidare . . come il vortice di un remo nell ‘ acqua, cosi’ vorro’ mandar via la speranza . . che è l ‘unica cosa che mi abbatte . . piu’ del bruciore di un possesso perduto . . piu’ di ogni goccia che scende dallo sguardo . . piu’ dei mostri della notte . . e dei fantasmi del risveglio . . e ancora : piu’ della paura delle strade divergenti . .la speranza abbatte muri e difese , la speranza coccola , tranquillizza, indebolisce e ogni volta spiana la strada al dolore cattivo, quello dell’autocommiserazione e dell ‘ orgoglio ferito .. . della dignita’ mancata.. il dolore buono è qui’ , ora , nel profumo di tutto cio’ che rifiorisce . . nella chiassosa allegria degli uccelli . . e nelle voci gioioseche giungono dall ‘ altra riva .

Il dolore buono e solitario , silenzioso e non si racconta a nessuno , è l’energia sufficiente a sgretolare la speranza , è la consapevolezza di aver avuto quattro occhi . . che non vedevano per uno . . di aver parlato urlando con 2 voci , non essendo neppure sentiti . . ora appare cosi’ la figura di quell ‘ essere che ho voluto con tutto il cuore . .e che per sempre se ne è andato . . e volo alto , perchè ho capito che vale piu’ una fase di tristezza tenera e sincera, che l’oblio di una vita infelice . .perchè la tristezza riempie solo per svuotare . . . e svuota . . solo per riempire ancora , la coppa del nettare della gioia . .

meglio un dolore che urla , che una ferita sempre aperta .

 

“Un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla” . Questa struggente frase di C. Pavese sintetizza bene la condizione in cui ci si ritrova per la fine di un amore. Tale condizione è tanto più grande quanto più lacerante è la riflessione sulla fine di un amore. Riflessione che per attribuzione di sensi di colpa, volomtà di autopunirsi per quello che è successo, perdita di fiducia e stima verso sè e gli altri, può portare a veri e propri stati depressivi. Diventa quindi necessario effettuare un percorso per il superamento di questa fine.

Innanzitutto bisogna accettare che l’amore è finito e che nel finire ci ha completamente disarmati, come nella frase di Pavese. Senza un’accettazione di ciò qualsiasi percorso è inutile. Sembra scontato ciò, ma non lo è. All’inizio, sopratutto se la fine sopraggiunge in maniera improvvisa ed imprevista, si tende a negare il tutto o quanto meno a minimizzare. Si ritiene che l’altro ritornerà, che ha confuso qualche suo dubbio o quant’altro come mancanza d’amore.

Dopo che si è arrivati ad accettare che l’amore è realmente finito, si sprofonda in un cupo, lacerante dolore. Bisogna allora concedersi un periodo di lutto . In questo periodo che può durare giorni o settimane ed a volte mesi, và cacciato fuori tutto il nostro dolore. Bisogna piangere tutte le lacrime di questo mondo. Ci si può far affiancare in questo periodo da una persona a noi cara che prestandoci semplicemente ascolto, raccogliendo il nostro dolore, ci allevierà un pò la sofferenza. Và espressa anche tutta la rabbia che si ha dentro. Vanno anallizzati eventuali sensi di colpa che si provono.

Serve un distacco totale dalla persona che ci ha lasciato. Spesso, per soffrire di meno, si tende a mantenere una minimo di relazione, di tipo amicale, con l’altro. Ci si illude che così il dolore sara meno lacerante, mentre non si fà altro che prolungare l’agonia. Inoltre quest’atteggiamento nasconde la speranza, spesso inconscia, che l’amore possa ritornare. Quindi, prima che si possa riprendere un rapporto anche minimamente formale con l’altro, occorre tempo.

Come suggeriva già Ovidio nel suo trattato Remedia Amoris, evitare luoghi e situazioni della relazione finita. Spesso, si tende a ritornare sul “luogo del delitto” a voler simbolicamente rivivere l’amore finito, al fine di attenuarne il dolore. Niente di più sbagliato, è solo una sorta di masochismo sentimentale che prolunga solo l’agonia. L’evitare luoghi e situazioni dell’amore finito fà parte di quel distacco assoluto, necessario al superamento del tutto.

Agire . Bisogna, nel frattempo, fare qualcosa di positivo per sé stessi, per riempire il vuoto della mancanza della persona amata. Non si può interrompere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro che ne prenda il posto. La nuova dipendenza,deve essere positiva però, bisogna cercare un nuovo forte interesse, che non riempirà appieno il baratro lasciato dal precedente, ma ci aiuterà comunque.
La natura umana aborrisce il vuoto,soprattutto nell’area dei comportamenti e delle emozioni umane. Se non colmiamo, pur parzialmente, questo vuoto, il comportamento dipendente si rafforza.

Ricordarsi della massima del filosofo Nieztsche che recita “Tutto ciò che non mi uccide mi giova”. La fine dell’amore rappresenta anche un momento di crescita , di rafforzamento delle proprie capacità di superare le difficoltà. Inoltre può rappresentare l’inzio di un percorso volto a meglio conoscere noi stessi. Se riusciremo in tutto questo saremo sicuramente più forti e più maturi.

Capire quali eventuali vuoti interiori questo amore così forte e passionale colmava. Infatti spesso sentimenti molto forti non sono dovuti all’amore per l’amato, ma a ver e proprie carenze affettive passate.

Ricostruire gli “abbandoni passati”. Infine non dobbiamo dimenticare che il nostro modo di superare la fine di un amore è legato ai nostri primi “abbandoni” quelli infantili. Non ricordo chi diceva “il bambino è il padre dell’uomo”. Mai come in questo caso ha ragione. Infatti a seconda di come siamo stati “abbandonati” ed abbiamo vissuto e superato tali “abbandoni” da piccoli, che rivivremo quelli attuali e futuri. Capire tutto ciò ci permette di meglio superare la fine di un amore, di cambiare il “copione” passato.

Non dimenticarsi del dottore ” Tempo “ che col suo trascorrere cicatrizza qualsiasi ferita. Al riguardo gli antichi greci distinguevano due diversi concetti di tempo. Cronos che è il tempo cronologico, quello delle ore, dei giorni e dei mesi. Lo scorrere di Cronos e importante per superare un amore. Qualche autore è del parere che sono necessari almeno sei mesi per superare un lutto o un abbandono. L’altro concetto di tempo è Kairòs che è un tempo individuale , un tempo necessario per dire “basta”, vale a dire tempo del cambiamento interno. E’ quel momento i cui ci rendiamo conto che è il momento di voltare pagina.

Una sintesi dei due diversi tipi di tempo è in un significativo verso di U. Saba ” Muta il destino lentamente, a un’ora precipita “. Per quanto doloroso e lento possa essere questo percorso di superamento della fine di un’amore, arriverà un’ora dove vi accorgerete di essere guariti. E vi renderete conto che il più grande amore è quello che ancora stà aspettando.

Ricordate, di fronte, alla cupa disperazione per la fine di un amore questo aforisma: “Si è proteso su degli abissi. Ha rischiato più volte di cadere. Ma alla fine non è precipitato. In bilico sul vuoto, non ha conosciuto la caduta. Ci sono stati cedimenti, sbandamenti, delusioni, scoramenti, ma la vita l’ha sempre avuta vinta.” (P. Besson)

Concluderei con una metafora: superare la fine di un amore, di una relazione è come attraversare un tunnel buio di cui non conosciamo la lunghezza ma che comunque ha un’uscita. All’ingresso del tunnel, con i due piedi già dentro, ci si dimena per uscirne subito, ma purtroppo è già stato chiuso l’ingresso. Bussare a quest porta è inutile, fà perdere solo tempo. Ma neanche velocemente ci si può uscirne. Và attraversato tutto e nell’attraversarlo i momenti di sconforto per timore che non ci sia mai la fine sono frequenti e fanno aprte del percorso. In qualche punto del tunnel ci si può fermare e non avere più la forza di andare avanti. Ma si riparte e l’uscita prima o poi arriva. Ma quel prima o poi dipende da noi. Prima lo attraversiamo senza indugi e prima ne usciamo.

CHIARIMENTO

… il suo sito, l’ho quasi stampato tutto, tanto mi sono ritrovata in quello che ha detto! Ho fatto leggere anche alle mie amiche “codipendenti” quello che ha pubblicato e ne abbiamo discusso insieme. Un punto solo vorrei discutere con lei. Non sono d’accordo quando dice:”Non si può interrompere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro…bisogna colmare il vuoto”. Ma le persone non sono intercambiabili! Se penso poi che ciò potrebbe essere applicato a me stessa, cioè visto che non ci sono più io va bene anche un’altra, la cosa mi fa rabbrividire…Ma come si può sostituire un rapporto fatto di anni di conoscenza, condivisione, familiarità, intimità con un’altra banale esperienza? E poi c’è anche il corpo. Io amo quegli occhi, quelle mani, quella pelle che per me sono insostituibili e, come lei ben sa, sono maggiormente tali in quanto mi vengono negati. Poi c’è anche il fatto che sento dentro che la fonte d’amore si è esaurita, dopo aver amato tanto. Ad un certo punto, come si fa a ricominciare ad amare? Penso sia impossibile. Le sarò grata se mi manderà una sua risposta.

Apprezzo il suo “disaccordo” perché ritengo che soprattutto nel campo delle dipendenze affettive, nessuno può dire di avere la “cura” giusta. Per cui le replico con piacere e la ringrazio per lo “spunto riflessivo” che mi ha fornito. Innanzitutto il punto con cui lei è in dissaccordo è il seguente: “Non si può interrompere un rapporto di dipendenza senza sostituirgliene un altro che ne prenda il posto. La nuova dipendenza,deve essere positiva però, bisogna cercare un nuovo forte interesse, che non riempirà appieno il baratro lasciato dal precedente, ma ci aiuterà comunque.”

Quindi, quando parlo di sostituire la dipendenza affettiva con un’altra, intendo un altro tipo di dipendenza. Infatti interrompere una dipendenza affettiva che ci ha “assorbito” in tutto e per tutto, ci precipita in un vuoto, o meglio in un baratro, che rischia di far fallire in partenza qualsiasi tentativo stesso, per quanto motivato, di superare la fine della relazione. Se noi tendiamo di colmare questo vuoto, questa dipendenza, non con un’altra persona (e qui che, forse, non sono stato chiaro)ma con una forma di dipendenza “sana” il vuoto ci apparirà meno vuoto. Un esempio: di solito le persone affette da “dipendenza affettiva” sono piene di mille risorse, di mille potenziali interessi, tutti “sedati” dalla dipendenza stessa. Rispetto al “portone sprangato ” della relazione che si è chiusa proviamo ad aprire il “piccolo oblò” del nostro vero essere. Cerchiamo di dipendere da noi stessi, dai nostri interessi sopiti, optiamo per un “sano egoismo”. Smettiamo di parlare con gli altri di “lui”, ma parliamo di “noi”, dedichiamoci a “noi”. Ci renderemo conto che da quell piccolo oblò potremmo arrivare a vedere un mondo per noi sconosciuto. Belle parole mi dirà, ma difficili da applicare di fronte al dilagare del dolore per la fine di un’amore. Incominciamo a fare dei piccoli e timidi passi, forse ritornermo indietro, forse andremo avanti, ma di fronte al dolore non recitiamo: “Non ci riesco!!!” . A volte, anche se ci sembra di aver tentato, è un tentativo poco sentito e motivato, che serve per giustificare, inconsciamente, il fallimento del tentativo stesso. E come dirsi: “Ci ho tentato, non ci sono riuscita, vuol dire che è l’unico vero amore della mia vita. E’ l’unico.Non voglio altri che lui”. Qui il discorso, come lei sa, diventa più complesso: copioni passati, codipendenza, complesso di cenerentola e via dicendo. Proprio per questo è necessario anche una profonda riflessione interiore. Conclusione: è un impresa titanica ma ci si puo riuscire, soprattutto se non adduciamo troppi prestesti con noi stessi. Cordiali saluti. Dott. Roberto Cavaliere

CONSIGLI PERSONALI DI PATRIZIA (lettrice anonima)

Questi i miei consigli per gestire la fine di un amore, almeno quello che ho imparato a fare io:
– Piangere tutte le lacrime, sfogarsi fa bene e permette di scaricare la rabbia. Fare del moto, ginnastica, il corpo ha bisogno come il cervello di scaricare le energie negative represse. Ove fosse possibile allontanarsi, con un viaggio anche breve, dai luoghi abituali della vostra vita.
– Quando si riacquista un po’ di lucidità stilare una lista di ciò che pensiamo dell’ex partner: lati positivi e lati negativi; facciamo la stessa cosa con noi stessi.
– Riflettere su ciò che abbiamo considerato negativo nell’altro: sono aspetti che possiamo tollerare oppure intollerabili? Che cosa ci teneva legati a lei/lui? Scrivere ciò che pensiamo in proposito.
Questo ci serve per stabilire un minimo di obiettività su ciò che è accaduto: ristabilire le responsabilità reciproche sull’andamento e la fine del rapporto stesso. A questa fase subentra coscienza ed amor proprio, rendersi conto di aver partecipato involontariamente allo spegnersi di un sentimento non è facile, ma se riusciamo a vedere là dove il nostro errore è conciso con l’errore altrui e i meccanismi che si sono innestati, riusciamo a farci una ragione di ciò che è accaduto e forse mettiamo il primo mattone che ci aiuta a superare il lutto.
Poi, riuscire a perdonarci per non essere stati consapevoli durante il rapporto di ciò che accadeva e perdonare l’altro per le sue debolezze. Da qui in avanti spetta a noi risollevarci e credere di poter costruire un rapporto positivo memori dell’esperienza che abbiamo vissuto, prendendoci tutto il tempo che ci occorre. Durante questo tempo bisognerebbe:
– Sforzarsi di prendersi cura di sé: preparare piatti che stimolino il nostro appetito anche quando apparentemente non abbiamo fame, essere più attenti alla cura di se stessi, prendersi dei momenti per farsi dei bagni rilassanti, massaggiarsi, aver cura del proprio ambiente notturno, vestirsi per farsi piacere, guardarsi allo specchio commentando sui propri progressi: oggi sto’ un po’ giù, oggi va un po’ meglio, oggi non c’è male etc.
– Dedicarsi ad un’attività che abbiamo tralasciato per mancanza di tempo: il tempo ora non deve essere né stancamente vissuto, né ammazzato con troppe attività. Bisogna assecondare le proprie energie: leggere, cucire, lavorare a maglia, all’uncinetto, fare del découpage, dipingere, disegnare, scrivere, risistemare la libreria secondo un ordine corretto; cambiare qualcosa nel proprio ambiente per sottolineare il cambiamento. Tirare fuori, insomma, la propria creatività, che è quella che caratterizza ognuno di noi e che ci aiuta a recuperare il nostro valore a prescindere dalla presenza di qualcuno.
– Tenere un diario: annotare le proprie emozioni e gli accadimenti che sono significativi.
– Imparare a confrontarsi con gli amici e i conoscenti senza cercare di scaricare su di loro le nostre frustrazioni o continuando a parlare di ciò che è accaduto in continuazione: non vi serve, è come un continuare a nutrire il vostro dolore. Se vi accorgete di non poter fare da soli rivolgetevi ad un terapeuta, è importante riconoscere i propri limiti. Siamo esseri umani e se una cosa non riusciamo a superarla dobbiamo capirne l’origine, potrebbe essere molto lontana nel tempo e non legata a ciò che ci accade al momento e se non andate a trovare una risposta ora, nel tempo potreste essere costretti a farlo in un altro momento, magari con maggiore difficoltà.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

PERCHE’ FINISCE UN AMORE

C’era un innamorato che amava senza speranza. Si ritirò del tutto nella propria anima e gli parve che il fuoco d’amore l’avrebbe consumato. Perdette il mondo, non vedeva più il cielo azzurro e il verde bosco, il torrente per lui non frusciava, l’arpa per lui non suonava, tutto era sprofondato e lui era caduto in miseria. Ma il suo amore cresceva e lui avrebbe preferito morire e rovinarsi piuttosto che rinunciare al possesso della bella donna che amava. Sentì allora che il suo amore avrebbe bruciato in lui ogni altra cosa, e l’amore divenne potente e tirò e tirò, e la bella donna dovette obbedire, venne, e lui era lì a braccia aperte per attirarla a sé. Ma quando gli fu davanti si era del tutto trasformata, e con un brivido egli sentì che aveva attirato a sé tutto il mondo perduto. Era davanti a lui e gli si arrendeva, cielo e bosco e torrente, tutto gli veniva in contro in nuovi colori, fresco e splendido, gli apparteneva, parlava il suo linguaggio. E invece di conquistare soltanto una donna egli aveva tra le braccia il mondo intero, e ogni stella del cielo ardeva in lui e scintillava voluttà nella sua anima. – Aveva amato e amando aveva trovato se stesso. Ma i più amano per perdersi “ (Hermann Hesse)

 

Affronteremo la fine di un amore o di qualsiasi altra relazione affettiva secondo due visioni teoriche: una più recente di uno studioso americano Sternberg e quella classica psicanalitica.

Visione di Sternberg

In questa visione , più legata alla ricerca empirica, è sottintesa l’idea che molto spesso le relazioni falliscano perché la scelta è stata fatta in base a quello che conta di più nell’immediato e non a quello che conta di più nel lungo periodo.
Sternberg, Professore di psicologia e pedagogia a Jale, ha teorizzato, suffragato da alcune sue ricerche, un concetto di amore completo, sulla base di tre componenti fondamentali:

  • l’impegno come componente cognitiva,
  • l’intimità come componente emotiva e
  • la passione come componente motivazionale dell’amore.

Si può visualizzare l’amore come un triangolo in cui quanto maggiori sono impegno-intimità-passione, tanto più grande è il triangolo e più intenso l’amore.
Da questa teoria scaturisce una tipologia collegata alla combinazione dei tre diversi fattori, dando luogo a otto possibili tipi di relazione.

La prima è ” l’assenza di amore “: tutte e tre le componenti mancano; è la situazione della grande maggioranza delle nostre relazioni personali, casuali o funzionali.

Il secondo tipo è la ” simpatia” . C’è solo l’intimità, si può parlare con una persona, parlare di noi, ci si riferisce ai sentimenti che si provano in una autentica amicizia e comporta cose come la vicinanza, il calore umano (ma non i sentimenti forti della passione e dell’impegno).

Il terzo tipo è “l ‘infatuazione “: quando c’è solo la passione. Quell’amore a prima vista che può nascere all’istante e svanire con la stessa rapidità. Vi interviene una intensa eccitazione fisiologica, ma senza intimità o impegno. La passione è come una droga, rapida a svilupparsi e rapida a spegnersi, brucia alla svelta e dopo un po’ non fa più l’effetto che si voleva: ci si abitua, arriva l’assuefazione.

” L’amore vuoto “ è il quarto tipo di relazione, dove l’impegno è privo di intimità e di passione: tutto quello che rimane è l’impegno a restare insieme. Un rapporto stagnante che si osserva talora in certe coppie sposate da molti anni: un tempo c’era l’intimità, ma ormai non si parlano più; c’era la passione, ma anche quella si è spenta da un pezzo.

” L’amore romantico “ è una combinazione di intimità e di passione (tipo Giulietta e Romeo). Più di una infatuazione, è vicinanza e simpatia, con l’aggiunta dell’attrazione fisica e dell’eccitazione, ma senza l’impegno, come un’avventura estiva che si sa che finisce.

” Amore fatuo “ è quello che comporta la passione e l’impegno, ma senza intimità. E’ l’amore da fotoromanzo: i due si incontrano, dopo una settimana sono fidanzati, e dopo un mese si sposano. S’impegnano reciprocamente in base all’attrazione fisica., ma dato che l’intimità ha bisogno di tempo per svilupparsi, manca il nucleo emotivo su cui può reggersi l’impegno. E’ un tipo d’amore che di solito non dà buon esito nel lungo periodo.

” Sodalizio d’amore “ è chiamato un rapporto d’intimità e impegno reciproco, ma senza passione. E’ come un’amicizia destinata a durare nel tempo. Quel tipo di amore che spesso si osserva nei matrimoni dove l’attrazione fisica è scomparsa.

Infine quando tutti e tre gli elementi si combinano in una relazione, abbiamo quello che Sternberg chiama ” amore perfetto o completo “. Raggiungere un perfetto amore, dice quest’autore, è come cercare di perdere un po’ di peso, difficile ma non impossibile; la cosa davvero ardua è mantenere il peso forma una volta che ci si è arrivati o tenere in vita un amore completo quando lo si è raggiunto. E’ un compito aperto, non una tappa raggiunta una volta per tutte. La relazione tende a finir male se non c’è corrispondenza tra quello che si vuole dall’altro e quello che si pensa di riceverne: chiunque ha amato senza essere ricambiato altrettanto, sa quanto può essere frustrante. Alle volte si potrebbe consigliare di ridurre le proprie aspettative e diminuire il proprio coinvolgimento: ma è un consiglio difficile da seguire.
La gente è davvero così stupida da fare sempre la scelta sbagliata? Probabilmente no: il fatto è che sceglie troppo spesso in base a quello che conta di più nell’immediato. Ma quello che conta nel lungo periodo è diverso: i fattori che contano cambiano, cambiano le persone e cambiano le relazioni.
Nella ricerca fatta sui fattori che tendono a diventare più importanti con l’andare del tempo, si sono rilevati questi tre:
– la disponibilità a cambiare in funzione delle esigenze dell’altro
– la disponibilità ad accettare le sue imperfezioni
– la comunanza di valori.
Queste sono cose che è difficile giudicare all’inizio di una relazione: l’idea che l’amore vinca tutti gli ostacoli è molto romantica, ma poco reale. Quando si devono prendere delle decisioni, quando arrivano i figli e si devono fare alcune scelte, una cosa che sembrava poco importante, lo diventa. Altri fattori invece nel lungo periodo diventano secondari: come l’idea che l’altro sia “interessante” (all’inizio c’è il timore che se cala l’interesse la relazione svanisce). In realtà quasi tutto tende a diminuire col tempo (nelle coppie studiate statisticamente): calano la capacità di comunicare, l’attrazione fisica, il piacere di stare insieme, gli interessi in comune, la capacità di ascoltare, il rispetto reciproco, il trasporto romantico… può essere deprimente, ma è importante fin dall’inizio sapere che cosa aspettarsi col tempo, avere aspettative realistiche circa quello che si potrà ottenere e quello che finirà con l’essere più importante a lungo andare.

Visione psicanalitica

Parte dall’idea che la problematicità della coppia sia da collegare a immaturità evolutiva, o a vera e propria patologia, per il prevalere di dinamiche inconsce nel rapporto; ecco i vari tipi di relazione secondo questa visione:

C’è la relazione cosiddetta a ” collusione narcisistica “. In questa relazione l’amore è inteso prevalentemente in funzione simbiotica, “amore come essere uno”, dove l’unione simbiotica è un rapporto sado-masochista (dove il più forte fagocita il più debole) e in cui va perduta l’identità e la “noità” della coppia (l’essere noi). La relazione matura comporta invece una unione nella distinzione, il rispetto dell’altro come distinto, l’accettazione della diversità, ecc.

C’è la relazione cosiddetta a ” collusione orale “: qui l’amore è inteso come “aver cura dell’altro”. E’ un amore di tipo materno, che comporta un partner passivo, introverso, con scarsa autostima. L’amore maturo invece è caratterizzato da mutualità, reciprocità, essere contemporaneamente soggetto e oggetto nella relazione; non solo capacità di dare, ma anche di ricevere.

C’è la relazione cosiddetta a ” collusione sadico-anale “. Qui l’amore è inteso come possesso totale; l’oggetto dell’amore è considerato proprio dominio e tenuto continuamente sotto il proprio controllo. . L’amore maturo invece è caratterizzato da libertà, autonomia, fiducia. Mutualità, interdipendenza reciproca di due soggetti indipendenti e liberi.

C’è la relazione cosiddetta a ” collusione fallico-edipica “ dove l’amore è vissuto soprattutto come autoaffermazione antagonista (virile) e il partner è vissuto sostanzialmente come rivale e luogo della propria affermazione.L’amore maturo è caratterizzato invece da solidarietà, compartecipazione, parità di possibilità di autorealizzazione al cento per cento. Senza eccessiva competitività.

Secondo quest’ottica si esce dalla crisi rivelando le dinamiche inconsce sottese al rapporto.

Al di là di queste due visioni teoriche, molto più semplicemente, non dimentichiamo che anche nella più perfetta e duratura delle unioni può capitare che uno dei due cessi di amare l’altro o s’innamori di un’altra persona.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

FINE DI UN AMORE, DI UNA RELAZIONE

Se un piatto o un bicchiere cadono a terra senti un rumore fragoroso.

Lo stesso succede se una finestra sbatte, se si rompe la gamba di un tavolo o se un quadro si stacca dalla parete. 
Ma il cuore, quando si spezza, lo fa in assoluto silenzio.
 
Data la sua importanza, ti verrebbe da pensare che faccia uno dei rumori più forti del mondo, o persino che produca una sorta di suono cerimonioso, come l’eco di un cembalo o il rintocco di una campana.
 
Invece è silenzioso, e tu arrivi a desiderare un suono che ti distragga dal dolore.
 
Se rumore c’è, è interno.
 
Un urlo che nessuno all’infuori di te può sentire.
 
Un boato così forte che le orecchie rintronano e la testa fa male.
 
Si dimena nel petto come un grande squalo bianco intrappolato nel mare; ruggisce come la mamma orsa a cui è stato rapito il cucciolo.
 
Ecco cosa sembra e che rumore fa.
 
È un’enorme bestia intrappolata che si agita, presa dal panico; e grida come un prigioniero davanti ai propri sentimenti.
 
L’amore è così…nessuno ne è indenne.
 
È selvaggio, infiammato come una ferita aperta esposta all’acqua salata del mare, però quando si spezza il cuore non fa rumore.
 
Ti ritrovi a urlare dentro e nessuno ti sente”.

(Se tu mi vedessi ora – Cecelia Ahern)

 

Dal punto di vista teorico e scientifico la fine di un amore è riconducibile agli stessi processi della separazione, del lutto.

Il primo studioso ad occuparsi delle esperienze di separazione o lutto è John Bowlby che raccoglie in maniera sistematica, le reazioni di angoscia messe in atto da una bambina di soli due anni, ricoverata in ospedale, senza la possibilità di avere accanto la propria madre. Estendendo ad altri casi i risultati della ricerca condotta, Bowlby si accorge dell’analogia del comportamento osservato nella bambina ospedalizzata, con quello messo in atto da altri bambini e da macachi separati dalle proprie madri, da persone rimaste vedove e, in generale, da adulti che hanno subito una separazione o un divorzio doloroso dal loro coniuge. Si potrebbe parlare di un vero e proprio pattern universale, articolato in tre fasi, che si succedono le une alle altre: protesta, disperazione e distacco.

La prima fase, ossia quella della protesta, è caratterizzata da reazioni piuttosto smoderate, quali pianto, grida, agitazione, ansia, panico. La persona lasciata, abbandonata, inconsapevolmente, agisce in tal modo, con l’intento di influenzare il ritorno della persona andata via.

Durante la seconda fase, quella della disperazione , ai comportamenti di iperattività e protesta attiva, subentrano altri di totale inattività, astenia, depressione. Fanno, inoltre, la loro comparsa alterazioni fisiologiche, quali disturbi del sonno, diarrea, alterazioni del comportamento alimentare, accelerazione del battito cardiaco. Alla delusione dovuta agli esiti negativi dei comportamenti messi in atto durante la prima fase, che non hanno garantito il ritorno della persona scomparsa o andata via, subentra un periodo di passiva disperazione, generata dalla consapevolezza dell’impossibilità di un ritorno.

La terza fase riguarda il distacco . La persona abbandonata, cioè, dopo un determinato lasso temporale, si distacca, a sua volta, affettivamente ed emotivamente dalla persona persa, riorganizzandosi a livello emotivo e ricominciando le normali attività che contraddistinguevano la sua vita prima di restare sola.

Al di là delle tre fasi individuate sopra, nella fine di un amore, un amore che ci ha profondamente coinvolti, si prova una sofferenza indicibile, si pensa che non si può più continuare a vivere, si provano sentimenti quali: tristezza, delusione, senso d’angoscia, sensi di colpa e fallimento. Forte è l’ossessione che l’accompagna, ben descritta dal brano d’apertura. Sopratutto se quell’amore ha preso tutte le nostre forze, ha preso la nostra vita, perchè come in ogni amore che viviamo, pensiamo sempre che sia quello “giusto”, quello che durerà in “eterno”. Ed è doloroso accettare che possa finire, che ci siamo sbagliati.

Il più delle volte non si riesce a comprendere perchè sia finito, non rendendosi conto che quella fine non è stata improvvisa ma era in qualche modo preannunciata in tanti piccoli gesti, occasioni, sfumature, o pur avendo notate quest’ultime si viveva comunque nell’illusione che nonostante tutto non sarebbe mai finito quell’amore.

Nella stragrande maggioranza dei casi ci si dimena, non ci si arrende, si tenta l’impossibile per recuperare quell’amore. Sopratutto si continua ad amare la persona perduta, a volte più di prima. A volte si prova qualche timida speranza di recuperare l’amore perduto, sopratutto se l’altra parte, incautamente, manifesta qualche piccolo segnale d’affetto o di comprensione, che si tende subito ad interpretare come segnale di una rinnovata disponibilità ad amarci e non lo si vede nel suo reale significato (tipica la frase “forse mi ama ancora un pò? forse non è tutto finito?”).

Quando finisce un amore, sopratutto se si è lasciati, si compie una vera e propria analisi di quelle che sono state le cause che hanno portato alla fine. Il più delle volte la persona lasciata tende ad attribuirsi le colpe, imputando a propri comportamenti errati la fine della relazione. Questo perchè permette di poter sperare che cambiando il proprio comportamento la relazione può iniziare di nuovo, se l’altro ci dà un altra possibilità. Non ci si vuole rendere conto che molto più semplicemente l’altro non ama più. Per quanto doloroso possa essere prendere coscienza di quest’amara verità, rappresenta l’unico modo per poterne uscire. Si soffrirà in maniera spaventosa ma il tempo ci aiuterà a porre definitivamente la parola fine. Altrimenti, sperando in un altra possibilità, prolunghiamo solo la sofferenza entrando in un tunnel che ci sembrerà senza uscita.
Ma, per quanto possa essere lontano nel tempo, dopo aver pianto tutte le lacrime di questo mondo, dopo aver espresso tutta la disperazione di questo mondo, arriverà il momento in cui si toccherà il fondo del baratro. Ed in quel momento, quasi senza rendersene conto, si inizierà una lenta ma inesorabile risalita. Si accetterà la realtà delle cose. Si scoprirà che il più grande amore è quello che deve ancora venire.

Infine non dobbiamo dimenticare che il nostro modo di vivere la fine di un amore è legato ai nostri primi “abbandoni” quelli infantili. Non ricordo chi affermava “il bambino è il padre dell’uomo”. Mai come in questo caso ha ragione. Infatti a seconda di come siamo stati “abbandonati” ed abbiamo vissuto tali “abbandoni” da piccoli, che rivivremo quelli attuali e futuri. Ma non dimentichiamo che gli “abbandoni” rappresentano anche un momento di crescita.

 

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

Studio in Milano, Roma, Napoli e Vietri sul Mare (Sa)

per contatti e consulenze private tel.320-8573502 email:cavalierer@iltuopsicologo.it

BDSM – BONDAGE – DOMINANZA E SOTTOMISSIONE

Il termine BDSM è un acronimo:

  • Bondage (B),
  • Bondage & Disciplina (B&D),
  • Dominazione e Sottomissione (D&S o DS)
  • Sadismo & Masochismo (S&M o SM).

che indicano un complesso di pratiche relazionali e/o erotiche e/o preferenze sessuali. Queste pratiche, che considerate al di fuori di un contesto consensuale sono generalmente considerate spiacevoli e indesiderabili, sono nel BDSM fonte di soddisfazione reciproca, e strumento di costruzione di un rapporto interpersonale.

Il BDSM si caratterizza e si distingue dall’attuazione patologica e non consensuale del sadomasochismo per diverse ragioni:

  • La consensualità: qui il “sottomesso” acconsente di essere tale, e i limiti e le regole del rapporto sono definite sulla base di un accordo paritario accettato da ambo le parti pienamente consapevoli in modo consensuale. Nel caso di un rapporto TPE, in cui il dominante ha il totale controllo sul sottomesso, sussiste in ogni caso la possibilità quanto meno legale, per il sottomesso, di ritirare il suo consenso in qualsiasi momento.
  • L’uso della “safe word” (o “parola di sicurezza”) che dà la possibilità al partner passivo di interrompere il gioco in qualsiasi momento. In alcuni casi la safe word è sostituita da un gesto fisico preventivamente concordato (es.: alzare o aprire la mano, lasciar cadere un oggetto etc.), soprattutto in quelle scene o giochi BDSM in cui il sottoposto (slave) è fisicamente impedito nella parola. È necessaria una parola o segnale ben preciso e concordato in anticipo, perché esprimere semplice diniego (no, no!) può fare parte integrante del ruolo di vittima prescelto e non essere interpretato dal dominante come un rifiuto reale. In alcune tipologie di rapporto BDSM, tuttavia, l’uso della safeword è consensualmente escluso dalle parti.
  • La flessibilità nei ruoli: nel BDSM ognuno è libero di scegliersi il ruolo che trova più congeniale e anche cambiare questo nel corso del tempo o a seconda del partner, se lo sente necessario. Nessuno e’ completamente dominante o sub. Di norma ciascun ruolo è espressione di una inclinazione personale destinata a essere duratura nel tempo, anche se può evolvere.
  • La soddisfazione reciproca: lo scopo è un’interazione bidirezionale positiva per entrambi. Non necessariamente tuttavia questa soddisfazione deve essere intesa come pari opportunità di raggiungere il piacere sessuale: in alcune tipologie di rapporti BDSM (in particolare relazioni 24/7 il piacere sessuale di un partner è limitato in funzione del piacere dell’altro; in questo caso la soddisfazione del partner sottomesso è soprattutto morale e psicologica.

Spesso, in ogni caso, il sesso nella sua forma tradizionale è presente in misura minoritaria nel rapporto BDSM, o addirittura ne è del tutto escluso.

Le tre regole fondamentali e necessarie del BDSM e i principi fondamentali per la sicurezza delle sue pratiche possono essere riassunti con la formula inglese Safe, Sane, Consensual (SSC) che può essere tradotta in italiano con Sicuro – Sano – Consensuale. La creazione di questa formula è attribuita all’attivista David Stein che nel 1984 la usò per la prima volta in questa forma lavorando per il GMSMA (Gay Male S/M Activists) con lo scopo: « di distinguere il tipo di S/M consensuale a cui ero interessato da quello abusivo, criminale, neurotico e autodistruttivo generalmente associato con il termine sadomasochismo »

Va in ogni caso ricordato che alcuni praticanti il BDSM prediligono la formula RACK ai principi del SSC; in questo caso, il consenso può riguardare anche attività che comportano rischi fisici per le parti, purchè ci sia consapevolezza e accettazione degli stessi.

Il piacere tratto da un rapporto BDSM è legato allo scambio di potere che intercorre fra sottomesso e dominante, dove l’umiliazione del sottomesso esalta il dominante, gratificato dalla sensazione di potere; il sottomesso invece viene gratificato dall’assenza di potere, cioè dalla sensazione di impotenza e dall’assenza di scelta, sottolineate e dimostrate dagli stimoli che il dominante, secondo sua volontà, infligge o elargisce. In ogni caso, in un rapporto BDSM ci sono sempre dei momenti di grande tenerezza in cui non c’è né dolore né tensione emotiva ma solo grande rilassamento per entrambi i partner, piacere e coccole. Nei rapporti non continuativi è la “riappacificazione” alla fine di una scena di dominazione, mentre nei rapporti 24/7 questi momenti possono essere più casuali e meno collegati alla specifica situazione.

I normali rapporti di coppia sono chiamati, con un termine anglosassone, vanilla (vaniglia, appunto), a significare la minore intensità erotica rispetto ai rapporti BDSM. In genere l’inizio di un rapporto BDSM (o il passaggio del rapporto da “normale” a BDSM) coincide con il consenso del partner sottomesso, che accetta di fidarsi ed essere dominato; a volte, nel seguito del rapporto, può essere il partner dominante a rifiutare, specie se il sottomesso richiede pratiche “spinte”, perché i suoi sentimenti glielo impediscono. Di norma se questa situazione si verifica e viene superata, con il dominante che accetta definitivamente il suo ruolo, il rapporto può considerarsi consolidato.

DOMINANZA E SOTTOMISSIONE NEL BDSM

La Dominanza/Sottomissione è una parte fondamentale nel BDSM (Bondage-Domination-Sado-Masochism). Con il riferimento specifico a questo termine, si intende sottolineare la componente maggiormente psicologica, emotiva e cerebrale, ovvero la relazione nel suo aspetto formale, emotivo e affettivo, nonché tutte quelle pratiche sessuali che esulano, in questo tipo di rapporto, dal puro e semplice contatto sessuale (che tuttavia può far parte, o meno, di una relazione di dominazione/sottomissione).

L’eccitazione viene infatti spesso provocata, in queste relazioni, oltre che dalle tradizionali pratiche del mondo bdsm, dal controllo e dall’autorità che il dom detiene sul sub. Entrambi sono in ogni caso consapevoli e consenzienti nell’accordare questo potere alla parte attiva, tanto che si usa spesso decidere una giornata prima su che cosa verterà il successivo incontro, e le regole del SSC (safe, sane, consensual) impongono che il sub possa concludere la scena in qualsiasi momento con una parola chiave. In realtà tutto verte intorno alla fiducia reciprocamente riconosciuta, e nei rapporti di dominazione/sottomissione più occasionali si può parlare di vere e proprie finzioni dette anche “scene”.

Come in altre attività legate al BDSM, questa condizione può essere limitata nel tempo (generalmente della durata della scena) o può essere uno stile di vita. Spesso tutto coinvolge anche vari comportamenti definiti fetish, tra cui i più comuni sono il boot worshipping (l’adorazione degli stivali), l’uso di vestiti in latex e il petplay, in cui il sub finge di essere un animale scelto dal dom.

È invalso nell’ambiente di coloro che praticano il BDSM e le pratiche relative alla dominazione-sottomissione schematizzare in maniera semplificata la popolazione in coloro che sono in grado di recepire tali attività e coloro che non sono in grado di comprenderle (definiti, questi ultimi, con il termine di vanilla) Fermo restando valido tutto ciò che usualmente vale per il BDSM, nei giochi di dominazione sono fondamentali i ruoli. In particolare si distingue un dominante, definito anche Master o Mistress, ed una o un dominato, definito anche slave. Si precisa che tali ruoli raramente sono intercambiabili, ovvero spessissimo, quasi sempre, la stessa persona assume sempre lo stesso ruolo perché consono alla sua natura psicologica. La pratica dei giochi di dominazione sottomissione costituisce infatti in genere una pratica mentale estremamente coinvolgente e in genere il ruolo è fortemente dettato dalle proprie sensazioni intime.

La simbologia maggiormente adottata consiste nell’uso del collare che viene donato dal/dalla top alla/al bottom. Il collare rappresenta in una qual misura l’impegno dei due in un rapporto BDSM con ruoli ed impegni precisi che i due prendono ma che quasi sempre sono dettati dal top. Si noti che in genere, nel caso di rapporto BDSM consolidato o comunque con un fattore di stabilità tra due o più persone, è il sub o la sub a fare richiesta palese o sottintesa di essere accettato nel proprio ruolo ed il/la top ad accettare o meno il legame. In generale si può comunque dire che è invalso l’uso che spetti al dominante l’ultima parola sull’accettazione di un rapporto BDSM di dominazione-sottomissione a rimarcare il potere di quest’ultimo nel legame tra i due.

Frequentissimo è l’abbinamento dei giochi di dominazione anche di altre pratiche, oltre quelle sado-maso già citate, quali il bondage, ovvero la legatura della sub da parte del top e l’umiliazione esplicata attraverso pratiche diverse. In tutte le pratiche citate è fondamentale saper valutare quanto per coloro che assumono il ruolo di dominante sia importante assumere la responsabilità della incolumità psicologica e fisica del sub che gli si affida. La perizia di coloro che assumono il ruolo di sub sta invece nel sapere scegliere una o delle persone in grado di gestire tale responsabilità con la dovuta serietà e perizia.

Commenta

Dott. Roberto Cavaliere

Psicologo, Psicoterapeuta

per contatti e consulenze tel.320-8573502 email: cavalierer@iltuopsicologo.it